Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-10-31, n. 202309366

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-10-31, n. 202309366
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309366
Data del deposito : 31 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2023

N. 09366/2023REG.PROV.COLL.

N. 10326/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10326 del 2021, proposto dalla società Fibra S.r.l. già A.N.M.A.D.A. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A C e C L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

il Comune di Busto Arsizio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Busto Arsizio, via Fratelli d'Italia 12;

per l’annullamento

della sentenza del T.a.r. Lombardia, sede di Milano, sez. IV, 11 settembre 2021 n. 1990, che ha respinto il ricorso n. 711/2014 R.G. proposto:

per l’annullamento dei seguenti atti del Comune di Busto Arsizio:

a) della deliberazione 18 dicembre 2012 n.139, pubblicata in data imprecisata, con la quale il Consiglio comunale ha adottato il piano di governo del territorio – PGT;

b) della deliberazione 20 giugno 2013 n.59, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione il giorno 18 dicembre 2013, con la quale lo stesso Consiglio ha approvato le controdeduzioni ed approvato il PGT;

e degli atti presupposti, correlati e consequenziali;

e per la condanna

dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Busto Arsizio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2023 il Cons. Francesco Gambato Spisani e viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente appellante è proprietaria in Comune di Busto Arsizio di due distinti complessi di immobili;
il primo è costituito da una ex cascina, composta da diversi edifici, distinta al catasto locale al foglio 906, mappale 1226, per un’area di circa 2995 mq;
il secondo è invece costituito da un insieme di aree non edificate, distinte allo stesso catasto sempre al foglio 906, su mappali indicati come 1293, 1295, 3815, 19314, 19316, 19317, 19952, 32529, 32535, 32530, 32547, 32549, 32551, 32554, 2213, 246, 9074, 4041, 2139, 2648, 3191, 1766, 3515, 947, 3100, 320, 392 e 1552, per un totale di circa 55.000 mq. (sentenza impugnata, § 1, fatto pacifico in causa).

2. In questa sua qualità, ha impugnato le delibere di cui meglio in epigrafe (doc. ti 4 e 5 Comune), con le quali il Comune ha rispettivamente adottato e approvato il proprio piano di governo del territorio- PGT, nella parte in cui a suo avviso la pregiudicano.

3. In questo giudizio di appello, viene in questione soltanto il regime urbanistico impresso dal PGT in questione al secondo dei due complessi di immobili, ovvero alle aree libere, che nel loro insieme sono state destinate al completamento del cd. Progetto Parco Busto 2000, ovvero all’ampliamento di un parco pubblico in corso di realizzazione, e come tali sono state incluse nell’Ambito di trasformazione n.

6- Busto Nord (fatto storico pacifico in causa;
v. comunque il doc. 13 Comune, certificato di destinazione urbanistica, e il doc. 14 Comune, relazione al documento di piano a p. 49 del file, ove la descrizione dell’ambito).

4. Il PGT impugnato prevede, in sintesi, che questo parco pubblico si debba realizzare mediante il noto meccanismo della perequazione: i privati proprietari delle aree interessate, qualora si determinino a cederle volontariamente al Comune, ricevono in cambio non una somma di danaro, ma un certo numero di diritti edificatori, espressi in metri cubi edificabili per metro quadro di terreno ceduto, diritti che possono esercitare direttamente, costruendo su altre zone del territorio comunale a tal fine individuate dallo stesso piano, ovvero possono cedere a terzi, ricavandone il controvalore economico.

5. Ciò nel caso di specie risulta previsto anzitutto dagli artt. 6 e 7 delle norme del documento di piano (doc. 22 Comune).

5.1 Secondo l’art. 6, “ In ottemperanza a quanto previsto all'art. 11 della l.r. 11 marzo 2005, n. 12, il Documento di Piano utilizza criteri di perequazione, compensazione, incentivazione e premialità, allo scopo di favorire l'acquisizione delle aree a servizi e mettere in moto processi di riqualificazione urbana oltre che di miglioramento delle performance ambientali (comma 1) … In particolare è fatto ricorso a: a) l’uso della perequazione per l'acquisizione delle aree a servizi nelle forme e nei modi disciplinati al successivo art. 7…. (comma 3)”.

5.2 In base poi all’art. 7, “ In ottemperanza a quanto previsto dalla l.r. 11 marzo 2005, n. 12, art. 11, sono definiti i criteri sotto indicati (comma 1). Le disposizioni del presente articolo trovano applicazione nelle seguenti aree, come definite all'interno del PGT: … b) aree per il completamento del Progetto Parco Busto Nord (comma 2) …. Per le aree di cui al comma 2 lettera b) e d) è attribuita una capacità volumetrica teorica (espressa in mq) pari a 0,05 mq/mq (comma 3 ). La capacità teorica di cui al comma 2 si traduce in diritti volumetrici (Itp) che si generano a favore dei privati proprietari delle aree medesime, nel momento in cui esse vengono cedute al Comune per la realizzazione di servizi pubblici (comma 4) …”.

5.3 Sostanzialmente conforme al citato art. 7 è poi il testo dell’art. 6 delle distinte norme del piano dei servizi (doc. 28 Comune).

6. Tutto ciò posto, il T.a.r. con la sentenza meglio indicata in epigrafe ha respinto il ricorso proposto dalla società contro le delibere di piano in questione, ritenendole in sintesi estrema corrette e congrue.

7. Contro questa sentenza, la società ha proposto impugnazione, come si è detto limitatamente ai capi e punti relativi all’inclusione delle proprie aree libere nel Parco Busto Nord, con appello che contiene cinque motivi più un sesto di riproposizione della domanda risarcitoria, nei termini che ora si riassumono.

7.1 Con il primo motivo, deduce difetto di motivazione della scelta urbanistica in questione, ovvero della decisione di completare il Parco Busto Nord, e per conseguenza il difetto di motivazione della sentenza impugnata, che viceversa la ha ritenuta congrua.

7.1.1 In proposito, premette in fatto che il Parco Busto Nord era già stato previsto ed istituito da una precedente delibera comunale, la delibera di Consiglio 4 aprile 2002 n.3, approvata con la procedura cd semplificata di cui alla l.r. 23 giugno 1997 n.23 allora vigente. Premette ancora di avere impugnato questa delibera e di averne ottenuto l’annullamento con la sentenza T.a.r. Lombardia Milano sez. II 16 gennaio 2014 n.190, confermata in appello con sentenza di questo Consiglio, sez. IV 13 novembre 2020 n.6994 e quindi passata in giudicato.

7.1.2 Ciò posto, osserva che l’obiettivo dell’Ambito di trasformazione n.6, così come si desume dalla relazione al documento di piano, è il seguente: “ in coerenza all’obiettivo di consolidare il sistema verde a corona del tessuto edificato di Busto, l’Ambito 6 rappresenta il completamento Nord del sistema ambientale. Il progetto Parco Busto 2000 ha consentito di acquisire quasi il 50% delle aree destinate a verde strategiche per la creazione di ambiti boscati a zone a verde attrezzate. Al fine di completare il progetto originario, le azioni previste nell’ambito Busto Nord riconfermano le strategie già intraprese dall’Amministrazione ...... ” (doc. 14 Comune, cit. p. 49 del file).

7.1.3 A dire della parte appellante, si tratterebbe di obiettivo di per sé evidentemente illogico, dato che mancherebbe “ il presupposto di tutta quanta la previsione dell’Ambito 6 Busto Nord, dato che non si può “ completare ” una previsione (quella del Parco Busto 2000) che è stata annullata con sentenza passata in giudicato ” (p. 4 dal diciottesimo rigo dell’atto).

7.1.4 Sempre secondo la parte, sarebbe errata la motivazione del Giudice di I grado, che ha respinto il motivo osservando che il nuovo PGT ha sostituito per intero lo strumento urbanistico previgente, e quindi anche la variante annullata;
il Comune infatti non avrebbe potuto ignorare l’annullamento stesso e “ la scelta di acquisire aree (per migliaia di mq: oltre 300.000) ” sarebbe dovuta essere, “ previa specifica e adeguata istruttoria, motivata in modo altrettanto specifico ” (p. 9 prime righe dell’atto).

7.2 Con il secondo motivo, deduce violazione degli artt. 8 e 10 della l.r. 12/2005, ovvero delle norme di legge regionale sulla perequazione, e critica la sentenza di I grado, che non l’ha ritenuta sussistente.

7.2.1 La parte appellante evidenzia i contenuti già esposti dell’art. 7 delle norme del documento di piano in tema di perequazione;
evidenzia poi il comma 6 dello stesso articolo, per cui “ Il diritto volumetrico massimo previsto è subordinato ad azioni di riqualificazione ambientali o usi temporanei che garantiscono il decoro delle aree quali: - piantumazione preventiva secondo i criteri di cui all’art. 12 comma 12… Gli interventi previsti nel presente comma devono essere realizzati entro 12 mesi dalla entrata in vigore del presente PGT. La constatazione delle intervenute azioni di riqualificazione ambientale avverrà al momento della cessione dell’area all’Amministrazione Comunale, con il contestuale riconoscimento dei relativi diritti volumetrici. La non attuazione degli interventi determina la decurtazione del diritto volumetrico pari ad un terzo del valore massimo ”.

7.2.2 A sua volta, il richiamato art. 12 comma 12 delle norme del documento di piano (doc. 22 Comune, cit.) prevede nella sua prima parte che: “ Al fine di garantire uno sviluppo sostenibile della città contribuendo al mantenimento dell'equilibrio tra valore ambientale delle aree e pesi insediativi presenti e programmati sul territorio, le aree di rigenerazione urbana di interesse pubblico e le aree di trasformazione per le riqualificazioni urbane ATRU dovranno essere preventivamente piantumate. La piantumazione preventiva dovrà avvenire entro 12 mesi dalla presentazione del piano attuativo e costituisce una condizione necessaria ed inderogabile affinché l'Amministrazione Comunale possa procedere all'approvazione del piano attuativo stesso. È facoltà degli aventi titolo procedere alla piantumazione preventiva anche in anticipo rispetto alla presentazione del piano attuativo ”;
di seguito prevede poi i criteri tecnici per eseguire questa piantumazione.

7.2.3 Ciò posto, la parte appellante ritiene di essere soggetta all’obbligo di eseguire questa piantumazione preventiva, e ritiene ciò illogico per due ragioni. La prima è una ritenuta contraddizione fra il disposto dell’art. 7 sopra citato, che al comma 6 prevede che l’intervento si debba realizzare nel termine di 12 mesi dall’approvazione del PGT e il disposto dell’art. 12 comma 12, che prevede invece un termine di 12 mesi dall’approvazione di un piano attuativo. La seconda sarebbe rappresentata dal fatto che in base alla scheda d’ambito (doc. 8 in I grado ricorrente appellante, p. 41 del file) la presentazione del piano attuativo sarebbe ulteriormente subordinata ad un piano di inquadramento di iniziativa pubblica, dai tempi del tutto incerti.

7.2.4 Su questo punto, infine, la parte appellante contesta l’affermazione del Giudice di I grado, secondo la quale l’art. 12 comma 12 non si applicherebbe alle aree di sua proprietà, in quanto a suo dire si tratterebbe di affermazione contraria alla lettera della norma stessa.

7.3 Con il terzo motivo, deduce ulteriore violazione della l.r. 12/2005, e ribadisce in sintesi l’illogicità dell’obbligo di eseguire la piantumazione di cui si è detto.

7.4 Con il quarto motivo, deduce eccesso di potere per illogicità della disposizione dell’art. 7 comma 11 delle norme del documento di piano, di cui subito si dirà, e corrispondentemente illogicità della sentenza, che non ha accolto il relativo motivo del ricorso di I grado.

7.4.1 L’art. 7 comma 11 delle norme del documento di piano prevede: “L'Amministrazione Comunale, per svolgere efficacemente un'azione di programmazione rispetto ai propri obiettivi strategici, può prevedere di acquisire una parte delle nuove aree a servizi comprensive dei relativi diritti volumetrici ad un prezzo stabilito in apposito allegato al bilancio comunale, periodicamente aggiornato in sede di approvazione del bilancio preventivo .”

7.4.2 A dire della parte appellante, la norma sarebbe illegittima, perché configurerebbe a vantaggio del Comune un potere di esproprio non limitato nel tempo, perché eccedente i cinque anni di validità dei vincoli preordinati all’esproprio stesso, e con la previsione di un indennizzo diverso e inferiore di quello pari al valore venale previsto dal d.P.R. 8 giugno 2001 n.327.

7.4.3 Sul punto specifico, la parte appellante contesta l’affermazione del Giudice di I grado, per cui questi rilievi sarebbero non pertinenti perché il meccanismo previsto per acquisire le aree è perequativo e non espropriativo, e sostiene al contrario che “ l’acquisizione prevista dalla norma può anche essere forzosa e non volontaria ” e che “ il meccanismo perequativo così come disciplinato dalle norme comunali appare uno strumento sostanzialmente espropriativo ” (p. 19 dell’atto dal settimo rigo).

7.5 Con il quinto motivo, deduce propriamente violazione dell’art. 9 comma 3 della l.r. 12/2005 per un presunto immotivato sovradimensionamento delle aree destinate a servizi e critica la sentenza impugnata, che non ha accolto il corrispondente motivo del ricorso di I grado.

7.5.1 La norma citata, in sé e per sé, prevede che “in relazione alla popolazione stabilmente residente e a quella da insediare secondo le previsioni del documento di piano è comunque assicurata una dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale pari a diciotto metri quadrati per abitante ”.

7.5.2 La parte appellante mette a paragone questo valore con quello di 68 mq per abitante che risulta dalla relazione al piano dei servizi (doc. 18 in I grado ricorrente p. 81 del file) e sostiene in sintesi che questa dotazione maggiorata sarebbe illegittima, perché non sorretta da idonea motivazione.

7.5.3 Sul punto, ritiene poi non soddisfacente quanto argomentato dal Giudice di I grado, ovvero che il valore contestato deriverebbe dall’aver voluto realizzare il Parco Nord di cui si tratta e sostiene che “ il riferimento alla creazione di grandi parchi urbani non è sufficiente né convincente: non si spiega perché oltretutto non si sia ricorsi a semplice vincoli di inedificabilità e di tutela ambientale, ma si sia prevista l’acquisizione di queste aree ” (p. 23 quattordicesimo rigo dell’atto).

7.6 Con il sesto motivo, come si è detto, la parte appellante ripropone la domanda risarcitoria, e chiede la condanna del Comune a risarcirle la somma di €.164.364/65 o maggiore di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo, somma che sarebbe pari all’importo dei tributi comunali, ovvero dell’IMU e della TASI, pagato dal 2014 in poi in dipendenza dalla classificazione delle proprie aree come edificabili.

8. Il Comune ha resistito, con atto 14 febbraio 2022, ed ha chiesto che l’appello sia respinto.

9. Con memoria 20 luglio 2023, la società ha ribadito le proprie tesi.

10. Con memoria 21 luglio 2023, il Comune ha precisato le proprie difese, nei termini che seguono.

10.1 Quanto al primo motivo, il Comune osserva che la variante annullata con la sentenza T.a.r. Lombardia Milano 190/2014 di cui si è detto fu annullata per ragioni procedurali, ovvero per esser stata approvata con procedura semplificata al di fuori dei casi previsti;
contesta quindi che l’annullamento possa avere avuto un qualche effetto precettivo sulla successiva approvazione del nuovo piano urbanistico, e ribadisce che esso ha sostituito per intero il precedente, e che la variante annullata non può essere qualificata come atto ad esso presupposto. Evidenzia poi il valore ambientale della scelta di creare il Parco, valore chiaramente espresso negli elaborati di piano.

10.2 Quanto al secondo e al terzo motivo, il Comune deduce che l’art. 12 delle norme del documento di piano, e l’obbligo di eseguire la piantumazione da esso previsto, non si applicherebbero affatto, così come ritenuto anche dal Giudice di I grado, alle aree della ricorrente appellante. Si tratterebbe infatti di previsione dettata per le aree di trasformazione, e non per le aree destinate a servizi ricadenti negli ambiti

10.3 Quanto al quarto motivo, il Comune ribadisce quanto già affermato dal Giudice di I grado, ovvero che non è prevista alcuna cessione forzosa delle aree, trattandosi di un’acquisizione mediante meccanismo perequativo.

10.4 Quanto al quinto motivo, il Comune osserva in sintesi che la dotazione prevista dall’art. 9 comma 3 della l.r. 12/2005 è la minima possibile, e che la maggiore dotazione di cui al PGT impugnato è motivata proprio dall’intento di creare il Parco Nord ed altri parchi urbani: “ Risulta del tutto evidente che la creazione di grandi parchi urbani coinvolga notevoli superfici e come le stesse comportino di conseguenza un incremento della dotazione di standard pro capite previsto dal vigente PGT ” (memoria cit. p. 22 dodicesimo rigo dal basso).

10.5 Quanto al sesto motivo, il Comune premette anzitutto che sia nel ricorso che negli atti di I grado la società si limita ad una generica richiesta risarcitoria, senza dar prova di danni asseritamente subiti;
ritiene comunque che la richiesta avanzata in questo grado di appello sia infondata, essendo il proprio operato legittimo.

11. Con repliche 28 agosto 2023 per il Comune e 31 agosto 2023 per l’appellante, le parti hanno ancora insistito sulle rispettive posizioni.

12. Alla pubblica udienza del giorno 21 settembre 2023, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

13. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito esposte.

14. È infondato il primo motivo, centrato sulla presunta impossibilità per il Comune di riproporre il progetto di completamento del Parco Busto Nord già contenuto nella variante di cui alla delibera 3/2002, in quanto essa è stata come si è detto annullata con la sentenza 6994/2020 di questo Consiglio.

14.1 Come è noto, l’annullamento giurisdizionale di un piano urbanistico generale comporta in generale soltanto l’obbligo del Comune di riesercitare il proprio potere di pianificazione, senza vincoli che non siano quelli eventualmente derivanti dal contenuto specifico della pronuncia di annullamento: sul principio, per tutte da ultimo C.d.S. sez. IV 2 gennaio 2023 n.3, ove ulteriori citazioni, nonché sul punto specifico C.d.S. sez. IV 7 giugno 2004 n.3563.

14.2 Nel caso di specie, si ricava a semplice lettura che il giudicato di annullamento contenuto nella sentenza 6994/2020 non contiene vincoli conformativi al successivo esercizio del potere pianificatorio in questione, dal momento che è motivato con ragioni esclusivamente formali, ovvero come si è detto l’approvazione della variante con una procedura non consentita. Il Comune era pertanto del tutto libero di riproporre nella successiva edizione del piano il progetto del parco per cui è causa.

15. È infondato anche il secondo motivo di ricorso, centrato su un’interpretazione degli artt. 7 e 12 del documento di piano che addosserebbe alla parte ricorrente appellante l’obbligo di piantumazione di cui si è detto.

15.1 In termini generali, l’atto amministrativo in caso di incertezza sul suo contenuto va interpretato secondo le regole previste dagli artt. 1362 c.c. e ss. in tema di interpretazione del contratto: così la giurisprudenza assolutamente costante di questo Consiglio, per tutte sez. IV 5 giugno 2020 n.3552 e sez. V 13 marzo 2001 n.1442. Fra queste regole, vi è in particolare quella di cui all’art. 1371 c.c. per cui nel caso di prestazioni a titolo gratuito, come è quella di piantumare di cui si tratta, che non prevede un’immediata contropartita per l’obbligato, la clausola che le prevede va interpretata nel senso meno gravoso per l’obbligato stesso.

15.2 Nel caso di specie, come si è detto, la lettera degli artt. 7 e 12 delle norme del documento di piano prevedono quest’obbligo soltanto per le “ aree di rigenerazione urbana di interesse pubblico e le aree di trasformazione per le riqualificazioni urbane ATRU ”, e quindi non per le aree della ricorrente appellante, che sono classificate in modo diverso. Non è pertanto consentito estendere a queste aree l’obbligo in questione, escluso oltretutto nelle proprie difese dal Comune stesso, che delle norme in esame è l’autore (v. sopra § 10.2).

16. La reiezione del secondo motivo comporta reiezione anche del terzo, che presuppone quanto si è escluso, ovvero che l’obbligo di piantumazione per le aree della parte sussista.

17. È infondato e va respinto anche il quarto motivo, secondo il quale l’art. 7 comma 11 delle norme del documento di piano prevedrebbe a vantaggio del Comune un potere di espropriazione surrettizio rispetto a quanto previsto dal d.P.R. 327/2001,

17.1 Sempre in termini generali, una qualsiasi disposizione normativa nel dubbio va interpretata nel senso maggiormente conforme a quanto prevedono le norme di rango superiore, ovvero in modo conforme alla Costituzione e, ove come nella specie si tratti di norma regolamentare, in modo conforme alla legge: così per tutte C.d.S. sez. IV 4 dicembre 2017 n.5711 e sez. V 13 marzo 2014 n.1177.

17.2 Nel caso di specie, va quindi seguita l’interpretazione dell’art. 7 comma 11 proposta dal Comune, ribadendo che si tratta dell’autore della norma (v. sopra § 10.3), nonché condivisa dal Giudice di I grado: la norma non prevede alcun potere di espropriazione, ma semplicemente un meccanismo perequativo, a vantaggio del privato che spontaneamente decida di cedere le proprie aree ritenendo conveniente il prezzo che il Comune stesso ha fissato.

18. È infondato e va respinto anche il quinto motivo, centrato sul presunto eccesso della dotazione di standard rispetto al minimo di cui all’art. 9 comma 3 della l.r. 12/2005. È sufficiente rilevare quanto afferma in modo condivisibile anche il Comune, ovvero che tale dotazione discende dalla decisione politico amministrativa di realizzare il parco di cui si discute, parco che come è evidente fa parte proprio degli standard. La parte appellante oppone che lo stesso risultato si sarebbe potuto ottenere in altro modo, in particolare prevedendo “ vincoli di inedificabilità e di tutela ambientale ” (v. sopra § 7.5.3). Si tratta però di un rilievo non ammissibile in questa sede di legittimità, dato che va a sindacare il merito della scelta amministrativa, perché non ne rileva una presunta illogicità, ma pretende di sostituirvi una scelta propria del privato.

19. La reiezione dei motivi sin qui elencati comporta reiezione della domanda di annullamento degli atti impugnati e per conseguenza anche del sesto ed ultimo motivo di appello, che ripropone la domanda risarcitoria.

20. L’appello va quindi respinto per intero;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come in dispositivo, in misura comunque congrua rispetto ai valori medi previsti dal D.M. 10 marzo 2014 n.55, ritenuto applicabile perché vigente all’epoca dell’instaurazione del giudizio, per una causa di valore indeterminato e di difficoltà media.

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