Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-08-23, n. 201905789

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-08-23, n. 201905789
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201905789
Data del deposito : 23 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/08/2019

N. 05789/2019REG.PROV.COLL.

N. 01338/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1338 del 2017, proposto da
Professional Security S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato P L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Antonelli 15;

contro

Acea S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F C e G L P, con domicilio eletto presso lo studio F C in Roma, via Vittoria Colonna 32;

nei confronti

Flash &
Capitalpol S.r.l., Cesar Group Sicurezza e Servizi Integrati S.r.l., S.V.E. 2010 S.r.l. Servizi Vigilanza Europa 2010, non costituiti in giudizio;
Cosmopol Security S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento 11;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione II ter n. 11323/2016, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Acea S.p.A e di Cosmopol Security S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2018 il Cons. G G e uditi per le parti gli avvocati P L, F C e Gianluigi Pellegrino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con atto di appello notificato nei tempi e nelle forme di rito, Professional Security s.r.l., come in atti rappresentata e difesa, premetteva di aver impugnato, dinanzi al tribunale amministrativo capitolino, il bando di gara (in data 29 luglio 2016) e la pedissequa integrazione, pubblicati da ACEA s.p.a. per l’indizione di procedura evidenziale preordinata alla esecuzione dei servizi di vigilanza dei siti di Roma e Provincia, Frosinone, Terni e Latina.

Rammentava che, a sostegno del gravame, aveva lamentato (affidando le proprie ragioni di doglianza ai corrispondenti motivi, successivamente integrati per formalizzata aggiunzione):

a ) che – in asserita violazione dell’art..95, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50 – dovesse ritenersi illegittima l’opzione per il criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in luogo del minor prezzo, stante la natura standardizzata delle erogande prestazioni;

b ) che – in violazione dei principi generali e, segnatamente, dell’art.83, commi 2 e 5 d. lgs. cit. – era dato di riscontrare implausibile discordanza tra le previsioni del bando e quelle del corrispondente disciplinare, quanto alla durata del contratto ed al previsto corrispettivo (scolpita, la prima, in trentasei mesi nel bando e in ventiquattro mesi nel capitolato;
fissato il secondo, al netto dell’IVA, tra 5.300.000,00 e 7.900.000,00 euro nel bando e in 7.900.000,00, euro, comprensivi dell’eventuale rinnovo, nel capitolato): con conseguente ricaduta invalidante sull’approporzionato requisito del fatturato minimo;

c ) che – in contrasto con l’art 83, commi 1 e 2, d. lgs. cit. – era stato individuato un unico lotto, costituito da siti allocati in diverse regioni (Lazio e Umbria), con conseguente necessità, a fini partecipativi, dell’anticoncorrenziale possesso di titolo di polizia multiterritoriale;

d ) che, in analoga prospettiva critica, sarebbe stata arbitraria le scelta di accorpare, per un verso, i siti di Roma, Frosinone, Latina e Terni (quale abusiva opzione alternativa alla preconizzata suddivisione in lotti) e di sottrarre al confronto concorrenziale, per altro verso, il servizio presso il sito di Rieti.

e ) che – in allegata violazione delle disposizioni di legge relative alle caratteristiche dei servizi di polizia e di vigilanza privata – era stata illegittimamente prefigurata la commistione, ai fini della redazione dell’offerta economica, dei servizi di “ pattugliamento ” e di “ pronto intervento ” (che avrebbero dovuto essere quotati a singolo servizio non come costo orario), palesandosi siffatta genericità idonea a generare un effetto distorsivo della concorrenza e a precludere la formulazione di una offerta chiara e consapevole;

f ) che la previsione del corrispettivo dell’appalto “ comprensivo dell’eventuale rinnovo ” fosse illegittimo, essendo – per l’appunto – meramente ipotetica la proroga degli assetti negoziali, con conseguente incertezza sugli esatti termini dell’operazione economica e sul preliminare apprezzamento dei parametri di convenienza;

g ) che – in violazione dell’art. 83, comma 2 d. lgs. cit. – i requisiti e i criteri di partecipazione sarebbero stati fissati in termini del tutto sproporzionati ed illogici.

2.- Sulle esposte premesse, si doleva che, con la sentenza gravata, il primo giudice avesse dichiarato inammissibili (pur esaminandoli nel merito, per complessivamente disattenderli) “ tutti i motivi e le sottese censure che la ricorrente [aveva] rivolto avverso clausole di bando non escludenti né preclusive alla formulazione dell’offerta o che, comunque, parte ricorrente non [aveva] comprovato di essere tali anche per avere successivamente partecipato alla gara con la presentazione di idonea offerta ”. In ogni caso, sul rilievo che il primo giudice aveva comechessia esaminato nel merito la più parte degli articolati motivi, ne lamentava l’erronea e complessiva reiezione, auspicando l’integrale riforma della sentenza.

3.- Nel rituale contraddittorio delle parti, alla pubblica udienza del 22 novembre 2018, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1- L’appello non è fondato e merita di essere respinto.

Con la sentenza n. 4 del 26 aprile 2018, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito e ribadito (sulla scia delle decisioni n. 1 del 29 gennaio 2003 e n. 4 del 7 aprile 2011 e della corposa elaborazione giurisprudenziale successiva) le complessive ragioni che inducono a confermare, sulla scorta dei principi generali, l’inammissibilità di una immediata impugnazione delle clausole del bando di gara non connotate di immediata attitudine (lesiva ed) escludente e, come tali, non ostative alla partecipazione alla procedura evidenziale.

Rientrano nel relativo novero (suscettibile di elaborazione ispirata a criteri necessariamente restrittivi, avuto riguardo al carattere eccezionale dell’onere di reazione immediata):

a ) le clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale;

b ) le regole che valgano a rendere la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile;

c ) le disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta;

d ) le condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente;

e ) le clausole impositive di obblighi contra jus ;

f ) i bandi contenenti gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta, ovvero presentino formule matematiche del tutto errate;

g ) gli atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione di voci di costo necessarie (come quella relativa ai costi della sicurezza " non soggetti a ribasso ".

Ciò posto, nessuno dei dedotti motivi di censura investe clausole negoziali pregiudizialmente impeditive della partecipazione (che, del resto, risulta effettivamente avvenuta, sia pure con il, peraltro, fisiologico, ricorso all’apporto di impresa ausiliaria), trattandosi di questioni volta a volta inerenti l’opzione per il criterio di aggiudicazione, la scelta relativa all’accorpamento dei lotti, l’individuazione dei (non arbitrari né irrazionali) requisiti di partecipazione.

La sentenza appellata (che, pure, ha preferito, per mero scrupolo, indugiare – a dispetto del sancito fin de non recevoir – sul merito delle dedotte questioni) deve, per tal via, essere confermata nella parte in cui ha correttamente ritenuto la complessiva inammissibilità del ricorso.

Importa, del resto, soggiungere – avuto riguardo agli sviluppi della vicenda procedimentale, di cui è dato conto negli atti di causa – che, a fronte dell’utile partecipazione alla procedura ed alla intervenuta aggiudicazione della gara, oggetto di distinta ed autonoma impugnativa, ognuna delle questioni sollevate nella presente sede trova proprio nella impugnazione dei pregiudizievoli evidenziali la (necessaria ed onerata) sede di contestazione.

2.- L’appello deve, in definitiva, essere integralmente respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.

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