Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-01-29, n. 201800598

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-01-29, n. 201800598
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800598
Data del deposito : 29 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/01/2018

N. 00598/2018REG.PROV.COLL.

N. 04509/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4509 del 2017, proposto da:
F C, rappresentata e difesa dall’avvocato M D, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Conca D' Oro N. 184/190;

contro

Regione Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato V I, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Scirè 15;

nei confronti di

L M, rappresentato e difeso dagli avvocati G C, F V, con domicilio eletto presso lo studio F V in Roma, piazza di San Bernardo 101;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA: SEZIONE I n. 00507/2017, resa tra le parti,


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Marche e di L M;

Visto l’appello incidentale proposto da L M;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2018 il Cons. R G e uditi per le parti gli avvocati V I, M D e F V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellante, dipendente di ruolo della Regione Marche con la qualifica di funzionario amministrativo esperto, categoria D3, ha partecipato al concorso bandito dallo stesso ente per la copertura di n. 13 posti di dirigente a tempo pieno e indeterminato, indetto con decreto del Segretario Generale n. 23/SGG del 25 novembre 2013, in relazione alla posizione dirigenziale n. 1 (Segreteria della Giunta regionale e attività di supporto alla segreteria generale).

All’esito delle prove, si è classificata seconda in graduatoria con un punteggio complessivo di 62,25;
il primo classificato è risultato il dottor L M, con un punteggio complessivo di 63,25.

2. Con il ricorso introduttivo proposto innanzi al T.a.r. per le Marche la ricorrente ha impugnato gli esiti della selezione, lamentando l’erronea valutazione dei titoli da parte della Commissione, che avrebbe sovrastimato quelli posseduti dal controinteressato e sottostimato quelli dalla stessa posseduti, con conseguente erronea attribuzione dei relativi punteggi.

3. Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato, altresì, il verbale della Commissione n. 26 del 19 settembre 2016, con cui quest’ultima, in parziale accoglimento dei rilievi formulati dall’interessata, ha riesaminato i titoli di entrambi i candidati in autotutela.

Più in dettaglio, l’Amministrazione ha accolto il rilievo della dottoressa C inerente al punteggio attribuito al controinteressato per il periodo di lavoro svolto nell’ultimo decennio (censura sub 1 che precede), provvedendo quindi a ridurlo in maniera corrispondente, con la conseguenza che la relativa doglianza deve ritenersi superata.

Sempre in sede di riesame, l’Amministrazione ha provveduto ad incrementare di 3 punti il punteggio assegnato al dottor M e di 1 punto quello attribuito alla ricorrente per l’attività svolta da entrambi in qualità di avvocato.

3. La dottoressa C, tuttavia, ha contestato tali attribuzioni, ritenendo, da un lato, che l’attività svolta dal controinteressato come avvocato non sarebbe dimostrata, atteso che, per il periodo considerato, risulterebbe la sola iscrizione all’albo, e che, in ogni caso, il punteggio andrebbe diminuito in ragione sia della situazione di incompatibilità con l’attività di pubblico dipendente, sia della non esclusività dell’attività libero-professionale, anch’essa presumibilmente svolta in part-time. La ricorrente, inoltre, ha lamentato l’omessa attribuzione, nei propri confronti, del punteggio corrispondente al periodo di attività libero-professionale dal 6 ottobre 1994 al 6 marzo 1997 e ad altri titoli da ella posseduti.

In subordine, la dottoressa C ha contestato la legittimità dell’art. 9, comma 2, lettera B), n. 3, del bando, che irragionevolmente limiterebbe ad 1 il punteggio massimo attribuibile per le abilitazioni professionali, il che non avrebbe consentito di considerare favorevolmente quella all’insegnamento in materie giuridiche ed economiche dalla stessa conseguita.

4. Con il secondo ricorso per motivi aggiunti, depositato nel giudizio di primo grado in data 25 ottobre 2016, la ricorrente ha impugnato il decreto di approvazione della graduatoria adottato dal Segretario Generale della Regione Marche n. 32 del 30 settembre 2016, censurandolo per illegittimità derivata dai vizi degli atti della procedura concorsuale precedentemente gravati.

5. Con atto depositato nel giudizio di primo grado in data 29 novembre 2016 il dottor L M ha proposto ricorso incidentale contestando sotto distinti profili l’operato della Commissione, con particolare riferimento alla decurtazione del punteggio operata nei propri confronti all’esito del riesame e all’erronea attribuzione di punteggio in favore della ricorrente per i periodi lavorativi inferiori a quindici giorni, in violazione di quanto stabilito dal bando e dall’art. 3, comma 3, dell’allegato B alla DGR n. 1353 del 2013, e per la pubblicazione, non avente carattere scientifico ma di mera collaborazione.

6. Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe, il T.a.r. per le Marche ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse;
ha respinto entrambi i ricorsi per motivi aggiunti;
ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto dal dottor M per carenza di interesse.

7. Per ottenere la riforma di tale sentenza ha proposto appello principale la dottoressa C.

8. Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello la Regione Marche e il dottor M.

9. Quest’ultimo ha anche proposto appello incidentale, riproponendo le censure del ricorso incidentale dichiarato inammissibile dalla sentenza di primo grado.

10. Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.

11. L’appello principale non merita accoglimento.

12. Il primo motivo di appello principale contesta la valutazione a favore del dottor M dell’attività libero-professionale svolta come avvocato dal 2001 al 2007.

Il motivo è infondato in quanto: a) l’attività era stata indicata nel curriculum professionale;
b) l’autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza non era necessaria in quanto fino al triennio successivo all’entrata in vigore della legge 339/2013 (2.12.2016) l’attività libero-professionale di avvocato era consentita, senza bisogno di autorizzazione, ai dipendenti pubblici in part-time al 50%;
c) nel periodo dal 2.12.2016 al 14.10.2007 l’iscrizione è stata mantenuta con riserva in attesa della pronuncia della Corte costituzionale che ha poi confermato la legittimità della legge 339/03. Questo periodo (come già rilevato in primo grado dal T.a.r.) andrebbe non considerato, con conseguente decurtazione di 0,25 punti, decurtazione, tuttavia, irrilevante per modificare le relative posizioni. Rispetto a questo profilo, pertanto, il motivo è inammissibile per difetto di interesse, in quanto la ricorrente non supera la c.d. prova di resistenza.

13. Il secondo motivo di appello principale contesta la valutazione del titolo di ufficiale di complemento (per il quale al M è stato attribuito un punto).

Anche questo motivo è infondato in quanto: a) il periodo svolto come ufficiale di complemento sebbene non indicato nel curriculum era comunque dichiarato nell’allegato alla domanda (e come rileva il T.a.r. domanda e curriculum allegato vanno valutati unitariamente);
b) la valutazione della commissione sulla pertinenza del servizio rispetto alla qualifica acquisibile per effetto del concorso risulta condivisibile e ragionevole e resiste, pertanto, alle censure mosse dalla ricorrente.

14. Il terzo motivo contesta la mancata valutazione di alcuni titoli a favore della C.

Si tratta in particolare:

a) dell’attività svolta come avvocato dal 1994 al 1997: il motivo è, tuttavia, infondato perché la ricorrente non era iscritta nel relativo albo e, dunque, non poteva legittimamente svolgere attività di avvocato;

b) di alcune esperienze professionali per le quali avrebbe avuto solo 0,50 punti: anche questa censura è infondata, essendo il punteggio dal fatto che esse corrispondono a solo due semestri;

c) del corso di perfezionamento scientifico in diritto dell’U.E.: motivo anch’esso infondato, in quanto il corso non rientra tra i titoli per i quali il bando prevedeva l’attribuzione di un punteggio.

15. La ricorrente contesta poi il fatto che il bando limitasse ad n. 1 punto il punteggio massimo per le abilitazioni professionali (impedendo alla ricorrente di far valere anche l’abilitazione all’insegnamento). La censura non ha pregio: si tratta di scelta discrezionale compiuta dall’Amministrazione in sede di redazione del bando che non presenta profili di illogicità o contraddittorietà. Essa, pertanto, sfugge alle censure delle ricorrente, che sotto questo profilo sollecitano un sindacato sostitutivo, finendo per sconfinare nel merito della valutazione amministrativa.

16. Al rigetto dell’appello principale consegue l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’appello incidentale proposto dal M.

La complessità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese del giudizio.

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