Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-05-14, n. 201402466
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N. 02466/2014REG.PROV.COLL.
N. 05504/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5504 del 2011, proposto da:
S G, rappresentato e difeso dall'avv. S A N, con domicilio eletto presso S A N in Roma, via C. Morin N. 1;
contro
Ministero della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 01339/2011, resa tra le parti, concernente REVOCA DALL'INCARICO DI VICE PROCURATORE ONORARIO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Della Giustizia e di Consiglio Superiore Della Magistratura;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Salvatore Napoli e l'avvocato dello Stato Giustina Noviello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il dott. S G impugna la sentenza 11 febbraio 2011 n. 1339, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I, ha respinto il suo ricorso, proposto avverso il decreto 31 marzo 2006 del Ministro della Giustizia e la precedente delibera del CSM, di revoca dell’incarico di vice procuratore onorario.
La sentenza appellata afferma, in particolare:
- il procedimento preordinato alla revoca dei magistrati onorari non prevede, né in alcun modo disciplina – diversamente da quanto disposto dall’art. 17, co. 9, DPR n. 198/2000, relativo ai giudici di pace – il termine di compimento del percorso procedimentale, di modo che non può esservi decadenza dal potere revoca dell’incarico di vice procuratore onorario;
- l’eventuale difetto di avviso in ordine alla facoltà di farsi assistere da legale di fiducia nelle audizioni innanzi al Consiglio giudiziario, non comporta alcuna invalidità dell’iter procedimentale e del provvedimento conclusivamente adottato;
- “il magistrato onorario, non avendo la stabilità del rapporto organico che caratterizza il magistrato che entra in ruolo attraverso concorso, è costantemente sotto stretta osservazione quanto alla sua idoneità a svolgere le funzioni per le quali è stato nominato, che, se riscontrata non più sussistente, è di per sé condizione sufficiente all’adozione della revoca dell’incarico”;in ordine a ciò, “a nulla possono rilevare, in contrario, altri ed antecedenti aspetti positivi della sua attività ai quali attribuire una valenza compensativa, specie se comunque rapportabili all’ambito di doveri connessi con il servizio, che invece risultano violati, giustificando la revoca dell’incarico”.
Avverso tale decisione (richiamati i motivi proposti in I grado, da ritenersi riproposti poiché le illegittimità denunciate “non risultano affatto superate” dalla sentenza), vengono proposti i seguenti motivi di impugnazione (come desunti dalle pagg. 43 – 51 del ricorso):
a) error in iudicando, poiché il legislatore ha inteso disciplinare un autentico procedimento, volto alla revoca dell’incarico di vice procuratore onorario, di modo che “una anomalia del procedimento ricade sull’atto finale, come per qualunque inosservanza procedimentale, purchè influente sulla decisione”. In particolare, una inosservanza di previsione normativa, non può essere considerata “improduttiva di effetti giuridici”. Né “si può dare ascolto soltanto a ciò che proviene da una parte (da alcuni magistrati), senza tenere conto di quanto provenga dall’altra parte (ricorrente che riferisce i giudizi di altri magistrati)”;
b) error in iudicando, nella parte in cui si ritiene che non sia applicabile ai magistrati onorari la normativa di garanzia sulla durata del procedimento, espressamente prevista per i giudici di pace, stante la “unitarietà delle funzioni giurisdizionali”. In caso contrario, occorre ritenere affetta da illegittimità costituzionale la predetta normativa, nella parte in cui essa limita la propria applicazione ai soli giudici di pace;
c) error in iudicando, poiché, ai fini dell’emanazione dei provvedimenti impugnati, si è tenuto conto di elementi sfavorevoli all’appellante, ma non anche di quelli favorevoli, come i giudizi positivi espressi in sede di conferma (v. pag. 49 app.);
d) error in iudicando, poiché la sentenza non ha tenuto conto, pur dopo avere disposto istruttoria, della sostanziale inottemperanza dell’amministrazione.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia ed il Consiglio Superiore della Magistratura.
Con ordinanza 27 luglio 2011 n. 3344, questo Consiglio di Stato, sez. IV, ha rigettato la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza di I grado.
All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Questa Sezione ha già avuto modo di definire la natura dei poteri esercitabili dal Consiglio Superiore della Magistratura in sede di nomina, conferma, decadenza o revoca di magistrati onorari (Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 2013 n. 427;12 maggio 2009 n. 2944), e, di conseguenza, il contenuto ed i limiti del sindacato giurisdizionale in sede di legittimità, affermando in particolare:
- per un verso (con riferimento ad una ipotesi di mancata conferma, ma con principi estensibili al caso di specie), che “dovendo istituzionalmente prevenire ogni situazione pregiudizievole per la funzione da affidare, il Consiglio può inoltre tenere conto di ogni elemento suscettibile di determinare una effettiva ripercussione sfavorevole sull’immagine del magistrato onorario: in tale ottica il diniego di conferma non richiede dunque la prova piena dell’avvenuta compromissione del bene tutelato, trattandosi di strumento utilizzabile anche quando il prestigio dell’Ufficio sia soltanto messo in pericolo”;
- per altro verso, che, stante la “latitudine dell’apprezzamento discrezionale demandato all’Autorità amministrativa procedente consegue sul piano processuale che il sindacato esercitabile dal giudice amministrativo al cospetto di controversie quale quella all’esame resta necessariamente ancorato al riscontro della sussistenza dei presupposti, al vaglio in ordine alla congruità della motivazione, nonché all’accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni”.
Quanto ora esposto, comporta che il giudice amministrativo deve limitare il proprio sindacato ad un esame “estrinseco” della ragionevolezza della misura adottata dall’organo di autogoverno della magistratura alla luce dei presupposti considerati, non potendo sostituire una propria valutazione in ordine ai fatti contestati, alla complessiva vicenda professionale del magistrato onorario interessato, ovvero al valore da attribuire ai singoli elementi negativi emergenti a suo carico (ovvero alla comparazione di questi con eventuali elementi positivi), se non nei limiti in cui il giudizio svolto dal CSM si snodi secondo un iter non supportato da idonea motivazione ovvero affetto da eccesso di potere per illogicità.
Fermi, dunque, i limiti propri del sindacato giurisdizionale amministrativo, la sentenza impugnata (pagg. 12 – 19) ha svolto una condivisibile disamina degli elementi posti a carico dell’attuale appellante, escludendo la presenza di “inadeguatezze motivazionali”, così come di “carenze nell’acquisizione di elementi conoscitivi rilevanti”, ed anzi evidenziando come la motivazione dell’atto adottato dal CSM, basato sulle dichiarazioni rese dai magistrati del Tribunale di Verona e sugli atti adottati dal Consiglio giudiziario di Venezia, risulti fondata su sufficienti elementi negativi nello svolgimento della funzione di vice procuratore onorario, sia sotto il profilo della diligenza, sia sotto il profilo della preparazione professionale, sia sotto il profilo della correttezza e dell’immagine professionale (v. pag. 12 sent.).
A fronte di ciò, non possono assumere rilievo né il richiamo a giudizi positivi ottenuti dall’appellante o ad altri elementi altrettanto positivi caratterizzanti la sua carriera (v. in part. pagg. 48 – 50 app.), né la (pur reclamata) necessità di ulteriori adempimenti istruttori, nella misura in cui gli stessi non risultano – nel quadro di valutazione sopra esposto – tali da inficiare la ragionevolezza del giudizio operato dall’amministrazione.
D’altra parte, non si intende affermare (in ciò chiarendo ed integrando, sul punto, quanto affermato dalla sentenza impugnata: pag. 17-18) che il magistrato onorario abbia “vincoli” di professionalità, diligenza, correttezza, tutela dell’immagine e del prestigio della magistratura diversi (e più onerosi) del magistrato “di carriera”, tale da renderlo (come sostenuto dall’appellante) un “vigilato speciale” (pag. 45 app.), ma che il magistrato onorario, stante il diverso sistema di accesso e la temporaneità del rapporto instaurato con l’organizzazione giudiziaria, deve con maggiore intensità (in relazione alla limitata durata del rapporto ed alla precaria attribuzione di funzioni giudiziarie) dimostrare il costante possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento dell’incarico affidatogli.
Per le ragioni esposte, devono essere ritenuti infondati il terzo ed il quarto motivo di appello (sub lett. c) e d) dell’esposizione in fatto) ed il primo motivo (sub a), nella parte in cui con il medesimo si prospetta un vizio di di9fetto di istruttoria ed insufficienza della motivazione.
3. Anche il primo (nei restanti profili) ed il secondo motivo di appello (sub lett. a) e b) dell’esposizione in fatto) sono infondati e devono essere, pertanto, respinti.
Occorre evidenziare come la sentenza impugnata abbia condivisibilmente individuato il corpus normativo pertinente alla figura professionale del vice procuratore onorario nel D.M. 18 luglio 2003, il cui art. 13 disciplina la procedura per la decadenza e la revoca dei magistrati onorari di Tribunale.
Da ciò, la sentenza trae la condivisibile conclusione che “il procedimento preordinato alla revoca dei magistrati onorari non prevede, né in alcun modo disciplina . . . il termine di compimento del percorso procedimentale”, escludendo, comunque, che possa trovare applicazione l’art. 17, co. 9, DPR 10 giugno 2000 n. 198.
Ed infatti:
- per un verso, tale norma, prevista per i giudici di pace, non può trovare applicazione – in presenza di una disciplina speciale – alla diversa figura del vice procuratore onorario (né rilevandosi in ciò – stante la diversità di funzioni – ragioni di non manifesta infondatezza della pur prospettata questione di illegittimità costituzionale della norma);
- per altro verso, occorre ricordare, sul piano generale, che l’ipotesi di decadenza dall’esercizio di poteri amministrativi deve essere normativamente prevista e non può essere conseguenza dell’applicazione estensiva (se non analogica) di norme previste per fattispecie diverse.
A maggior ragione, non può costituire illegittimità riverberantesi sul provvedimento finale (configurandosi invece una mera irregolarità di un atto del procedimento) la omessa comunicazione della facoltà di poter comparire innanzi all’organo deliberante personalmente ovvero di farsi assistere da un difensore, stante la esistenza di una precisa noirma in tal senso e costituendo la citata previsione solo un ausilio offerto al soggetto nei cui confronti è promosso l’esercizio del potere amministrativo.
Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.