Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-09-28, n. 202005654

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-09-28, n. 202005654
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005654
Data del deposito : 28 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/09/2020

N. 05654/2020REG.PROV.COLL.

N. 05535/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 5535 del 2019, proposto dal signor
GA LE ON, rappresentato e difeso dall'avvocato Claudio Fraticelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

il Comune di Civitanova Marche, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Calzolaio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il FA RI IL s.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Gerardo Villanacci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Depositi & Vendite s.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Luisa Gobbi e Maria Stefania Ottoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



nei confronti

il signor LO CO ON, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio De Santis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la signora NN ON, rappresentata e difesa dall'avvocato Bruno Mandrelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, sede di Ancona, n. 232 del 16 aprile 2019, resa tra le parti, concernente la restituzione di un’area oggetto di espropriazione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Civitanova Marche, del FA RI IL s.r.l., della società Depositi & Vendite s.r.l. e dei signori LO CO ON e NN ON;

Visti i ricorsi incidentali del Comune di Civitanova Marche e della società Depositi e Vendite;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2020, svoltasi in video conferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, il consigliere Nicola D'Angelo;

Uditi, per l’appellante, l’avvocato Claudio Fraticelli e, per il Comune di Civitanova Marche, l’avvocato Andrea Calzolaio, che hanno chiesto il passaggio in decisione della causa ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge n. 28 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Il Comune di Civitanova Marche ha proceduto all’esproprio di alcune aree inserite all’interno di un piano piano particolareggiato approvato nel 1998 ed oggetto di successive varianti. Il piano includeva diversi comparti di attuazione tra cui il comparto 1, in parte di proprietà dei fratelli LE e LO CO ON.

1.1. Questi ultimi, in particolare, non hanno aderito al relativo decreto di esproprio n. 115 del 18 settembre 2003 adottato dal Comune su richiesta del Consorzio incaricato all’attuazione del medesimo comparto (sull’area si sarebbe dovuto realizzare un parcheggio pubblico a raso depolverizzato temporaneo e successivamente, dopo l’attivazione del comparto 3 che avrebbe assunto i relativi oneri, un parcheggio pubblico multipiano da cedere gratuitamente al Comune).

1.2. Il comparto 3 è tuttavia restato inattuato e di conseguenza il parcheggio multipiano non è stato costruito (all’originario Consorzio per l’attuazione del comparto è poi subentrata la Società IL RZ MI, divenuta RI IL ed infine FA RI IL. Il FA ha poi venduto l’area, nel corso della procedura fallimentare, alla Società Depositi e Vendite, attuale proprietaria).

1.3. Per questa ragione, il signor GA LE ON (erede del signor LE ON insieme alla propria sorella NN) ha proposto ricorso al AR per le Marche per ottenere la restituzione dell’area.

Il gravame è stato però dichiarato inammissibile con la sentenza dello stesso Tribunale n. 657/2014.

1.4. Successivamente, i germani NN e GA LE ON hanno quindi chiesto la restituzione dell’area al Tribunale civile di Macerata che, con sentenza n. 474/2018, ha anch’esso declinato la propria giurisdizione.

1.5. La controversia è stata infine riassunta nuovamente dinanzi al AR per le Marche, sede di Ancona, che con la sentenza indicata in epigrafe ha riunito il ricorso per la retrocessione (n. 267/2018) ed il gravame presentato in precedenza dal solo signor GA LE ON per il risarcimento del danno conseguente alla mancata restituzione (n. 136/2016).

1.6. Il AR, dopo avere respinto le eccezioni del Comune e delle altre parti costituite, concernenti soprattutto il difetto di giurisdizione, ha preventivamente richiamato i principi di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 245/1987: “ la retrocessione attua un nuovo trasferimento del bene, del tutto autonomo rispetto al trasferimento coattivo realizzato dall'atto di espropriazione; la retrocessione trova in quest'atto il suo antecedente meramente storico, ma ad esso non è collegata né strutturalmente, né funzionalmente ”.

Il AR ha quindi ritenuto che sussistevano “ i presupposti della retrocessione totale ex art. 46 del DPR n. 327/2001, non intravedendo ragioni per discostarsi da quanto già affermato, da questo Tribunale, con la precedente sentenza n. 657/2014 ”, accertando, limitatamente al 50% dell’area, “ il diritto dei ricorrenti ad ottenere la retrocessione dell’originaria quota di proprietà spettante al loro dante causa ”. Il AR ha infine respinto la domanda di risarcimento del danno.

2. Contro la predetta sentenza ha proposto appello il signor GA LE ON sulla base dei motivi di censura di seguito sinteticamente riportati.

2.1. Il AR ha riconosciuto il diritto alla retrocessione totale, ma lo ha erroneamente limitato al 50%, ponendo quale riferimento la quota di proprietà indivisa del bene espropriato, con una motivazione carente e illogica, contraria ai principi di cui alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 6144/1991.

2.1.1. I ricorrenti in primo grado sono gli eredi del signor LE ON, che al momento dell’esproprio era comproprietario del bene unitamente al fratello LO CO.

Nei confronti di questi ultimi venne pronunciato l’esproprio con decreto del Comune n. 115/2003, su richiesta ed in favore del Consorzio per l’attuazione del comparto 1, al quale i proprietari espropriati non aderirono.

2.1.2. Il signor LO CO ON nel giudizio di primo grado sulla retrocessione si è quindi costituito aderendo “ alle richieste dei ricorrenti purché il trasferimento (retrocessione) venga disposto esclusivamente in loro favore. In tal caso chiede di essere esonerato dall’obbligo di corrispondere la propria quota del prezzo di retrocessione e di non essere pregiudicato nell’interesse a riscuotere la propria quota di indennità di esproprio ”.

2.1.3. Nel presente grado di giudizio, invece, l’originaria ricorrente in primo grado, signora NN ON, non rilasciando la delega per la proposizione dell’appello, secondo l’appellante, avrebbe a sua volta mostrato di non avere più interesse ad ottenere la retrocessione.

2.1.4. In sostanza, l’odierno appellante sarebbe l’unico interessato ad ottenere e a sostenere gli impegni per la retrocessione totale del bene espropriato.

2.1.5. Inoltre, sarebbe erroneo l’assunto del AR che ha ritenuto fondato quanto eccepito dal Comune e dalla società Depositi e Vendite sull’inammissibilità della domanda di retrocessione formulata per l’intero, poiché i ricorrenti in primo grado erano coeredi del signor LE ON ex proprietario indiviso al 50%. Secondo l’appellante, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto della circostanza che in origine l’area era in comproprietà. In particolare, il AR, nel fare riferimento alla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 6144/1991, ne avrebbe contraddetto il significato: “ In tema di diritto alla retrocessione del bene espropriato rimasto inutilizzato, secondo la previsione dell'art. 63 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, e per il caso in cui più persone siano subentrate all'originario espropriato, "iure successionis" od a titolo particolare, ciascuna di esse è legittimata ad esercitare il diritto stesso, alla stregua della sua natura potestativa, purché con riferimento all'intero immobile (al quale deve essere commisurato il prezzo della retrocessione), ma al relativo giudizio devono prendere parte, in qualità di litisconsorti necessari, tutti gli altri contitolari, trattandosi di rapporto plurisoggettivo unitario ed inscindibile ”. Non essendo, come sopra indicato, gli altri comproprietari interessati, egli avrebbe avuto pertanto diritto a riavere indietro l’intero bene espropriato, assumendo l’onere del pagamento del prezzo.

2.1.6. In definitiva, parte appellante sostiene che oggetto della retrocessione è l’immobile espropriato e non quanto residua in esito al mutamento dei soggetti ( jure succesionis o a titolo particolare).

2.1.7. Né in senso diverso avrebbe rilievo quanto affermato dal AR che i “ ricorrenti otterrebbero più di quanto originariamente spettante al proprio dante causa, cioè l’intera proprietà anziché il 50% della stessa ”. Ciò, ad avviso dell’appellante, contrasterebbe con il principio espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui “ si configura un diritto potestativo, giacché alla pretesa restitutoria del privato fa riscontro una posizione di soggezione dell'espropriante; che il diritto è di attuazione giudiziale, in quanto per la sua realizzazione occorre una pronuncia che tiene il luogo, in pratica, dell'atto traslativo, è efficace ex nunc ed ha carattere costitutivo; il ritrasferimento deve riguardare l'intero immobile, al quale deve conseguentemente essere commisurato il prezzo, essendo esclusa qualsiasi possibilità di frazionamento tra l'Amministrazione e il privato ” (cfr. Cass. n. 575/1985). Di conseguenza, essendo stato osservato, nel caso in esame, il dovere di litisconsorzio, il AR non avrebbe potuto disporre una “divisione del bene”.

2.2. Il AR erroneamente avrebbe indicato al Comune la possibilità di esercitare un diritto di prelazione per l’area oggetto di giudizio, da cui invece sarebbe decaduto per decorrenza del termine perentorio. In ogni caso, sarebbero state assenti i presupposti per ravvisare un interesse pubblico attuale alla stessa

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