Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-07-10, n. 202004465

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-07-10, n. 202004465
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004465
Data del deposito : 10 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/07/2020

N. 04465/2020REG.PROV.COLL.

N. 10426/2009 REG.RIC.

N. 06549/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10426 del 2009, proposto dalla società
Teca Gold di Starace Rella &
C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore e il signor T B L V, nella qualità di procuratore generale del signor J L V, rappresentati e difesi dagli avvocati A G e A M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, Piazzale Clodio, n. 61;

e con l'intervento di

ad opponendum:
i signori T B L V e Rella Starace, rappresentati e difesi dagli avvocati A G e A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, Piazzale Clodio n. 61;



sul ricorso numero di registro generale 6549 del 2011, proposto dal
Comune di Monsummano Terme, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Franco Arizzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

La Società Teca Gold di Starace Rella &
C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, e il signor T B L V nella qualità di procuratore generale del signor J L V, rappresentati e difesi dagli avvocati A G e A M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, Piazzale Clodio, n. 61;
Il signor E C, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Paolini e Duccio Maria Traina, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Carducci n. 4;
Il signor Paolo Natali non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
i signori T B L V e Rella Starace, rappresentati e difesi dagli avvocati A G e A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, Piazzale Clodio n. 61;

per la riforma

quanto al ricorso n. 10426 del 2009:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 2309/2008, resa tra le parti, concernente ingiunzione di demolizione di opere abusive e risarcimento del danno;

quanto al ricorso n. 6549 del 2011:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (sezione Terza) n. 638/2011, resa tra le parti, concernente annullamento in autotutela di permesso di costruire e richiesta di risarcimento del danno.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monsummano Terme, della Società Teca Gold s.a.s. di Starace Rella &
C., del signor T B L V nella qualità di procuratore generale del signor J L V e del signor E C;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le brevi note depositate dalle parti ai sensi dell’art. 84, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 giugno 2020 il Cons. C C, dati per presenti i difensori delle parti, ai sensi dell’articolo 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n.rg. 1485/2007, la società Teca Gold s.a.s. di Starace Rella &
C. e il signor T B L V, nella qualità di procuratore generale del signor J L V, hanno chiesto al T per la Toscana l’annullamento dei seguenti atti del Comune di Monsummano Terme: ordinanza di sospensione di lavori edilizi, in data 8 giugno 2007, n. 208;
atto prot. n. 16575, in data 18 luglio 2007, recante diffida a mettere in opera gli interventi edilizi previsti dalla dichiarazione di inizio di attività edilizia (variante definitiva) presentata il 12 luglio 2007;
ordinanza di demolizione, in data 24 luglio 2007, n. 268.

L’ingiunzione di demolizione riguardava “ il nuovo fabbricato, realizzato ad una distanza non regolamentare né dal confine di proprietà né dal fabbricato limitrofo, realizzato di dimensioni diverse con incremento di superficie coperta e di volume. La tettoia a sbalzo in adiacenza al fabbricato esistente, dalle seguenti dimensioni 5,70x2,70xhm2,60 con una superficie coperta di mq 15,39 ed un volume computato al 50% di mq 20,00. La recinzione intorno al nuovo fabbricato che fraziona il lotto e modifica le condizioni di verifica degli standard dei parcheggi. Pa e Pb ”. Il suddetto fabbricato era oggetto del permesso di costruire n. 66/2005, rilasciato del Comune di Monsummano Terme al signor J L V, in data 27 luglio 2005, per la realizzazione di un immobile su area di proprietà, acquistata nel 2006 dalla società Teca Gold, che aveva poi fatto eseguire i lavori edilizi.

Gli atti impugnati sono stati censurati dai ricorrenti sotto il profilo della violazione di legge, eccesso di potere, difetto dei presupposti, carenza istruttoria, travisamento dei fatti, errore, difetto di motivazione, contraddittorietà, illogicità, sviamento. Con il medesimo ricorso è stata chiesta la condanna del Comune convenuto al risarcimento del danno che sarebbe derivato dagli atti impugnati in conseguenza del necessario differimento sine die della stipula di un contratto definitivo di compravendita dell’immobile in questione, prevista entro il 13 luglio 2007 da un contratto preliminare di vendita, concluso dalla società ricorrente in data 30 maggio 2007.

Con la sentenza n. 2309/2008 il T ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione per tutti gli atti impugnati, in ragione dell’adozione da parte del Comune convenuto dell’ordinanza, n. 109, in data 9 aprile 2008, recante revoca degli stessi atti. La richiesta di condanna dell’Ente al risarcimento del danno è stata rigettata perché “ inammissibile in quanto generica e, comunque, priva di supporto probatorio ”.

2. Con l’appello n.rg. 10426/2009, gli interessati hanno impugnato la sentenza n.2309/2008, chiedendone la riforma nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento del danno e ha disposto la compensazione delle spese processuali tra le parti.

Per le deduzioni formulate da parte degli appellanti, del Comune convenuto e dei soggetti intervenuti nel procedimento avviato con l’appello n.rg. 10426/2009, si rinvia all’ordinanza collegiale n.1412/2020, adottata da questa Sezione all’esito dell’udienza pubblica in data 4 febbraio 2020, da intendersi integralmente richiamata e trascritta in questa sede.

3. Con ricorso n.rg. 716/2009, la società Teca Gold s.a.s. di Starace Rella &
C. e il signor T B L V, nella qualità di procuratore generale del signor J L V, hanno impugnato davanti al T per la Toscana l’ordinanza del Comune di Monsummano Terme, n. 45/2009, di annullamento in autotutela del permesso a costruire n. 66/2005, nonché tutti gli atti presupposti e conseguenti tra cui la relazione del responsabile del procedimento, in data 8 aprile 2009, n.89, redatta a seguito di sopralluogo.

I ricorrenti hanno chiesto l’annullamento di tali atti e il risarcimento del danno che ne sarebbe loro derivato, quantificato in euro 200.000,00, salva diversa liquidazione anche in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione. Nel procedimento è intervenuto ad adiuvandum il progettista dell’intervento edilizio.

3.1. L’ordinanza n. 45/2009 era stata adottata in base all’istruttoria effettuata ai fini del riesame disposto in sede cautelare dal T (T Toscana, sez. III, ord. 19 ottobre 2007, n. 938), nel procedimento avviato con il ricorso n.rg. 1485/2007 ( supra sub 1.). Nell’ambito di tale istruttoria, l’Amministrazione aveva effettuato un sopralluogo nella proprietà dei ricorrenti, in data 4 aprile 2009, all’esito del quale il responsabile del procedimento, con la relazione n. 89/2009, aveva evidenziato: alcune difformità tra lo stato dei luoghi e quanto rappresentato negli allegati progettuali;
alcune difformità tra l’intervento edilizio realizzato e quanto assentito, anche con riferimento al rispetto delle prescrizioni comunali in materia di distanze. Quindi, il Comune di Monsummano Terme, in data 9 aprile 2008, aveva adottato l’ordinanza n. 109, recante revoca dell’ingiunzione di demolizione n. 268/2007, e aveva comunicato ai ricorrenti, con nota prot. 7415, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241/1990, l’avvio del procedimento di annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 66/2005, poi disposto con l’impugnata ordinanza n. 45/2009.

Sulla base della citata relazione n.89/2009 del responsabile del procedimento, tale ordinanza evidenziava, che:

a) le opere erano state realizzate in difformità dal titolo assentito, poiché era stata “ realizzata una volumetria superiore (di mc 9,83) rispetto a quella assentita ”;
il fabbricato era stato “ posizionato in modo difforme da quello previsto nell’elaborato ”, tanto che risultava “ traslato di 20 cm verso il lato ovest con ulteriore riduzione della distanza minima già violata;
non era stata rispettata la distanza di cinque metri dal confine ovest
”.

b) il permesso di costruire n. 66/12005 “ non sarebbe stato assentito laddove l’interessato avesse depositato a corredo dell’istanza di rilascio elaborati contenenti l’effettiva rappresentazione dello stato di fatto preesistente all’intervento e non, come invece si è riscontrato, una rappresentazione palesemente infedele ” per: difetto di rappresentazione “ di due manufatti (concorrenti alla determinazione della volumetria complessiva esistente e, pertanto, di quella realizzabile) ”;
rappresentazione “ con una volumetria inferiore a quella reale un fabbricato esistente (anch’esso concorrente alla determinazione della volumetria complessiva esistente e, pertanto, di quella finale) ”;
omissione di “ rappresentazione di un fabbricato limitrofo rispetto al quale occorreva valutare se l’immobile da realizzare rispettasse le distanze fra costruzioni prescritte dalla disciplina vigente ”, con la conseguenza che “ era stata quindi erroneamente assentita la realizzazione di una costruzione eccedente i limiti di volumetria realizzabili e sito a meno di dieci metri dal fabbricato limitrofo ”.

4. Con ordinanza n. 426/2009, il primo giudice disponeva la sospensione in via cautelare dell’atto impugnato.

5. Con ricorso n.rg. 817/2009 al T per la Toscana, l’ordinanza n.45/2009 veniva impugnata, insieme agli atti presupposti, anche dal signor E C, direttore dei lavori dell’immobile in questione, per ottenerne l’annullamento, oltre al risarcimento dei danni che egli avrebbe patito in conseguenza dell’atto avversato.

6. Il T, riuniti i ricorsi n.rg. 716/2009 e n.rg. 817/2009, li ha ritenuti fondati nel merito (seppur respingendo la domanda risarcitoria, come meglio si vedrà di seguito) non sussistendo:

a) la violazione dell’art. 7 delle norme tecniche di attuazione (NTA) del comunale Piano regolatore generale in materia di rispetto delle distanze, contestata dal Comune di Monsummano Terme in base all’assunto che il citato art. 7 postulasse una misurazione radiale delle distanze fra edifici;
adottando tale metodo di misurazione, sarebbe risultata non rispettata la prescritta distanza minima di 10 metri tra lo spigolo dell’edificio assentito e quello di altro immobile preesistente, non rappresentato negli allegati alla richiesta di permesso di costruire;
ad avviso del T, una tale lettura del citato art. 7 NTA era errata, in quanto la sua formulazione, che si riferiva alla distanza tra pareti finestrate e non finestrate, non conteneva alcun testuale riferimento a misurazioni radiali, dovendosi quindi ritenersi prevista solo una misurazione con metodo lineare delle distanze degli edifici;

b) la rappresentazione infedele dello stato dei luoghi per mancanza di indicazione, in sede di richiesta di permesso di costruire, di due manufatti addossati a muro di recinzione, contestata dall’Amministrazione ai ricorrenti;
essi sostenevano che, alla data di presentazione della richiesta del titolo edilizio, tali manufatti fossero inesistenti o, comunque, non noti data la loro posizione rispetto al confine della limitrofa proprietà;
il T ha considerato inutilizzabile, a supporto della tesi comunale della rappresentazione infedele dello stato dei luoghi, quanto evidenziato nella citata relazione prot. n. 89/2009, in merito a “ dichiarazioni rese da uno dei proprietari del lotto ” circa la preesistenza dei manufatti alla richiesta di permesso di costruire, in quanto tale informazione non risultava nella motivazione del provvedimento impugnato, che quindi avrebbe manifestato “ implicitamente, di non poterla considerare utilmente valorizzabile ”;
inoltre, secondo il primo giudice, l’aerofotogrammetria depositata in atti, tratta dalla carta tecnica regionale riferita alla situazione degli immobili al 12 febbraio 2003, dimostrava che i due manufatti, probabilmente abusivi, non erano preesistenti al 15 marzo 2003, data di richiesta del titolo edilizio;

c) la rappresentazione infedele dei fatti contestata dall’Amministrazione ai ricorrenti per l’indicazione, negli allegati alla richiesta di permesso di costruire, per un fabbricato preesistente, di una volumetria minore rispetto a quella reale: secondo il primo giudice, tale contestazione, riferita ad uno scarto di circa 8 metri, avrebbe dovuto essere verificata con un nuovo sopralluogo in contraddittorio;
ma, in ogni caso, la volumetria dichiarata risultava già dalla concessione in sanatoria n. 328 rilasciata in data 12 settembre 1998 per lo stesso fabbricato e, quindi, essa costituiva un dato di carattere ufficiale.

Secondo il T, erano fondati anche i motivi di ricorso relativi alla violazione degli artt. 3 e 21- nonies della l. n. 241/1990: infatti, la motivazione dell’atto era carente “ quanto all’individuazione di una responsabilità dell’inesattezza degli elaborati - in particolare riguardo all’aspetto, che costituisce uno dei pilastri della motivazione, delle indicazioni rilevanti ai fini delle distanze, aspetto che involge questione interpretativa delle NTA - ed alla valutazione, anche a tale aspetto correlata, dell’interesse ad un annullamento che interviene a quatto anni di distanza del rilascio del titolo, a costruzione ultimata ”.

Pertanto, con la sentenza n. 638/ 2011, il T, dichiarate assorbite le ulteriori censure dei ricorrenti, ha annullato l’atto impugnato: il T ha però respinto le domande di risarcimento proposte con entrambi i ricorsi “ non essendo stati comprovati danni derivanti dal provvedimento ”. In particolare, quanto alla domanda risarcitoria contenuta nel ricorso n.716/2009, il primo giudice, rilevato che gli effetti dell’atto impugnato erano stati sospesi in sede cautelare, ha ritenuto che il pregiudizio lamentato per la mancata stipula del contratto definitivo di vendita dell’immobile non risultasse ricollegabile al provvedimento impugnato, considerato che, come riferito nello stesso ricorso, il promittente acquirente “ aveva chiesto la risoluzione del contratto preliminare di compravendita il 3.04.2008, ossia in epoca ben anteriore all’adozione del provvedimento n. 45 del 17.02.2009 ”.

In merito ai danni pretesi dal direttore dei lavori, il T ha ritenuto che essi o non risultassero “ riferibili all’atto impugnato - v. spese e onorari per la difesa nel giudizio penale - ” o non fossero stati “ comprovati quale conseguenza del breve periodo di efficacia del provvedimento anteriore alla predetta ordinanza cautelare del maggio 2009 - danni ad immagine o possibilità professionali - .

7. Con l’appello n.rg. 6549/2011, il Comune di Monsummano ha impugnato la sentenza n. 638/2011. Con tale atto e con le successive memorie depositate agli atti del procedimento, l’Ente deduce quanto segue:

a) le censure dei ricorrenti di primo grado in merito alla violazione dell’art. 7 NTA sarebbero state inammissibili in quanto gli interessati avrebbero dovuto impugnare tale articolo per dedurne l’illegittimità;
comunque, le medesime censure sarebbero infondate: infatti, l’esigenza di misurazione con metodo radiale delle distanze dei fabbricati, prevista anche dal testo dell’art. 15 NTA approvato nel 2015, discenderebbe dalla formulazione del citato art. 7, secondo il quale la distanza tra edifici è data dalla lunghezza del “ segmento minimo misurato in proiezione orizzontale congiungente i corpi di fabbrica ”;
tale formulazione postulerebbe, da un punto di vista geometrico-matematico, la misurazione radiale e il riferimento alla proiezione orizzontale significherebbe che la misurazione va effettuata sul piano di campagna, escludendola invece in caso di dislivello tra immobili;

b) l’assenza di rappresentazione dei due manufatti, non dichiarati al momento della richiesta del titolo edilizio, nell’aerofotogrammetria della carta tecnica regionale del 12 febbraio 2003 non poteva essere ritenuta significativa, date la dimensione dei medesimi manufatti e la scala di rappresentazione (1/10.000) del suddetto documento;
la relazione n. 89/2009, redatta dal responsabile del procedimento a seguito di sopralluogo, dava atto delle dichiarazioni rese da “ uno dei proprietari del lotto ” (la memoria depositata dal Comune appellante in data 18 maggio 2020 specifica “ proprietari confinanti ”) in merito alla preesistenza dei manufatti, nonché della vetustà dei materiali di costruzione, circostanze che avrebbero dimostrato la preesistenza, alla data di presentazione della richiesta del titolo edilizio, dei manufatti in questione;
per effetto dell’omissione rappresentazione di tali manufatti, gli interessati sarebbero stati autorizzati a realizzare una volumetria maggiore rispetto a quella effettivamente assentibile;

c) la rappresentazione negli allegati progettuali della richiesta di permesso edilizio di una minore volumetria di altro fabbricato preesistente non poteva essere giustificata, come ritenuto dal T, dalla circostanza che le minori dimensioni risultassero dalla concessione n. 328/1998 rilasciata in sanatoria del medesimo fabbricato, in quanto, in sede di rilascio di nuovo titolo edilizio, occorreva aver riguardo alle dimensioni reali di tale fabbricato;
la considerazione del T, in merito al fatto che l’esiguità dello scarto volumetrico avrebbe richiesto un nuovo sopralluogo in contraddittorio, avrebbe dovuto portare a disporre in via istruttoria una nuova misurazione della stessa volumetria, invece di pervenire a statuizioni assunte in violazione dei principi in tema di onere della prova;
il Comune appellante chiede la disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio al fine di verificare “ anche la corrispondenza tra lo stato di fatto esistente e quello rappresentato negli elaborati del medesimo p.d.c. nonché alla correttezza della verifica prot. 89 del 8.4.2008 ”;

d) la rappresentazione dello stato dei luoghi non corrispondente al vero avrebbe esonerato l’Amministrazione dal motivare l’interesse pubblico all’annullamento in autotutela, in conformità a consolidato e conforme indirizzo della giurisprudenza amministrativa, restando irrilevante la questione delle responsabilità della falsità della rappresentazione.

8. Con atto depositato in data 26 ottobre 2011, la società Teca Gold e il signor T B L V, nella qualità di procuratore del signor J L V, si sono costituiti in giudizio per chiedere il rigetto dell’appello del Comune di Monsummano Terme e per riproporre nel presente grado di giudizio i motivi del ricorso di prime cure dichiarati assorbiti dal T, spiegando inoltre appello incidentale per avversare la sentenza impugnata “ nella parte in cui ha respinto la domanda risarcitoria proposta dalla società appellata, condannando l’Amministrazione al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi dalla stessa, da determinarsi anche con liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 cc ”.

9. Con atto depositato in data 7 maggio 2020 hanno spiegato intervento nel procedimento n.rg. 6549/2011, ai sensi dell’art. 111, quarto comma, c.p.c. e dell’art. 50 c.p.a. i signori T B L V e Rella Starace, nella qualità di soci successori della disciolta società Teca Gold S.a.s. di Rella Starace e C., per chiedere il rigetto dell’appello principale e l’accoglimento dell’appello incidentale, deducendo: la violazione dell’art. 7 della l. 241/1990 nel procedimento concluso con l’annullamento del titolo edilizio, nell’ambito del quale l’Amministrazione avrebbe effettuato un sopralluogo introducendosi “clandestinamente” nella proprietà;
il difetto di istruttoria da parte dell’Amministrazione in merito alla natura precaria dei due manufatti non rappresentati in sede di richiesta di permesso di costruire, in ragione della quale natura essi non sarebbero stati considerati come costruzioni rilevanti ai fini del calcolo della volumetria assentibile;
l’adozione dell’atto di annullamento del titolo edilizio dopo ben quattro anni dal rilascio, ignorando l’affidamento suscitato negli interessati;
la violazione del principio di proporzionalità in sede di comparazione tra l’interesse pubblico al suddetto annullamento e l’interesse privato alla conservazione dell’atto.

10. Con memoria unica per i procedimenti n.rg. n. 10426/2009 e n.rg. 6549/2011, depositata in data 8 maggio 2020, gli appellanti incidentali deducono che: la mancata conclusione del contratto di compravendita dell’immobile in questione costituiva la società Teca Gold un danno patrimoniale derivante, inizialmente, dall’ordine di demolizione;
a tale voce di danno se ne sarebbe aggiunta una ulteriore e autonoma, conseguente all’annullamento del titolo edilizio, che avrebbe reso impossibile la vendita dell’immobile;
l’edificio avrebbe perso valore a seguito della crisi del mercato immobiliare successiva agli anni 2009-2010 e avrebbe attualmente un prezzo di mercato molto inferiore a quello di € 240.000,00 pattuito con il promittente acquirente nel 2007;
il giudice civile aveva respinto le pretese anche risarcitorie del promittente acquirente, ma la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Firenze non era ancora definitiva, essendo pendente il relativo termine di impugnazione;
alla mancata riscossione della somma di € 200.000,00, corrispettivo residuo del prezzo dell’immobile pattuito, avrebbe dovuto ricondursi una voce di danno costituita dalla mancata disponibilità della suddetta somma per circa dieci anni e un mancato utile in ragione dell’impossibilità di alienare l’immobile;
tale danno, in ragione delle asserite “ difficoltà connesse alla sua precisa determinazione ” avrebbe potuto essere liquidato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c..

Il complessivo operato dell’Amministrazione ne avrebbe dimostrato la colpa, avendo adottato e poi revocato un ordine di demolizione, nonché emanato l’atto di annullamento in autotutela del titolo edilizio, impegnando così gli interessati in un procedimento giurisdizionale meramente defatigatorio con un incomprensibile fine persecutorio.

11. Il direttore dei lavori relativi all’immobile in contestazione, costituito in giudizio con atto depositato in data 25 ottobre 2011, ha chiesto il rigetto dell’appello del Comune di Monsummano Terme. Egli non ha formulato alcuna censura avverso la sentenza n.638/2011, nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento del danno presentata in primo grado, mentre ha riproposto i motivi di ricorso, già formulati in quella sede processuale e dichiarati assorbiti dalla sentenza in epigrafe, evidenziando: la lieve entità delle difformità dell’immobile rispetto al progetto assentito dall’Amministrazione;
le discordanti misurazioni effettuate dall’Amministrazione, prima ai fini dell’ordinanza di demolizione, poi ai fini dell’atto di annullamento del permesso di costruire, discordanza che avrebbe reso opportuna la disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio;
l’erroneità del calcolo delle distanze con il metodo del prolungamento in diagonale dell’angolo esterno dell’immobile sino al confine, metodo che non avrebbe trovato alcuna base nelle comunali NTA. La richiesta di consulenza tecnica d’ufficio da parte dell’appellante principale sarebbe inammissibile, in quanto risulterebbe ininfluente, ai fini della decisione, accertare “ anche la corrispondenza tra lo stato di fatto esistente e quello rappresentato negli elaborati del medesimo p.d.c. nonché alla correttezza della verifica prot. 89 del 8.4.2008 ”, considerato che, a distanza di oltre 17 anni dalla presentazione della domanda di permesso di costruire, lo stato dei luoghi poteva essere mutato.

12. Con memoria unica per i procedimenti n.rg. n. 10426/2009 e n.rg. 6549/2011, depositata in data 8 maggio 2020, il Comune di Monsummano Terme ha dedotto i seguenti motivi di inammissibilità dell’appello incidentale:

a) la domanda risarcitoria presentata dagli interessati con il ricorso n.rg 716/2009 sarebbe già stata presentata dagli stessi ricorrenti con il ricorso n.rg.1485/2007;
entrambi i giudizi sarebbero caratterizzati dall’identità delle parti e degli elementi dedotti a supporto della pretesa risarcitoria, formulati in modo apodittico e generico, tanto da lasciare indeterminata la causa petendi ;
al più tale pretesa sostanzierebbe una mera richiesta al Comune di Monsummano Terme di manleva, nell’eventualità di condanna al risarcimento del danno nei confronti del promittente acquirente;

b) l’appello incidentale violerebbe il principio di specificità delle censure contro il capo di sentenza gravato previsto dall’art. 101 c.p.a.;
nell’impugnare la sentenza n. 638/2011, gli interessati, omettendo di contestare la correttezza del percorso argomentativo seguito dal primo giudice, si sarebbero limitati ad affermare che l’immobile non fosse più commerciabile e che l’atto avversato avesse causato un pregiudizio alla società appellata “ragguagliato al ritardo nell’alienazione dell’immobile”;

c) difetto di interesse del signor J L V alla richiesta risarcitoria, in quanto il permesso di costruire era stato volturato alla società Teca Gold;
del resto, egli non avrebbe proposto alcuna domanda di risarcimento del danno nel primo grado di giudizio, nel quale le pur generiche pretese risarcitorie erano state articolate con riferimento solo alla società Teca Gold.

Nel merito l’appello incidentale sarebbe infondato e la dimostrazione della consapevolezza dei ricorrenti circa il carattere non veritiero della rappresentazione dello stato dei luoghi, effettuata per ottenere l’assenso al loro progetto edilizio, risiederebbe nella clausola del contratto preliminare di vendita dell’immobile in questione, con cui la società Teca Gold si era impegnata con il promittente acquirente ad ottenere dall’Amministrazione “ i titoli autorizzativi edilizi relativi alla regolarizzazione degli errori inesattezze riportati negli elaborati grafici della variante in corso d’opera presentata al comune di Monsummano Terme in data 24 maggio 2007 ”.

12.1. Con memoria depositata in data 18 maggio 2020, l’Ente rileva, tra l’altro, l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., sia della modifica da parte degli appellanti incidentali della domanda risarcitoria, formulata in primo grado con riferimento alla mancata conclusione del contratto definitivo di compravendita, e riferita in appello al danno da perdita di valore commerciale dell’immobile e ritardo nella sua alienazione, sia della documentazione depositata a supporto della richiesta risarcitoria della nuova voce di danno. Secondo il Comune di Monsummano Terme nessun evento dannoso si sarebbe verificato per gli appellanti incidentali, dato che la richiesta risarcitoria del promittente acquirente era stata respinta dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza che avrebbe potuto acquisire carattere definitivo se gli appellanti incidentali avessero provveduto a far decorrere il termine breve di impugnazione notificandola al promittente acquirente.

13. Con memoria unica per entrambi i procedimenti n.rg. n. 10426/2009 e n.rg. 6549/2011, depositata in data 19 maggio 2020, gli appellanti incidentali hanno replicato alle eccezioni di inammissibilità della domanda risarcitoria formulate dal Comune di Monsummano Terme e hanno ribadito la richiesta di rigetto dell’appello principale e di accoglimento dell’appello incidentale.

13.2. Con note ai sensi dell’art. 84, co.5, d.l. n.18/2020, depositate in data 6 giugno 2020 i signori T B L V e Rella Starace, quali successori della società Teca Gold e il primo anche quale procuratore generale di J L V e 8 giugno 2020 il Comune di Monsummano Terme, le parti hanno chiesto che le cause fossero trattenute in decisione.

14. Il Collegio rileva che la Sezione, all’esito dell’udienza pubblica in data 4 febbraio 2020, con l’ordinanza n. 1412/2020, aveva disposto il rinvio della trattazione dell’appello n.rg. 10426/2009 all’udienza pubblica del 9 giugno 2020, prevista per la trattazione dell’appello n.rg. 2011/6549, allo scopo di valutare la sussistenza di ragioni di connessione, soggettiva e oggettiva, che rendessero opportuna la riunione dei due appelli.

15. Ai fini di tale valutazione, il Collegio nota che, con i ricorsi di primo grado n.rg. 1485/2007 e n.rg. 716/2009 (nonché con n.rg. 817/2009 anche il direttore dei lavori), gli interessati hanno avversato distinti atti del Comune di Monsummano Terme, tutti riguardanti il medesimo immobile dai quali essi traggono ragioni a supporto di richieste risarcitorie neo confronti dello stesso Comune. Tale constatazione evidenzia l’esigenza della valutazione in una sede processuale unitaria degli appelli avverso le sentenze in epigrafe, al fine di assicurarne una coerente definizione.

Pertanto, il Collegio dispone, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., la riunione dell’appello n.rg. 10426/2009 con l’appello n.rg. 6549/2011.

16. Nell’ordine logico giuridico delle questioni da analizzare, assume carattere prioritario l’esame delle eccezioni formulate dal Comune convenuto, relative all’improcedibilità dell’appello n.rg. 10426/2009 per difetto di tempestiva riassunzione del giudizio a seguito dell’interruzione conseguente allo scioglimento della società Teca Gold, sia in merito alla contestazione della qualità di soci successori in capo ai soggetti che hanno spiegato intervento nel procedimento avviato con tale appello. Ciò in quanto l’eventuale accoglimento di tali eccezioni spiegherebbe effetti anche nel procedimento dell’appello n.rg. 6549/2011, in cui la stessa società è convenuta in giudizio e ha spiegato appello incidentale e gli stessi soci successori hanno effettuato analogo intervento.

Venendo a tali eccezioni, il Collegio osserva che, secondo il Comune di Monsummano Terme, dallo scioglimento della società Teca Gold sarebbe derivata l’interruzione del giudizio, alla quale non avrebbe fatto seguito una tempestiva riassunzione ex art. 80 c.p.a..

Sul punto va notato che: lo scioglimento della società Teca Gold, cancellata dal registro delle imprese, è oggetto di atto notarile, rogato il 17 novembre 2011, depositato in atti, che attesta la qualità di soci successori della disciolta società Teca Gold dei soggetti che hanno spiegato intervento nei procedimenti di entrambi gli appelli. Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio “ l’art. 2495 cod. civ., come novellato dall’art. 4 del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, ha assegnato alla cancellazione delle società dal registro delle imprese efficacia costitutiva e, ciò che più conta, vi ha ricollegato l’effetto estintivo della persona giuridica societaria ” (Cons. Stato, sez IV, 23 gennaio 2013 n. 414). La cancellazione della società dal registro delle imprese che intervenga nella pendenza di un giudizio nel quale essa sia parte, determina un’ipotesi di interruzione, con possibilità di prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c. (cfr. Cass. civ., sez. lav. 4 agosto 2017, n. 19580).

Nella fattispecie, l’estinzione della società è avvenuta dopo l’instaurazione del giudizio di appello, nel quale la medesima società continua ad essere rappresentata dal difensore costituito, in virtù dell’ultrattività del relativo mandato (cfr. Cass., Sez. I, 21 dicembre 2018, n. 3356). I soci successori nei rapporti giuridici facenti capo all’estinta società, risultanti dall’atto notarile rogato in data 17 novembre 2011, hanno comunicato l’avvenuta successione con l’atto di intervento depositato in data 20 gennaio 2015 e hanno tempestivamente provveduto a depositare istanza di fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 80 c.p.a., essendo il deposito avvenuto in data 19 febbraio 2015.

17. Le esposte considerazioni consentono di respingere entrambe le eccezioni del Comune convenuto riportate sub 16 e tale rigetto permette di proseguire nell’esame degli appelli riuniti, che il Collegio ritiene opportuno effettuare a partire dall’appello n.rg. 2011/6549.

18. In merito a tale impugnazione, il Collegio ritiene che le censure dell’appellante principale avverso la sentenza di primo grado, riconducibili a quanto riportato sub 7. non possano essere accolte.

18.1. Per quanto richiamato sub 7. lett. a), va notato che i ricorrenti di primo grado non erano tenuti ad impugnare l’art. 7 delle NTA, poiché le doglianze da essi formulate in merito alla misurazione da parte del Comune di Monsummano Terme delle distanze tra edifici con metodo radiale non investivano la legittimità, ma l’interpretazione da parte dello stesso Comune delle disposizioni in esso contenute.

Secondo il Collegio, pur non potendosi sottacere una non eccessiva perspicuità del dato normativo, tale interpretazione non trova fondamento nel disposto del citato art. 7 ( distanza tra edifici ) delle NTA. Infatti, il punto D3 dello stesso articolo stabilisce che “ per distanza tra edifici si intende la lunghezza del segmento minimo misurato in proiezione orizzontale congiungente i corpi di fabbrica ”. Il successivo punto 3 specifica che “ la distanza minima sopraindicata si riferisce alle distanza da e fra pareti finestrate e non finestrate ”. Quindi, la formulazione letterale di tali disposizioni non avalla l’interpretazione del Comune di Monsummano Terme, secondo la quale la misurazione della distanza minima andrebbe effettuata con metodo radiale. Va pure rilevato che la formulazione del richiamato punto 3 è analoga a quella contenuta nell’art. 9, primo comma, n. 2, del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, che impone la distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Con riferimento a tale disposizione, la giurisprudenza è consolidata nel senso di ritenere che le distanze tra fabbricati non si misurano in modo radiale, come invece avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare (cfr. Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2016, n. 9649;
Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 2005, n. 5348), tracciando linee perpendicolari tra gli edifici (cfr. Cons. Stato, sez. VI 5 dicembre 2019 n. 8319).

Inoltre, la decisione del Comune di Monsummano Terme di introdurre nell’art. 15 NTA il metodo di misurazione radiale (“ il distacco minimo, misurato in modo radiale, che intercorre in ogni punto tra la proiezione dell’edificio emergente dal terreno e l’altro elemento di riferimento ”) dimostra il contrario di ciò che l’Ente vorrebbe provare: vale a dire, che il citato art. 7 NTA consentiva solo una misurazione lineare delle distanze tra edifici e che, quindi, fosse necessario adottare un’espressa disposizione per stabilire che la misurazione fosse effettuata tracciando linee oblique. Poiché tale disposizione è stata approvata con la deliberazione del Consiglio comunale n. 10, in data 5 marzo 2015, essa non è applicabile alla fattispecie, in quanto non vigente alla data di rilascio del permesso di costruire n. 66/2005. Dunque, correttamente il T non ha ritenuto violata la distanza minima tra edifici in quanto essa, misurata con il metodo consentito, cioè quello lineare, non era inferiore a quella prescritta.

18.2. Il Collegio condivide anche le conclusioni del primo giudice contestate dall’Ente appellante con le censure riconducibili a quanto riportato sub 7. lett. b) e lett.c).

La preesistenza di “ due manufatti concorrenti alla determinazione della volumetria complessiva esistente e, pertanto, di quella realizzabile ”, non può ritenersi dimostrata dalla relazione del responsabile del procedimento n. 89/2009, cui l’ordinanza n.45/2009 si limita a fare rinvio. Tale relazione, al punto 4.5, riporta la superficie (5,51 mq e 4,98 mq) e la volumetria (10,63 mc e 9,97 mc), di entrambi i manufatti, nonché il rilievo secondo cui, essi “ da dichiarazioni rese da uno dei proprietari del lotto risultano preesistenti rispetto alla data di presentazione della medesima istanza (peraltro gli stessi materiali testimoniano la vetustà dei suddetti manufatti )”.

Ebbene, tale rilievo, fondato su dichiarazioni di un soggetto non identificato e sulla valutazione delle caratteristiche dei materiali di costruzione da parte del tecnico comunale, assume una connotazione soggettiva che non trova alcuna conferma in dati di natura oggettiva - e, pertanto, rispetto ad essi recede - costituiti dall’assenza degli stessi manufatti o di qualsiasi riferimento ad essi: sia nell’aerofotogrammetria tratta dalla carta tecnica regionale, riferita al 12 febbraio 2003;
sia nella citata concessione in sanatoria n. 328/1998;
sia negli atti del sopralluogo a seguito del quale sono stati adottati i provvedimenti impugnati con il ricorso n.rg. 1485/2007.

Inoltre, non può escludersi la buona fede degli appellanti incidentali e dei tecnici da essi incaricati nel far riferimento ai dati contenuti nella concessione in sanatoria n. 328/1998 per l’indicazione della volumetria di un fabbricato esistente alla data della richiesta di permesso di costruire, trattandosi di dimensioni risultanti da atti dello stesso Comune.

Per tali considerazioni va escluso che possa essere accolta la richiesta di disposizione di consulenza tecnica d’ufficio formulata dal medesimo Comune e devono essere dichiarati infondati i motivi di appello sub 7. lett. b) e c).

18.3. Anche il motivo di appello sub 7. lett. d) è infondato.

In merito, il Collegio - pur rilevato l’indirizzo di questo Consiglio per cui “ la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell'atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, per cui l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte ” (cfr. Ad. plen., 17 ottobre 2017, n. 8) - ritiene di non potersi esimere dal considerare che, nella fattispecie, sussisteva una palese contraddizione tra quanto disposto dall’Amministrazione comunale in sede di autotutela e i precedenti atti della stessa Amministrazione gravati dagli interessati con il ricorso n.rg. 1485/2007. Infatti, poiché tali atti erano fondati sull’assunto della legittimità del permesso di costruire n. 66/2005 - tanto che l’Amministrazione aveva contestato agli stessi interessati di non averne rispettato le prescrizioni costruendo in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto ad esso - il Comune appellante non poteva ritenersi esonerato dal motivare in merito alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’annullamento del medesimo titolo edilizio.

18.4. Pertanto l’appello n.rg. 2011/6549 è infondato e sono improcedibili i motivi dei ricorsi di primo grado n.rg. 716/2009 e n.rg. 817/2009, già dichiarati assorbiti dal primo giudice e riproposti nel presente grado di giudizio dalla società Teca Gold e dal signor L V con l’atto depositato in data 26 ottobre 2011, nonché dal direttore dei lavori con l’atto depositato in data 25 ottobre 2011.

19. Occorre ora esaminare l’appello incidentale, non subordinato all’accoglimento dell’appello principale, presentato nel procedimento relativo all’appello n.rg. 2011/6549. A tale appello si riferiscono sia l’intestazione (“ memoria di costituzione con appello incidentale ”) che la conclusione sub n. 2 di pag. 35 dell’atto depositato in data 26 ottobre 2011 dalla società Teca Gold e dal signor T B L V nella qualità di procuratore generale del signor J L V. Con tale conclusione essi si limitano a chiedere la condanna dell’appellante principale al risarcimento dei danni da essi sofferti, da liquidare anche in via equitativa senza articolare alcuna censura avverso il capo della sentenza n. 638/2011 che ne ha respinto la domanda di condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno per assenza di collegamento tra la mancata stipula del contratto definitivo di vendita dell’immobile e l’atto di annullamento in autotutela.

Ne consegue che deve quindi essere accolta l’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale formulata dalla difesa comunale per difetto di specifiche censure in ordine al suddetto capo della sentenza n. 638/2011 e l’appello incidentale deve essere dichiarato inammissibile.

Comunque, va osservato che le deduzioni contenute negli atti in seguito depositati dagli appellanti incidentali (con memorie riferite anche alle pretese risarcitorie riproposte con l’appello n.rg. 10426/2009) paiono sostanziare la richiesta di nuove e quindi inammissibili voci di danno, anche contraddittorie tra loro, quali il pregiudizio patrimoniale costituito dall’impossibilità di vendere l’immobile (memoria unica depositata in data 8 maggio 2020) e quello “ ragguagliato al ritardo nell’alienazione dell’immobile ” che avrebbe determinato un “ danno nella forma del lucro cessante ” (memoria in data 19 maggio 2020). Inoltre tali deduzioni non supportano in alcun modo la tesi degli appellanti incidentali circa la sussistenza dell’elemento soggettivo, quanto meno della colpa, in capo al Comune di Monsummano Terme nell’adozione dell’atto di annullamento del permesso di costruzione. Infatti, l’illegittimità di tale atto, dichiarata dal giudice di primo grado con statuizioni che il Collegio ritiene che vadano confermate, non può automaticamente tradursi in un obbligo risarcitorio nei confronti degli interessati da parte dell’Amministrazione. Infatti, resta incontestata in questo grado di giudizio l’esistenza di irregolarità nella costruzione dell’immobile. Tale irregolarità, che non è stata oggetto di motivi d’appello da parte del Comune di Monsummano Terme, non è negata né dal direttore dei lavori nell’atto di costituzione in giudizio e nella successiva memoria depositata in atti (anzi egli ammette, pur definendole lievi, una variazione della cubatura e della posizione del fabbricato rispetto al progetto assentito), né dagli appellanti incidentali.

Perciò, seppure, come sopra esposto, la rappresentazione dello stato dei luoghi da parte del richiedente del permesso di costruire non potesse ritenersi dolosamente infedele e le variazioni rispetto al progetto assentito potessero essere esigue, gli appellanti incidentali avevano comunque concorso a realizzare una situazione di fatto caratterizzata da irregolarità edilizie di cui essi erano consapevoli (tanto da farne oggetto di specifica clausola del contratto preliminare di vendita). In una tale situazione di fatto all’Amministrazione non poteva essere certo preclusa l’attivazione di un procedimento di autotutela.

20. Fermo restando quanto già osservato sul petitum risarcitorio e sulla sua quantificazione ( rectius : indicazione delle voci), ed osservato che tali affermazioni possiedono carattere assorbente, in quanto consentono di non ravvisare nella condotta del comune quel presupposto ( id est : rimproverabilità, non diligenza, etc) che è indispensabile requisito per pervenire ad una pronuncia accoglitiva della domanda risarcitoria, deve, per aspirazione alla completezza, essere ora esaminato l’appello n.rg. 10426/2009 con il quale gli interessati avversano il capo della sentenza n. 2309/2008 che ha “ respinta la domanda risarcitoria, che è inammissibile in quanto generica e, comunque, priva di supporto probatorio ”.

20.1. Gli appellanti avversano tale statuizione deducendo di aver risentito un pregiudizio patrimoniale conseguente al differimento sine die della stipula del contratto definitivo di compravendita per effetto dell’ordine di demolizione adottato dall’Amministrazione in carenza dei necessari presupposti. Tale pregiudizio sarebbe dimostrato dall’azione esperita davanti al giudice civile da parte del promittente acquirente, la cui mutatio libelli , dalla domanda di esecuzione in forma specifica del contratto di compravendita alla richiesta di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno, avrebbe reso impossibile la vendita dell’immobile. Tale pregiudizio è quantificato dagli interessati in 100 mila euro, salva diversa liquidazione, anche in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. (pag. 16 dell’atto di appello n.rg. 10426/2009 ove si riporta quanto richiesto con il ricorso di primo grado).

20.2. Un ulteriore pregiudizio patrimoniale, da liquidare in via equitativa, “ almeno per il periodo che intercorre tra la data fissata per la stipula del contratto definitivo e la data della sentenza ” sarebbe costituito dall’impossibilità di percepire il saldo del prezzo di vendita dell’immobile, pattuito in euro 200.000, nonché dalla mancata disponibilità di tale somma, “ che sarebbe stata utilizzata sia per estinguere i mutui gravanti sull’immobile, sia per effettuare, trattandosi di società commerciale, ulteriori investimenti ”. Tale voce di danno sarebbe provata dalla perdita di valore dell’immobile conseguente alla crisi del mercato immobiliare successiva agli anni 2009 - 2010, nonché con la circostanza che l’edificio avrebbe oggi sul mercato un prezzo di gran lunga inferiore a quello di € 240.000,00 all’epoca pattuito. A supporto di tali deduzioni gli interessati hanno depositato documentazione relativa alle quotazioni del mercato immobiliare di cui il Comune di Monsummano Terme deduce l’inammissibilità ai sensi dell’art. 104, co. 2, c.p.a..

21. Ebbene, in merito al danno sub 20.1, il Collegio deve rilevare che, con la sentenza 20 maggio 2019, n. 1177, la Corte d’appello di Firenze ha respinto l’appello del promittente acquirente avverso la sentenza del Tribunale civile di Pistoia che ne aveva rigettato la domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita per mancanza del requisito dell’inadempimento incolpevole della promissaria venditrice. La medesima Corte d’appello ha osservato che, in mancanza di specifica domanda in merito al trattenimento della caparra confirmatoria da parte della società promittente venditrice, al giudice non era consentito provvedere, nonostante la mancata stipula del contratto definitivo e la non riferibilità della mancata conclusione del contratto al promittente acquirente.

Ritenuto che, per quanto evidenziato dagli interessati in merito al carattere non definitivo della citata sentenza n.1177/2019, non possa non prendersi atto, come sottolineato dalla difesa comunale, del fatto che i medesimi non hanno ritenuto di procedere alla notificazione della sentenza alla controparte al fine della decorrenza del termine breve di impugnazione, il Collegio deve rilevare che, allo stato, risulta del tutto indimostrato l’asserito pregiudizio per il differimento sine die del contratto di compravendita in relazione alle richieste giudiziali del promittente acquirente. Né, risulta che la caparra confirmatoria sia stata restituita. Pertanto il pregiudizio patrimoniale di cui al punto 20.1. risulta privo di idoneo supporto probatorio.

22. Il pregiudizio patrimoniale indicato sub 20.2 non presenta un autonomo rilievo rispetto al danno indicato sub 20.1., anzi ne costituisce sostanzialmente una duplicazione. Infatti, la mancata disponibilità del residuo prezzo di vendita dell’immobile costituisce elemento coessenziale al differimento sine die della stipula del contratto definitivo di compravendita.

Pertanto, la relativa pretesa risarcitoria è inammissibile e, comunque, infondata in quanto formulata in modo generico e priva di congruo supporto probatorio. Infatti, dalle allegazioni sommarie in merito all’esigenza di estinguere mutui ed effettuare investimenti non emerge il collegamento con gli atti impugnati in primo grado del pregiudizio che si pretende sofferto. Inoltre, il richiamo a circostanze quali la crisi del mercato immobiliare 2009-2010 e all’attuale quotazione di mercato dell’immobile - in disparte le eccezioni del Comune di Monsummano Terme in merito all’inammissibilità della documentazione depositata in questo grado di giudizio a dimostrazione di tale pregiudizio patrimoniale - è incongruo ai fini della dimostrazione del danno rivendicato in primo grado con il ricorso n.rg. 1485/2007, in quanto tali circostanze si riferiscono a contesti temporali ad esso successivi. D’altro canto, se con tale richiamo gli interessati intendessero dare un autonomo rilievo pregiudizievole alle medesime circostanze – come eccepito dalla difesa comunale ed escluso espressamente dagli stessi interessati con la nota depositata in data 6 giugno 2020 - ciò sostanzierebbe la domanda di nuove voci di danno, quindi, inammissibili nel presente grado di giudizio.

23. Dunque il Collegio non ravvisa alcun profilo di erroneità nella sentenza n. 2309/2008, laddove ha respinto la richiesta risarcitoria degli appellanti che, fermo quanto in precedenza dedotto, anche per tal via non si appalesa fondata. Pertanto, tale pronuncia va confermata anche nella parte in cui ha disposto l’avversata compensazione delle spese del primo grado di giudizio.

24. In conclusione, devono essere respinti in quanto infondati gli appelli riuniti n.rg. 10426/2009 e n.rg. 2011/6549, restando improcedibili i motivi di impugnazione contenuti nei ricorsi di primo grado n.rg. 716/2009 e n.rg. 817/2009, già dichiarati assorbiti dal primo giudice e riproposti nel presente grado di giudizio e deve essere dichiarato inammissibile l’appello incidentale spiegato nel procedimento n.rg. 2011/6549.

25. Vista la complessità della vicenda, e la sostanziale reciproca soccombenza, il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per la compensazione tra tutte le parti delle spese processuali del presente grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi