Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-04-07, n. 201401637
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Testo completo
N. 01637/2014REG.PROV.COLL.
N. 08547/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8547 del 2013, proposto da:
S S, rappresentato e difeso dall’Avv. A B, con domicilio eletto presso l’Avv. Emiliano Benzi in Roma, viale dell’Università, n. 11;
contro
Questura di Genova, in persona del Questore
pro tempore
, Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. 00765/2013, resa tra le parti, concernente il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 26 del d. lgs. 286/1998
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Genova e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2014 il Cons. M N e udito per le parti appellate l’Avvocato dello Stato Soldani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. Sarker Salim, nato il 28.1.1966 in Bangladesh, domandava il 9.11.2010 alla Questura di Genova il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, permesso che, tuttavia, veniva dalla stessa Questura rifiutato, con provvedimento n. 80/Cat. A12/imm.2^Sez./2011 del 24.2.2011, in quanto egli risultava condannato, in data 20.1.2010, dal Tribunale di Mondovì alla pena di € 4.000,00 di multa per violazione dell’art. 474 c.p. con decreto penale di condanna divenuto esecutivo il 6.3.2010.
2. Avverso tale provvedimento, ritenuto illegittimo, l’interessato proponeva ricorso avanti al T.A.R. Liguria.
3. Si costituivano in giudizio le Amministrazioni resistenti, chiedendo il rigetto del ricorso.
4. Il T.A.R. Liguria, con sentenza n. 765 del 10.5.2013, rigettava il ricorso.
5. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’interessato, domandandone, previa sospensione, l’annullamento.
6. Si sono costituite a mezzo della difesa erariale, con mero atto di stile, le Amministrazioni appellate.
7. Con ordinanza n. 4977 del 12.12.2013, in accoglimento dell’istanza cautelare, sono stati sospesi gli effetti della sentenza impugnata.
8. Nella pubblica udienza del 20.3.2014 il Collegio, udita la sola difesa erariale, ha trattenuto la causa in decisione.
9. L’appello è fondato.
9.1. L’interessato, con il ricorso proposto avanti al T.A.R. Liguria, ha contestato l’atto con il quale il Questore di Genova ha respinto la domanda proposta per il rinnovo del permesso di soggiorno in Italia quale lavoratore autonomo.
9.2. Egli ha riportato la condanna alla pena di € 4.000,00 di multa per l’accertata violazione dell’art. 474 c.p., pena irrogata mediante decreto penale dal Tribunale di Mondovì, in quanto veniva sorpreso dalla forza pubblica mentre offriva in vendita 279 occhiali da viste pregraduati e 137 caricabatteria per telefoni cellulari con marchio CE contraffatto.
9.3. La Questura di Genova ha ritenuto di fare applicazione dell’art. 26, comma 7 bis , del d. lgs. 25.7.1998, n. 286, introdotto dall’art. 1, comma 21, della l. 189/2002, che considera ostativa alla presenza di uno straniero la condanna pronunciata per diversi reati, tra i quali quello p. e p. dall’art. 474 c.p.
9.4. Il giudice di prime cure ha ritenuto, al riguardo, che in questa fase storica la società non ritiene collidente con i principi dell’ordinamento la norma che considera incompatibile con il lavoro in Italia lo straniero che ha venduto beni falsificati, anche se di non rilevante valore.
9.5. In particolare l’interessato, a giudizio del T.A.R., non avrebbe allegato di essere un soggiornante di lungo periodo e avrebbe richiesto espressamente un rinnovo del titolo per svolgere il lavoro autonomo in Italia.
10. L’odierno appellante ha sviluppato un primo motivo di censura, incentrato sulla critica rivolta all’impugnata di aver omesso qualsiasi congrua motivazione in ordine al rigetto del ricorso introduttivo del giudizio, avallando l’erronea interpretazione dell’Amministrazione, in base alla quale la condanna per reati in violazione delle norme sul diritto d’autore solleva l’autorità, in deroga alla disciplina generale di cui all’art. 5, comma 5, del d. lgs. 286/1998, dal compiere ogni ulteriore valutazione in concreto sulla situazione dell’interessato, titolare di permesso di soggiorno per lavoro autonomo.
11. Il motivo è fondato.
11.1. Il giudice di prime cure ha fondato il proprio ragionamento sulla base di un automatismo ostativo che, pur formalmente corretto sul piano letterale (v., in questo senso, già questo stesso Cons. St., sez. III, 27.7.2012, n. 2932), in realtà non si accorda, soprattutto alla luce dei più recenti orientamenti del giudice delle leggi, con i principi costituzionali vigenti in materia di immigrazione e, in particolare, con quello secondo cui “ le presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell’ id quod plerumque accidit” (Corte cost., n. 172/2012).
11.2. È evidente, proprio alla luce di questo basilare valore costituzionale e di questo irrinunciabile principio di civiltà giuridica, che la semplice vendita di 279 occhiali da vista pregraduati e di 137 caricabatteria per telefoni cellulari con marchio CE contraffatto, per quanto integrante la fattispecie delittuosa dell’art. 474 c.p., non basta a connotare, per la tenuità del fatto, la presenza dello straniero in Italia, secondo l’ id quod plerumque accidit , di una pericolosità sociale tale da giustificare la sua espulsione dal territorio nazionale.
11.3. Vano e fuorviante è quindi richiamarsi, come fa il primo giudice, ad una non meglio precisata coscienza sociale dell’attuale fase storica, che riterrebbe la norma dell’art. 26, comma 7 bis , del d. lgs. 286/1998 in sintonia con i principi dell’ordinamento, senza valutare appropriatamente il reale disvalore del fatto e la sua pericolosità in concreto.
11.4. Proprio da ultimo, con la recentissima ordinanza n. 58 del 17.3.2014, la Corte costituzionale ha ribadito e sottolineato con forza, in riferimento a tale disposizione, l’orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui l’art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998, nel testo sostituito dall’art. 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), esige che « l’eventuale diniego di rilascio del “permesso per soggiornanti di lungo periodo” sia sorretto da un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione articolata non solo con riguardo alla circostanza dell’intervenuta condanna, ma su più elementi, ed in particolare con riguardo alla durata del soggiorno nel territorio nazionale e all’inserimento sociale, familiare e lavorativo dell’interessato, escludendo l’operatività di ogni automatismo in conseguenza di condanne penali riportate » (v., ex plurimis , Cons. St., sez. III, 29.10.2012, n. 5515).
11.5. A tal fine la Corte ha valorizzato quell’ulteriore orientamento interpretativo secondo il quale l’art. 9 del d. lgs. 286/1998 non si applica solo a coloro che hanno richiesto il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, ma anche a coloro che hanno maturato la condizione per il rilascio del permesso di soggiorno a siffatto titolo, come nel caso dell’odierno appellante, che si trova in Italia da venticinque anni e vi svolge, almeno da quanto risulta agli atti, regolare attività lavorativa.
11.6. L’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 26, comma 7 bis , del d. lgs. 286/1998 vieta, dunque, di ipotizzare un qualsivoglia automatismo ostativo al rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo nella commissione dei reati legati alla tutela del diritto d’autore e dei marchi industriali (v., in questo senso, Cons. St., sez. VI, 17.4.2009, n. 2342), senza valutare, in concreto, la pericolosità di un soggetto che abbia richiesto il permesso di soggiornante di lungo periodo o che abbia, comunque e di fatto, maturato la condizione per il rilascio del permesso di soggiorno a siffatto titolo.
12. Ne segue che l’impugnata sentenza, in quanto affetta da error in iudicando , deve essere per tale assorbente vizio riformata interamente, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in prime cure avverso il provvedimento di diniego.
13. Sono fatti salvi, alla luce di quanto esposto, gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione, la quale valuterà la complessiva situazione, familiare e lavorativa, del cittadino extracomunitario, il suo inserimento sociale e la sua attuale e concreta pericolosità sociale, senza automatismi di sorta.
14. Attesa la particolare complessità della questione, che involge delicati profili attinenti alla tutela di valori costituzionali, sussistono le gravi ed eccezionali ragioni, contemplate dall’art. 26 c.p.a. e dall’art. 92, comma secondo, c.p.c., per compensare interamente le spese del doppio grado di giudizio tra le parti.