Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-03-07, n. 201201304

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-03-07, n. 201201304
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201304
Data del deposito : 7 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07601/2011 REG.RIC.

N. 01304/2012REG.PROV.COLL.

N. 07601/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7601 del 2011, proposto da:
Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. ti A M, E Z, C Z e E M, con domicilio eletto presso il primo di essi in Roma, via Confalonieri n. 5;

contro

Italfarmaco S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. G F F, presso il cui studio ha eletto il domicilio in Roma, via di Ripetta, 142;

nei confronti di

Sandoz S.p.A., Pfizer Italia S.r.l., Amgen Dompe' S.p.A.;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. VENETO, sezione I n. 1337/2011, resa tra le parti, concernente gli atti della procedura di gara per la fornitura di medicinali.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Italfarmaco S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Designato relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2012 il Cons. H S, uditi per le parti gli Avvocati Reggio D' Aci, su delega di Manzi, e Giubileo su delega di Ferrari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con bando del 4.6.2011, preceduto dal decreto dirigenziale del 1.6.2011 e dalla delibera di Giunta del 16.11.2010, la Regione Veneto ha indetto una procedura aperta, in forma telematica ai sensi del d.p.r. 101 del 2002, da aggiudicarsi al prezzo più basso, per la fornitura di prodotti farmaceutici destinati al fabbisogno delle Aziende sanitarie della Regione, diviso in 1348 lotti, sino ad un importo massimo di euro 1.200.000.000,00 oltre IVA, procedura da espletare dal Centro Regionale Acquisti per la Sanità, avvalendosi anche della collaborazione di Consip.

2. Italfarmaco s.p.a., impresa del settore che commercializza alcune specialità medicinali, ha impugnato decreto, bando, capitolato d’oneri e tecnico, assumendo che la procedura di gara, come congegnata, non le permetterebbe di partecipare utilmente, posto che sicuramente ne sarebbe esclusa in quanto non è stato previsto un lotto riservato per il principio attivo lenograstim e non è stata inclusa la nadroparina calcica nei lotti in equivalenza per eparine a basso peso molecolare (1327 e 1328), trattandosi entrambi di principi attivi alla base di specialità medicinali commercializzati dalla ricorrente, sicché la loro mancata previsione si sarebbe tradotta, in definitiva, nella sua estromissione dall’intero mercato regionale.

Tale duplice omissione è stata censurata per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, non sussistendo alcuna valida ragione tecnico-scientifica a suo fondamento, nonché per violazione della par condicio , tenuto conto che per altri principi attivi appartenenti alla categoria dei fattori di crescita granulocitari ( filgrastim e pegfilgrastim ) era stato previsto invece un lotto loro riservato (rispettivamente il 507 e il 508, per fabbisogni annui nell’ordine di 45.897 e di 1.595 unità – v. tabella 1 allegata al capitolato tecnico), tanto più che nel 2010 le specialità medicinali che contengono il lenograstim avevano assorbito una quota di mercato regionale pari al 68% .

3. Il Tar, decidendo con sentenza in forma semplificata, ha accolto il ricorso, nei limiti della mancata inclusione in gara del lenograstim e della nadroparina calcica , sotto i profili del difetto di motivazione, della contraddittorietà e della lesione del principio della par condicio .

4. La Regione ha proposto il presente appello, censurando la sentenza sotto vari profili, in rito e nel merito.

4.1. Quanto al rito, ha dedotto la violazione degli artt. 34 e 74 del c.p.a., sul rilievo che il Tar avrebbe esorbitato dai limiti della propria giurisdizione, imponendo un obbligo di fare alla Regione, e che questo sarebbe avvenuto all’esito di un giudizio sommario e nelle forme di una sentenza semplificata, in violazione del principio del contraddittorio e della completezza dell’istruttoria, anche sul presupposto che la dimidiazione dei termini processuali ex art. 119 non varrebbe per i termini dilatori di cui all’art. 60.

4.2. Nel merito, ha affermato come la decisione di non porre in gara il lenograstim sarebbe giustificata in ragione sia dell’esito della gara precedente, che dell’intento di riservare a tale principio attivo una procedura successiva, oltre al fatto che simile prodotto presenterebbe uno spettro di indicazioni non interamente sovrapponibile al filgrastim ;
e che, per quanto riguarda la nadroparina calcica , la sua esclusione dal lotto 1372 sarebbe giustificata dalla sua “scarsa maneggevolezza”, in quanto tale farmaco richiederebbe un alto livello di attenzione per ridurre il rischio di errore, poiché la sua somministrazione sarebbe calibrata sul peso corporeo.

4.3. A sostegno delle proprie tesi la Regione ha depositato in questa sede documentazione istituzionale e scientifica (con nota di deposito del 28.9.2011 allegata al ricorso di appello) che, in precedenza, non era stata prodotta nel giudizio di primo grado.

4.4. Si è difesa Italfarmaco, con articolata memoria nella quale ha riproposto le domande non esaminate in primo grado, eccependo l’inesistenza e la nullità, per incompetenza dell’ufficiale giudiziario, della notifica dell’atto di appello nei confronti delle controinteressate e, nel merito, la sua infondatezza, anche a motivo dell’inammissibilità dei nuovi documenti prodotti, formulando in via subordinata motivi aggiunti ai sensi dell’art. 104, co. 3, c.p.a.

4.5. Rinviato l’esame dell’istanza cautelare al merito, all’udienza pubblica del 24.2.2012, in vista della quale entrambe le difese hanno depositato ulteriori memorie, anche in replica, la causa è passata in decisione.

5. Deve essere esaminata preliminarmente dal Collegio la duplice eccezione di inesistenza e di nullità della notifica dell’atto di appello nei confronti dei controinteressati in primo grado, sollevata da Italfarmaco.

5.1. L’eccezione di inesistenza si riferisce alla prima notifica in ordine di tempo, quella effettuata presso la segreteria del Tar Veneto, sul rilievo che la domiciliazione ai sensi dell’art. 25 del c.p.a. presuppone pur sempre la costituzione della parte in giudizio, mai avvenuta in primo grado;
quella di nullità si riferisce alla seconda notifica, effettuata a mezzo posta dall’ufficiale giudiziario della Corte di Appello di Venezia, che sarebbe affetta da incompetenza per territorio in quanto avvenuta presso le sedi legali dei controinteressati, tutte poste al di fuori del mandamento in cui ha sede quell’ufficio notificazioni.

5.2. Ebbene, premesso che la sorte della prima notifica è del tutto irrilevante poiché sostituita dalla seconda, la notifica effettuata a mezzo del servizio postale dagli ufficiali giudiziari, quand’anche fosse da considerare come (relativamente) nulla (v., in tal senso, Cass. n. 15373/2006 e 1544/1995), non travolgerebbe l’intero atto di appello, comportando solamente, in teoria, la necessità di integrare il contraddittorio a norma dell’art. 95, co. 3, del c.p.a.

5.3. Giova peraltro ricordare come costituisca jus receptum che, quando a conclusione del giudizio di primo grado il ricorrente risulta vincitore e propone appello uno dei soccombenti, sia esso l'amministrazione o il controinteressato, gli altri soccombenti in primo grado non sono parti necessarie del giudizio di appello (tranne beninteso l’autorità emanante, che per ovvie ragioni è sempre parte necessaria del processo), con la conseguenza che lo stesso non va loro notificato a pena di inammissibilità, né nei loro confronti va disposta l'integrazione del contraddittorio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1533/2010;
V, n. 6332/2009;
IV, n. 415/2009;
VI, n. 5839/2008).

Ne discende che i controinteressati in primo grado, i quali nella specie sono soccombenti al pari dell'amministrazione, rivestono più correttamente la qualità di cointeressati all'impugnazione da questa proposta e possono partecipare al giudizio solo impugnando a loro volta tempestivamente la medesima sentenza qui censurata

Senza poi considerare che, nella fattispecie in esame, si può dubitare che le imprese Sandoz s.p.a., Pfizer s.r.l. ed Amgen Dompé s.p.a., ritualmente evocate nel giudizio di primo grado ed in tale sede peraltro non costituitesi, fossero in origine qualificabili come controinteressati in senso proprio e, quindi, parti necessarie del giudizio. Ciò per la ragione fondamentale che l’azione proposta da Italfarmaco è volta all’impugnazione immediata degli atti di indizione della gara – in particolare il bando ed il capitolato - prima ancora del suo concreto svolgimento e, comunque, ben prima della sua aggiudicazione, solo momento procedimentale nel quale, nella materia qui in esame, possono configurarsi dei controinteressati in senso anche processuale.

5.4. A tutto questo si aggiunga infine come, per le ragioni che saranno di seguito evidenziate, sarebbe comunque applicabile il disposto dell’art. 95 c.p.a., che, per economia processuale, permette di prescindere dall’integrazione del contraddittorio ove il ricorso sia (manifestamente) infondato.

6. Debbono ora esaminarsi, nell’ambito dei plurimi motivi di appello dedotti dalla Regione, le questioni di rito concernenti il difetto di giurisdizione in cui sarebbe incorso il Tar, per avere sindacato un potere che sarebbe riservato all’amministrazione, e la violazione dell’art. 74 per aver deciso con sentenza in forma semplificata.

6.1. Il primo motivo, affidato peraltro a poche battute, è manifestamente infondato, oltre che del tutto generico, sull’agevole rilievo che il Tar ha sindacato gli atti di gara sotto il profilo della ragionevolezza (della loro motivazione), ritenendo contraddittorio il dato di fatto per cui “dei tre principi attivi appartenenti alla categoria dei fattori di crescita granulocitari ( filgrastim , lenograstim e pegfilgrastim ) ,…, soltanto per il lenograstim , commercializzato dall’odierna ricorrente, non è stato previsto un lotto riservato, e ciò nonostante si tratti di un principio attivo in grado di soddisfare, analogamente agli altri due, le esigenze terapeutiche che la procedura concorsuale di cui è causa è, appunto, preordinata ad appagare”.

Si tratta di un (approccio al) sindacato giurisdizionale del tutto corretto, quanto meno nel metodo seguito e nel parametro impiegato, che ha avuto ad oggetto un potere amministrativo già esercitato dall’amministrazione, attraverso l’indizione di una gara di cui sono contestate le condizioni di partecipazione, sul presupposto che queste siano discriminatorie sotto vari profili.

Quanto alle conseguenza della sentenza di accoglimento pronunciata dal Giudice di primo grado, agli effetti annullatori (in parte qua) degli atti impugnati si sommano, come di consueto, quelli conformativi, che devono guidare l’amministrazione nella riedizione del potere e che per loro natura hanno carattere “obbligatorio”, traducendosi in doveri di condotta a carico della p.a.

6.2. Il secondo motivo, più circostanziato, attiene invece ai limiti entro i quali il giudice amministrativo può definire il giudizio all’esito dell’udienza camerale fissata per l’esame dell’istanza cautelare, con particolare riferimento alla materia (dell’affidamento) dei contratti pubblici ed al rito speciale di cui agli artt. 119 e 120 c.p.a.

6.2.1. La Regione lamenta, al riguardo, la violazione del principio del contraddittorio e l’incompletezza dell’istruttoria, sostenendo che il brevissimo termine a difesa concessole nella fase cautelare davanti al Tar, di soli 16 giorni intercorsi tra la notifica del ricorso e la data della camera di consiglio, non le avrebbe permesso di svolgere adeguatamente le proprie difese e, soprattutto, di produrre per tempo la documentazione necessaria a confutare le tesi di controparte.

6.2.2. La censura della Regione muove dal presupposto che, in materia di contratti pubblici, la dimidiazione dei termini processuali prevista in via generale dall’art. 119 co. 2 non si estenderebbe anche alla fattispecie di cui all’art. 60 del c.p.a., nel senso che per definire il merito del giudizio già all’udienza camerale sarebbe pur sempre necessario il rispetto del termine minimo ordinario di 20 giorni dall’ultima notificazione del ricorso.

6.2.3. Simile presupposto non è tuttavia condivisibile, essendo diffusa in giurisprudenza proprio la convinzione opposta, ovvero che la dimidiazione dei termini processuali nel rito speciale degli appalti valga anche per il termine dilatorio di cui all’art. 60 c.p.a. e che, quindi, per decidere immediatamente anche nel merito sulla domanda di parte sia sufficiente il decorso di (almeno) dieci giorni dall’ultima notificazione del ricorso introduttivo.

6.2.4. Anche a non voler considerare questo profilo, nel caso di specie è comunque dirimente il fatto che, nel giudizio di primo grado, il Presidente della Sezione Prima del Tar Veneto, accogliendo l’istanza di Italfarmaco, avesse decretato l’abbreviazione della metà dei termini di cui all’art. 55 co. 5 c.p.a., al fine di consentire la trattazione del ricorso, notificato alla Regione l’11.7.2011, nella camera di consiglio del 27.7.2011 (v. decreto prodotto in atti).

6.2.5. Una volta chiarito che in astratto nulla impediva di decidere nel merito il ricorso, direttamente all’esito dell’udienza camerale, si tratta di stabilire se, nel caso concreto, ciò fosse possibile e, in particolare, se ricorressero i due requisiti della “completezza del contraddittorio e dell’istruttoria”.

6.2.6. A tal fine, è utile ricordare come l’istituto del giudizio immediato, attraverso la sentenza in forma semplificata, attualmente disciplinato dall’art. 60 del c.p.a., deve la sua origine all’art. 19 d.l. 67/1997, convertito in l. 135/1997 che - (non a caso) in materia di opere pubbliche - già prevedeva la dimidiazione dei termini processuali e la possibilità di definire il merito del giudizio in sede di esame dell’istanza cautelare.

La Corte cost., pronunciandosi con la sentenza n. 427/1999 sulla legittimità di tale prima misura di accelerazione (e di semplificazione) processuale, subordinò la validità (e l’espansione) di tale modello ad alcune condizioni, che dovevano sussistere al momento della discussione dell’istanza cautelare, quali: 1) l’integrità del contraddittorio;
2) la completezza dell’istruttoria;
3) il rispetto di taluni adempimenti processuali a tutela del diritto di difesa di tutte le parti (in sintesi: accordare il rinvio ed un termine a difesa nell’ipotesi in cui le parti preannuncino la proposizione di motivi aggiunti, ricorso indentale, regolamento di competenza).

Con la l. 205/2000, di riforma della l. Tar, il modello è stato generalizzato, vincolandone l’utilizzo – a norma dell’art. 26 co. 4 l. Tar, come novellato dalla citata l. 205/2000 – ai casi di manifesta inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità (decisioni in rito), ovvero di manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso (decisioni nel merito).

Con il nuovo codice del processo amministrativo, il vincolo della situazione manifesta ai fini della definizione del giudizio in esito all’udienza camerale, già oggetto di applicazioni giurisprudenziali piuttosto estensive, è venuto del tutto meno, mentre l’attenzione si è spostata sulle garanzie del contraddittorio e della completezza dell’istruttoria, prevedendosi ora espressamente che la parte possa rappresentare la necessità di compiere attività processuali ulteriori (ad esempio la presentazione di motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o di giurisdizione) e che il giudice debba in tali casi rinviare la trattazione della causa.

Quanto alle conseguenze, in caso di inosservanza delle condizioni di legge per il giudizio immediato, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha sempre distinto a seconda delle violazioni commesse. Quelle relative al (mancato rispetto del) contraddittorio e del diritto di difesa comportano, in appello, l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice di primo grado (cfr. ora l’art. 105, co. 1, del c.p.a.);
quelle relative, invece, all’istruttoria e alla mancanza dei presupposti non comportano il rinvio al giudice di primo grado, spettando la decisione al giudice dell’appello.

Fin qui il discorso sul piano generale. Perché nel c.d. rito degli appalti, alla luce del comma 6 dell’art. 120 e dell’inciso iniziale “Quando il giudizio non è immediatamente definito ai sensi dell’art. 60”, l’immediata definizione del giudizio già in sede cautelare parrebbe elevata a modalità prediletta dal legislatore, in funzione di accelerazione del processo e a tutela degli interessi pubblici e privati in esso presenti che – si assume – richiederebbero una sollecita definizione della controversia così da non impedire, per troppo tempo, la stipula e l’esecuzione dei contratti e, quindi, l’avvio delle opere, dei servizi o la fornitura dei beni.

Il che non toglie che l’auspicata velocità del giudizio, nel segno dell’efficienza, debba essere pur sempre contemperata con il tecnicismo e la complessità, anche procedurale, che spesso caratterizza questo contenzioso. In ogni caso, anche qualora sia necessaria un’udienza pubblica, la cui fissazione è disposta d’ufficio “con assoluta priorità”, secondo il co. 10 “la sentenza è redatta, ordinariamente, nelle forme di cui all’art. 74” (quindi, comunque, in forma semplificata).

6.2.7. Ciò posto, quanto alle censure dedotte nell’atto di appello, ribadito una volta ancora il rispetto del termine dimidiato di dieci giorni tra la notifica del ricorso e la camera di consiglio, è dirimente osservare come in quella sede la Regione Veneto, costituita in giudizio e presente alla camera di consiglio del 27.11.2011 a mezzo dei suoi difensori di fiducia, non abbia rappresentato alcuna esigenza legata alla completezza o meno dell’istruttoria e, per quanto più rileva, alla necessità di depositare documentazione aggiuntiva a sostegno delle proprie difese, sebbene fosse stata avvertita circa la possibilità di una definizione immediata del giudizio, allo stato degli atti.

6.2.8. Il rilievo è importante anche nella prospettiva del presente giudizio di appello, al fine di stabilire se ricorrano i presupposti, di cui all’art. 104, co. 2, c.p.a., per ammettere la produzione dei nuovi documenti depositati dalla Regione in uno con l’atto di impugnazione, possibilità subordinata alla dimostrazione di non aver potuto produrli nel giudizio di primo grado “per causa ad essa non imputabile”.

6.3. La questione dell’ammissibilità dei nuovi documenti prodotti in appello, su cui si registra l’opposizione di Italfarmaco, è strettamente legata al terzo motivo di appello, con il quale la difesa della Regione contesta il merito della sentenza impugnata, laddove ha ritenuto ingiustificate e contraddittorie le scelte compiute dall’amministrazione appaltante riguardo al lenograstim e alla nadroparina calcica .

6.3.1. Nel contestare il merito della sentenza, la difesa offre peraltro, con l’atto di appello e con le successive memorie, delle motivazioni parzialmente nuove e diverse, se comparate con quelle del primo grado, per giustificare ex post le scelte della stazione appaltante.

Infatti, mentre in primo grado aveva sostenuto essenzialmente che la gara avesse ad oggetto solamente principi attivi in concorrenza, riservando ad una procedura successiva la valutazione dei restanti principi attivi cui riservare dei lotti in esclusiva;
in appello assume ora che il principio attivo lenograstim non sarebbe interamente sovrapponibile al filgrastim , e tanto giustificherebbe il loro diverso trattamento, e che la nadroparina calcica non potrebbe essere inclusa nel lotto 1327 perché , all’esito della riunione della Commissione regionale per il prontuario ospedaliero, sarebbe emersa una minore maneggevolezza di tale principio in quanto esso prevede una posologia calibrata sul peso corporeo.

6.3.2. In questo modo, tuttavia, la difesa della Regione offre un’integrazione postuma della motivazione originaria, per lo più suffragata dalla produzione di nuovi documenti in appello, la cui ammissibilità è, come noto, assai dibattuta in dottrina e giurisprudenza dove, anzi, predomina ancora un indirizzo decisamente contrario (v. Cons. St., VI, n. 3882/2011;
Tar Sicilia, Catania, II, n. 3055/2011).

6.3.3. Al di là della questione teorica, nei fatti questo cambio di impostazione difensiva sembra comunque rivelatore di una difficoltà di fondo nel dare una spiegazione logica e scientifica ad un trattamento differenziato all’apparenza immotivato

Né peraltro i nuovi motivi, quand’anche potessero essere ammissibili al pari dei documenti prodotti in appello, sono comunque sufficienti a scalfire i sintetici ma puntuali rilievi contenuti nella sentenza di primo grado

6.3.4. Resta infatti obiettivamente non comprensibile per quale ragione, dei tre principi attivi appartenenti alla categoria dei fattori di crescita granulocitari, sia stato escluso proprio e solo quello, il lenograstim , finora maggiormente impiegato dalle Aziende sanitarie della Regione Veneto, tenuto anche conto che lo stesso lenograstim risulta impiegato in diverse condizioni cliniche (v. memoria difensiva Italfarmaco a p. 16 e 17, allegazioni specifiche non contestate dalla Regione) , a differenza ad esempio del pegfilgrastim che ha un impiego più ridotto.

Risultano quindi confermati il difetto di motivazione, la contraddittorietà e la lesione della parità di trattamento accertati dal Giudice di primo grado e posti alla base della sentenza di annullamento.

6.3.5. Le stesse considerazioni si impongono anche per quanto concerne la mancata inclusione di nadroparina calcica nei lotti in equivalenza per eparine a basso peso molecolare (1327 e 1328). In aggiunta ai puntuali rilievi del Tar, si deve osservare che il riferimento al verbale della CRT del 3.5.2011, atto prodotto solamente in appello, è per un verso tardivo e per altro verso non risolutivo. Infatti, il giudizio di scarsa maneggevolezza, derivante a sua volta dal fatto che la somministrazione di nadroparina calcica sarebbe calibrata sul peso corporeo, è poco persuasivo nella sua assoluta genericità, tanto più che in un recente passato la stessa commissione si era invece espressa in senso diverso e che siffatto improvviso revirement necessitava quindi di una motivazione ben più approfondita, alla stregua della quale poter comprendere le ragioni per le quali tale principio attivo fosse diventato in ipotesi pericoloso e perché di tale pericolosità la Regione non si fosse mai accorta in precedenza, nonostante la sua larga diffusione. Il tutto senza considerare che dalle allegazioni di Italfarmaco (v. memoria 12.10.2011 a p. 35), sulle quali nulla ha replicato specificamente la Regione, risulterebbe che anche il dosaggio delle EBPM incluse nel lotto 1327, emoxaparina sodica e dalteparina sodica , per specifiche indicazioni andrebbe calibrato in base al peso corporeo.

6.4. In conclusione, per le ragioni sin qui evidenziate, l’appello è infondato e va respinto, confermandosi la pronuncia di annullamento emessa dal Giudice di primo grado.

6.5. Con la precisazione che ciò non significa imporre alla Regione di inserire i principi attivi, che sono alla base delle specialità medicinali commercializzate dal Italfarmaco, a qualunque condizione nell’oggetto di gara;
quanto, piuttosto, ordinarle di rinnovare le proprie valutazioni, anche in contraddittorio con la controparte, per giungere ad una decisione più ponderata e più motivata sul piano tecnico-scientifico.

7. La particolare complessità delle questioni affrontate integra il presupposto dei giustificati motivi per compensare interamente le spese di lite tra le parti.

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