Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-05, n. 202310503

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-05, n. 202310503
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310503
Data del deposito : 5 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/12/2023

N. 10503/2023REG.PROV.COLL.

N. 06792/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6792 del 2023, proposto da
S P e D D, rappresentati e difesi dagli avvocati S F e A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. S F in Roma, Piazzale delle Belle Arti, n. 8;

contro

Ministero delle Imprese e del Made in Italy (già Ministero dello Sviluppo Economico), in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Alitalia Società Aerea Italiana S.p.A. in amministrazione straordinaria, Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 6404/2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il Cons. Giovanni Gallone e uditi per le parti gli avvocati S F e dello Stato Alessandro Jacoangeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato il 5 luglio 2023 e depositato il 3 agosto 2023 il prof. S P e l’avv. D D, professionisti che - su incarico del Ministero per lo Sviluppo Economico - hanno svolto, in momenti differenti, il ruolo di Commissari straordinari delle società in amministrazione straordinaria Alitalia Società Aerea Italiana S.p.A. (di seguito anche solo “Alitalia”) e Cityliner Alitalia Cityliner S.p.A. (di seguito anche solo “Cityliner”), hanno proposto appello, chiedendo ex art. 98 c.p.a. in via cautelare la sospensione della sua esecutività, avverso la sentenza del T.A.R. per il Lazio – sede di Roma, sez. IV, n. 6404 del 13 aprile 2023 che ha:

- dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso principale dagli stessi proposti ex artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio-inadempimento serbato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy nel procedimento avente ad oggetto la liquidazione dei compensi loro spettanti nella prefata qualità;

- respinto i successivi motivi aggiunti sempre proposti dagli stessi ex art. 117 comma 3 c.p.a. avverso il sopravvenuto decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy del 5 gennaio 2023 con cui si è “disposta la liquidazione definitiva del compenso spettante […] quali Commissari straordinari delle società Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A ed Alitalia Cityliner S.p.A, entrambe in amministrazione straordinaria, quantificato nella misura seguente: […] per la società Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. - in amministrazione straordinaria, a fronte dell’attività dai medesimi svolta, si liquida, in via definitiva, l’importo determinato, per ciascun Commissario, con il precedente provvedimento ministeriale del 15 ottobre 2020;
[…] per la società Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria, in applicazione della percentuale del 50% all’importo spettante sulla base dei criteri indicati in premessa, e precisamente: […] prof. S P, per l'attività svolta quali Commissari straordinari nel periodo dal 2 maggio 2017 al 6 dicembre 2019, l’importo omnicomprensivo di euro 206.383,76 […], al lordo dei contributi previdenziali, assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario;
[…] a favore dell’Avv. D D, per l'attività svolta quale Commissario straordinario nel periodo dal 5 dicembre 2018 al 6 dicembre 2019, l’importo omnicomprensivo di euro 87.933,95 (…), al lordo dei contributi previdenziali, assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario”.

1.1 A sostegno del gravame hanno dedotto i motivi così rubricati:

1) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 60 e 74 c.p.a. eccesso di potere per carenza di motivazione, irragionevolezza, illogicità, difetto di istruttoria. travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ;

2) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c, 111 cost, 3 c.p.a.. eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, irragionevolezza, illogicità, difetto di istruttoria. violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. travisamento dei presupposti di fatto e di diritto .

1.2 Hanno, quindi, alla luce di tali motivi di appello, riproposto le doglianze già mosse in primo grado a mezzo di motivi aggiunti:

1) violazione e/o falsa applicazione del art. 2, comma 2 del d.l. 347 del 2003. violazione e/o falsa applicazione del d.m. 03.11.2016. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 10, 11, 41, 97, 117, co. 1 cost.. violazione e/o falsa applicazione dei principi del legittimo affidamento, libertà d’iniziativa economica, nonché di certezza dei rapporti giuridici e di buona fede e correttezza nei rapporti con gli amministrati. eccesso di potere per carenza di motivazione, irragionevolezza, illogicità, disparità di trattamento, difetto di istruttoria. travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ;

2) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 175 del 2016. violazione dei principi di legalità, imparzialità, buona amministrazione, parità di trattamento, e ragionevolezza. eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore e travisamento dei presupposti in fatto e in diritto, difetto di motivazione. manifesta arbitrarietà, illogicità e ingiustizia. contraddittorietà. Sviamento;

3) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 10, 11, 41, 97, 117, co. 1 cost.. violazione e/o falsa applicazione dei principi del giusto procedimento, di partecipazione procedimentale e di contraddittorio, proporzionalità, ragionevolezza, legalità, buon andamento dell'azione amministrativa, legittimo affidamento, libertà d’iniziativa economica, nonché di certezza dei rapporti giuridici e di buona fede e correttezza nei rapporti con gli amministrati. eccesso di potere per carenza di motivazione, irragionevolezza, illogicità, disparità di trattamento, difetto di istruttoria. difetto e/o carenza di motivazione. sviamento di potere. ingiustizia manifesta .

1.3 Sulla scorta dei prefati motivi parte appellante ha, pertanto, chiesto, in riforma della sentenza impugnata, di:

- annullare il decreto del 5 gennaio 2023 del Ministero del Made in Italy, trasmesso in data 9 gennaio 2023, contenente la determinazione definitiva dei compensi spettanti ai sig.ri, dott. L G, prof. E L, prof. S P e avv. D D per l’attività resa in qualità di Commissari straordinari di Alitalia Società Aerea S.p.A. in amministrazione straordinaria e Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria;

- condannare il Ministero delle Imprese e del Made in Italy all’adozione immediata di un nuovo decreto il quale liquidi i compensi ai ricorrenti secondo le disposizioni del d.m. 3 novembre 2016 nella misura quantificata nel ricorso di primo grado (pari a € 3.044.988 per quanto attiene Alitalia S.p.A. e pari a € 166.679 per quanto attiene Cityliner S.p.A.).

2. In data 21 agosto 2023 gli appellanti hanno depositato memorie difensive insistendo per l’accoglimento dell’istanza cautelare formulata.

3. Ad esito dell’udienza in camera di consiglio del 24 agosto 2023 questa Sezione con ordinanza cautelare n. 3372 ha fissato – ai sensi dell’art. 55 comma 10 c.p.a. - la discussione di merito della causa alla pubblica udienza del 16 novembre 2023 ritenendo che “le ragioni dell’appellante siano tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, sede nella quale potrà essere più approfonditamente delibata anche la questione dell’inquadrabilità o meno di Alitalia Società Aerea Italiana S.p.A. nella categoria delle società a controllo pubblico ex d.lgs. n. 175 del 2016”.

4. In data 4 settembre 2023 si sono costituiti in giudizio, a mezzo dell’Avvocatura erariale, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e il Ministero per lo Sviluppo Economico.

5. In data 16 ottobre 2023 la difesa erariale ha depositato memorie (non notificate alle altre parti) con cui ha riproposto, in limine, l’eccezione di difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo non esaminata da parte del T.A.R.. In particolare, ha dedotto che sulla controversia in esame sussisterebbe la giurisdizione del giudice ordinario vertendo la stessa su situazioni giuridiche soggettive qualificabili come di diritto soggettivo perfetto (tanto facendo estensione in via analogica dell’orientamento espresso dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tema di liquidazione del compenso del commissario liquidatore di una procedura di liquidazione coatta amministrativa).

5.1 Sempre in data 16 ottobre 2023 anche parte appellante ha depositato memorie difensive insistendo per l’accoglimento del gravame.

6. Il 26 ottobre 2023 parte appellante ha depositato memorie in replica.

7. All’udienza pubblica del 16 novembre 2023 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1. In limine va dato atto che sussiste la giurisdizione di questo giudice a pronunciarsi sulla presente controversia in forza del giudicato cd. “implicito” formatosi sulla stessa ex art. 9 comma 2 c.p.a..

E, infatti, è appena il caso di rilevare che la sentenza impugnata non ha esaminato l’eccezione di difetto di giurisdizione (in favore del giudice ordinario) sollevata dalla difesa erariale nel corso del giudizio di primo grado (così disattendendo implicitamente la stessa) e le parti di questo giudizio non hanno dedotto, né in via principale né in via incidentale, alcuno specifico motivo avverso detto capo della pronuncia. In particolare, la difesa erariale si è limitata a riproporre l’eccezione già formulata in prime cure con atto tardivo non notificato alle altre parti.

Trova, pertanto, applicazione, al caso di specie, il consolidato insegnamento di questo Consiglio a mente del quale “Qualora il primo giudice definisca la causa nel merito, con ciò implicitamente ritenendo la sussistenza della propria giurisdizione, per riproporre la questione in grado di appello è necessario impugnare formalmente la sentenza ai sensi dell'art. 9 c.p.a ., non potendo la stessa essere introdotta con una semplice memoria” (ex multis Consiglio di Stato , sez. III , 10/07/2023 , n. 6716).

2. L’appello è, in parte, fondato nei limiti e sensi appresso precisati.

3. Con il primo motivo di appello si censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 3, 60 e 74 c.p.a. in quanto la stessa sarebbe stata redatta in forma semplificata in assenza dei presupposti di legge. In particolare, ad avviso di parte appellante, il giudice di primo grado si sarebbe pronunciato su una questione tutt’altro che semplice o poco complessa che attiene alla corretta interpretazione e conseguente applicazione di normative dal carattere altamente specialistico (tra cui il d.l. n. 347 del 2003) non risolvibile sulla base di precedenti giurisprudenziali conformi trattandosi di fattispecie inedita.

Lo strumento della sentenza in forma semplificata sarebbe, quindi, stato utilizzato in maniera irrituale e illegittima perché la motivazione non consiste neppure “in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.

Il T.A.R. avrebbe, inoltre, completamente omesso di motivare in ordine alle reali questioni centrali su cui verte il giudizio e su cui si è effettivamente dispiegato il contradditorio tra le parti. Più segnatamente, secondo parte appellante, il giudice di prime cure avrebbe dovuto spiegare perché all’amministrazione sarebbe consentito disporre ex post una deroga alla normativa applicabile posta dal d.m. 3 novembre 2016 nella determinazione del compenso spettante ai Commissari straordinari e perché si potrebbe applicare ad Alitalia e Cityliner – società in nessun modo qualificabili come società partecipate pubbliche – il limite annuo ai compensi previsto dall’art. 11 del d.lgs. n. 175 de 2016.

3.1 Il motivo è privo di giuridico pregio.

Il c.p.a. consente, al suo art. 60, il ricorso al modulo decisorio della sentenza in forma semplificata al cospetto di una fattispecie autonoma e distinta rispetto a quella di cui all’ art. 74 con la conseguenza che, come emerge dal tenore letterale della disposizione, “la definizione del giudizio, in esito all'udienza cautelare, rientra nella discrezionalità dell'organo giudicante («può definire»)” e può quindi avere luogo anche fuori dei casi di “manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso”, fatta salva unicamente la ricorrenza delle condizioni ostative previste dalla medesima disposizione ( id est il caso in cui una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza ovvero di giurisdizione ovvero non sia decorso il termine di venti giorni dall'ultima delle notificazioni, ovvero sia riscontrabile un’incompletezza del contraddittorio o dell'istruttoria - così Consiglio di Stato sez. III, 12/12/2022, n.10840).

In disparte da quanto testè osservato è stato, in ogni caso, condivisibilmente statuito che “La valutazione circa la manifesta infondatezza del ricorso di primo grado, che ha giustificato l'emissione della sentenza in forma semplificata, costituisce apprezzamento insindacabile dal giudice d'appello, il quale è, comunque, chiamato a riesaminare il giudizio del Tar sulla base delle specifiche deduzioni contenute nei motivi d'appello, garantendo in questo modo il principio del doppio grado di giudizio, che non può certo essere compromesso dalle modalità di adozione della decisione quando sono da ritenersi rispettati i principi del contraddittorio e della completezza dell'istruttoria” (Cons. Stato, sez. V , 24/03/2014 , n. 1436).

Del resto, a ben vedere, il modello della sentenza in forma semplificata attiene al piano delle tecniche di redazione della decisione e, soprattutto, “non costituisce per il giudice un metodo alternativo o, peggio ancora, spicciativo o frettoloso di risolvere la controversia, ma rappresenta, anche in sede cautelare, un modo ordinario di definizione del giudizio - previsto espressamente, infatti, quale regola in alcuni riti speciali: ad esempio quello dell'ottemperanza (art. 114, comma 3, c.p.a.), quello sul silenzio (art. 117, comma 2, c.p.a.), quello dei contratti pubblici (art. 120, comma 6, c.p.a., addirittura in deroga ai limiti di cui al primo periodo dell'art. 74 c.p.a.) - e, dunque, un modulo decisorio più rapido e semplificato adoperabile tutte le volte in cui il giudice ritenga di potersi pronunciare sulla controversia, senza ulteriori approfondimenti istruttori o adempimenti processuali, in quanto di pronta soluzione” (Cons. Stato, Sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045;
Id., Sez. VI, 19 ottobre 2022).

In questo senso la giurisprudenza anche di questa Sezione ha avuto modo di osservare che “L’eventuale vizio di motivazione per l’erronea valutazione dei presupposti per addivenire ad una decisione in forma semplificata da parte del primo giudice non costituisce nemmeno un vizio invalidante della sentenza, essendo più che altro una contestazione della motivazione che è irrilevante nel giudizio d’appello, in quanto, per l’effetto devolutivo, consente al Consiglio di Stato di decidere l’impugnazione, integrando eventualmente la motivazione mancante o difettosa” (Cons. Stato Sez. VI, 10/03/2023, n. 2529).

3.2 Venendo al denunciato vizio di motivazione della sentenza di primo grado il Collegio non può esimersi dal rilevare che la pronuncia di prime cure abbia mancato di esaminare una serie di profili di doglianza dedotti da parte ricorrente concentrando il proprio sforzo argomentativo su aspetti non in grado di definire in maniera esaustiva il thema decidendum.

Detta carenza motivazionale non è, tuttavia, ad avviso del Collegio, tale da integrare la nullità di tale pronuncia. Infatti, secondo l’Adunanza plenaria di questo Consiglio, il carattere sostitutivo dell’appello consente sempre al Giudice di secondo grado di correggere, integrare e completare la motivazione carente, contraddittoria o insufficiente e di pronunciarsi sul merito della causa (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 30 luglio 2018, n. 11). Diverso è il caso della motivazione radicalmente assente (o meramente apparente): infatti, in questa ipotesi, l’assenza o il difetto assoluto della motivazione, quale elemento indefettibile che consenta di rinvenire un concreto esercizio di potestas iudicandi (art. 88 c.p.a.), impedisce al giudice di appello di esercitare un qualsivoglia sindacato di tipo sostitutivo per essere mancata, nella sostanza, una statuizione sulla quale egli possa incidere, seppure nella forma di integrazione/emendazione delle motivazioni.

L’ipotesi di difetto assoluto di motivazione costituisce, quindi, vizio di marcata gravità riscontrabile:

i ) nelle ipotesi estreme di mancanza “ fisica ” o “ grafica ” della motivazione o di motivazione palesemente non pertinente rispetto alla domanda proposta;

ii ) nell’ipotesi di motivazione apparente, per tale intendendosi la motivazione tautologica o assertiva, espressa attraverso mere formule di stile e, quindi, non sorretta da indicazioni in ordine alle effettive ragioni a sostegno della decisione con conseguente inosservanza del precetto di cui all’art. 111, comma 6, della Costituzione.

Tali condizioni non ricorrono, tuttavia, nel caso di specie, atteso che la decisione reca, comunque, un corredo motivazionale che non può ritenersi meramente tautologico o assertivo.

Ne discende, pertanto, che, dando seguito ad un orientamento che ormai costituisce jus receptum, deve ribadirsi, anche nel caso di specie, che “l'omessa pronuncia su una o più censure proposte con il ricorso giurisdizionale non configura un error in procedendo, tale da comportare l'annullamento della decisione, con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado ex art. 105, comma 1, c.p.a., ma solo un vizio dell'impugnata sentenza che il giudice di appello è legittimato ad eliminare, integrando la motivazione carente o, comunque, decidendo sul merito della causa” (così ex multis Cons. Stato sez. V, 12/11/2020, n.6973).

4. Con il secondo motivo di appello si censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 c.p.c., 111 Cost. e 3 c.p.a. in quanto il T.A.R. avrebbe completamente omesso di pronunciarsi sulle questioni fondamentali dedotte dagli odierni appellanti nel ricorso per motivi aggiunti (sulle quali anche la difesa erariale ha avuto modo di replicare nel corso del giudizio di primo grado nella propria memoria depositata in data 1° aprile 2023).

In particolare, il giudice di prime cure avrebbe omesso di pronunciarsi sul tema della non assoggettabilità delle due compagnie in amministrazione straordinaria alla disciplina delle società a partecipazione pubblica, in particolare per quanto attiene al limite massimo previsto nel d.lgs. 175 del 2016 per i compensi degli organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico.

Parte appellante osserva in proposito che la disciplina del d.lgs. n. 175 del 2016 non sarebbe applicabile né ad Alitalia né a Cityliner in quanto si tratterebbe di società a capitale privato che in alcun modo rientrano nella categoria delle società a partecipazione pubbliche e men che meno nella species di quelle a controllo pubblico, quest’ultime contrassegnate da una più forte ibridazione tra regole di diritto comune e regole di diritto speciale. Detta qualificazione sarebbe stata confermata anche:

- dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, intervenuta proprio a chiarire il regime giuridico applicabile ad Alitalia in amministrazione straordinaria, ha espressamente escluso che la società possa essere ricondotta al novero delle pubbliche amministrazioni ovvero degli enti di diritto privato in controllo pubblico ovvero regolati o finanziati poiché “la società in questione risulta un soggetto interamente privato, non avente le caratteristiche degli “enti di diritto regolati o finanziati” dall’amministrazione che conferisce l’incarico di cui all’art. 1, comma 2, lett. d) del citato decreto” (così la delibera ANAC del 28 giugno 2017, n. 699);

- dalla Commissione Europea, che di recente ha affermato come il prestito di Stato di 400 milioni di euro concesso dall’Italia nel 2019 ad Alitalia sia da ritenere illegale secondo le norme dell’U.E. sugli aiuti di Stato in quanto, trattandosi di un soggetto interamente privato, detta misura ha attribuito a quest’ultimo un ingiusto vantaggio economico rispetto ai suoi concorrenti sulle rotte nazionali, europee e mondiali.

Parte appellante osserva, in ultimo, che i commissari straordinari vengono remunerati con fondi delle società e non sono in alcun modo a carico del bilancio erariale (sicché il Ministero procede solo alla liquidazione delle somme dovute, ma il pagamento è interamente a carico delle società in amministrazione straordinaria).

5. Con il primo dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado qui espressamente riproposti da parte appellante si denuncia, poi, l’illegittimità del decreto ministeriale del 5 gennaio 2023 gravato in prime cure per violazione dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 347 del 2003.

In particolare, secondo parte appellante, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro dello Sviluppo Economico di ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria dovrebbe, sin da subito, disciplinare tutti gli elementi indicati dalla disposizione (“nomina del commissario straordinario”, “determinazione del relativo compenso”, “le altre condizioni dell’incarico”).

Per contro, nel caso di specie, il decreto di apertura della procedura di amministrazione straordinaria non si sarebbe in alcun modo occupato di stabilire, “in deroga alla vigente normativa”, la determinazione del compenso spettante al collegio commissariale. Ne discenderebbe, pertanto, nell’ipotesi in scrutinio, l’applicabilità della “vigente normativa” (ossia quella dettata nella materia de qua dal d.m. del 3 novembre 2016)

Inoltre, sempre secondo parte appellante, la pretesa del Ministero di determinare ex post le regole di ingaggio dei Commissari si porrebbe in aperto contrasto con il chiaro tenore della norma di cui all’art. 2, comma 2, d.l. n. 347 del 2003. Sul punto si aggiunge che andrebbe tenuta in conto la posizione soggettiva dei Commissari, i quali avrebbero assunto l’incarico nella legittima convinzione che la determinazione del compenso ad essi spettante seguisse le regole ordinarie dettate dal d.m. del 3 novembre 2016.

5.1 Sotto altro profilo, si deduce l’illegittimità del decreto impugnato in primo grado nella parte in cui ha stabilito di dover procedere, con riguardo alla società collegata Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria, alla liquidazione del compenso spettante mediante applicazione di una percentuale ridotta, nella misura del 50% dell’importo calcolato sulla base dei criteri di cui al richiamato d.m. del 3 novembre 2016. Più segnatamente, il decreto impugnato sconterebbe un palese difetto di motivazione che si aggrava laddove si consideri, tra l’altro, che il M.I.S.E. avrebbe completamente omesso di specificare le ragioni in virtù delle quali poteva operare detta decurtazione.

6. Con il secondo dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado qui espressamente riproposti da parte appellante si denuncia l’illegittimità del decreto gravato in prime cure nella parte in cui il Ministero ha ritenuto applicabile in relazione ai commissari e, quindi, ad Alitalia e Cityliner il d.lgs. n. 175 del 2016. Si osserva in proposito che:

- il Ministero avrebbe completamente omesso di indicare le ragioni in virtù delle quali tale corpus normativo e, in particolare, la disposizione di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 175 del 2016 dovrebbe trovare applicazione;

- il limite ai compensi dei manager pubblici previsto da tale disposizione si giustificherebbe storicamente con la necessità (avvertita anche quale esigenza sociale) di limitare la spesa pubblica;
esigenza, invece, che difetta nel modo più assoluto nella presente fattispecie posto che il pagamento del compenso dei Commissari, a prescindere dall’ammontare, spetta alle società per le quali costoro hanno svolto tale incarico e non certo all’amministrazione;

- il limite ai compensi in parola si applica “agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti” delle partecipate pubbliche, figure professionali molto diverse da quella del Commissario straordinario delle società Alitalia e Cityliner.

7. Con il terzo dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado qui espressamente riproposti da parte appellante si denuncia l’illegittimità del decreto gravato in prime cure per violazione dei principi del giusto procedimento e della partecipazione procedimentale, strettamente connessi e strumentali al perseguimento del buon andamento dell’attività amministrativa.

In particolare, nel caso di specie, invece, non sarebbe stato consentito agli appellanti di interloquire proficuamente con l’amministrazione. Si osserva in proposito che questi hanno formulato inizialmente le loro richieste di liquidazione dei compensi con apposite istanze del 16 marzo 2020. A riscontro di tali istanze, con nota del 9 aprile 2020, il M.I.S.E. ha espressamente riconosciuto l’applicabilità del d.m. del 2016 ai fini della liquidazione dei compensi, precisando che gli appellanti avrebbero dovuto svolgere i loro calcoli in relazione a tre periodi distinti: - dal 2 maggio 2017 al 20 novembre 2018 ossia in concomitanza della terna commissariale composta dal prof. Paleari, dal prof. Laghi e dal dott. Gubitosi;
- dal 21 novembre 2018 al 4 dicembre 2018, periodo nel quale l’attività è stata condivisa solamente tra il prof. Paleari e il prof. Laghi;
- dal 5 dicembre 2018 al 6 dicembre 2019, periodo nel quale l’attività è stata svolta dal prof. Paleari, dal prof. Laghi e dall’avv. Discepolo.

8. Le suddette doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente stante l’intima connessione tra loro esistenti, sono, in parte, fondate nei limiti e sensi appresso precisati.

Il decreto ministeriale gravato in prime cure è stato adottato in forza del disposto dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 347 del 2003 a mente del quale “Per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale ai sensi dell' articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, la nomina del commissario straordinario e la determinazione del relativo compenso, ivi incluse le altre condizioni dell'incarico anche in deroga alla vigente normativa in materia, sono disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro dello sviluppo economico, con le modalità di cui all'articolo 38 del decreto legislativo n. 270, in quanto compatibili, e in conformità ai criteri fissati dal medesimo decreto”.

La disposizione in parola disegna una disciplina dal carattere eccezionale per le procedure di ammissione alla procedura e di nomina dei commissari nelle amministrazioni straordinari riguardanti talune categorie di imprese “sensibili” (in quanto esercenti “servizi pubblici essenziali” ovvero titolari di “uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale”). Essa presenta, proprio in ragione delle peculiarità delle imprese coinvolte, un carattere spiccatamente derogatorio ed eccentrico rispetto a quella, già settoriale, posta dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 recante la “Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274”. Ciò pare comprovato dalla circostanza che il legislatore ha inteso fare un rinvio alle modalità stabilite dall’art. 38 dell’appena citato d.lgs. n. 270 del 1999 accompagnandolo, tuttavia, con una clausola di flessibilità (“in quanto compatibili”).

In questo solco l’art. 2, comma 2, del d.l. n. 347 del 2003 pone una disciplina laconica, minimale del relativo procedimento limitandosi a stabilire che le determinazioni latamente discrezionali sull’ammissione alla procedura e sulla nomina dei commissari (che, così, si atteggiano ad atti di alta amministrazione) vanno adottate nella forma del “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro dello sviluppo economico”.

Non può neppure sfuggire che, per quanto più qui interessa, la disposizione in esame prevede, con riguardo alla definizione delle “altre condizioni dell'incarico”, che la determinazione possa avere luogo “anche in deroga alla vigente normativa in materia”. Anche questa possibilità di calibrare le condizioni dell’incarico (pure, deve ritenersi, sul piano patrimoniale) costituisce espressione di un potere a morfologia ampiamente discrezionale che vede la sua ratio nell’esigenza di valorizzare la natura assolutamente peculiare dell’incarico medesimo (tendenzialmente fiduciario e a tempo non determinato) e che richiede, in ogni caso, per il suo legittimo esercizio il supporto di una congrua ed adeguata motivazione.

Deve, in proposito, rilevarsi che la normativa generale vigente in materia di determinazione del compenso dei commissari a cui è affidata l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza è rappresentata dall’art. 47 del d.lgs. n. 270 del 1999 il quale, nel fissare alcuni criteri di massima, rinvia ad un “decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico”, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per la fissazione della disciplina di dettaglio. La disposizione in parola ha, peraltro, trovato attuazione a mezzo del d.m. 3 novembre 2016 (“Determinazione e liquidazione dei compensi spettanti ai commissari giudiziali, ai commissari straordinari ed ai membri dei comitati di sorveglianza delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, ai sensi dell’articolo 47 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270”).

8.1 Ebbene, tanto premesso ritiene il Collegio che a cogliere nel segno, tra le doglianze svolte da parte appellante, sia fondata quella mossa a mezzo del secondo dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado con cui si è contestata l’automatica applicabilità, in sede di liquidazione del compenso dovuto ai commissari straordinari ex art. 2, comma 2, del d.l. n. 347 del 2003, del “tetto” di cui all’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 175 del 2016.

Quest’ultima previsione stabilisce che: “Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le società a controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette società. Per le società controllate dalle regioni o dagli enti locali, il decreto di cui al primo periodo è adottato previa intesa in Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico”.

Al di là della considerazione che il Ministero si è limitato a richiamare la disposizione dell’art. 11 del d.lgs. n. 175 del 2016 senza indicare le ragioni per cui la stessa fosse applicabile al caso concreto (così incorrendo in un evidente deficit motivazionale, oltre che per come si dirà in un vistoso errore di diritto) deve osservarsi che tanto Alitalia quanto, di riflesso, la controllata Cityliner non erano qualificabili, né al momento della nomina dei commissari né successivamente lungo tutto il periodo di espletamento del loro incarico come società a controllo pubblico ex art. 2, comma 1, lett. m) del d.lgs. n. 175 del 2016 con la conseguenza che l’osservanza del limite massimo annuale in parola non era da ritenersi come normativamente imposta al Ministero.

In proposito basti osservare che, come puntualmente dedotto da parte appellante, nel corso del mandato dei commissari straordinari il capitale di Alitalia era così ripartito: CAI (attraverso la controllata MIDCO S.p.A.), socio al 51%;
Etihad Investment Holding Company LLC, socio al 49%. Ne discende che la società in questione è sempre stata a proprietà integralmente privata e che su di essa (e di riflesso sulla sua controllata) non risulta essere mai stato esercitato un “controllo” ex artt. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 175 del 2016 e 2359 c.c. da parte di una o più amministrazioni pubbliche. Del resto la difesa erariale, oltre a lasciare priva di specifica contestazione questa allegazione, ha anche mancato di dedurre l’eventuale esistenza di modalità di controllo indiretto sulla suddetta società diverse dalla partecipazione diretta al capitale ma pur sempre riconducibili alla situazione descritta dall’art. 2359 c.c.

Non può, poi, sfuggire, nell’ottica di negare l’estensibilità in via analogica della previsione alla fattispecie in scrutinio, che i commissari straordinari ex art. 2, comma 2, del d.l. n. 347 del 2003 vengono remunerati con fondi delle società in amministrazione straordinaria e non sono, pertanto, in alcun modo a carico del bilancio erariale (tanto che il Ministero procede unicamente alla liquidazione delle somme dovute, mentre il pagamento è interamente a carico delle predette società). Il fatto che la “vecchia” Alitalia, benché tutta privata, sia stata nel tempo beneficiaria a più riprese di contributi pubblici in forma di prestiti attiene quindi, piuttosto che alla fisiologia, alla patologia del fenomeno ed è come noto una vicenda che la Commissione europea ha valutato in contrasto con la disciplina sugli aiuti di Stato.

Quanto testè osservato non esclude, tuttavia, che il limite di cui all’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 175 del 2016 possa ugualmente essere assunto ex art. 2, comma 2, del d.l. n. 347 del 2003 come uno dei parametri (non rigido ma tendenziale) per la definizione discrezionale delle modalità dell’incarico sotto il profilo patrimoniale. Purché, si badi bene, a differenza di quanto qui accaduto, ciò abbia luogo senza automatismo alcuno (ma con una valutazione sintetica e globale che guardi anche agli altri criteri impiegati) e sia accompagnato da adeguata e congrua motivazione che valorizzi le peculiarità della vicenda concreta (tra cui anche gli esiti ed i risultati della gestione commissariale).

8.2 Tutte le altre doglianze articolate da parte appellante sono, invece, da disattendere.

In primo luogo, appare privo di pregio il primo profilo di doglianza del primo dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado.

È, infatti, da escludere che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro dello Sviluppo Economico di ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria dovesse, sin da subito, disciplinare tutti gli elementi indicati dalla disposizione e, segnatamente, occuparsi della “determinazione del relativo compenso” e delle “altre condizioni dell’incarico”.

Dal punto di vista testuale l’art. 2, comma 2, del d.l. n. 347 del 2003 si limita, infatti, a stabilire che “la determinazione del relativo compenso, ivi incluse le altre condizioni dell'incarico anche in deroga alla vigente normativa in materia” debba avvenire con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro dello sviluppo economico senza al contempo stabilire che ciò debba avvenire con lo stesso decreto di nomina, ben potendo accadere che, come avvenuto nel caso di specie, la determinazione del compenso e delle modalità di determinazione abbia luogo anche con decreto successivo e separato;
il che pare, peraltro, ragionevole perché permette di calibrare le regole applicabili alla liquidazione anche in ragione del concreto svolgimento dell’incarico (la cui durata, come detto, non è predeterminata, così come anche l’esito).

8.3 In secondo luogo, è parimenti da escludere, a differenza di quanto sostenuto da parte appellante a mezzo del primo profilo di lagnanza del primo dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado, che alla liquidazione del compenso dovuto ai commissari straordinari ex art. 2, comma 2, del d.l. n. 347 del 2003 debba trovare integrale ed automatica applicazione la disciplina di cui al d.m. 3 novembre 2016.

Depone in questa direzione la circostanza che, come detto al precedente punto 8.1, l’art. 2 comma 2 del d.l. n. 347 del 2003, nel rinviare alla disciplina generale in tema di amministrazione straordinaria del d.lgs. n. 270 del 1999 (la cui applicabilità è il presupposto per l’operatività in sede di liquidazione del d.m. 3 novembre 2016), reca una espressa clausola di compatibilità che, impedisce, all’evidenza, che la disciplina del medesimo decreto ministeriale attuativo vada applicata ex se ed in blocco.

È, infatti, il Ministero stesso, come già a più riprese evidenziato, a dover valutare se ed in che misura la disciplina del d.m. 3 novembre 2016 possa applicarsi alla fattispecie in parola definendo, al contempo, le modalità di determinazione del compenso “anche in deroga alla vigente normativa in materia” e fornendo adeguata motivazione a supporto di tale scelta.

La chiarezza del dato letterale dell’art. 2 comma 2 del d.l. n. 347 del 2003 impedisce, peraltro, di riconoscere, in capo agli odierni appellanti, al momento dell’assunzione dell’incarico, un legittimo e ragionevole affidamento in ordine all’applicabilità della disciplina del prefato decreto ministeriale.

8.4 Ugualmente infondato è il motivo con cui si censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha escluso che il decreto ministeriale gravato in prime cure fosse affetto da un vizio di motivazione in relazione alla decurtazione in misura del 50%, operata con riguardo ad Alitalia Cityliner S.p.A. rispetto all’importo finale calcolato sulla base dei criteri di cui al richiamato d.m. del 3 novembre 2016.

È, infatti, appena il caso di osservare che, come correttamente statuito in prime cure, il decreto del 5 gennaio 2023 del Ministero del Made in Italy ha espressamente ritenuto applicabile alla procedura de qua il disposto dell’art. 7 comma 4, ultimo periodo del d.m. 3 novembre 2016 anche segnalando (a pag. 4) la circostanza (incontestata tra le parti) che Alitalia Cityliner S.p.A. è società collegata ad Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e facente parte del medesimo gruppo. Il che costituisce, da sé, senza la necessità di ulteriori specificazioni) sufficiente ed adeguata motivazione a sostegno della operata dimidiazione del compenso complessivo.

8.5 Destituito di giuridico fondamento è, in ultimo, il terzo dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado con cui si è denunciata la violazione dei principi del giusto procedimento e della partecipazione procedimentale. Emerge, infatti, ex actis, come l’adozione del decreto del 5 gennaio 2023 del Ministero del Made in Italy sia stata preceduta da un fitto ed articolato carteggio con la parte appellante nonché dall’emanazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 15 ottobre 2020 che ha provveduto ad una liquidazione, ancorché provvisoria e prudenziale, del compenso omnicomprensivo lordo spettante a ciascun commissario (così mettendo gli interessati in condizione di interloquire in ordine alle modalità di calcolo seguite).

8.6 Dall’accertata fondatezza, nei limiti e sensi sopra evidenziati, dell’appello consegue, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento della domanda ex art. 29 c.p.a. formulata a mezzo del ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado, con conseguente annullamento, per quanto di interesse degli appellanti, del decreto del 5 gennaio 2023 del Ministero del Made in Italy, trasmesso in data 9 gennaio 2023.

Va, invece, respinta la domanda, pure proposta a mezzo del ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado, di condanna del Ministero delle Imprese e del Made in Italy all’adozione immediata di un nuovo decreto che liquidi i compensi ai ricorrenti secondo le disposizioni del d.m. 3 novembre 2016 nella misura quantificata nel ricorso di primo grado (pari a € 3.044.988 per quanto attiene Alitalia Società Aerea Italiana S.p.A. e pari a € 166.679 per quanto attiene Alitalia Cityliner S.p.A.). Resta, infatti, preclusa a questo giudice, allo stato, la possibilità di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa avanzata da parte appellante anche solo nella forma della c.d. condanna sui criteri ex art. 34 comma 3 c.p.a.. Ciò in quanto, per le ragioni illustrate in precedenza, spetta al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in sede di riedizione del potere, determinare discrezionalmente (seppur con il supporto di un’adeguata motivazione che all’evidenza presuppone anche una più compiuta istruttoria sulle attività concretamente svolte dai ricorrenti e sui risultati conseguiti, pur nelle difficili condizioni in cui hanno dovuto operare) le modalità di determinazione del compenso spettante ai commissari e, quindi, stabilire se e in che misura, sia applicabile il d.m. 3 novembre 2016.

9. Per le ragioni sopra esposte l’appello è, in parte, fondato e va accolto nei limiti e sensi sopra precisati. Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata deve esser accolto, in parte, il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado con conseguente annullamento, per quanto di interesse degli appellanti, del decreto del 5 gennaio 2023 del Ministero del Made in Italy.

Deve essere, invece, respinta la domanda, pure proposta a mezzo del ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado, di condanna del Ministero delle Imprese e del Made in Italy all’adozione immediata di un nuovo decreto che liquidi i compensi spettanti secondo le disposizioni del d.m. 3 novembre 2016 nella misura quantificata nel ricorso di primo grado (pari a € 3.044.988 per quanto attiene Alitalia Società Aerea Italiana S.p.A. e pari a € 166.679 per quanto attiene Alitalia Cityliner S.p.A.).

9.1 Sul piano conformativo, in sede di riedizione del potere, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy dovrà con sollecitudine:

- determinare ex art. 2, comma 2 del d.l. n. 347 del 2003, con apposito decreto, le modalità di liquidazione del compenso chiarendo se intenda o meno applicare integralmente la disciplina di cui al d.m. 3 novembre 2006 e motivando, se del caso, in ordine alle ragioni per cui intende derogare, in tutto e in parte, a tale disciplina;

- successivamente, previo confronto con gli appellanti, con separato decreto, liquidare l’importo a questi dovuto, secondo un criterio di congruità.

10. Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono ex artt. 91 c.p.c. e 26 c.p.a. la soccombenza e sono, pertanto, da porre integralmente a carico dell’appellato Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

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