Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-09-28, n. 202005654
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Pubblicato il 28/09/2020
N. 05654/2020REG.PROV.COLL.
N. 05535/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 5535 del 2019, proposto dal signor
G E F, rappresentato e difeso dall'avvocato C F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Civitanova Marche, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Fallimento Prica Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentate
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Depositi &Vendite s.r.l., in persona del legale rappresentate
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Luisa Gobbi e Maria Stefania Ottoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
il signor P F F, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio De Santis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la signora A F, rappresentata e difesa dall'avvocato Bruno Mandrelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, sede di Ancona, n. 232 del 16 aprile 2019, resa tra le parti, concernente la restituzione di un’area oggetto di espropriazione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Civitanova Marche, del Fallimento Prica Immobiliare s.r.l., della società Depositi &Vendite s.r.l. e dei signori P F F e A F;
Visti i ricorsi incidentali del Comune di Civitanova Marche e della società Depositi e Vendite;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2020, svoltasi in video conferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, il consigliere Nicola D'Angelo;
Uditi, per l’appellante, l’avvocato C F e, per il Comune di Civitanova Marche, l’avvocato A C, che hanno chiesto il passaggio in decisione della causa ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge n. 28 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Civitanova Marche ha proceduto all’esproprio di alcune aree inserite all’interno di un piano piano particolareggiato approvato nel 1998 ed oggetto di successive varianti. Il piano includeva diversi comparti di attuazione tra cui il comparto 1, in parte di proprietà dei fratelli E e P F F.
1.1. Questi ultimi, in particolare, non hanno aderito al relativo decreto di esproprio n. 115 del 18 settembre 2003 adottato dal Comune su richiesta del Consorzio incaricato all’attuazione del medesimo comparto (sull’area si sarebbe dovuto realizzare un parcheggio pubblico a raso depolverizzato temporaneo e successivamente, dopo l’attivazione del comparto 3 che avrebbe assunto i relativi oneri, un parcheggio pubblico multipiano da cedere gratuitamente al Comune).
1.2. Il comparto 3 è tuttavia restato inattuato e di conseguenza il parcheggio multipiano non è stato costruito (all’originario Consorzio per l’attuazione del comparto è poi subentrata la Società Immobiliare Terzo Millennio, divenuta Prica Immobiliare ed infine Fallimento Prica Immobiliare. Il Fallimento ha poi venduto l’area, nel corso della procedura fallimentare, alla Società Depositi e Vendite, attuale proprietaria).
1.3. Per questa ragione, il signor G E F (erede del signor E F insieme alla propria sorella A) ha proposto ricorso al Tar per le Marche per ottenere la restituzione dell’area.
Il gravame è stato però dichiarato inammissibile con la sentenza dello stesso Tribunale n. 657/2014.
1.4. Successivamente, i germani A e G E F hanno quindi chiesto la restituzione dell’area al Tribunale civile di Macerata che, con sentenza n. 474/2018, ha anch’esso declinato la propria giurisdizione.
1.5. La controversia è stata infine riassunta nuovamente dinanzi al Tar per le Marche, sede di Ancona, che con la sentenza indicata in epigrafe ha riunito il ricorso per la retrocessione (n. 267/2018) ed il gravame presentato in precedenza dal solo signor G E F per il risarcimento del danno conseguente alla mancata restituzione (n. 136/2016).
1.6. Il Tar, dopo avere respinto le eccezioni del Comune e delle altre parti costituite, concernenti soprattutto il difetto di giurisdizione, ha preventivamente richiamato i principi di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 245/1987: “ la retrocessione attua un nuovo trasferimento del bene, del tutto autonomo rispetto al trasferimento coattivo realizzato dall'atto di espropriazione;la retrocessione trova in quest'atto il suo antecedente meramente storico, ma ad esso non è collegata né strutturalmente, né funzionalmente ”.
Il Tar ha quindi ritenuto che sussistevano “ i presupposti della retrocessione totale ex art. 46 del DPR n. 327/2001, non intravedendo ragioni per discostarsi da quanto già affermato, da questo Tribunale, con la precedente sentenza n. 657/2014 ”, accertando, limitatamente al 50% dell’area, “ il diritto dei ricorrenti ad ottenere la retrocessione dell’originaria quota di proprietà spettante al loro dante causa ”. Il Tar ha infine respinto la domanda di risarcimento del danno.
2. Contro la predetta sentenza ha proposto appello il signor G E F sulla base dei motivi di censura di seguito sinteticamente riportati.
2.1. Il Tar ha riconosciuto il diritto alla retrocessione totale, ma lo ha erroneamente limitato al 50%, ponendo quale riferimento la quota di proprietà indivisa del bene espropriato, con una motivazione carente e illogica, contraria ai principi di cui alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 6144/1991.
2.1.1. I ricorrenti in primo grado sono gli eredi del signor E F, che al momento dell’esproprio era comproprietario del bene unitamente al fratello P F.
Nei confronti di questi ultimi venne pronunciato l’esproprio con decreto del Comune n. 115/2003, su richiesta ed in favore del Consorzio per l’attuazione del comparto 1, al quale i proprietari espropriati non aderirono.
2.1.2. Il signor P F F nel giudizio di primo grado sulla retrocessione si è quindi costituito aderendo “ alle richieste dei ricorrenti purché il trasferimento (retrocessione) venga disposto esclusivamente in loro favore. In tal caso chiede di essere esonerato dall’obbligo di corrispondere la propria quota del prezzo di retrocessione e di non essere pregiudicato nell’interesse a riscuotere la propria quota di indennità di esproprio ”.
2.1.3. Nel presente grado di giudizio, invece, l’originaria ricorrente in primo grado, signora A F, non rilasciando la delega per la proposizione dell’appello, secondo l’appellante, avrebbe a sua volta mostrato di non avere più interesse ad ottenere la retrocessione.
2.1.4. In sostanza, l’odierno appellante sarebbe l’unico interessato ad ottenere e a sostenere gli impegni per la retrocessione totale del bene espropriato.
2.1.5. Inoltre, sarebbe erroneo l’assunto del Tar che ha ritenuto fondato quanto eccepito dal Comune e dalla società Depositi e Vendite sull’inammissibilità della domanda di retrocessione formulata per l’intero, poiché i ricorrenti in primo grado erano coeredi del signor E F ex proprietario indiviso al 50%. Secondo l’appellante, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto della circostanza che in origine l’area era in comproprietà. In particolare, il Tar, nel fare riferimento alla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 6144/1991, ne avrebbe contraddetto il significato: “ In tema di diritto alla retrocessione del bene espropriato rimasto inutilizzato, secondo la previsione dell'art. 63 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, e per il caso in cui più persone siano subentrate all'originario espropriato, "iure successionis" od a titolo particolare, ciascuna di esse è legittimata ad esercitare il diritto stesso, alla stregua della sua natura potestativa, purché con riferimento all'intero immobile (al quale deve essere commisurato il prezzo della retrocessione), ma al relativo giudizio devono prendere parte, in qualità di litisconsorti necessari, tutti gli altri contitolari, trattandosi di rapporto plurisoggettivo unitario ed inscindibile ”. Non essendo, come sopra indicato, gli altri comproprietari interessati, egli avrebbe avuto pertanto diritto a riavere indietro l’intero bene espropriato, assumendo l’onere del pagamento del prezzo.
2.1.6. In definitiva, parte appellante sostiene che oggetto della retrocessione è l’immobile espropriato e non quanto residua in esito al mutamento dei soggetti ( jure succesionis o a titolo particolare).
2.1.7. Né in senso diverso avrebbe rilievo quanto affermato dal Tar che i “ ricorrenti otterrebbero più di quanto originariamente spettante al proprio dante causa, cioè l’intera proprietà anziché il 50% della stessa ”. Ciò, ad avviso dell’appellante, contrasterebbe con il principio espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui “ si configura un diritto potestativo, giacché alla pretesa restitutoria del privato fa riscontro una posizione di soggezione dell'espropriante;che il diritto è di attuazione giudiziale, in quanto per la sua realizzazione occorre una pronuncia che tiene il luogo, in pratica, dell'atto traslativo, è efficace ex nunc ed ha carattere costitutivo;il ritrasferimento deve riguardare l'intero immobile, al quale deve conseguentemente essere commisurato il prezzo, essendo esclusa qualsiasi possibilità di frazionamento tra l'Amministrazione e il privato ” (cfr. Cass. n. 575/1985). Di conseguenza, essendo stato osservato, nel caso in esame, il dovere di litisconsorzio, il Tar non avrebbe potuto disporre una “divisione del bene”.
2.2. Il Tar erroneamente avrebbe indicato al Comune la possibilità di esercitare un diritto di prelazione per l’area oggetto di giudizio, da cui invece sarebbe decaduto per decorrenza del termine perentorio. In ogni caso, sarebbero state assenti i presupposti per ravvisare un interesse pubblico attuale alla stessa prelazione per difetto di disciplina urbanistica e non sarebbe stato considerato un contrasto interpretativo tra l’art 21 della legge n. 865/1971 e l’art 48, comma 3, del DPR n. 327/2001.
2.2.1. In particolare, il Tar ha affermato che la domanda di avere una sentenza con effetti costitutivi “ va al momento respinta ”, avendo individuato l’applicazione al caso di specie delle disposizioni di cui all’art. 48, comma 3, del DPR n. 327/2001. Secondo l’appellante, invece, sarebbe stato logico verificare preventivamente la concreta applicazione della citata disposizione e la sussistenza in atti dei presupposti per la restituzione del bene e dell’indennizzo di retrocessione.
2.2.2. Il giudice di primo grado avrebbe quindi contraddittoriamente esaminato la domanda riconvenzionale del Comune sulla prelazione respingendola e nello stesso tempo avrebbe indicato la possibilità di invocare il citato art. 48, comma 3, senza tener conto che all’atto della decisione non sarebbe stato vigente alcun atto amministrativo di regolazione urbanistica dell’area su cui insiste il bene espropriato.
2.2.3. Più in generale, secondo il ricorrente, il diritto di prelazione a favore del Comune si sarebbe potuto ravvisare solo dopo aver esaminato il rapporto tra l’art. 21 della legge n. 865/1971 ( ratione temporis applicabile) e l’art 48, comma 3, del DPR n. 327/2001. Nella sentenza però il giudice di primo grado ha concluso per il regime di cui al citato DPR n. 327/2001, senza tener conto che l’esproprio era stato pronunciato ai sensi dell’art. 63 della legge n. 2359/1865, al cui regime si riferiva il diritto di prelazione previsto dal citato art. 21. In sostanza, l’art. 21 non implicava la retrocessione, diversamente dall’art. 48 del DPR n. 327/2001.
2.3. Il Tar, inoltre, pur accertando il diritto alla retrocessione ha disatteso la richiesta di una pronuncia che tenesse luogo dell'atto traslativo.
2.3.1. Il contratto di acquisto da parte della Depositi e Vendite dell’area in precedenza di proprietà del Fallimento Prica, secondo l’appellante, non avrebbe infatti ostacolato la possibilità di rimettere a disposizione dei germani F la porzione espropriata.
2.4. Il Tar sarebbe poi incorso nella violazione dell’art 46, comma 1, e dell’art 48, comma 1, del DPR n. 327/2001.
2.4.1. Il quantum del corrispettivo della retrocessione era infatti desumibile dagli atti, nel contratto di acquisto della Depositi e Vendite dal fallimento che include l’area espropriata. Il Tar invece ha riconosciuto il diritto alla retrocessione ‘dimezzandolo’ ed ha affermato che, “ Per quanto già osservato nei precedenti paragrafi 5.6 e 6, non sussiste al momento alcuna certezza che i ricorrenti riacquisteranno la quota di proprietà loro spettante. Al riguardo potrebbe ostare l’esercizio del diritto di prelazione da parte del Comune o la determinazione definitiva del prezzo di retrocessione che potrebbe rendere inappetibile la conclusione dell’affare ”.
2.5. L’appellante, infine, ribadisce la richiesta di risarcimento del danno per il mancato utilizzo del bene anche in rapporto alla mancata corresponsione dell’indennizzo.
2.5.1. Sul punto, il Tar avrebbe erroneamente affermato che, non sussistendo la certezza del riacquisto della quota, il danno non poteva ritenersi verificato. Evidenzia l’appellante che nel caso di specie l’indennizzo non è stato mai percepito dagli espropriati per le ostruzioni poste dal Fallimento Prica sulla percezione della somma depositata alla cassa DD.PP. (pretendendo di acquisirla al passivo) e per la inerzia del Comune che non ha mai emesso il decreto di svincolo. Inoltre sarebbe infondata la conclusione dello stesso Tribunale in ordine al fatto che “ l’eventuale differenza tra indennità di esproprio e corrispettivo per la retrocessione coprirà la differenza di valore del bene tra i due momenti storici .”, trattandosi di due vicende autonome.
2.5.2. Il Tar non si sarebbe poi pronunciato sul ricorso di primo grado n. 136/2016, con il quale è stato chiesto l’accertamento della violazione del regime giuridico del bene espropriato, il risarcimento danni ex art. 21 octies della legge n. 241/90 e dell’art. 30 c.p.a., in combinato disposto con il comma 4 dell'art.