Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-05-25, n. 202305163

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-05-25, n. 202305163
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202305163
Data del deposito : 25 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/05/2023

N. 05163/2023REG.PROV.COLL.

N. 00813/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 813 del 2023, proposto dalla società -OMISSIS- di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell'Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Emilia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sede di Parma, -OMISSIS- del 2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Emilia e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2023 il Cons. Antonio Massimo Marra e sentiti i difensori delle parti, come da verbale d’udienza.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’odierna appellante, società -OMISSIS- di -OMISSIS- è una società operante da anni nel campo dei lavori edili, sia privati che pubblici della provincia di Reggio Emilia.

Il 5 maggio 2014 essa ha presentato istanza di iscrizione nell’elenco degli operatori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (c.d. white list), istituita presso la Prefettura di Reggio Emilia, realizzando, nel frattempo, interventi nelle zone colpite dal sisma del 2012.

In data 10 giugno 2020, la Prefettura di Reggio Emilia ha tuttavia comunicato, ai sensi dell’art. 10- bis della l. n. 241 del 1990, la sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza per il pericolo di infiltrazione mafiosa.

È stato, infine, notificato alla società appellante il provvedimento 8 settembre 2020, prot. -OMISSIS-, con cui la Prefettura di Reggio Emilia ha respinto la vista istanza d’ iscrizione nella white list .

L’odierna appellante, nel contestare la sussistenza dei presupposti per emettere il provvedimento interdittivo nei suoi confronti, ha impugnato il provvedimento di diniego di iscrizione alla c.d. white list avanti al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, Sede di Parma, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’efficacia, l’annullamento.

Nel primo grado del giudizio si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Reggio Emilia per chiedere la reiezione del ricorso.

Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, Sede di Parma, con la sentenza -OMISSIS- dell’8 giugno 2022, ha respinto il ricorso.

Avverso tale sentenza ha proposto appello la società -OMISSIS- di -OMISSIS-, articolando due distinti motivi che di seguito saranno esaminati, e ne ha chiesto la riforma, con il conseguente annullamento degli atti gravati in prime cure.

Si è costituito, con memoria di stile, il Ministero dell’Interno per chiedere la reiezione del ricorso.

Nell’udienza del dell’11 maggio 2023 il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.

L’appello è infondato.

L’odierna appellante, società -OMISSIS- di -OMISSIS-, ha impugnato il decreto 8 settembre 2020, -OMISSIS- a mezzo del quale il Prefetto di Reggio Emilia ha respinto l'istanza d’iscrizione nell’Anagrafe antimafia degli esecutori nella white List della Prefettura di Reggio Emilia, presentata dalla società ricorrente, ai sensi dell'articolo 5 bis del decreto legge n.74 del 2012.

A sostegno del provvedimento di diniego di iscrizione sono stati addotti i seguenti elementi indiziari e precisamente: i. il decreto penale di condanna, risalente al 30 aprile 2011, emesso nei confronti del -OMISSIS-, sanzionato con l’ammenda di euro 200,00, per violazione di norme in tema di sicurezza sul lavoro; ii. il rapporto di parentela con soggetti in odore di infiltrazioni mafiose; iii. le partecipazioni, possedute dal legale rappresentante e dal socio amministratore della Società appellante, nella -OMISSIS-, colpita da interdittiva.

Ancora, di particolare interesse sono state poi ritenute dalla Prefettura...l e cointeressenze rappresentate dalle partecipazioni possedute dal signor -OMISSIS- nella suindicata società -OMISSIS-, con -OMISSIS- .

Secondo il primo giudice, la valutazione di permeabilità mafiosa è fondata non solo sulla condanna per reati in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e di parentela (recte: affinità), avendo la Prefettura richiamato anche taluni rapporti intercorsi tra la società ricorrente e gli appartenenti della famiglia -OMISSIS-, soci, questi ultimi, della -OMISSIS- -OMISSIS- colpita da interdittiva, nonché destinataria di due fatture emesse dalla società ricorrente, che avrebbero confermato, a dire della Prefettura di Reggio Emilia, l’esistenza di legami economici tra le stesse società.

Nel presente giudizio il Tribunale ha ritenuto che il quadro indiziario dovesse ritenersi senz’altro legittimo, oltre che per la natura cautelare e preventiva del provvedimento gravato, per la pluralità degli elementi a tal fine richiamati i quali non avrebbero potuto che essere esaminati nel loro insieme.

La giurisprudenza ha osservato, in tal senso, che gli elementi di fatto valorizzati dal provvedimento prefettizio devono essere valutati non atomisticamente, ma in chiave unitaria ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 759/2019);
rilevando ancora che …una visione “parcellizzata” di essi condurrebbe ad esiti del tutto fuorvianti”.

Il Tribunale ha osservato ancora che il giudizio di condizionamento mafioso non si è basato sulla sola esistenza di vincoli di parentela ( recte : di affinità), ma sulla più ampia ipotesi di plurime relazioni personali e societarie, il cui perno centrale è costituito dal richiamato legame esistente tra la Società ricorrente e -OMISSIS- -OMISSIS-, con gli appartenenti della famiglia -OMISSIS-, soci della società -OMISSIS- -OMISSIS- che, come già accennato, oltre ad essere stata colpita da interdittiva, è risultata destinataria di due fatture emesse dalla società ricorrente, a dimostrazione dell’esistenza di legami economici tra le stesse società.

All’esito della propria valutazione, dunque, il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sede di Parma, ha ritenuto in sintesi «la decisione assunta dalla Prefettura senz’altro legittima, stante la pluralità degli elementi a tal fine richiamati», che devono essere intrepretati nel loro insieme e non in base ad una valutazione atomistica e parcellizzata, tale da condurre a conclusioni forvianti.

Le motivazioni del primo giudice, così riassunte, sono tuttavia contestate dalla società appellante con due censure che, nei limiti di quanto si ora si dirà, non meritano accoglimento.

Con un primo motivo, anzitutto, l’odierna appellante contesta la sentenza del Tribunale per avere respinto erroneamente, per genericità e violazione degli artt. 84, 89 bis e 91 del D.lgs. 6 giugno 2011 n. 159, la prima censura dell’originario ricorso, con cui la società appellante ha contestato il difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla omessa valutazione della sanzione comminata alla società per violazione della normativa infortunistica, oltre che per la circostanza che il Tribunale avrebbe erroneamente configurato i rapporti in contestazione come parentali anziché di affinità.

Errerebbe la sentenza impugnata nel ravvisare nei fatti enucleati dall’autorità prefettizia quegli elementi univoci gravi e conferenti che solo avrebbero potuto giustificare l’impugnato diniego.

Soggiunge peraltro l’appellante che, nel caso all’esame, tali criteri non ricorrerebbero, poiché -a suo dire- nella visione di insieme delineata dall’Autorità prefettizia farebbe difetto il requisito della attinenza, sia pur minima, dei singoli elementi con le finalità cui la misura cautelare e preventiva tende a conseguire .

Il motivo è destituito di fondamento perché, come ha rilevato il primo giudice, la Prefettura ha valutato gli elementi addotti dalla società in sede procedimentale, ritenendoli non decisivi a smentire il grave quadro di infiltrazione mafiosa sin qui ricostruito;
laddove, ha ritenuto decisivo il secondo elemento relativo al legame esistente tra la società ricorrente (e -OMISSIS- -OMISSIS-), con gli appartenenti della famiglia -OMISSIS-, soci della -OMISSIS- -OMISSIS-, colpita nel 2014 da interdittiva e, si ripete, destinataria di due fatture emesse dalla Società ricorrente, a dimostrazione dell’esistenza di legami economici tra le stesse.

Se è vero, infatti, che un "mero rapporto di parentela" o meglio di affinità di per sé non è significativo è opportuno evidenziare che, nel caso di specie, si è in presenza di una molteplicità di situazioni con soggetti appartenenti o contigui alla società appellante, che non possono neppure definirsi isolati anche e soprattutto alla luce del loro consolidamento all'interno di una non contestata cointeressenza economica (recte: partecipazione in -OMISSIS-) e societaria tra i signori -OMISSIS- e i signori -OMISSIS-

Ed invero ha evidenziato la Prefettura un elemento definito di particolare interesse, ossia: ... le cointeressenze in suddetta società con -OMISSIS-, in quanto gli stessi hanno avuto ruoli di governance e/o proprietari della società -OMISSIS- colpita da provvedimento di rigetto dell’istanza di iscrizione nella White List -OMISSIS- e successivo provvedimento di rigetto di nuova iscrizione Prot. -OMISSIS- White List -OMISSIS-”

Ebbene, la giurisprudenza di questa sezione (v ., ex multis , Consiglio di Stato, sez. III, n. 9558 del 29 settembre 2022) si è già fatta carico di precisare che tanto il contesto ambientale e parentale nel quale opera l'impresa attinta da informativa, quanto la sua struttura organizzativa o societaria, possono rilevare quali elementi sintomatici accessori, in grado di denotare, in concorso con altri, il possibile rischio di infiltrazione o di condizionamento mafioso

Nell'ambito di questa giurisprudenza, per quanto qui rileva, si è ulteriormente precisato che: “tra gli elementi rilevanti vi sono i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia, di titolari, soci, amministratori, dipendenti dell’impresa con soggetti raggiunti da provvedimenti di carattere penale o da misure di prevenzione antimafia: l’amministrazione può ragionevolmente attribuire loro rilevanza quando essi non siano frutto di casualità o, per converso, di necessità;
tali contatti o frequentazioni (anche per le modalità, i luoghi e gli orari in cui avvengono) possono far presumere, secondo la logica del "più probabile che non", che l’imprenditore - direttamente o anche tramite un proprio intermediario - scelga consapevolmente di porsi in dialogo e in contatto con ambienti mafiosi;
quand’anche ciò non risulti punibile (salva l’adozione delle misure di prevenzione), la consapevolezza dell’imprenditore di frequentare soggetti mafiosi e di porsi su una pericolosa linea di confine tra legalità e illegalità (che lo Stato deve invece demarcare e difendere ad ogni costo) deve comportare la reazione dello Stato proprio con l’esclusione dell'imprenditore medesimo dal conseguimento di appalti pubblici e comunque degli altri provvedimenti abilitativi individuati dalla legge”.

Questi tratti di specificità che conferiscono speciale rilievo ai rapporti di cointeressenza appaiono, nel caso in esame, del tutto ravvisabili e ritraibili, in sintesi, anche per elementi di contesto collegati alla connotazione del territorio e del fenomeno mafioso ivi dominante.

Aggiungasi che la parte appellata non allega alcun elemento atto a depotenziare la pregnanza dei suddetti della partecipazione societaria con gli -OMISSIS-, soci di un’altra società colpita da interdittiva, limitandosi a affermare che la -OMISSIS- -OMISSIS- era sostanzialmente inattiva da -OMISSIS-;
il che apre il campo ad ovvie e del tutto ragionevoli inferenze presuntive che dagli stessi è lecito trarre in considerazione che come ha avuto di chiarite la giurisprudenza non è richiesta la prova dell’attualità delle infiltrazioni mafiose, dovendosi solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile - secondo il principio del "più probabile che non" - il tentativo di ingerenza, o una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose, e dell’attualità e concretezza del rischio (Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n.1743).

La censura deve essere perciò respinta.

Con il secondo motivo di ricorso, ancora, l’appellante insiste nel rilievo, già confutato dal primo giudice, secondo cui, la lunga istruttoria protrattasi per oltre sei anni, protesse configurare -a suo dire- un’ulteriore prova della mancanza, in capo alla Società, di ogni rischio di permeabilità alle infiltrazioni mafiose.

Anche questo motivo è infondato perché, al contrario di quanto deduce l’appellante, tralascia di considerare la molteplicità e complessità dei fatti posti a sostegno dell’impugnato diniego -che rendono ininfluente il rilievo che essi si vanno a collocare in un momento temporale risalente - e, che ben rendono giustificabile il dilatarsi dei tempi dell’istruttoria, in una materia in cui il fenomeno di infiltrazione criminale nel tessuto economico imprenditoriale ha raggiunto forme alquanto articolate e complesse da non poter certamente ingenerare nel richiedente l’invocato affidamento sulla ritenuta estraneità della impresa dal tentativo di infiltrazione.

Non va poi sottaciuto il fatto che, il dilagare del fenomeno criminale nel tessuto economico imprenditoriale, comporta un altrettanto impegno da parte degli organi investigativi i quali oltre ad istruire il periodico aggiornamento della documentazione antimafia si trovano ad affrontare realtà investigative in costante evoluzione di cui non risulta ragionevole non tenerne conto.

Alla luce del quadro normativo e dei principi giurisprudenziali prima evidenziati, emerge in sintesi che nessuna delle censure del ricorrente è in grado di scalfire il quadro indiziario di infiltrazione mafiosa risultante dai plurimi elementi indicati e valorizzati nella motivazione del provvedimento impugnato né, tantomeno, la ragionevolezza del complessivo giudizio di permeabilità mafiosa espresso dalla prefettura.

Discende da quanto detto che l’appello debba essere respinto, con la conseguente conferma della sentenza impugnata, che ha correttamente ritenuto esistente, e attuale, il grave quadro indiziario di infiltrazione mafiosa a carico della società.

Le spese del presente grado del giudizio possono restare interamente compensate tra le parti, in considerazione della peculiarità e delicatezza delle questioni analizzate

Rimane definitivamente a carico della società ricorrente il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.

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