Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-02-01, n. 201200500

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-02-01, n. 201200500
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201200500
Data del deposito : 1 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09963/2005 REG.RIC.

N. 00500/2012REG.PROV.COLL.

N. 09963/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9963 del 2005, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. G F, P Z, con domicilio eletto presso G F in Roma, via degli Scipioni n.94;

contro

Azienda Sanitaria U.L.S.S. n. 3 della Regione Veneto, rappresentata e difesa dall'avv. F C, con domicilio eletto presso Guido F. Romanelli in Roma, via Cosseria, 5;
Regione Veneto, rappresentata e difesa dagli avv. L M, R M, con domicilio eletto presso L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

'INTIMATI'

e con l'intervento di

per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE III n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente DIRITTO ALLA LIQUIDAZIONE DEL COMPENSO PER FERIE NON FRUITE

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2012 il Pres. P G L e uditi per le parti gli avvocati Zanardi, Romanelli su delega di Curato, Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO


1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, già dipendente della U.L.S.S. n. 35 di Asiago e poi dell’Azienda U.S.L. n. 3 di Bassano del Grappa, collocato a riposo a decorrere dal 1° agosto 1996, ha proposto in primo grado un ricorso per l’accertamento del diritto all’indennità sostitutiva di ferie non godute, per 156 giornate.

2. Il T.A.R. Veneto, con sentenza pubblicata il 12 ottobre 2004, ha dichiarato il ricorso inammissibile, o comunque tardivo, in quanto non era stato impugnato tempestivamente un provvedimento dell’ente che, secondo l’interpretazione del T.A.R., «non aveva accolta la richiesta di fruizione di tutti i giorni [di ferie] richiesti, non contestando la pretesa ma unicamente la modalità, sicché, una volta negata la conversione in compenso sostitutivo dell’ulteriore periodo di ferie non godute, spettava al ricorrente la tempestiva impugnazione della relativa delibera, comportando l’intermediazione dell’atto amministrativo il venir meno di una posizione di diritto soggettivo evocabile solo limitatamente all’esistenza del congedo feriale, non alle ragioni sottese alla mancata fruizione delle stesse» .

La sentenza aggiunge peraltro che comunque «la domanda si appalesava infondata, perché competeva certamente al ricorrente, responsabile dell’ufficio, organizzare il lavoro dello stesso onde consentirgli la fruizione del riposo annuale, e il coordinatore si era dichiarato disponibile a concedere le ferie compatibilmente con le esigenze di servizio» .

3. L’interessato ha proposto appello davanti a questo Consiglio, contestando argomentatamente le motivazioni della sentenza.

Si sono costitute per resistere in appello la Azienda U.L.S.S. n. 3 con sede in Bassano del Grappa e la Regione Veneto, quest’ultima eccependo il difetto di legittimazione passiva.

4. Passando all’esame della controversia, questo Collegio ritiene innanzi tutto opportuno considerare quell’atto che, secondo l’interpretazione datane dal T.A.R., avrebbe respinto la domanda di fruizione delle ferie non contestando la pretesa ma unicamente la modalità e che pertanto avrebbe dovuto formare oggetto di tempestiva impugnazione nel rispetto del termine di sessanta giorni.

Benché nella sentenza non si leggano altre indicazioni riguardo ai suoi estremi, si ritiene di poter identificare l’atto in parola con la risposta emessa il 18 marzo 1996, alla lettera con cui l’interessato annunciava che si sarebbe collocato a riposo a decorrere dal 1° agosto 1996 e chiedeva, in buona sostanza, di essere messo immediatamente in congedo ordinario per tutta la residua durata del rapporto d’impiego, stante il suo credito di ferie non godute, indicato allora in 224 giornate.

La risposta era del seguente tenore: «In relazione alle necessità di servizio si rappresenta l’impossibilità di esprimere parere favorevole al congedo ordinario con decorrenza anteriore al 1° maggio 1996 e comunque prima che possa essere assegnata al servizio altra idonea unità amministrativa la cui necessità è già stata evidenziata in precedenza» .

Ora, è vero, come detto dal T.A.R., che con questo atto l’amministrazione non contestava la pretesa ma unicamente la modalità della fruizione delle ferie arretrate e che pertanto, in teoria, l’interessato avrebbe avuto l’onere di impugnarlo entro il breve termine decadenziale. E’ vero, infatti, che se la fruizione delle ferie costituisce un diritto soggettivo dell’impiegato, la scelta del periodo si colloca sul piano degli interessi legittimi. Ma questo, come già detto, è vero solo in teoria. In concreto, però, la vicenda si è svolta nel momento in cui l’interessato era prossimo al collocamento a riposo e chiedeva di godere delle ferie per tutto il tempo che restava. Sicché il diniego, seppur riferito in apparenza alle sole modalità, di fatto e necessariamente si risolveva nel definitivo rifiuto del congedo ordinario. L’amministrazione, mentre respingeva la modalità proposta dall’interessato, non contrapponeva alcuna modalità alternativa e anche volendo non avrebbe potuto farlo, perché non vi era altro tempo utile prima del previsto collocamento a riposo.

Si trattava dunque di un diniego non (solo) della modalità ma (anche) della pretesa. L’atto non incideva su un interesse legittimo, bensì su un diritto soggettivo dell’impiegato, perché gli negava definitivamente la fruizione di un certo periodo di ferie – nello stesso momento in cui ne riconosceva astrattamente il diritto, o comunque non lo disconosceva.

5. In questa luce la pronuncia di inammissibilità/tardività del ricorso appare meritevole di riforma.

Di fronte ad un atto che lo privava, in sostanza, del diritto alle ferie, l’interessato poteva legittimamente reagire entro il termine prescrizionale, e non entro quello di decadenza.

6. Posto che la domanda è ammissibile, resta da vedere se sia fondata.

A questo proposito, tuttavia, non si può sfuggire alla constatazione che l’amministrazione non ha mai positivamente contestato che il ricorrente fosse effettivamente in arretrato nel godimento delle ferie, e nella misura da lui indicata. Non a caso il T.A.R. ha rilevato che con l’atto del 18 marzo 1996 l’amministrazione non contestava la pretesa ma unicamente la modalità . Si è visto che il T.A.R. ne ha tratto delle conseguenze non condivisibili, ma resta il fatto che il tenore dell’atto era formalmente quello.

Neppure nelle sue difese giudiziali, del resto, l’ente ha mai dedotto che l’interessato abbia realmente goduto le ferie per tutta la durata prescritta o comunque che le ferie non godute si limitino ad un ammontare minore di quello indicato. Non ha formulato neppure una contestazione generica, basata su un’asserita mancanza o insufficienza della prova.

In realtà, dal carteggio prodotto dall’interessato in primo grado emerge che ripetutamente e per diversi anni, prima del suo collocamento a riposo, l’interessato aveva rappresentato ai suoi superiori di avere maturato un cospicuo arretrato di ferie non godute;
e l’ente, mentre non accettava le proposte dell’interessato riguardo al modo di riassorbire l’arretrato, non gli mai disconosciuto la relativa spettanza.

7. Il T.A.R. ha affermato altresì che data la posizione dell’interessato (responsabile dell’ufficio economato-provveditorato) era suo còmpito e responsabilità organizzare i turni delle ferie nel proprio ufficio, e che pertanto non si può dolere delle ferie godute.

Questa affermazione sembra infondata in punto di fatto. Il carteggio prodotto in giudizio dimostra che, invece, le determinazioni conclusive erano prese da un funzionario di livello superiore, il coordinatore amministrativo, il quale più volte ha rigettato le proposte dell’interessato. E’ presumibile che ove fosse mancata l’iniziativa dell’interessato, il coordinatore amministrativo avesse il potere-dovere di assegnargli d’ufficio i suoi turni di ferie, eventualmente anche diffidandolo ad usufruirne pena la perdita del relativo diritto. Non risulta che questo sia mai avvenuto.

8. Si può passare ora ad altro ordine di questioni, e precisamente a quelle sollevate dalla difesa dell’Azienda Sanitaria n. 3 con riferimento al proprio difetto di legittimazione passiva nonché alla prescrizione del diritto dell’interessato.

8.1. Il difetto di legittimazione passiva viene prospettato con riferimento alla circostanza che i periodi di ferie non godute afferirebbero al tempo nel quale l’interessato prestava servizio presso la U.L.S.S. n. 35 di Asiago, poi soppressa e sostituita ope legis dalla nuova Azienda n. 3, a decorrere dal 1° gennaio 1995. In proposito la difesa dell’Azienda richiama il ben noto principio (introdotto dalla legge n. 724/1994) per cui le nuove Aziende non debbono essere chiamate a rispondere dei debiti delle gestioni pregresse (affidate ad appositi organi liquidatori).

Questa eccezione appare infondata. Dopo la trasformazione dell’ente da cui dipendeva, l’interessato ha continuato a rivolgersi alla nuova amministrazione, come in passato, esponendo di avere accumulato ferie arretrate e chiedendo di poterne usufruire;
non chiedeva, invece, la liquidazione dell’indennità sostitutiva relativa ai periodi pregressi. La differenza non è secondaria, perché se è vero che le nuove Aziende non dovevano farsi carico delle obbligazioni pecuniarie afferenti alla gestione precedente, è anche vero che i rapporti lavorativi proseguivano con piena continuità e pertanto se al momento del passaggio un dipendente aveva maturato il diritto a ferie non ancora godute, poteva e doveva ottenere il congedo dalla nuova amministrazione. Se, poi, quest’ultima è rimasta inadempiente, la conversione del diritto alle ferie in diritto all’indennità sostitutiva si è effettuata quando ormai la gestione del rapporto lavorativo era in carico all’Azienda subentrante.

Si deve nuovamente ricordare che l’Azienda non ha mai disconosciuto che l’interessato avesse titolo a godere tutte le ferie arretrate, ancorché risalenti alla precedente gestione. Non è questo l’argomento con cui il 18 marzo 1996 l’Azienda ha respinto l’ultima richiesta dell’interessato non contestando la pretesa ma unicamente la modalità del godimento delle ferie arretrate. Se l’Azienda si fosse comportata altrimenti, non vi sarebbe stata la conversione del diritto alle ferie nel diritto all’indennità.

La relativa obbligazione fa dunque carico all’Azienda n. 3.

8.2. Le stesse considerazioni permettono di giudicare infondata anche l’eccezione di prescrizione. L’atto del 18 marzo 1996 implica il riconoscimento del diritto dell’interessato alla fruizione delle ferie arretrate, pur rendendola di fatto impraticabile. E’ stato quello il momento nel quale si è verificata la conversione, o in alternativa, essa si è verificata nel momento in cui l’interessato è stato collocato a riposo (1° agosto 1996) e diveniva così definitivamente impossibile il recupero delle ferie. Il ricorso al T.A.R. è stato notificato l’11 aprile 1998.

9. Va invece accolta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Regione, che l’interessato ha evocato in giudizio solo in subordine e a fini dichiaratamente tuzioristici, nel caso che si riconoscesse che il debito gravava in tutto o in parte sulla gestione liquidatoria della ex U.L.S.S. n. 35 di Asiago.

10. In conclusione l’appello va accolto accertandosi il debito della Azienda Sanitaria n. 3 relativamente all’indennità sostitutiva delle ferie non godute, con rivalutazione e interessi. Si dovrà tuttavia tener conto divieto del cumulo, introdotto, per i crediti maturati dal 1° gennaio 1995, dalla legge 23.12.1994 n. 724, art. 22, comma 36. Ciò significa che la rivalutazione dovrà essere corrisposta solo per la parte eventualmente eccedente l’ammontare degli interessi.

11. Le spese dei due gradi del giudizio debbono essere liquidate in favore dell’appellante, per i due gradi del giudizio, e poste anch’esse a carico solo dell’Azienda Sanitaria n.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi