Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-01-02, n. 202300009

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-01-02, n. 202300009
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300009
Data del deposito : 2 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/01/2023

N. 00009/2023REG.PROV.COLL.

N. 00385/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 385 del 2016, proposto dall’INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato D M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cesare Beccaria, 29,

contro

il signor N R, rappresentato e difeso dall’avvocato F T, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cola di Rienzo, 111,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) n. 819/2015, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione in giudizio del signor N R;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022, il Cons. F D R, nessuno comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso depositato il 16 gennaio 2014, proposto in riassunzione della causa innanzi al competente T.A.R., il sig. Rizzo, già Sovrintendente Capo della Polizia Penitenziaria, cessato dal servizio in data 1 ottobre 1996, ha chiesto l’accertamento del diritto alla “ riliquidazione ” dell’indennità di buonuscita spettantegli sulla scorta dei conteggi di cui al modello “P.L.2”, trasmesso dal datore di lavoro (Dipartimento dell’Amministrazione finanziaria) in data 11 febbraio 2011.

Con memoria prodotta in data 21 febbraio 2014 si è costituito in giudizio l’I.N.P.S. (succeduto ex lege all’I.N.P.D.A.P.), amministrazione intimata, eccependo in via preliminare la nullità della domanda per indeterminatezza e l’intervenuta prescrizione della relativa pretesa;
e comunque l’infondatezza del gravame.

All’esito dell’udienza del 19 febbraio 2015, ove la causa è stata trattenuta in decisione, il T.A.R. ha accolto il ricorso con la seguente motivazione:

< 2.- In via preliminare vanno esaminate e respinte le eccezioni preliminari.

2.1.- Quanto all’eccepita nullità per indeterminatezza della domanda collegata all’asserita assenza di qualsiasi conteggio, deve osservarsi che la liquidazione assunta a parametro della pretesa è dichiaratamente contenuta nel già richiamato mod. P.L.

2. In tale documento, inviato all’odierno ricorrente proprio dall’Amministrazione di cui era dipendente, sono contenuti i conteggi assunti a fondamento della presente domanda.

2.2.- Analogamente non può essere accolta l’eccezione di prescrizione.

Secondo quanto sostenuto dall’Amministrazione intimata, ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. 1032/73, la prescrizione è quinquennale e decorrerebbe dalla data di collocamento a riposo che, nella fattispecie, coincide con il 30.9.1996.

Senonché, come correttamente fatto rilevare dal ricorrente, nel “progetto di liquidazione” immediatamente successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, risalente al 15 novembre successivo, era contenuta “espressa riserva” di trasmissione del mod. P.L.2 ai fini della riliquidazione dell’indennità di buonuscita, tenuto conto del D.M. di inquadramento economico aggiornato alla data di cessazione del servizio.

Orbene, tale decreto risale effettivamente al 31 maggio 2001, come eccepito dall’ente resistente;
tuttavia – e anche tale circostanza è incontroversa - è stato notificato allo stesso Ente previdenziale nonché all’odierno ricorrente soltanto nel 2011, unitamente al suddetto modello P.L.2, che reca concretamente i conteggi e che è effettivamente datato 26.1.2011.

Il più risalente decreto di inquadramento economico, che pure rappresenta il presupposto e il parametro della riliquidazione, non conteneva la liquidazione definitiva. Soltanto con l’adozione e trasmissione del modello P.L.2, la pretesa è divenuta esigibile, a nulla rilevando che – medio tempore - siano stati corrisposti acconti.

L’istituto della prescrizione risponde alla ratio di determinare l’estinzione dell’azionabilità giudiziaria del diritto a seguito di non uso. Il creditore perde la prerogativa di agire in giudizio a tutela del proprio diritto a causa della pregressa inerzia nel suo esercizio che legittima il disinteresse dell’ordinamento alle vicende del bene della vita.

Le conseguenze che, pertanto, l’ordinamento ricollega all’inerzia non possono che presupporre un consapevole apporto decisionale del creditore nella scelta di astenersi dall’esercitare il diritto per un congruo periodo di tempo. Diversamente opinando, si giungerebbe a conclusioni incompatibili con canoni di logica e ragionevolezza.

Il termine prescrizionale, pertanto, può decorrere solo dal momento della liquidazione del credito (o della sua agevole liquidabilità), perché solo in tale momento il creditore può consapevolmente valutare le conseguenze della propria inerzia.

Nel caso di specie, dunque, solo con l’adozione della nota di riliquidazione del 26.1.2011, mod. PL2, prot. 37419, il credito in esame è stato dotato dei caratteri di liquidità richiesti affinché potesse decorrere il termine prescrizionale il cui dies ad quem, pertanto, non può considerarsi maturato prima di tale data.

3.- Nel merito il gravame è fondato e va accolto. I conteggi sono stati effettuati dallo stesso datore di lavoro nel modello P.L.2 in questione sulla scorta dell’ultima retribuzione, come rideterminata all’esito dell’adeguamento contrattuale;
i relativi conteggi non sono stati specificamente contestati dall’Istituto previdenziale che si è limitato ad opporre un non meglio giustificato prospetto di precalcolo effettuato dall’Istituto stesso, alla stregua del quale le differenze dovute sarebbero pari a soli €. 108,7.

Diversamente, a sostegno della fondatezza della pretesa a che la riliquidazione del T.F.R. sia riparametrata sul mod. P.L.2, si richiama un precedente di questa stessa Sezione: la sentenza n. 1074 del 30 maggio 2012.

Il ricorso va pertanto accolto, con la conseguente condanna dell’ente previdenziale a corrispondere il pagamento di quanto dovuto in esito al progetto di riliquidazione del trattamento di buonuscita contenuto nella più volte richiamata nota del 26.1.2011. (…)>.

Ha proposto appello avverso tale sentenza l’istituto previdenziale, reiterando in forma di gravame l’eccezione di prescrizione.

Si è costituto l’appellato, eccependo l’inammissibilità del gravame e chiedendone il rigetto nel merito.

All’udienza pubblica del 6 dicembre 2022 la causa è passata in decisione.

2. E’ infondata la pregiudiziale eccezione – proposta dall’appellato - d’inammissibilità dell’appello per intervenuta acquiescenza alla sentenza impugnata.

Il pagamento di euro 114,32 operato dall’Istituto (corrispondente alla somma ritenuta dovuta dall’INPS secondo un’interpretazione della sentenza e inferiore alla somma di euro 8.056,52 pretesa dal ricorrente in base alla stessa decisione, cosicché la pretesa acquiescenza quanto al merito sarebbe parziale, ma concernerebbe in ogni caso il rigetto dell’eccezione preliminare di prescrizione) deve presumersi intervenuto in esecuzione della sentenza, per la provvisoria esecutività di questa, e non a causa della sua definitiva accettazione, non avendo l’appellato addotto alcun elemento a supporto di tale ultima ricostruzione, se non la mancanza di un’espressa riserva di impugnazione nella nota di accompagnamento all’assegno inviata dall’Ente previdenziale: circostanza al riguardo irrilevante, trattandosi di mero silenzio sul tema dell’impugnazione poi proposta, che non necessita di alcuna riserva espressa.

Infatti, salvo che emerga in modo esplicito la volontà dell’amministrazione di accettare l’assetto di interessi conseguente alla sentenza di primo grado, il pagamento rappresenta una mera doverosa ottemperanza a un ordine giudiziale provvisoriamente esecutivo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2019, n. 3911;
id., sez. IV, 2 gennaio 2019, n. 16;
id., sez. V, 21 giugno 2017, n. 3030;
id., sez. IV, 11 agosto 2016, n. 3618;
id., 23 giugno 2015, n. 3182).

3. Ciò posto, è fondata, nei termini infra chiariti, l’eccezione di prescrizione ex art. 20 d.P.R. n. 1032/1973 (secondo cui “ Il diritto del dipendente e dei suoi aventi causa all’indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui è sorto il diritto ”) reiterata mediante il gravame dall’istituto previdenziale.

3.1 Il T.A.R. ha respinto tale eccezione perché ha ritenuto che il termine prescrizionale abbia iniziato a decorrere solo dal 2011, anno in cui è stato notificato all’ex lavoratore, da parte dell’ente datore di lavoro, il “mod. P.L.2” che quest’ultimo si era riservato di compilare e comunicare al dipendente “ appena possibile (…) comprensivo del D.M. di inquadramento economico aggiornato alla data di cessazione dal servizio ” (cfr. nota ministeriale del 1996, anno di cessazione dal servizio del ricorrente: doc. 2 allegato alla memoria di costituzione in appello).

E’ pacifico e risulta dalla sentenza impugnata che il suddetto D.M. risalga al 31 maggio 2001;
mentre, come detto, la notifica del prospetto liquidatorio redatto sulla sua base è successivamente intervenuta solo nel 2011.

3.2 Ciò posto, la decisione impugnata ha omesso di fare applicazione del termine prescrizionale quinquennale ex art. 20 d.P.R. n.1032/73 (pacificamente applicabile alla fattispecie) nella sua corretta decorrenza che va fatta risalire al 31 maggio 2001, data del D.M. contenente gli adeguamenti contrattuali applicabili, il quale consentiva di operare la liquidazione definitiva delle spettanze in questione e, pertanto, permetteva al lavoratore di esercitare concretamente il proprio diritto, senza che vi fosse bisogno di attendere ulteriormente la liquidazione delle somme dovute (e la relativa notifica) da parte del datore di lavoro, pur se da questo “preannunciata” nella succitata nota del 1996 (cfr. in fattispecie analoga C.d.S., sez. VI, n. 4436/2002: “ il diritto all’indennità di buonuscita, calcolata sulla base dei benefici economici a regime derivanti dal D.P.R. n. 399/1988, si prescrive nel quinquennio decorrente dalla data di pubblicazione del detto D.P.R. sulla Gazzetta Ufficiale, cioè il 10 settembre 1988 (Cfr., questa Sezione, 22 giugno 1999, n. 845) ”).

Come noto, infatti, ai sensi dell’art. 2935 del codice civile la possibilità (in senso giuridico) di esercitare il diritto permette il decorso del termine di prescrizione.

Nel caso specifico tale possibilità si è, per l’appunto, inverata nel 2001, avendo il citato D.M. reso “determinabile” e pertanto liquido il credito per cui è causa, del quale conseguentemente poteva da quella data richiedersi il pagamento.

3.3 Non rileva, per contro, il fatto che a tale data non fosse intervenuta la notificazione del “mod. P.L.2” (e del D.M. citato, ivi allegato), potendo i conteggi delle spettanze – ormai resisi possibili - essere redatti dal lavoratore stesso o comunque richiesti al datore con apposita istanza del primo, non legittimato a restare ulteriormente inerte in attesa della ricezione del modello menzionato, alla quale nessuna norma attribuisce il valore di condizione di esigibilità del credito.

Erra pertanto sul punto specifico l’impugnata sentenza allorquando sostiene, in senso contrario, che <(…) solo con l’adozione della nota di liquidazione del 26.1.2011, mod. PL, prot. 37419, il credito in esame è stato dotato dei caratteri di liquidità richiesti affinché potesse decorrere il termine prescrizionale (…)>: in tal modo confondendo la concreta liquidazione operata dalla p.a. con la liquidità del credito, che preesisteva al conteggio operato nel modello.

3.4 Né infine può rilevare, quale causa sospensiva del decorso del termine prescrizionale utile al ricorrente, la “riserva” del datore di lavoro, sopra menzionata e risalente al 1996, di trasmettere il predetto modello aggiornato: tale circostanza certamente non rientra tra le cause di sospensione del decorso della prescrizione ex artt. 2941 e s. c.c. (potendo in astratto integrare un riconoscimento ai sensi dell’art. 2944 c.c., con effetto meramente interruttivo a quella data, salvo ritenere neppure ciò possibile per le medesime ragioni– illiquidità a quel tempo del credito – suesposte).

3.5 In definitiva, l’azione giudiziale esercitata solo a seguito della predetta notificazione intervenuta nel 2011 riguarda un diritto di credito già estintosi per prescrizione nel corso del 2006, ai sensi degli artt. 2934 e s. c.c. in combinato disposto con l’art. 20 d.P.R. n. 1032/1973.

Ne discende la fondatezza dell’appello sul punto e l’accoglimento, in riforma della sentenza impugnata, dell’eccezione di prescrizione sollevata in primo grado.

4. Le spese del doppio grado di giudizio vanno opportunamente compensate, per la peculiarità delle specifiche vicende di causa.

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