Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-01-30, n. 202000785

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-01-30, n. 202000785
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000785
Data del deposito : 30 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/01/2020

N. 00785/2020REG.PROV.COLL.

N. 09517/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9517 del 2018, proposto dal Sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'Avvocato M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Otranto, n. 12;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) -OMISSIS- del 2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019 il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti l’Avvocato M G e l'Avvocato dello Stato Tito Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso al TAR per il Lazio, sede di Roma, il ricorrente ha impugnato il decreto emesso dal Ministero dell'Interno in data 18.04.2018 con il quale è stata rigettata la richiesta presentata in data 26 novembre 2014 di riconoscimento dello status di cittadino italiano.

Il provvedimento si fondava sulla mancata disponibilità da parte del ricorrente di redditi adeguati a consentire anche il corretto adempimento degli obblighi fiscali, assumendo quale parametro il reddito preso come limite per l’esenzione dalla contribuzione alla spesa sanitaria per i titolari di pensione di vecchiaia, tenuto conto anche del nucleo familiare, ex art. 3 D.L. 25.11.1989, n. 382, convertito con modificazioni dalla L. 25 gennaio 1990, n. 8 e confermato dall’art. 2, comma 15, della l. 28.12.1995, n. 549.

Il provvedimento dava atto della comunicazione di avvio del procedimento inviata al ricorrente in data 26.4.2017 e restituita al mittente con la dicitura “sconosciuto”.

Dava atto, inoltre, del mancato esame della documentazione reddituale, inoltrata mediante p.e.c. da parte del legale del ricorrente in data 11.7.2017, perché tardiva.

Il ricorrente lamentava, oltre la violazione delle norme procedimentali, l’erronea valutazione della insufficienza dei redditi prodotti, tutt’oggi perfettamente in linea con i parametri minimi ministeriali.

2.- Con la sentenza in epigrafe, il TAR respingeva il ricorso, considerata l’amplissima discrezionalità dell’Amministrazione in questo procedimento e ritenuto che nel caso di specie l’Amministrazione ha valutato in maniera procedimentalmente corretta e non manifestamente illogica la situazione dell’istante.

Aggiungeva il TAR la considerazione che “ pur in presenza di redditi di entità pari o superiore alla soglia di esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, la discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione consente ad Essa di tenere conto delle eventuali circostanze che inducono a dubitare della non veridicità dei redditi dichiarati ovvero, semplicemente, della non stabilità di essi, specialmente quando vengano in considerazione redditi prodotti da attività di lavoro autonomo ”.

Inoltre, il TAR, esaminati i modelli “UNICO” depositati in giudizio, rilevava che negli anni solari 2012-2015, pur a fronte di un apprezzabile fatturato annuo, è stato prodotto un reddito imponibile di poco superiore a 12.000,00 euro;
mentre per gli anni 2016 e 2017 il ricorrente non ha dedotto né dimostrato i redditi prodotti.

Il TAR avanzava, quindi, il dubbio che l’attività imprenditoriale svolta dal ricorrente non fosse molto solida;
tutte le circostanze considerate confermerebbero quanto si legge nel provvedimento impugnato circa la non disponibilità di redditi sufficienti.

3.- Con l’appello in esame, il ricorrente denuncia l’erroneità e ingiustizia della sentenza, di cui chiede la riforma.

4.- Il Ministero dell’Interno, costituitosi in giudizio, chiede il rigetto dell’appello.

5.- Alla pubblica udienza del 12 dicembre 2019, l’appello è stato deciso.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato.

2.- Il ricorrente premette di aver ricevuto la notifica del provvedimento impugnato presso gli uffici di Prefettura, solo in data 21.5.2018, dopo un lungo silenzio dell’Amministrazione, nonostante i numerosi solleciti inviati dal suo legale e l’invio più volte della memoria ex art. 10 bis l. 241/1990 e dei documenti concernenti la sua situazione reddituale (che, peraltro, afferma di avere anche consegnato alla Prefettura nell’aprile 2017), a partire dall’avvenuta conoscenza, casualmente, nel mese di aprile 2017, di un preavviso di rigetto mai ricevuto, perché comunicato presso un domicilio errato (in -OMISSIS-, anziché -OMISSIS-, sua effettiva residenza).

Coi motivi di appello il ricorrente denuncia l’insufficienza ed illogicità della motivazione del provvedimento e della sentenza, il travisamento dei fatti e l’eccesso di potere in relazione alle contestate violazioni dell’art. 9, I comma, lett. f) della l.

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