Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-04-26, n. 202203202

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-04-26, n. 202203202
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203202
Data del deposito : 26 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/04/2022

N. 03202/2022REG.PROV.COLL.

N. 06501/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6501 del 2017, proposto da
Dirpubblica (Federazione del Pubblico Impiego), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale Clodio, 18

contro

Agenzia delle Entrate, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 4242/2017


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2022 il Cons. R M C.

Nessuno è comparso per le parti costituite.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Lazio, la Dirpubblica (Federazione del pubblico impiego) impugnava il provvedimento direttoriale protocollo 2270/2016 dell’8 gennaio 2016 con il quale l'Agenzia delle entrate, nel nominare la commissione del concorso a 175 posti di dirigente, aveva manifestato la propria volontà di proseguire nell' iter concorsuale avviato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, protocollo n. 146687/2010, del 29 ottobre 2010, con il quale veniva disposto l'avvio di un concorso pubblico, ai sensi del DM MEF 10 settembre 2010, registrato alla Corte dei Conti il giorno 8 ottobre 2010, per 175 posti di dirigente di seconda fascia nel ruolo della predetta Agenzia, unitamente a tutti gli atti correlati, presupposti e conseguenti.

Il Tar del Lazio respingeva il ricorso.

La Federazione del pubblico impiego appellava la sentenza.

Resistevano l’Agenzia delle Entrate e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

All’udienza del 15.3.2022 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1.Con l’unico motivo di ricorso l’appellante deduce la violazione e falsa applicazione: degli artt. 3, 51 e 97 Cost.;
dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990;
del d.lgs. n. 33 del 2013;
dell’art. 4- bis , co. 1, del d.l. n. 78 del 2015, inserito, in sede di conversione, dalla legge n. 125 del 2015;
dell’art. 28 del d.lgs. n. 165 del 2001;
del d.p.r. n. 272 del 2004;
eccesso di potere - error in iudicando – violazione e falsa applicazione del principio ne bis in idem error in procedendo .

Lamenta che il giudice di prime cure aveva reputato infondato il ricorso, assumendo che il bando di concorso era stato considerato, nel suo complesso, legittimo dalla sentenza del Consiglio di Stato del 6 ottobre 2015, n. 4641, per cui l’Agenzia delle Entrate legittimamente aveva riattivato la procedura concorsuale emendata dai vizi riscontrati dalla pronuncia caducatoria senza considerare che il sopravvenuto art. 4- bis , co. 1, del D.L. n. 78 del 2015, in base al quale «ai fini della sollecita copertura delle vacanze nell’organico dei dirigenti, le Agenzie fiscali sono autorizzate ad annullare le procedure concorsuali per la copertura di posti dirigenziali bandite e non ancora concluse e a indire concorsi pubblici, per un corrispondente numero di posti, per soli esami, da espletare entro il 31 dicembre 2016», aveva obbligato le agenzie fiscali ad annullare le procedure concorsuali bandite e non ancora concluse.

Le censure non sono fondate.

2.La presente controversia è stata preceduta da altro contenzioso, conclusosi con la pronuncia del Consiglio di Stato n. 4641/2015, che ha disposto l’annullamento delle clausole 7 e 8 del bando di concorso laddove, tra i titoli valutabili e nell'ambito delle esperienze lavorative, venivano considerati eventuali incarichi conferiti a funzionari dell'Agenzia non titolari di qualifica dirigenziale, ai sensi dell’art. 24 del regolamento di amministrazione.

Inoltre, successivamente è intervenuta la sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24 del d.l. n.16 del 2012, per aver contribuito all'indefinito protrarsi nel tempo di assegnazioni temporanee di mansioni superiori nell’ambito dell’impiego alle dipendenze di amministrazioni pubbliche senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti mediante una procedura concorsuale pubblica. Quest’ultima disposizione, di fatto, aveva confermato in via legislativa quanto disposto in via regolamentare dal citato art. 24 del regolamento di amministrazione.

L’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento oggi impugnato decideva di riattivare la procedura concorsuale, nominando l’apposita commissione e precisando che, in osservanza alla citata sentenza n. 4641/2015 non avrebbero dovuto essere valutati gli incarichi di direzione e gestione degli uffici, conferiti ai sensi del soppresso articolo 24 del regolamento di amministrazione.

In particolare, con la sentenza n.4641/2015, emessa in relazione all’originario bando di concorso, questo Consiglio di Stato, testualmente affermava:

-quanto all’art. 7 del bando, relativo alla “ valutazione dei titoli ”, che lo stesso è illegittimo nella parte in cui comprende (o non esclude), tra i titoli di servizio valutabili: incarichi di direzione e gestione di uffici , eventuali incarichi conferiti a soggetti non titolari di qualifica dirigenziale, ai sensi del più volte citato art. 24 del Regolamento di amministrazione;

- quanto all’art. 8 (Prova di verifica dei requisiti e delle attitudini professionali integrata da colloquio), e, più precisamente alla prima fase della prova orale (co. 3), che lo stesso è illegittimo nella misura in cui comprende (o non esclude), i predetti incarichi dirigenziali illegittimamente conferiti, dalla valutazione del “ percorso formativo e professionale ” (esposto dal candidato), ai fini dell’accertamento delle “ competenze acquisite ”, del “ possesso delle capacità manageriali ”, “ mediante valutazione dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni dirigenziali ”.

3. Questo Consiglio di Stato (sent. 5522/2018), con orientamento al quale si ritiene di dare continuità, ha successivamente affermato che il bando di “selezione-concorso per il reclutamento di 175 dirigenti di seconda fascia, in attuazione ed ai sensi del D.M. Economia e Finanze 10 settembre 2010”, era stato annullato nella parte in cui poteva costituire una deroga volta a “sanare” l’illegittima situazione in cui avevano versato una pluralità di soggetti destinatari di incarichi illegittimamente conferiti (e, dunque, in particolare, con riferimento agli artt. 7 e 8, laddove applicabili nei sensi sopra invece esclusi);
la decisione osservava che la sentenza n. 4641/2015 aveva già compiutamente ed espressamente esaminato sia la questione circa la valutabilità di “eventuali incarichi conferiti a soggetti non titolari di qualifica dirigenziale, ai sensi del più volte citato art. 24 del Regolamento di amministrazione”, sia la questione relativa alla valutabilità dei predetti incarichi nell’ambito del “percorso formativo e professionale” (esposto dal candidato), ai fini dell’accertamento delle “competenze acquisite”, del “possesso delle capacità manageriali”, “mediante valutazione dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni dirigenziali” sia, infine, la questione in ordine alla permanente efficacia del bando di concorso in relazione alle parti non annullate, sicché tali questioni, ormai decise con statuizioni coperte dal giudicato, non potevano essere utilmente riproposte, neppure sotto un diverso angolo prospettico, in sede di impugnazione del decreto di nomina della commissione di concorso, che costituiva un atto meramente esecutivo del predetto bando, costituente la lex specialis della procedura.

4.La ricorrente assume che gli atti impugnati dovevano ritenersi altresì illegittimi poiché l’art. 4- bis , co. 1, del D.L. n. 78 cit., assumendo quale interesse pubblico prevalente quello della «sollecita copertura delle vacanze nell’organico dei dirigenti», aveva specificamente «autorizzato» le Agenzia fiscali a «indire concorsi pubblici… da espletare entro il 31 dicembre 2016», procedendo all’«annullamento delle procedure concorsuali per la copertura di posti dirigenziali bandite e non ancora concluse», così da pervenire alla conclusione dei predetti concorsi «entro il 31 dicembre 2016».

La lettura dell’art. 4- bis del d.l. 78/2015, tuttavia, esclude che lo stesso rechi un obbligo in capo alle agenzie fiscali di annullare le procedure concorsuali bandite e non ancora concluse. La norma, infatti, con disposizione meramente facultizzante, si limita ad autorizzare le Agenzie ad annullare le dette procedure, espressione quest’ultima che non può essere intesa come obbligo o imposizione alle stesse di provvedere nel senso della caducazione delle stesse.

In definitiva, all’indomani della sentenza di questo Consiglio n. 4641/2015 era di certo consentita all’amministrazione l’opzione volta alla mera ri-attivazione della procedura, dopo aver emendato la stessa dai vizi riscontrati da questo stesso Giudice di appello.

Il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato.

In considerazione della complessa vicenda esaminata e della successione di nuove norme, sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali.

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