Consiglio di Stato, sez. III, sentenza breve 2022-03-29, n. 202202322
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Pubblicato il 29/03/2022
N. 02322/2022REG.PROV.COLL.
N. 00551/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 551 del 2022, proposto dal Ministero dell'Interno e dall’U.T.G. - Prefettura di Roma, in persona dei rispettivi rappresentanti legali
pro tempore
, rappresentati e difesi
ex lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
la signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato E S D L H, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Machiavelli, n. 25;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma (Sezione Prima), n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2022 il Cons. G T, udito l’Avvocato dello Stato Lorenzo D'Ascia e vista l'istanza di passaggio in decisione depositata dall'avvocato E S D L H;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1. Con sentenza n. -OMISSIS-, pubblicata il-OMISSIS-, il T.A.R. del Lazio ha accolto il ricorso proposto dalla appellata per l'annullamento del provvedimento del Ministero dell'Interno – Prefettura di Roma di rigetto dell'istanza di concessione della cittadinanza italiana prot. -OMISSIS-
Con ricorso in appello notificato il 21 gennaio 2022, e depositato il successivo 24 gennaio, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Roma hanno impugnato l’indicata sentenza.
Si è costituita in giudizio la signora -OMISSIS-, chiedendo che l’appello fosse dichiarato irricevibile per tardività, e comunque infondato.
Alla camera di consiglio del 3 marzo 2022, fissata per l’esame della domanda cautelare, sentite le parti presenti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione.
2. Preliminarmente il Collegio ritiene che la causa possa essere decisa con sentenza in forma semplificata all’esito della camera di consiglio fissata per l’incidente cautelare, in ragione della ritualità delle modalità di instaurazione del contraddittorio e della superfluità di ogni ulteriore istruzione.
3. Deve essere esaminata anzitutto l’eccezione d’irricevibilità sollevata dalla parte appellata, la quale ha dedotto che “ l'Amministrazione era già pienamente a conoscenza della sentenza impugnata già in data 17.08.2021, giorno in cui depositava memoria nelle more del procedimento di correzione dell'errore materiale ”.
Secondo tale prospettazione la conoscenza della sentenza nell’ambito del procedimento di correzione dell’errore materiale (in primo grado), desunta (non dalla notifica dell’istanza di correzione, ma) dal deposito di documentazione nell’ambito di tale procedimento, avrebbe comportato l’effetto di far decorrere in termine breve d’impugnazione.
In fatto, come accennato, risulta che l’appello è stato notificato il 21 gennaio 2022 e depositato il successivo 24 gennaio;la sentenza di primo grado è stata pubblicata il-OMISSIS-.
4. Ad avviso del Collegio l’eccezione è infondata.
La mera conoscenza della sentenza sfavorevole, desunta dal procedimento di correzione dell’errore materiale, non ha l’effetto di far decorrere il c.d. termine breve.
Come rilevato da questo Consiglio di Stato (sezione VII, sentenza n. 1464/2022), “ nel nostro sistema processuale permane il tradizionale istituto, di natura privatistica, della notificazione della sentenza a cura della parte interessata, ai fini della decorrenza di un termine "breve" (artt. 325 e 326 cod. proc. civ.;art. 92 c.p.a.). Si tratta di un istituto che attribuisce alla parte un vero e proprio "diritto potestativo" di natura processuale, cui corrisponde una mera soggezione dell’altra parte, che nulla è tenuta a fare e nulla può fare per opporsi all’effetto giuridico perseguito dall’autore dell'atto stesso. Attraverso la notificazione della sentenza, infatti, la parte ha il potere di operare un mutamento della situazione giuridica dell’altra parte (che diviene soggetto passivo dell’attività processuale altrui), assoggettandola - secondo una sua scelta di convenienza - ad un termine di impugnazione più breve di quello altrimenti previsto. In particolare, la parte ha il potere, mediante la notificazione della sentenza effettuata nelle forme prescritte di circoscrivere, in funzione sollecitatoria e acceleratoria, l’esercizio del potere di impugnazione dell’altra parte (destinataria della notifica) entro il termine breve previsto dall’art. 92 c.p.a. ”.
Nel caso di specie non è stata manifestata la volontà di esercitare tale diritto: né essa può essere desunta aliunde , come accennato, in quanto la richiamata disciplina ricollega l’effetto dell’abbreviazione del termine non alla mera conoscenza dell’adozione della sentenza (comunque risultante dal regime della pubblicazione della stessa), ma alla precisa volontà della parte non soccombente (qui non manifestata) di sollecitare la riduzione dei tempi di un eventuale gravame.
5. Del resto, come ha chiarito la citata sentenza di questo Consiglio di stato n. 1464/2022, la correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza di primo grado può avere rilevanza in relazione alla decorrenza del termine per impugnare solo qualora “ l'errore corretto sia tale da ingenerare un dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero, quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato ”.
Nessuna di queste ipotesi si è verificata nel caso di specie, essendo il procedimento di correzione relativo alla distrazione in favore del procuratore antistatario delle spese del giudizio.
6. Venendo all’esame del merito, il T.A.R. ha accolto il ricorso perché il provvedimento di rigetto dell’istanza di concessione della cittadinanza è stato adottato senza la preventiva comunicazione ex art. 10 -bis della legge n. 241 del 1990, e senza che tale difetto di comunicazione potesse ritenersi sanato ai sensi dell’art. 21 -octies della stessa legge: “ Tale omissione è illegittima, dovendosi rilevare che il D.L. 16 luglio 2020, n. 76 (G.U. 16/07/2020, n.178) – applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di giudizio - ha disposto, con l'art. 12, comma 1, lettera i), la modifica dell'art. 21-octies, comma 2, precisando che la disposizione di cui al secondo periodo dell’art. 21-octies della medesima L. nr. 241/1990 non si applica al provvedimento adottato in violazione dell'articolo 10-bis ”.
7. Le parti appellanti deducono in proposito l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha accolto l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse del ricorso di primo grado, in ragione dell’affermata natura non provvedimentale dell’atto impugnato: “ la tesi difensiva basata sul richiamo all’art. 21 octies è stata sviluppata in primo grado solamente in via subordinata, per l’ipotesi in cui il TAR avesse inteso attribuire alla mancata accettazione dell’istanza valore di provvedimento di rigetto. Sulla mancanza di valore provvedimentale dell’atto impugnato, però, il TAR non ha preso posizione, ritenendo erroneamente che la Prefettura abbia omesso di comunicare il preavviso di rigetto in virtù dell’art. 21 octies L. 241/1990. In realtà, il rifiuto per cui è causa costituisce atto non impugnabile, e il TAR avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del ricorso ”.
8. In relazione a tale thema decidendum , la tesi delle parti appellanti, nel senso della qualificazione come mero atto endoprocedimentale del rifiuto impugnato, è argomentata con riferimento al fatto che “ il Ministero dell’Interno ha attivato il Portale di Alimentazione delle Domande (ALI), al quale affluiscono le domande di cittadinanza presentata in via telematica, secondo precise modalità. Tali istanze sono sottoposte ad una verifica preliminare per accertare la correttezza e integrità delle dichiarazioni e dei documenti richiesti, nonché la sussistenza dei requisiti previsti per la presentazione dell’istanza, prima che la stessa venga acquisita nel sistema informatizzato della cittadinanza (CIVES), nell’ambito del quale viene svolta l’attività istruttoria. Al fine di ridurre i tempi di attesa per il rilascio dei provvedimenti di concessione della cittadinanza e agevolare l’istruttoria delle domande prima dell’avvio del relativo procedimento, il sistema prevede una specifica funzione che consente di non accettare nel sistema ALI le istanze non idonee perché prive di uno o più elementi da sottoporre al vaglio istruttorio, restituendo un esito che dà conto della motivazione della mancata accettazione della domanda, anche al fine di consentire all’interessato di apportare le necessarie integrazioni e proporre una nuova istanza ”.
9. Deduce in contrario la parte appellata che “ l’Amministrazione nel caso de quo avrebbe dovuto avviare un confronto con l'istante, attraverso l’esternazione delle motivazioni che potevano e dovevano essere enucleate nel preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis della L. 241/90, come giustamente ha rilevato il giudice di prime cure. Invero, se l'Amministrazione inviando il preavviso di rigetto avesse comunicato all'odierna ricorrente che non si poteva accogliere la sua istanza di cittadinanza in quanto non aveva maturato i dieci anni di residenza, l'istante avrebbe potuto dimostrare che così non era. Detto in altro modo, l'automatizzazione del processo di acquisizione delle domande di cittadinanza ad opera della circolare del Ministero dell'Interno prot. 2646 del 22.03.2019 è illegittima perché lascia completamente indifeso l'istante che non può intervenire in alcun modo nel procedimento che lo riguarda. E' ipocrita affermare che l'interessato può presentare di nuovo l'istanza, anche immediatamente, quando gli automatismi descritti produrrebbero sempre e comunque il medesimo effetto deleterio di dichiarazione di inammissibilità della stessa ”.
10. In fatto, l’odierna appellata ha impugnato con il ricorso di primo grado la “comunicazione” in data 19 marzo 2021 con cui la Prefettura di Roma ha segnalato che si procede a “rifiuto” della domanda per mancanza del requisito della residenza legale (specificato mediante rinvio agli accertamenti anagrafici).
La comunicazione precisa che “ a seguito di tale rifiuto è possibile presentare una nuova domanda online, una volta superato l’elemento ostativo sopraevidenziato, riutilizzando documentazione non scaduta nonché contributo e marca da bollo già pagati ”.
11. Ciò posto, la dialettica processuale ha come unico dato incontroverso quello della possibilità per l’interessato di partecipare al procedimento, presentando la documentazione che consenta di superare l’iniziale rilievo di fattori ostativi al conseguimento del provvedimento richiesto.
Secondo le parti appellanti tale documentazione deve consistere in una nuova istanza, integrata nel senso dell’apporto di elementi che consentano di superare la precedente segnalazione ostativa al prosieguo del procedimento.
Secondo l’appellata, invece, la partecipazione procedimentale dovrebbe svolgersi, nell’ambito del medesimo procedimento, nelle forme della comunicazione ex art. 10 -bis della legge n. 241 del 1990, cui segue una memoria esplicativa dell’istante.
12. Osserva il Collegio che, così definita la fattispecie, la disputa si riduce alla verifica dell’equipollenza funzionale delle forme procedimentali.
Nel caso di specie, risulta condivisibile la prospettazione delle amministrazioni appellanti, secondo la quale tale equivalenza funzionale è stata disposta dall’art. 3 -bis (inserito dall'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, come modificato dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221), comma 4, del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (recante “ Codice dell’amministrazione digitale ”), per il quale, “ A decorrere dal 1° gennaio 2013, salvo i casi in cui è prevista dalla normativa vigente una diversa modalità di comunicazione o di pubblicazione in via telematica, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato, anche ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, senza oneri di spedizione a suo carico. Ogni altra forma di comunicazione non può produrre effetti pregiudizievoli per il destinatario. L'utilizzo di differenti modalità di comunicazione rientra tra i parametri di valutazione della performance dirigenziale ai sensi dell'articolo 11, comma 9, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 ”.
Trattandosi di una procedura attivabile con la piattaforma digitale, la segnalazione dell’insussistenza di un elemento necessario per la favorevole conclusione del procedimento ha pertanto natura non provvedimentale, in quanto sollecita l’interessato ad una collaborazione procedimentale, mediante l’inserimento di una nuova istanza (integrata), che consenta di superare il rilevato profilo ostativo.
13. Una simile modalità organizzativa replica, in modalità digitale, lo schema (garantista) di cui all’art. 10 -bis della legge n. 241/1990.
Il riconoscimento della natura non provvedimentale della segnalazione della mancanza di un elemento necessario ha peraltro per il cittadino il vantaggio di non onerarlo dell’impugnazione di tale comunicazione telematica (proprio perché essa non determina, se non a seguito della scelta dell’istante di non darvi seguito – verosimilmente perché il rilievo dell’amministrazione non è suscettibile di superamento – un rifiuto definitivo).
14. Nondimeno, i processi di digitalizzazione, e l’applicazione agli stessi della disciplina del processo amministrativo, in ragione della strumentalità del mezzo rispetto al fine, non possono risolversi in un depotenziamento delle garanzie per il cittadino, ma semmai in una velocizzazione degli stessi che non penalizzi o riduca l’esercizio delle facoltà partecipative.
È pertanto necessario, per scongiurare che la soluzione così raggiunta possa risultare – come prospettato dalla parte appellata – “ipocrita”, che in concreto, e secondo un parametro di effettività, non sia maggiormente disagevole per il cittadino offrire il proprio apporto partecipativo, tendente a superare il rilievo, mediante la presentazione di una nuova istanza, integrata con gli elementi necessari a rappresentare all’amministrazione il possesso dei requisiti.
Tale elemento, non secondario, non può però apprezzarsi ex ante , ma solo all’esito dell’esercizio della relativa facoltà: id est , nell’ipotesi in cui, come prospettato dalla parte appellata, la presentazione di una nuova istanza dovesse produrre “ sempre e comunque il medesimo effetto deleterio di dichiarazione di inammissibilità della stessa ”.
15. Il ricorso in appello deve essere pertanto accolto.
In accoglimento del gravame, la sentenza impugnata va pertanto riformata nel senso della inammissibilità del ricorso di primo grado, essendo l’atto in quella sede impugnato una comunicazione priva di valore provvedimentale.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate, ai sensi degli articoli 26 del codice del processo amministrativo e 92 del codice di procedura civile, come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale, 19 aprile 2018, n. 77 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di quest'ultima disposizione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, da individuarsi nel caso di specie nella novità della questione.