Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-08-05, n. 202206954

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-08-05, n. 202206954
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202206954
Data del deposito : 5 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/08/2022

N. 06954/2022REG.PROV.COLL.

N. 00720/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 720 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M D B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Borraccino Avv. in Roma, largo Arrigo Vii n.4;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Questura di Verona, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2022 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In data 18 gennaio 2019 il Questore di Verona ha revocato il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, rilasciato alla cittadina nigeriana -OMISSIS-.

In particolare, il provvedimento ha tratto fondamento dalla circostanza che la straniera è stata condannata con sentenza del GIP del Tribunale di Napoli, in data 30 aprile 2010, appellata avanti alla Corte d’Assise di Appello di Napoli la quale, con sentenza n. -OMISSIS-, irrevocabile il 20 febbraio 2012, in parziale riforma della sentenza emessa dal GIP, che aveva previsto una iniziale condanna a 12 anni di reclusione, ha rideterminato la pena in 10 anni di reclusione, oltre le pene accessorie, per associazione a delinquere ex art. 416 c.p., tratta e commercio di schiavi tentato ex artt. 56 e 601 c.p., atti diretti a procurare l’ingresso illegale nel territorio dello stato di stranieri in concorso ex artt. 110 c.p. e 12, comma 1, d.lgs. n. 286 del 1998, favoreggiamento della prostituzione in concorso ex artt. 110 c.p. e 3, l. n. 75 del 1958, riduzione in schiavitù in concorso ex artt. 110 e 600, comma 1, c.p. (fatti avvenuti nel territorio nazionale dal marzo 2007 con condotta perdurante).

2. Con ricorso proposto dinanzi al Tar Veneto, la straniera ha impugnato tale provvedimento deducendo, in particolare, la violazione dell’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione.

3. Con sentenza, resa in forma semplificata, -OMISSIS- del 6 novembre 2019, il Tar Veneto, sez. III, ha respinto il ricorso, evidenziando che il giudizio di pericolosità sociale dell’istante formulato dalla Questura fosse congruamente motivato, non irragionevole né sproporzionato, attesa l’estrema gravità dei fatti posti a base della sentenza penale di condotta e il ruolo centrale assunto dall’allora ricorrente in seno all’organizzazione criminale.

4. La citata sentenza -OMISSIS- del 6 novembre 2019 è stata impugnata con appello notificato il 30 dicembre 2019 e depositato il successivo 27 gennaio 2020, riproducendo sostanzialmente alcune delle censure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.

In particolare, il Tar avrebbe errato nell’applicare un non consentito automatismo espulsivo. Al contrario, non sarebbe stata effettuata alcuna attività istruttoria volta a verificare l’attualità e la permanenza di quella pericolosità sociale desumibile dalle condotte contestate nel procedimento penale e la condanna penale non sarebbe stata bilanciata con la durata del soggiorno della straniera nel territorio nazionale, il suo inserimento sociale, familiare e lavorativo.

5. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno senza espletare difese scritte.

6. La Questura di Verona non si è costituita in giudizio.

7. Con ordinanza cautelare -OMISSIS- del 6 marzo 2020 è stata respinta la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tar Veneto, sez. III, -OMISSIS- del 6 novembre 2019.

8. Alla pubblica udienza del 16 giugno 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, oggetto della controversia è il provvedimento del Questore di Verona, che ha revocato il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo rilasciato alla cittadina nigeriana -OMISSIS-, in considerazione della circostanza che la stessa è stata condannata alla pena in 10 anni di reclusione, oltre le pene accessorie, per associazione a delinquere ex art. 416 c.p., tratta e commercio di schiavi tentato ex artt. 56 e 601 c.p., atti diretti a procurare l’ingresso illegale nel territorio dello stato di stranieri in concorso ex artt. 110 c.p. e 12, comma 1, d.lgs. n. 286 del 1998, favoreggiamento della prostituzione in concorso ex artt. 110 c.p. e 3, l. n. 75 del 1958, riduzione in schiavitù in concorso ex artt. 110 e 600, comma 1, c.p. (fatti avvenuti nel territorio nazionale dal marzo 2007 con condotta perdurante).

2. L’appello è infondato.

Va premesso che costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Sezione (11 ottobre 2016, n. 4192;
ex plurimis, 25 maggio 2012, n. 3095;
13 settembre 2013, n. 4539 nonché, da ultimo, 13 marzo 2015, n. 1342;
29 aprile 2015, n. 2184) quello secondo cui il diniego di rilascio del permesso per lungo soggiornanti ex art. 9, d.lgs. n. 286 del 1998 debba essere sorretto da un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione articolata su più elementi e non solo con riguardo alla circostanza dell’intervenuta condanna ed in particolare con riferimento alla durata del soggiorno nel territorio nazionale e all’inserimento sociale, familiare e lavorativo dell’interessato, escludendo l’operatività di ogni automatismo in conseguenza di condanne penali riportate.

La necessità di operare una concreta ponderazione comparativa degli interessi si desume non solo dall’art. 9, d.lgs. n. 286 del 1998 e dalla giurisprudenza nazionale già richiamata, ma anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (cfr. sentenza 3/9/2020, cause riunite C-503/19 C592/19) secondo cui “L’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, dev’essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro – come interpretata da una parte dei giudici di tale Stato – ai sensi della quale un cittadino di un paese terzo può vedersi negato lo status di soggiornante di lungo periodo in tale Stato membro per il solo motivo che ha precedenti penali, senza un esame specifico della sua situazione per quanto riguarda, in particolare, la natura del reato che ha commesso, il pericolo che egli può rappresentare per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza, la durata del suo soggiorno nel territorio di tale Stato membro e l’esistenza di legami con quest’ultimo”.

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame, il provvedimento questorile risulta congruamente motivato e le doglianze mosse dall’appellante risultano smentite per tabulas.

Invero, come già correttamente statuito dal primo giudice, il Questore non ha applicato alcun automatismo ostativo derivante dalla condanna penale che ha raggiunto la straniera, ma ha adeguatamente bilanciato in concreto tale condanna con la situazione familiare e lavorativa dell’istante e con la durata del suo soggiorno in Italia.

L’amministrazione, nell’esercizio del potere discrezionale che le compete, ha rilevato che i fatti ascritti alla straniera hanno dimostrato un’intollerabile inclinazione delinquenziale e l’adesione ad uno stile di vita estremamente pericoloso per la società a causa del protrarsi, nell’arco di diversi anni, di condotte riprovevoli in prevalenza connesse allo sfruttamento della prostituzione.

In particolare, si rileva che l’appellante ha avuto un ruolo centrale in seno all’organizzazione criminale di tipo mafioso operante sul piano transazionale. La stessa era dedita in modo diretto ad attività di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione di cittadine clandestine anche minorenni;
avvalendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo, operando con gravi minacce, violenze fisiche e morali e con intimidazione anche di natura magico-religiosa, ha concorso nell’introdurre nel territorio italiano persone in situazioni di illegalità, assoggettandole a condizioni disumane e degradanti e traendo lucro dal loro sfruttamento.

Relativamente al nucleo familiare presente in Italia, l’amministrazione ha accertato che la cittadina nigeriana nel 2005 ha ottenuto il nulla osta al riconoscimento familiare del figlio, il quale peraltro è stato condannato più volte per reati inerenti agli stupefacenti.

Inoltre, contrariamente a questo sostenuto dalla straniera, la competente Questura ha valutato le considerazioni espresse dalla Magistratura di Sorveglianza, l’inserimento nel mondo del lavoro e anche il percorso riabilitativo intrapreso dalla stessa, i quali sono risultati recessivi rispetto alla necessaria tutela della sicurezza pubblica fortemente minata dalle condotte di eccezionale gravità e di elevato allarme sociale commesse dalla cittadina nigeriana.

Ciò posto, la motivazione che ha condotto alla revoca del permesso di soggiorno in parola non può dirsi lacunosa, ma, al contrario, denota un’attenta e approfondita valutazione della pericolosità sociale della cittadina nigeriana, della sua situazione familiare, del suo inserimento lavorativo e sociale nel territorio italiano, i quali correttamente sono stati ritenuti subvalenti rispetto all’interesse dello Stato al mantenimento dell’ordine pubblico.

Invero, l’eccezionale gravità dei crimini commessi denotano ictu oculi un oggettivo e insanabile contrasto con i valori fondamentali dell’ordinamento nazionale che impongono di garantire la dignità, la libertà e l’integrità psico-fisica di ogni persona.

Né rileva la situazione sanitaria allegata in giudizio che risulta anch’essa valutata dell’Amministrazione e correttamente ritenuta recessiva rispetto alla accertata pericolosità del soggetto.

3. Per le ragioni che precedono, l’appello deve essere respinto.

La mancanza di difesa scritta da parte del Ministero dell’Interno, costituito in giudizio, giustifica la compensazione delle spese degli onorari del giudizio. Nulla per le spese nei confronti della Questura di Verona, non costituita in giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi