Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-03-11, n. 201001425
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N. 01425/2010 REG.DEC.
N. 02722/1987 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 2722 del 1987, proposto da:
Comune di Castions di Strada, rappresentato e difeso dagli avv. C M, Nicolo' Paoletti, con domicilio eletto presso Nicolo' Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini 34;
contro
C M, rappresentato e difeso dagli avv. L M, M P, con domicilio eletto presso L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
per la riforma
della sentenza del TAR FRIULI VENEZIA GIULIA - TRIESTE n. 00002/1987, resa tra le parti, concernente SOSPENSIONE LAVORI.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2010 il Cons. Roberto Chieppa e uditi per le parti gli avvocati Paoletti e Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza n. 2/1987 il Tar del Friuli Venezia Giulia ha accolto un ricorso proposto dal signor Marcello Cirio avverso una ingiunzione e una ordinanza di sospensione dei lavori emessi dal Sindaco del Comune di Castions di Strada per una presunta difformità di opere eseguite dal ricorrente rispetto ad una concessione edilizia rilasciata per il cambio di destinazione d’uso e ampliamento di un fabbricato;con la stessa sentenza è stato dichiarato inammissibile altro ricorso riunito proposto avverso un atto (comunicazione di effettuazione di sopralluogo), ritenuto di carattere non provvedimentale.
Il comune di Castions di Strada ha proposto ricorso in appello avverso tale decisione per i motivi che saranno di seguito esaminati.
Il signor Marcello Cirio si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.
Dopo la cancellazione della causa dal ruolo all’udienza del 13 maggio 1997, il Comune presentava nuova istanza di fissazione d’udienza e, dopo l’invio dell’avviso ai sensi dell’art. 9 della legge n. 205/2000, confermava con ulteriore istanza del 24 settembre 2009 il proprio interesse alla decisione.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla contestazione di provvedimenti adottati dal comune di Castions di Strada in relazione ai lavori eseguiti da Marcello Cirio su un fabbricato di sua proprietà, per i quali era stata rilasciata concessione edilizia per cambio di destinazione d’uso e ampliamento.
Dopo il crollo della parete nord-est dell’edificio, il Comune ha contestato la sussistenza di opere abusive consistenti nella demolizione del fabbricato, ritenendo di non poter esaminare la richiesta di variante in corso d’opera presentata dal ricorrente, non potendosi più configurare un intervento di ristrutturazione a causa del perimento totale del bene.
Il giudice di primo grado ha rilevato che l’originario progetto assentito prevedeva il completo rifacimento del tetto ed opere sulle pareti lato sud-est e est e ha ritenuto che il crollo della parete nord-est non abbia influito sulla situazione esistente al momento del rilascio della concessione con conseguente legittimità della richiesta di variante in corso d’opera.
Il Comune appellante sostiene, invece, che dopo il crollo della parete il bene doveva essere considerato completamente distrutto e che era necessario il rilascio di una nuova concessione.
La tesi del Comune non può essere condivisa, perché si basa su una considerazione “statica” dei fatti, senza tenere conto della dinamica che ha condotto alla demolizione di rilevanti parti dell’edificio.
Infatti, l’originaria concessione legittimava la demolizione della parete lato strada e la rifondazione di altra parete e, essendo la terza parete adiacente con l’immobile confinante, sarebbe restata la sola parete nord-est, che è poi crollata.
Non è mai stato contestato al ricorrente di primo grado l’imputabilità del crollo, che deve, quindi, essere ritenuto fortuito e deve ritenersi che l’incidenza di tale fatto sulla situazione dell’immobile regolarmente assentita sia stata limitata, derivando la parziale demolizione dell’immobile già dalla concessione.
Di conseguenza, il sopravvenire del crollo della parete non ha mutato radicalmente lo stato di fatto, determinando il perimento totale del bene, ma ha costituito un elemento, che legittimava la richiesta di variante, senza la necessità del rilascio di una nuova e autonoma concessione.
Del resto, la tesi del comune, secondo cui l’intervento non poteva più essere qualificato come di ristrutturazione, contrasta con la giurisprudenza che ha chiarito che il crollo del manufatto (intervenuto accidentalmente mentre erano in atto lavori regolarmente assentiti con concessione edilizia finalizzata alla ristrutturazione edilizia dell'immobile) e la sua ricostruzione con caratteristiche volumetriche, di ingombro e ubicazionali corrispondenti a quelle sussistenti in precedenza non impediscono di ritenere che ci si trovi dinanzi ad una ristrutturazione edilizia nel senso previsto dall'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 1997, n. 291;1 dicembre 1999 , n. 2021).
Va quindi confermato che dopo il crollo della parete era possibile adeguare la concessione edilizia attraverso una richiesta di variante in corso d’opera, che, invece, il Comune ha errato nel non valutare.
3. In conclusione, il ricorso in appello deve essere respinto.
Alla soccombenza seguono le spese nella misura indicata in dispositivo.