Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-12-29, n. 200909007

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-12-29, n. 200909007
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200909007
Data del deposito : 29 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01791/2009 REG.RIC.

N. 09007/2009 REG.DEC.

N. 01791/2009 REG.RIC.

N. 02553/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso in appello nr. 1791 del 2009, proposto dal signor C S, rappresentato e difeso dagli avv.ti M S M e G C S, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via della Vite, 7,

contro

la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro tempore, il CONSIGLIO DI STATO, in persona del Presidente pro tempore, e il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12,



sul ricorso in appello nr. 2553 del 2009, proposto dalla PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro tempore, e dal SEGRETARIATO GENERALE DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, in persona del Segretario Generale pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12,

contro

i signori Marco ANGELUCCI, Paolo ANSELMI, Marco ARDOLINO, Vincenzo BUONANNO, Claudio CASTALDI, Daniele CECCARONI, Gianluca COMITO, Giuseppe DE FANO, Orlando DI DONATO, Massimiliano DI LISIO, Carlo Antonio DI NARDO, Carmine FREDA, Riccardo FRISENNA, Marco IZZI, Mauro LEONI, Massimo MELI, Mauro MERZARI, Angelo PAGANI, R PALMA, Christian PENNACCHIOTTI, Pasquale PIACENTE, Giuseppe PIGNALOSA, Giuseppe ROSI, Giuseppe SCIANNI, Maurizio SESTILI, C S, Domenico TONZIELLO, R UMILE e Giuseppe ZIZZI, non costituiti,

per la riforma

quanto al ricorso n. 1791 del 2009:

in parte qua, previa adozione di idonee misure cautelari, della sentenza 9 gennaio 2009, nr. 83, con la quale la sezione Terza del T.A.R. del Lazio ha riconosciuto il diritto del sig. S alla corresponsione degli arretrati allo stesso spettanti a titolo di indennità giudiziaria (ora indennità di amministrazione) fino al 31 dicembre 2007, ma “ nei limiti dell’intervenuta prescrizione e quindi del quinquennio fatto salvo dall’effetto interruttivo di cui alla domanda 17 settembre 2008 e computato a ritroso da tale data ”, nonché per la condanna dell’Amministrazione al relativo pagamento, con i relativi accessori di legge;

quanto al ricorso n. 2553 del 2009:

della sentenza del T.A.R. del Lazio, sezione Terza, nr. 83/2009, depositata il 9 gennaio 2009 e notificata il 6 febbraio 2009.


Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione delle Amministrazioni appellate nel giudizio nr. 1791 del 2009;

Vista la memoria prodotta dall’appellante nel giudizio nr. 1791 del 2009, in data 30 aprile 2009, a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2009, il Consigliere R G;

Uditi l’avv. M per l’appellante sig. S e l’Avvocato dello Stato A B per l’Amministrazione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. Il sig. Ciro S, Appuntato della Guardia di Finanza in servizio presso gli uffici della giustizia amministrativa, ha impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensiva, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, pur accogliendo il ricorso proposto da lui e da numerosi altri militari per il riconoscimento del loro diritto alla corresponsione degli arretrati spettanti a titolo di indennità giudiziaria (ora indennità di amministrazione), gli ha riconosciuto tale diritto nei limiti dell’intervenuta prescrizione, e quindi del quinquennio fatto salvo dall’effetto interruttivo della domanda del 17 settembre 2008 e computato a ritroso da tale data.

A sostegno dell’impugnazione, ha evidenziato come risultasse dagli atti che il primo atto interruttivo della prescrizione da lui posto in essere non era l’anzi detta istanza del 17 settembre 2008, avendo egli già chiesto all’Amministrazione la corresponsione dell’indennità giudiziaria con lettera del 18 dicembre 2002.

Si è costituita l’Amministrazione appellata, resistendo genericamente all’appello.

Alla camera di consiglio del 5 maggio 2009, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensione della sentenza impugnata, questo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.

All’udienza del 1 dicembre 2009, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Avverso la medesima sentenza del T.A.R. del Lazio hanno altresì proposto appello la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, chiedendone l’integrale annullamento.

A sostegno dell’impugnazione, hanno dedotto:

1) l’inussistenza dei presupposti per l’adozione di sentenza in forma semplificata da parte del giudice di primo grado, ai sensi degli artt. 21 e 26 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034;

2) l’inammissibilità di condanna generica nel giudizio amministrativo;

3) la violazione del divieto di estensione dei giudicati in materia di pubblico impiego, contenuto nell’art. 22, comma 34, della legge 23 dicembre 1994, nr. 724, e ribadito nelle leggi finanziarie successive.

All’udienza del 1 dicembre 2009, anche questa causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, va disposta la riunione dei due appelli all’esame per evidenti ragioni di connessione, avendo gli stessi a oggetto la medesima sentenza del T.A.R. del Lazio.

2. Con la sentenza impugnata il T.A.R. del Lazio, accogliendo il ricorso proposto da un gruppo di dipendenti della Guardia di Finanza in servizio presso gli uffici della giustizia amministrativa, ha riconosciuto il loro diritto alla corresponsione degli arretrati dovuti a titolo di indennità di amministrazione (ex indennità giudiziaria).

Detta sentenza è impugnata da un lato dall’Amministrazione soccombente, che ne chiede l’integrale annullamento, e dall’altro dal ricorrente in primo grado sig. Ciro S, il quale ne lamenta l’erroneità nella parte in cui è stato ritenuto prescritto il suo diritto ai suindicati emolumenti per il periodo anteriore al quinquennio antecedente alla data dell’istanza a sua firma datata 17 settembre 2008 (ultimo atto interruttivo della prescrizione ritenuto valido).

3. Entrambi gli appelli sono infondati e vanno conseguentemente respinti.

4. Principiando dall’appello dell’Amministrazione, tutti i motivi posti a sostegno dello stesso si appalesano infondati.

4.1. In primo luogo, è infondata la doglianza con cui si denuncia l’insussistenza nella specie dei presupposti per la pronuncia di una sentenza in forma semplificata in sede cautelare, ai sensi degli artt. 21 e 26 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034: infatti, costituisce principio giurisprudenziale pacifico che tale censura, oltre a essere inammissibile laddove – come non contestato nel caso che occupa – le parti siano state preavvertite dell’intenzione del Collegio giudicante di definire immediatamente la controversia nel merito e nulla abbiano obiettato in ordine a eventuali esigenze istruttorie ostative, in tal modo rinunciando a dedurre eventualmente errores in procedendo ex art. 157, comma 3, c.p.c., è anche infondata nel merito, atteso che essa si sostanzia nel lamentare un difetto di motivazione della sentenza di primo grado, il quale non rileva nel giudizio di appello, giacché l’effetto devolutivo di detto giudizio consente al giudice di appello di provvedere sulle domande, eventualmente integrando la motivazione mancante (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 2009, nr. 824).

A ciò può aggiungersi, ad abundantiam, che l’Amministrazione appellante, nel lamentare l’insussistenza dei presupposti per l’adozione di sentenza in forma semplificata, non va oltre l’affermazione generica secondo cui ricorrevano esigenze istruttorie connesse all’accertamento dei periodi di servizio svolti dai vari ricorrenti, senza però produrre alcun elemento preciso al riguardo, neanche nel presente grado di appello.

4.2. Del pari privo di pregio è il motivo di appello con cui l’Amministrazione lamenta la violazione del divieto di condanna generica nel giudizio amministrativo.

Al riguardo, la Sezione non ignora il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’art. 278 c.p.c., che disciplina l’istituto della condanna generica propriamente detta, non è applicabile al processo amministrativo: tuttavia, tale principio preclude appunto l’applicazione della condanna generica vera e propria, ossia della sentenza parziale che si pronunci solo sull’ an debeatur, rimettendo a successivo giudizio la determinazione del quantum, laddove nel caso di specie il T.A.R. si è limitato ad accertare il diritto dei ricorrenti alla corresponsione di emolumenti, rimettendo all’Amministrazione in sede esecutiva, e non ad altro giudizio, la loro concreta liquidazione, ciò che pacificamente è ammissibile nei giudizi in materia di pubblico impiego relativi a diritti soggettivi.

4.3. Infine, va respinta anche l’ulteriore doglianza di violazione del divieto di estensione dei giudicati in materia di pubblico impiego posto da numerose leggi finanziarie, a partire dalla nr. 724 del 23 dicembre 1994.

Infatti, il predetto divieto preclude all’Amministrazione di estendere gli effetti di sentenze definitive a dipendenti che non siano stati parte dei relativi giudizi, ma non impedisce certo a questi ultimi di instaurare nuovi giudizi – come avvenuto nella specie – per il riconoscimento dei benefici già in precedenza attribuiti a colleghi in situazioni analoghe;
né, come è ovvio, impedisce al giudice di ritenere fondate le ragioni di tali ricorrenti ulteriori.

È quanto fatto nella specie dal primo giudice il quale, nel considerare l’indennità giudiziaria (oggi indennità di amministrazione) dovuta a chiunque svolga a qualsiasi titolo funzioni giudiziarie, ha ribadito il proprio consolidato indirizzo, già peraltro condiviso da questa Sezione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 settembre 2007, nr. 4852).

A ciò può aggiungersi, per completezza, che non osta al riconoscimento de quo neanche il disposto dell’art. 2, comma 81, della legge 24 dicembre 2007, nr. 244, il quale nella parte che interessa così recita: “ ... dal 10 febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale ed accessorio attinente alla posizione di comando del personale appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle amministrazioni utilizzatrici dello stesso (…) Resta fermo il divieto di cumulabilità previsto dall’articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 1993 n. 537 ”.

Ad una prima lettura potrebbe ritenersi che le disposizioni in questione abbiano reiterato, anche nei confronti degli appartenenti alle Forze dell’ordine, il divieto di cumulo delle indennità accessorie, sconfessando il contrario orientamento giurisprudenziale testé richiamato.

Ad una analisi più attenta alle peculiarità del dato testuale, appare invece chiaro che le disposizioni in rassegna non hanno in realtà questa portata innovativa.

Deve infatti notarsi che il primo periodo della disposizione distingue il trattamento economico fondamentale da quello accessorio, mentre il secondo periodo ribadisce il divieto di cumulabilità facendo generico rinvio all’art. 3, comma 63, della legge nr. 537 del 1993.

Dal momento che il ridetto comma 63 dichiara non cumulabile il solo trattamento accessorio, nulla in sostanza induce a ritenere che il divieto sia stato esteso dalla nuova norma anche al trattamento fondamentale: se così fosse, infatti, il legislatore non avrebbe indicato separatamente al primo periodo le due tipologie di trattamento e non si sarebbe limitato nel secondo periodo a far rinvio ad una norma che riguarda il solo trattamento accessorio.

In sostanza, il comma 91 dell’art. 2, della legge finanziaria 2008, non innova il pregresso regime di una incumulabilità che riguarda solo i trattamenti accessori e non il trattamento fondamentale, di cui fa parte l’indennità per cui è causa.

5. Come già anticipato, è infondato anche l’appello proposto dal sig. S Ciro.

In particolare, egli richiama l’attenzione sulla richiesta da lui inoltrata in data 18 dicembre 2002, quale atto interruttivo non considerato dal giudice di primo grado, il quale pertanto, in accoglimento di eccezione all’uopo sollevata dall’Amministrazione, ha ritenuto prescritto il diritto del ricorrente agli emolumenti de quibus per il periodo anteriore ai cinque anni antecedenti la diversa istanza del 17 settembre 2008.

Tuttavia, anche a voler considerare l’istanza del dicembre 2002, è evidente che il risultato non cambia: infatti, a seguito dell’interruzione della prescrizione conseguente alla ridetta istanza il termine quinquennale ha ripreso a decorrere ab initio ed è spirato nel dicembre 2007, ben prima della nuova istanza del settembre 2008.

Pertanto, corretta appare la conclusione del primo giudice che ha riconosciuto dovuti al ricorrente gli arretrati nei limiti del quinquennio antecedente alla richiesta del 17 settembre 2008.

6. L’infondatezza di entrambi gli appelli, per le ragioni sopra evidenziate, comporta l’integrale conferma della sentenza impugnata.

7. Tenuto conto della doppia soccombenza reciproca, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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