Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-07-24, n. 201503653

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-07-24, n. 201503653
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503653
Data del deposito : 24 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04702/2015 REG.RIC.

N. 03653/2015REG.PROV.COLL.

N. 04702/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4702 del 2015, proposto da:
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , U.T.G. - Prefettura di Roma, in persona del Prefetto pro tempore , Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del Presidente pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS-, in persona dell’attuale amministratore giudiziario pro tempore , dott. D M P, nominato con provvedimento di sequestro preventivo del 26.6.2015 dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma nell’ambito del procedimento n. 2266/2014 G.I.P. Tribunale di Roma, rappresentato e difeso dall’Avv. Saverio S D, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Saverio S D in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, n. 26;

nei confronti di

Banca d’Italia, in persona del Governatore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. Stefania Rita C e dall’Avv. Adriana Pavesi, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Banca d’Italia in Roma, via Nazionale, n. 91;
Security Service s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea A, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Andrea A in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;
Security Service Sistemi s.r.l., appellata non costituita;
Securitalia Servizi Fiduciari s.p.a., appellata non costituita;
Securitalia s.p.a., appellata non costituita;
Fabio Nasetti, Fabio Vincenti, Alessandro Cavallo, Daniele Caivano, Andrea Pace, Marco Pace, Fabio Penna, Antonio Fabiani, Fabrizio Graziani, Fabio Vendittelli, Marco Valerio Domenica, Marco Bonifazi, Fabio Prearo, Sergio Perna, Pier Paolo Pignani, Danilo Di Prospero, Mauro Marconi, Luciano Ielapi, Michele La Rotonda, Tiberio Borrelli, Mario Faggi, Clemente Tornincasa, Marco Di Cintio, Natale Barresi, Fabio Lombardo, Alberto Marinangeli, Alessandro Benedetti, Francesco Taranto, Giuseppe Freda, Luca Carboni, Pierluigi Spelta, Luis Rosario Bordura, Giuseppe Di Maio, Giorgio Asquini, Fabio Petrelli, Sabino Ieva, Pompeo Santopietro, Danilo La Forgia, Roberto Marinangeli, Stefano Enrico Vito, Marco Strano, Daniele Ceccolini, Daniele Chica, appellati non costituiti;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 05202/2015, resa tra le parti, concernente informativa interdittiva antimafia


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e della Banca d’Italia e di Security Service s.r.l.;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

visto l’art. 52, commi 1 e 2, del d. lgs. 196/2003;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 luglio 2015 il Cons. M N e uditi per le parti gli avvocati T, P, S D, A, C e dello Stato Soldani Agnese;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Prefettura della Provincia di Roma, con provvedimento n. 234639/Area I bis OSP del 16.10.2014, ha adottato una informativa interdittiva antimafia nei confronti degli -OMISSIS--OMISSIS- e -OMISSIS-, nella qualità di controllante, in quanto riconducibili alla gestione di -OMISSIS-, quale amministratore di fatto, ritenuto quale prestanome e longa manus ddi -OMISSIS-, personaggio di notevole spessore criminale legato alla tristemente nota “Banda della Magliana”.

2. L’odierna appellata, -OMISSIS-, ha impugnato avanti al T.A.R. Lazio tale informativa insieme con tutti gli atti, presupposti e correlati, e in particolare con il conseguente atto di esclusione dalla gara per l’affidamento dei servizi di vigilanza degli edifici dell’Amministrazione Centrale della Banca d’Italia in Roma e del Centro Donato Menichella in Frascati, chiedendone l’annullamento e il conseguente risarcimento dei danni.

3. La ricorrente, in primo grado, ha dedotto quattro motivi di illegittimità dei provvedimenti impugnati:

a) la violazione degli artt. 84, 91, 94 e 95 del d. lgs. 159/2011 nonché per difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei fatti, poiché l’informativa avrebbe ritenuto il condizionamento mafioso sulla base di condanne, riportate da -OMISSIS-, del tutto estranee a contesti e dinamiche mafiose;

b) la violazione degli artt. 84, 91, 94 e 95 del d. lgs. 159/2011 e l’eccesso di potere, poiché l’informativa avrebbe erroneamente qualificato -OMISSIS- come amministratore di fatto, mentre egli tale non è;

c) la violazione e la falsa applicazione delle disposizioni di cui al d. lgs. 159/2011, con particolare, anche se non esclusivo, riferimento agli artt. 84, 91, 94 e 95, la violazione e la falsa applicazione del Protocollo d’intesa sottoscritto tra l’Autorità Nazionale Anticorruzione e il Ministero dell’Interno, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 24, 41 e 97 Cost., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 14 e del protocollo numero 12 articolo 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) (divieto di discriminazione), la violazione e la falsa applicazione degli artt. 17 e 18 CEDU (divieto dell’abuso di diritto), l’eccesso di potere per difetto di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza, il difetto di istruttoria e di motivazione, la contraddittorietà manifesta, il travisamento di atti e fatti, l’erroneità e il difetto dei presupposti, lo sviamento e la manifesta ingiustizia;

d) la violazione di legge e, in particolare, degli artt. 7 e ss. della l. 241/1990, la violazione degli art. 21- bis , 21- quinquies e 21- nonies della l. 241/1990 e dei principi in materia di revoca/annullamento degli atti amministrativi, l’illegittimità derivata, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 94 e 95 del d. lgs. 159/2011, l’eccesso di potere per difetto di presupposto, per difetto di istruttoria, per contraddittorietà e per logicità manifesta, il difetto assoluto di motivazione.

4. Si sono costituite in primo grado le Amministrazioni, odierne appellanti, che hanno depositato la documentazione relativa all’istruttoria che ha condotto all’adozione dell’informativa nonché la nota della Guardia di Finanza prot. n. 487975 dell’11.11.2014, pur successiva all’informativa.

5. Gli atti prodotti a corredo dell’informativa sono stati impugnati dalla ricorrente con tre motivi aggiunti.

6. Sono intervenuti ad adiuvandum avanti al T.A.R. alcuni dipendenti della società ricorrente.

7. Si è costituita nel primo grado di giudizio Security Service s.r.l., che ha chiesto il rigetto del ricorso.

8. Si è costituita anche Sicuritalia s.p.a., che ha chiesto il rigetto del ricorso.

9. Si è costituita, altresì, la Banca d’Italia per chiedere anche essa il rigetto del ricorso.

10. Il T.A.R. Lazio, con la sentenza n. 5202 del 9.4.2015, ha accolto il primo motivo del ricorso, ritenendo che gli elementi posti a sostegno dell’informativa non avessero il carattere dell’attualità, nonostante la sentenza di condanna, per il delitto di usura, pronunciata dal Tribunale di Roma nei confronti di -OMISSIS-, per fatti risalenti al 2001-2003, e ha annullato gli atti impugnati, respingendo tuttavia la domanda risarcitoria proposta in primo grado da -OMISSIS-.

11. Avverso tale sentenza hanno proposto appello principale il Ministero dell’Interno, la Prefettura di Roma e l’Autorità Nazionale Anticorruzione, e ne hanno chiesto, previa sospensione, la riforma, con conseguente rigetto del ricorso proposto in primo grado.

11.1. Si è costituita l’appellata -OMISSIS-, domandando di respingere l’appello principale e proponendo, a sua volta, appello incidentale, volto a censurare le parti della sentenza a lei sfavorevoli, e riproponendo, altresì, i motivi non esaminati dal primo giudice.

12. Si è costituita anche la Banca d’Italia, proponendo appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello principale delle Amministrazioni, appellanti principali, in relazione all’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara conseguente all’informativa prefettizia.

13. Si è costituita, infine, Security Service s.r.l. per aderire all’appello principale.

14. Nella camera di consiglio del 18.6.2015, fissata per l’esame della domanda cautelare, la causa è stata rinviata, per la sollecita trattazione del merito, all’udienza pubblica del 16.7.2015.

15. Nella pubblica udienza del 16.7.2015 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

15.1. Lo stesso 16.7.2015 si è costituito il dott. Donato Pezzuto, quale amministratore giudiziario di -OMISSIS-, nominato dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma.

16. L’appello principale, proposto dal Ministero dell’Interno, della Prefettura di Roma e dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, è fondato e va accolto.

17. Il primo giudice ha fondato la sua propria statuizione annullatoria sul convincimento che « in assenza di indizi seri, precisi e concordanti, oggettivamente riscontrabili, che, secondo l’esperienza comune, assumono un significato univoco nel senso di ritenere ancora attualmente sussistenti rapporti tra il -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS-, l’interdittiva antimafia, risulta illegittima, per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti » (p. 11 della sentenza impugnata).

17.1. Secondo il T.A.R. capitolino, in altri termini, difetterebbe all’informativa la indispensabile connotazione dell’attualità, non rilevando in contrario la data, ben successiva, di adozione della sentenza penale che ha definito il relativo giudizio di primo grado, peraltro appellata.

17.2. Ciò che assume rilevanza, ha affermato il primo giudice, è il periodo in cui sono stati consumati i fatti-reato, oggetto di condanna e anche solo di esame e di valutazione da parte del giudice penale.

18. Una simile lettura del dato normativo in materia, tuttavia, non convince perché conduce ad una interpretatio abrogans dell’art. 84, comma 4, del d. lgs. 159/2011 e del valore estrinseco che alle sentenze di condanna, anche non definitive, tale disposizione assegna.

18.1. Valga qui osservare che, a mente dell’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. 159/2011, le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva, di cui al comma 3, sono desunte, fra l’altro, « dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli articoli 353, 353- bis , 629, 640- bis , 644, 648- bis , 648- ter del codice penale, dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3- bis , del codice di procedura penale e di cui all’articolo 12- quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 ».

18.2. Ora ben può desumere e bene ha desunto l’autorità prefettizia tali elementi dalla sentenza del Tribunale penale di Roma che, pur intervenuta nel 2013 e ancorché oggetto di impugnazione, ha condannato -OMISSIS- per il delitto di cui all’art. 644 c.p.

18.3. Ritenere che tale sentenza sia irrilevante, soltanto perché ha ad oggetto fatti risalenti nel tempo, significa introdurre un elemento della fattispecie – l’attualità del fatto di reato, oggetto di condanna – che non è contemplato dalla disposizione, la quale si limita a prevedere che la condanna per uno dei delitti-spia, quale che sia il tempo in cui è intervenuta, debba essere presa in considerazione dal Prefetto ai fini del rilascio dell’informativa.

18.4. Diversamente ragionando, del resto, si perviene alla paradossale conseguenza che i tempi dell’accertamento dibattimentale, nella pienezza del contraddittorio, tornano a favore e non in danno del soggetto condannato, ancorché in via definitiva.

18.5. Ove si seguisse un simile ordine di idee, infatti, quanto più si dilatano i tempi dell’accertamento dibattimentale e aumenta la distanza, sul piano cronologico, della condanna dalla commissione dei fatti, tanto più irrilevante diverrebbe l’incidenza della condanna sulla valutazione degli elementi di permeabilità mafiosa dell’impresa, trascurandosi però, in questo modo, di considerare che è spesso la complessità dei fatti e la molteplicità delle parti (e, non di rado, l’impiego di strategie processuali dilatorie), nei processi relativi alla criminalità organizzata di stampo mafioso o a reati connessi a tale tipo di criminalità, a condizionare pesantemente l’accertamento dibattimentale e la lunghezza del giudizio.

18.6. Tale lunghezza, con la conseguente sopravvenienza della condanna anche a notevole distanza di tempo dai fatti accertati, non può rendere irrilevante la sentenza di condanna, ai fini di cui all’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. 159/2011, nella valutazione del Prefetto, per il quale la condanna è un elemento attuale , ancorché intervenuta dopo molti anni dai fatti di reato, da cui egli desume gli elementi per valutare il pericolo di condizionamento mafioso.

19. Altra e più complessa questione investe, naturalmente, l’apprezzamento che il Prefetto compie della sentenza e, cioè, il valore intrinseco che il contenuto della sentenza assume nella valutazione discrezionale compiuta dall’autorità.

19.1. E qui si deve aver riguardo al disposto dell’art. 93, comma 4, del d. lgs. 159/2011, secondo cui il Prefetto, acquisita la relazione del gruppo interforze, « valuta se dai dati raccolti possano desumersi, in relazione all’impresa oggetto di accertamento e nei confronti dei soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa stessa, elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4 ed all’articolo 91, comma 6 ».

19.2. La sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Roma l’8.11.2013, nel condannare -OMISSIS- per il delitto di usura p. e p. dall’art. 644 c.p., lo dipinge « come un fiduciario del -OMISSIS-, “testa di paglia” privo di pregiudizi alla qual intestare i cespiti che altri avrebbero dovuto di fatto gestire, presenza utile non solo perché privo di pregiudizi e di “storia criminale” pregressa ma anzi – trattandosi di figlio di noto uomo politico – il più adatto per accreditare i sodali nei rapporti con i terzi, in primis con le banche » (pp. 39-40).

19.3. Il T.A.R. ha ritenuto che i contatti tra il -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS-, legata all’organizzazione criminale tristemente nota della Banda della Magliana, non possano essere più attuali sia per il mero decorso del tempo, risalendo a dieci anni addietro i fatti per i quali è intervenuta la condanna, sia per il rilievo che già nel 2004 il G.I.P. presso il Tribunale di Roma, nel rigettare, con l’ordinanza n. 5439 del 9.11.2004, la richiesta di custodia cautelare in carcere formulata nei confronti, tra gli altri, proprio di -OMISSIS-, osservava che, sulla base delle intercettazioni telefoniche, era emersa con estrema chiarezza la precisa volontà del -OMISSIS- di interrompere qualsiasi contatto e cointeressenza con la famiglia -OMISSIS-.

20. Nessuno dei due elementi, tuttavia, può ritenersi decisivo per escludere l’attualità dei contatti tra -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS-.

20.1. Quanto al primo, relativo al mero decorso del tempo, questa Sezione ha costantemente affermato (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. III, 23.1.2015, n. 305) il principio di diritto secondo cui l’interdittiva può fondarsi, oltre che su fatti recenti, anche su fatti più risalenti nel tempo, quando tuttavia dal complesso delle vicende esaminate, e sulla base degli indizi (anche più risalenti) raccolti, possa ritenersi sussistente un condizionamento attuale dell’attività dell’impresa.

20.2. Se dall’esame dei fatti più recenti non esce confermata l’attualità del condizionamento, pur ipotizzabile sulla base dei fatti più risalenti, l’informativa deve essere annullata (Cons. St., sez. III, 13.3.2015, n. 1345).

20.3. Ora l’esame della sentenza penale, effettuato dall’interdittiva, dimostra che il Prefetto ha ritenuto attuale il legame esistente tra il -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS- e, cioè, non interrotto, ma perdurante il rapporto di collaborazione e di cointeressenza economica descritto, seppure per affermarne la responsabilità penale in ordine a specifici fatti contestatigli, nella sentenza penale stessa, al punto che il provvedimento prefettizio, recependo le motivazioni del giudice penale, non esita a definire -OMISSIS- quale longa manus della famiglia -OMISSIS-.

20.4. L’informativa, sulla base degli elementi istruttori raccolti e delle motivazioni contenute nella sentenza penale, ha ritenuto in altri termini attuale tale stretto legame di collaborazione/dipendenza del -OMISSIS- rispetto alla famiglia -OMISSIS- e concreto, quindi, il pericolo di condizionamento mafioso da parte di tale famiglia su -OMISSIS- per il tramite del -OMISSIS-.

20.5. La circostanza che tale rapporto sia emerso solo in occasione dei fatti contestati nel periodo tra il 2001 e il 2003, oggetto del giudizio penale, nulla toglie all’attualità di tale rapporto, quale descritta dalla stessa sentenza penale e recepita dall’autorità prefettizia.

20.6. Né alla saldezza di tali legami sottrae attualità il provvedimento del G.I.P., sopra menzionato e risalente ad un’epoca immediatamente successiva ai fatti (2004), poiché tale provvedimento si limita a chiarire solo che la precedente attività delittuosa del -OMISSIS- si è interrotta non per resipiscenza, ma per puro calcolo di mera opportunità, e che « le condotte criminose realizzate dal -OMISSIS- siano state episodi, certamente negativi e gravi, connotati da elevata pericolosità, non proseguiti ulteriormente, anche a causa delle misure cautelari adottate nei confronti dei complici e dei soggetti per i quali operava ».

20.7. La volontà di interrompere il sodalizio criminoso, per ragioni opportunistiche o, finanche, per una pur legittima strategia processuale volta a separare le sue sorti da quelle degli altri – all’epoca – coindagati e arrestati, non significa però che i legami economici tra -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS- siano stati rescissi e il duraturo rapporto di collaborazione/subordinazione tra il primo e la seconda sia venuto meno.

21. La società ricorrente, in primo grado, non ha fornito elementi tali da far ritenere spezzato il legame di cointeressenza economica tra -OMISSIS-, che agiva indisturbato da occulto dominus all’interno della cooperativa appellata, e la famiglia -OMISSIS- – al di là del provvedimento del G.I.P., sopra citato, che tuttavia non rileva a tal fine – essendosi limitata a contestare l’assenza di attualità per il semplice decorso del tempo dai fatti.

21.1. Ma questo argomento non è probante, non solo perché il mero decorso del tempo è in sé un elemento neutro, che non smentisce, da solo, la persistenza di legami, vincoli e sodalizi e comunque non dimostra, da solo, l’interruzione di questi, se non corroborato da ulteriori e convincenti elementi indiziari, ma anche perché trascura di considerare che l’infiltrazione mafiosa, per la natura stessa delle organizzazioni criminali dalle quali promana e per la durezza e, insieme, durevolezza dei legami che esse instaurano con il mondo imprenditoriale, ha una stabilità di contenuti e, insieme, una mutevolezza di forme, economiche e giuridiche, capace di sfidare il più lungo tempo e di occupare il più ampio spazio possibile.

21.2. Proprio le vicende esaminate dalla sentenza del Tribunale penale di Roma, per quanto oggetto di appello e tuttora sub iudice , lo dimostrano.

22. A nulla rileva, d’altro canto, che tale sentenza penale abbia escluso, per tali specifiche vicende, l’aggravante di cui all’art. 7 della l. 203/1991 (pp.

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