Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-07-27, n. 201503661

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-07-27, n. 201503661
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503661
Data del deposito : 27 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02573/2014 REG.RIC.

N. 03661/2015REG.PROV.COLL.

N. 02573/2014 REG.RIC.

N. 00830/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2573 del 2014, proposto da:
C M, G R, rappresentati e difesi dagli avvocati L L e R L, con domicilio eletto presso L L in Roma, via Giulio Cesare, 71;

contro

Roma Capitale in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato R M, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, 21;



sul ricorso numero di registro generale 830 del 2015, proposto da:
C M, G R, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Contaldi La Grotteria e L L, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Giulio Cesare, 71;

contro

Roma Capitale in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Cristina Montanaro, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, 21;

per la riforma

quanto al ricorso n. 2573 del 2014:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II Bis n. 8392/2013, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio;

quanto al ricorso n. 830 del 2015:

della sentenza breve del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Quater n. 5512/2014, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio in sanatoria - ripristino stato dei luoghi.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio in entrambi i ricorsi dell’Amministrazione intimata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 giugno 2015 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti appellanti l’avvocato L L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I signori M C e Rosanna Gorini chiedono, con distinti appelli già riuniti con l’ordinanza cautelare n. 1197 del 2015, la riforma delle sentenze in epigrafe indicate, con cui il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto i ricorsi proposti avverso, rispettivamente, il diniego di condono edilizio in data 21 febbraio 2012 e la conseguente ordinanza di demolizione n. 8 del 3 gennaio 2014, per il cambio di destinazione d’uso da volumi tecnici a civile abitazione realizzato per 26, ,5 mq sull’immobile sito in Roma, via Lodovico Pavoni n. 53, intervento per il quale era stata presentata dal dante causa del primo ricorrente domanda di sanatoria ai sensi della legge n. 47 del 1985 in data 31 marzo 1995.

I) Il diniego oggetto del primo ricorso è stato motivato sulla circostanza della mancata ultimazione delle opere abusive entro il termine legislativamente previsto del 30 dicembre 1993;
la sentenza impugnata ha rilevato che le risultanze dell’accertamento eseguito dal competente ufficio in data 18 ottobre 1994, secondo cui “ sul lastrico solare erano state completamente demolite le coperture a due falde di un locale di mq. 75,00 circa e, successivamente ricostruite per le stesse dimensioni con struttura lignea ” e i locali al momento del controllo erano “ fatiscenti e non funzionali alla destinazione richiesta ossia civile abitazione ”, smentivano quanto asserito nella domanda di condono, che indicava come termine di ultimazione dei lavori la suddetta data.

II) La sentenza merita conferma.

Va preliminarmente osservato che il signor M C, al quale era stata indirizzata la nota del Comune in data 6 settembre 2011 recante preavviso di rigetto dell’istanza per mancata ultimazione delle opere abusive entro il termine previsto, si è limitato a ribadire, con nota del successivo 22 novembre, che “ l’uso e i lavori sono antecedenti ai termini previsti nella domanda di condono ”. Con la successiva nota del 1° dicembre 2011 l’interessato ha prodotto ulteriore documentazione, non idonea, comunque, a fornire la piena prova (che costituisce preciso onere del richiedente il condono: per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 2015, n. 6) dell’ultimazione dei lavori entro la suddetta data del 30 dicembre 1993: non, in particolare, la copertura in tegole, non il preventivo per lavori idraulici, non la posizione del tubo adduttore dell’acqua potabile, non la presenza di aperture, non il pagamento delle spese condominiali, non la fotografia prodotta a corredo dell’istanza del 31 marzo 1995 (che mostra, secondo il provvedimento di rigetto, “ i locali di cui trattasi in condizioni fatiscenti e non funzionali alla destinazione richiesta ”). D’altra parte, essendo l’abuso contestato relativo al cambio di destinazione di volumi tecnici in locali abitativi, è evidente che la sanatoria avrebbe postulato la piena dimostrazione della completa idoneità del manufatto, prima della data rilevante, all’uso residenziale, e quindi della presenza delle opere indispensabili alla relativa fruizione. Tale completa e piena dimostrazione difetta nella fattispecie in esame, in particolare per quanto riguarda la data di realizzazione: non sono quindi fondate le censure, riproposte in questo secondo grado, relative alla pretesa carenza di istruttoria nel procedimento sfociato nel diniego impugnato.

Le considerazioni che precedono rendono superfluo l’esame circa il contenuto della nota del 28 marzo 2001, della quale i ricorrenti lamentano la mancata ostensione, giacché il diniego rinviene nell’epoca dell’abuso la propria sufficiente motivazione. Quanto all’effettiva consistenza dell’intervento, che i ricorrenti assumono essere di 26 mq., va rilevato che entrambi i provvedimenti impugnati determinano precisamente in tale misura il proprio oggetto.

III) Neppure è fondata la censura relativa alla formazione sull’istanza del silenzio assenso ex art. 39 legge n. 724 del 1994, che il Tribunale amministrativo non ha preso in esame.

Come costantemente ha ritenuto questo Consiglio di Stato (per tutte, sez. V, 8 novembre 2011, n. 5894), il silenzio assenso non si perfeziona per il solo fatto dell'inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della domanda di sanatoria e del pagamento dell'oblazione, occorrendo altresì l'acquisizione della prova, da parte del Comune medesimo, della ricorrenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore. In particolare, pertanto, il silenzio assenso non si forma per effetto della presentazione di una domanda che non sia corredata dalla integrale dimostrazione dell’esistenza di detti requisiti, relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all'ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell'amministrazione comunale.

L’appello qui esaminato è, in conclusione, infondato.

III) Consegue alla conferma della legittimità del diniego della reiezione della domanda di condono, sotto i profili sopra esaminati, la reiezione anche dell’appello relativo alla sentenza avente ad oggetto l’ordine di rimozione delle opere realizzate senza titolo, di cui alla determinazione dirigenziale n. 8 del 3 gennaio 2014.

L’ordine di ripristino dello stato dei luoghi ha, infatti, natura vincolata, una volta che, come nel caso in esame, sia stato verificato che non sussistono le condizioni per la sanatoria delle opere abusive.

IV) In conclusione, gli appelli sono infondati e devono essere respinti, ma le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti anche per questo secondo grado, data la peculiarità della fattispecie.

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