Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-03-15, n. 201201438

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-03-15, n. 201201438
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201438
Data del deposito : 15 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06620/2009 REG.RIC.

N. 01438/2012REG.PROV.COLL.

N. 06620/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6620 del 2009, proposto dai signori F B e C L M, rappresentati e difesi dall'avvocato G B, con domicilio eletto presso il signor F A C in Roma, via Ugo Ojetti, 114;

contro

la S.p.a. Rete Ferroviaria Italiana (RFI), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R G, elettivamente domiciliato presso Annaisa Garcea in Roma, via Cola di Rienzo, 28;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO: SEZIONE I n. 00310/2009, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della S.p.a. Rete Ferroviaria Italiana (RFI);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2012 il consigliere di Stato M M e uditi per le parti l’avvocato Barba e l’avvocato Colagrande per delega dell’avvocato Garcea;

Vista la sentenza parziale della Sezione n. 5813 del 2011;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I signori Bossio Fiore e La Malva Concetta con il ricorso n. 698 del 2006, proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, hanno chiesto l’annullamento del decreto n. 4 del 21 aprile 2006 della Direzione Compartimentale Infrastruttura di Reggio Calabria, Ufficio Territoriale per le Espropriazioni, di Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. (di seguito RFI), con cui è stata disposta l’acquisizione al patrimonio indisponibile degli immobili, comprendenti particelle di loro proprietà, occorsi per la costruzione nel 2002, in una fascia di terreno posta tra la spiaggia di Amantea e un tratto della rete ferroviaria che attraversa la Calabria (tra i km 227+000 e 228+100 della linea Battipaglia – Reggio Calabria), di una scogliera radente avente lo scopo di proteggere dalle mareggiate il medesimo tratto ferroviario.

2. Il TAR, con la sentenza parziale 22 marzo 2007, n. 243, ha accolto il ricorso ed ha annullato il provvedimento di acquisizione sanante emanato dalla S.p.a. RFI;
con la sentenza definitiva n. 310 del 2009 ha poi accolto la domanda avanzata dalla S.p.a. RFI ai sensi dell’art. 43, terzo comma, del d.P.R. n. 327 del 2001 e ha quindi condannato la Società al risarcimento dei danni in favore dei ricorrenti, da determinarsi a norma dell’art. 35, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, “secondo i criteri e nei termini di cui in motivazione” ed ha escluso “la restituzione dei beni di cui in motivazione senza limiti di tempo”.

3. Con l’appello in epigrafe, gli originari ricorrenti hanno chiesto la riforma della sentenza gravata n. 310 del 2009, con la condanna di RFI alla restituzione dei terreni occupati di loro proprietà, e ripristino dello stato dei luoghi, proponendo in via subordinata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001 e, in ulteriore subordine la condanna della società appellata al risarcimento dei danni secondo il valore effettivo dei beni.

La s.p.a. RFI – che il 4 aprile 2007 aveva notificato riserva d’appello avverso la sentenza parziale - in data 21 ottobre 2009 ha depositato appello incidentale.

4. All’esito dell’udienza del 18 ottobre 2011, in cui la causa è stata trattenuta per la decisione, il Collegio ha pronunciato la sentenza parziale n. 5813 del 2011, con la quale:

- a) è stato respinto in parte l’appello incidentale ed è stato accolto l’appello principale avverso l’impugnata sentenza definitiva del TAR n. 310 del 2009, risultando quindi rimossa la statuizione di esclusione della restituzione dei beni senza limiti di tempo (così come quella conseguente di condanna della società al risarcimento dei danni), in quanto basata sull’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 327 del 2001, nel frattempo dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale n. 293 del 2010;

- b) richiamata poi l’entrata in vigore dell’art. 34, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, con cui è stato inserito nel testo unico sugli espropri l’art. 42 bis , si è affermato che, anche nell’attuale contesto normativo, l’Amministrazione deve far venir meno la propria occupazione sine titulo , adeguare la situazione di fatto a quella di diritto e restituire i terreni ai suoi titolari, salvo che intenda comunque acquisirli o con la stipula di un contratto di acquisto avente anche funzione transattiva, ovvero con la riattivazione del procedimento espropriativo in sanatoria con le relative garanzie della partecipazione procedimentale, ovvero con il provvedimento di acquisizione ora disciplinato dall’art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001;

- c) in questo quadro il Collegio, rilevato che - dalla relazione e dalla documentazione anche fotografica in precedenza depositate in via istruttoria da RFI, il 6 luglio 2011 – era risultata la verosimiglianza della valutazione ivi resa non soltanto sulla particolare difficoltosità della rimozione delle opere realizzate ma sopratutto sul gravissimo rischio che potrebbe altrimenti derivarne per la sede ferroviaria e per la pubblica e privata incolumità, ha ordinato alla società RFI:

- di far pervenire entro il termine di 90 giorni (decorrente dalla comunicazione, o dalla notificazione se antecedente, della sentenza parziale di cui qui si tratta) una relazione recante l’indicazione di quale la determinazione adottata al fine della definizione del caso in controversia, nell’ambito degli strumenti elencati allo scopo supra sub 4. b);

- di provvedere, entro il medesimo termine, alla comunicazione agli appellanti dell’avvio del procedimento individuato, stabilendo in tale comunicazione il termine per la conclusione dello stesso e dando conto di tale comunicazione di avvio nella relazione di cui sopra;

- restando riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese.

7. In data 1° febbraio 2012 la società RFI, dando seguito agli adempimenti così disposti, ha depositato in giudizio:

- la nota di trasmissione in cui si afferma che la Società intende adottare, per la definizione del caso in controversia, il provvedimento di acquisizione disciplinato dall’art. 42- bis del d.P.R. n. 327 del 2001 e che agli appellanti e tutti gli altri intestatari catastali è stata inviata il 20 gennaio 2012 una comunicazione di avvio del procedimento (in atti), “che si concluderà il 20 febbraio 2012”;

- la relazione in allegato, nella quale si motiva la decisione suddetta e si espone il metodo di calcolo della indennità, a titolo patrimoniale, non patrimoniale e risarcitorio, con la indicazione dei relativi importi

8. Le parti hanno successivamente depositato memorie.

9. All’udienza del 6 marzo 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

Nel corso dell’udienza il difensore degli appellanti ha depositato il provvedimento n. 99 del 20 febbraio 2012, nel frattempo emanato dalla società RFI ai sensi dell’art.42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001, con il quale è stata decretata “l’acquisizione al patrimonio indisponibile degli immobili occorsi per la costruzione di una scogliera radente in tratti saltuari tra i Km 227+000 e 228 + 100 della linea ferroviaria Battipaglia – Reggio Calabria”, con l’indicazione delle ditte proprietarie e la determinazione dell’indennizzo liquidato a ciascuna.

Le parti hanno insistito nelle loro precedenti conclusioni.

DIRITTO

1. Gli appellanti, con la memoria depositata il 14 febbraio 2002, hanno dedotto che il presente giudizio, con la domanda di restituzione dei fondi, dovrebbe essere deciso secondo la normativa antecedente all’introduzione dell’art. 42- bis del d.P.R. n. 327 del 2001, ed hanno osservato anche che, come controdedotto a seguito della citata comunicazione di avvio del procedimento, lo stato dei luoghi sarebbe mutato in modo tale da aver reso non necessaria la protezione della scarpata ferroviaria col mantenimento delle opere effettuate sul terreno di loro proprietà.

In subordine, nell’ipotesi che il Collegio ritenga ostativo all’accoglimento della domanda di restituzione dei terreni la sopravvenuta entrata in vigore dell’art. 42- bis del testo unico sugli espropri, si eccepisce l’illegittimità costituzionale di tale norma sotto tutti i profili (salvo l’eccesso di delega) sollevati nel corso del presente giudizio riguardo al precedente art. 43 del medesimo d.P.R. (già dichiarato incostituzionale dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 293 del 2010).

3. Al riguardo il Collegio ritiene che dalla sopravvenuta emanazione da parte della società RFI del provvedimento n. 99 del 20 febbraio 2012, ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001 (applicabile al caso in esame come risulta dal comma 8 del medesimo articolo), consegue per il presente giudizio quanto di seguito specificato.

3.1. La domanda di restituzione dei beni riproposta dagli appellanti è divenuta improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 42 bis del testo unico sugli espropri (dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 43 per eccesso di delega), la società R.F.I. si è attenuta alle statuizioni della sentenza parziale di questa Sezione n. 5813 del 2011, che ha disposto che dovesse aver luogo in tempi brevi l’adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto.

La società R.F.I., con il provvedimento n. 99 del 2012 indicato nelle premesse, ha disposto l’acquisizione al proprio patrimonio dell’area sulla quale è stata realizzata la scogliera protettiva del tratto ferroviario.

Ciò comporta che:

- la domanda di restituzione dell’area non può essere accolta ed è divenuta improcedibile, in quanto sulla base di un provvedimento autoritativo sopravvenuto – consentito dallo ius superveniens - la società R.F.I. ha acquisito il diritto di proprietà dell’area di cui già aveva il possesso;

- ogni contestazione avverso questo nuovo provvedimento (e, in particolare, ogni deduzione contenuta nella memoria depositata il 14 febbraio 2012) può essere fatta valere nel caso di sua impugnazione in sede di cognizione.

3.2. Quando alla domanda risarcitoria, altresì riproposta nel secondo grado, essa non può essere accolta in ragione della avvenuta emanazione del provvedimento di acquisizione, ai sensi dell’art. 42 bis.

Sotto tale profilo, è ben vero che col ricorso di primo grado è stata proposta una domanda sicuramente rientrante nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (prevista dall’art. 53 del testo unico sugli espropri, poi trasfuso nell’art. 133 del Codice del processo amministrativo).

Tuttavia, nel corso del secondo grado del giudizio, l’emanazione del provvedimento di acquisizione, ai sensi dell’art. 42 bis, ha comportato – con effetti ex tunc – il mutamento del titolo della pretesa che possono avanzare gli interessati.

Infatti, l’art. 42 bis ha previsto che, a seguito del provvedimento di acquisizione (consentito dal comma 8 anche per i fatti anteriori alla sua entrata in vigore), spetta un indennizzo per la perdita del diritto di proprietà.

Il legislatore ha in tal modo previsto un mutamento del titolo della pretesa, che di per sé risulta dunque sottoposta alla cognizione del giudice civile, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera f), del Codice del processo amministrativo, per il quale non sussiste la giurisdizione esclusiva quando si tratti della determinazione e della corresponsione “ delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa ” (nel cui novero rientra senz’altro quello emesso ai sensi dell’art. 42 bis).

Nella specie, nel corso del secondo grado del giudizio non si è verificato un mutamento della normativa sulla giurisdizione (mutamento che sarebbe stato di per sé irrilevante, in applicazione del principio della perpetuatio iurisdictionis ), ma va constatato un mutamento (disposto dalla legge) della causa petendi della pretesa, riferibile non più ad un fatto illecito del soggetto occupante, ma alla corresponsione dell’indennizzo a fronte del provvedimento che – adeguando la situazione di fatto a quella di diritto – ha qualificato il possessore come titolare del diritto di proprietà.

La domanda deve essere perciò dichiarata improcedibile.

3.3. Salve le valutazioni del giudice eventualmente adìto in sede di impugnazione del provvedimento di acquisizione, la Sezione deve occuparsi delle questioni di costituzionalità formulate dagli appellanti principali, poiché – nel caso di loro proposizione e conseguente accoglimento – verrebbe meno la normativa risultata decisiva in questa sede per il mancato accoglimento delle loro domande.

Al riguardo, ritiene la Sezione che, successivamente alla sentenza del 12 gennaio 2006 della Sez. III della CEDU, resa sul ricorso n. 14793/02 (e citata nella sentenza della Corte Costituzionale n. 293 del 2010), che aveva incidentalmente formulato critiche all’art. 43 del testo unico in occasione di una condanna riguardante una occupazione sine titulo , la Corte di Strasburgo non si è pronunciata più in senso critico, nei confronti dell’istituto originariamente disciplinato dal medesimo art. 43, oggetto della dichiarazione di incostituzionalità per eccesso di delega e reintrodotto nell’ordinamento nazionale (con significative modifiche) dall’art. 42 bis sopra richiamato.

Da un lato, già in sede europea, ad un più approfondito esame, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa – nella sessione del 13-14 febbraio 2007 – si è occupato delle ‘violazioni sistematiche derivanti dalla espropriazione indiretta’ in Italia, distinguendo:

- la ultraventennale prassi nazionale (affermatasi nella giurisprudenza ordinaria, sulla configurabilità di un titolo di acquisto della proprietà in assenza di uno specifico procedimento previsto dalla legge), considerata in contrasto con il protocollo 1 aggiuntivo della Cedu;

- le disposizioni contenute nell’art. 43 del testo unico sugli espropri, cui andava riconosciuto il chiaro significato desumibile dai suoi lavori preparatori (cioè dalla relazione della Commissione speciale fatta propria dalla Adunanza Generale del Consiglio di Stato) e dalla decisione della Adunanza Plenaria n. 2 del 2005.

Il medesimo Comitato dei Ministri ha manifestato il proprio ‘welcoming’ per le disposizioni contenute nell’art. 43, col compiacimento in sede europea per l’elaborazione di un istituto che (come ha già rilevato questo Consiglio) ha consentito una ‘legale via d’uscita’, nei casi in cui fosse riscontrabile un’opera pubblica in assenza del valido ed efficace decreto di esproprio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sentt. n. 5830 del 2007;
n. 1552 del 2008).

Per di più, il provvedimento ora disciplinato dall’art. 42 bis (che pure consente la ‘legale via d’uscita’ con l’esercizio di un potere basato sull’accertamento dei fatti e sulla valutazione degli interessi in conflitto) comporta la spettanza – al soggetto che perde il diritto di proprietà – di un importo a titolo di indennizzo, nella misura superiore del 10% rispetto a quanto avrebbe avuto diritto ad ottenere a titolo di risarcimento del danno (sia sulla base della prassi nazionale rivelatasi in contrasto con la Cedu, sia nel caso di applicazione dell’art. 43, poi dichiarato incostituzionale per eccesso di delega).

Per tali ragioni, ritiene la Sezione che, per quanto rileva nel giudizio, le dedotte questioni di costituzionalità vadano dichiarate manifestamente infondate, poiché l’art. 42 bis risulta conforme alle disposizioni della Cedu e alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo che ha più volte condannato la Repubblica Italiana proprio perché i giudici nazionali avevano riscontrato la perdita della proprietà in assenza di un provvedimento motivato, previsto da una specifica previsione di legge.

4. Per le ragioni che precedono, salve le statuizioni già rese nella sentenza parziale, l’appello in epigrafe deve essere dichiarato improcedibile nelle parti recanti la domanda di restituzione dell’area e la domanda di risarcimento del danno.

La particolare articolazione dei profili di diritto e in fatto concernenti la vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.

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