Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-07-28, n. 201603415

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-07-28, n. 201603415
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201603415
Data del deposito : 28 luglio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/07/2016

N. 03415/2016REG.PROV.COLL.

N. 09400/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9400 del 2014, proposto da:
B S Q, rappresentato e difeso dall'avv. M M, con domicilio eletto presso Riccardo Delli Santi in Roma, Via Monserrato N. 25;



contro

Comune di Bernalda, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. F G, A L, con domicilio eletto presso A. Placidi in Roma, Via Cosseria, 2; Regione Basilicata;



nei confronti di

A R, M A R, C R, G R;



per la riforma della sentenza del T.A.R. della BASILICATA – Sede di POTENZA - SEZIONE I n. 00420/2014, resa tra le parti, concernente occupazione terreni per opere di pubblica utilità – risarcimento dei danni

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bernalda;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 giugno 2016 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Stancanelli (per delega di Margiotta) e Gallipoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 420/2014 il Tribunale amministrativo regionale della Basilicata – Sede di Potenza - ha respinto il ricorso proposto degli odierni appellanti B S Q, A R, M A R, G R e C R, volto ad ottenere l'accertamento dell’illiceità dell’occupazione del terreno di loro pertinenza, sito nella Contrada Matine Angelica del Comune di Bernalda, foglio di mappa n. 4, particella originaria n. 163, per mancata emanazione del decreto di espropriazione entro il termine finale di 5 anni nonché la condanna alla restituzione dell’area, previa riduzione in pristino e risarcimento per il danno patito per l’effetto dell’occupazione ed utilizzazione illegittima a far data dalla scadenza del periodo di occupazione legittima fino alla cessazione dell’illecita occupazione, oltre interessi ed accessori come per legge, o, in via subordinata, la condanna al risarcimento per equivalente;

2. Il Comune di Bernalda si era costituito chiedendo la reiezione del ricorso in quanto infondato ed in via riconvenzionale la declaratoria di intervenuta usucapione ventennale dell’area.

3. Il T.a.r., dopo avere analiticamente ricostruito –anche sotto il cronologico – le più salienti tappe del risalente contenzioso, inizialmente proposto, con atto di citazione del 2.5.2001 innanzi al Giudice ordinario (che aveva declinato la propria giurisdizione) ha in via preliminare:

a) ribadito la sussistenza della giurisdizione del Plesso giurisdizionale amministrativo sulla controversia;

b) rammentato che a seguito della declinatoria di giurisdizione da parte del Giudice ordinario (sentenza n. 213 del 25.3.2003 resa dal Tribunale Civile di Matera) la odierna parte appellante aveva proposto la domanda di pagamento del “valore venale del bene nell’attuale Piano Regolatore” innanzi al medesimo Tar della Basilicata (ric. n. 493/2003, notificato il 5.11.2003);

c) rammentato che con sentenza n. 726 del 30.10.2008, passata in giudicato, il TAR aveva dichiarato inammissibile il suddetto ricorso n. 493/2003, in quanto era stata rilevata d’ufficio la nullità del ricorso medesimo, perché non sottoscritto da alcuno dei ricorrenti, ma soltanto dal loro difensore, munito di mandato generale alle liti e non di mandato speciale;

3.1. Nel merito, la impugnata sentenza ha:

a) respinto il petitum risarcitorio,in quanto, pur dovendosi convenire con la tesi secondo cui l’occupazione di un bene immobile oltre il periodo di efficacia del provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità costituisce un illecito permanente, nel caso di specie era dirimente considerare che con la suindicata sentenza n. 726 del 30.10.2008, passata in giudicato, era stata dichiarata prescritta la domanda risarcitoria, proposta con il precedente Ric. n. 493/2003, notificato il 5.11.2003 e depositato il 13.11.2003;

a1) la seconda parte della sentenza n. 726/2008 non poteva essere qualificata come un obiter dictum, in quanto ivi era stata accolta l’eccezione di prescrizione, e per tale ragione era stata disposta la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese di lite;

b) respinto altresì la domanda principale di restituzione del terreno (pure nella forma di imposizione al Comune dell’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001) a cagione della intervenuta usucapione ordinaria di 20 anni ex art. 1158 C.C.;

I) ciò in quanto con l’atto di citazione dinanzi al Tribunale di Matera del 2.5.2001, sia con il Ric. n. 493/2003, notificato il 5.11.2003 e depositato il 13.11.2003 dinanzi al TAR, era stato chiesto solo il risarcimento dei danni (e non anche la restituzione del fondo) ed in materia di espropriazione era inidonea ad interrompere il termine di usucapione ventennale una domanda giudiziale volta esclusivamente al risarcimento del danno e non al recupero del possesso del fondo;

II) il possesso continuativo senza violenza e/o clandestinità ex art. 1163 C.C. da parte del Comune di Bernalda e dell’ATER di Matera era iniziato a decorrere dal 5.11.1985 (data di rilascio dell’atto di autorizzazione di abitabilità degli alloggi di edilizia residenziale pubblica costruiti sul terreno di proprietà degli originarii ricorrenti) o quantomeno dal 27.1.1986, cioè dalla scadenza del periodo di occupazione legittima;

III) la consapevolezza di non aver ancora emanato il provvedimento di espropriazione definitiva non incideva sul cd. animus possidendi ;

c) disposto, ai sensi dell’art. 1158 C.C., il trasferimento dai ricorrenti al Comune di Bernalda del terreno foglio di mappa n. 4, particella originaria n. 163, ordinando, a spese del Comune, anche la trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Matera di tale trasferimento di proprietà.

4. La originaria parte ricorrente rimasta soccombente, ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico e, dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del contenzioso, ha dedotto che:

a) la precedente sentenza n. 726/2008 non poteva spiegare effetto di giudicato (quanto alla dichiarata prescrizione del petitum risarcitorio) in quanto l’affermazione in tal senso ivi contenuta integrava un mero obiter ;

b) l’accertamento ivi contenuto circa la nullità del ricorso introduttivo di quel giudizio era stato preliminare, pregiudiziale, ed assorbente;

c) peraltro per giurisprudenza costante l’illecita occupazione del suolo integrava illecito permanente;

d) le domande restitutorie e risarcitorie avanzate con il ricorso introduttivo del giudizio erano fondate per tabulas e dovevano essere accolte;

e) il capo di sentenza che aveva dichiarato l’intervenuta usucapione dei fondi per cui è causa era parimenti errato, in quanto:

I) esuberante dalla giurisdizione spettante al plesso giurisdizionale amministrativo: la cognizione sulla domanda riconvenzionale spiegata dal Comune di Bernalda era conoscibile unicamente dal Giudice ordinario;

II) infondato in diritto, in quanto comunque non sussistevano i presupposti per dichiarare l’intervenuta usucapione dell’area come a più riprese affermato dalla costante giurisprudenza amministrativa;

f) anche il capo di sentenza che aveva disposto il trasferimento dei fondi al Comune era meritevole di riforma in quanto, a tacere d’altro, reso in violazione del precetto di cui all’art. 112 cpc.

5. Alla camera di consiglio del 2.12.2014 fissata per la delibazione della istanza di sospensione della esecutività della impugnata decisione l’appello cautelare è stato accolto con l’ordinanza n. 05503/2014 alla stregua delle considerazioni per cui: “nei limiti della sommaria cognizione cautelare, non paiono infondate le ragioni della parte appellante, sia in relazione alla ricostruzione della vicenda, in fatto e in diritto, fatta propria dal giudice di prime cure sia in merito alle effettiva sussistenza di ragioni di danno collegate alla disposta

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