Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-07-10, n. 202406142

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-07-10, n. 202406142
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406142
Data del deposito : 10 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/07/2024

N. 06142/2024REG.PROV.COLL.

N. 09997/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9997 del 2022, proposto da:
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Telecom Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati S C e A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



per la riforma:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta) n. 12283/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Telecom Italia s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2024 il Consigliere Lorenzo Cordì e lette le conclusioni rassegnate dalle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito A.G.Com.) ha appellato la sentenza n. 12283/2022, con la quale il T.A.R. per il Lazio – sede di Roma ha accolto il ricorso proposto da Telecom Italia s.p.a. e, per l’effetto, ha annullato la delibera n. 121/14/CONS del 31.3.2014, recante ordinanza ingiunzione per la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 4, comma 1 e 2, dell’Allegato A della delibera n. 179/03/CSP, e 71 del D.Lgs. n. 259/2003.

2. In punto di fatto l’appellante ha esposto che, con tale delibera, l’Autorità aveva irrogato a Telecom Italia s.p.a. la sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 58.000,00 (cinquantottomila/00), avendo accertato, nel corso dell’attività di vigilanza svolta, che la Società aveva promosso e offerto in sottoscrizione alcuni piani tariffari definiti come “ unlimited ”, benché sottoposti, invece, a precise limitazioni quantitative e qualitative nell’uso del servizio. In particolare, dalle risultanze preistruttorie (in particolare, dalla consultazione del sito web della società in data 25.9.2013) era emerso che Telecom aveva stabilito dei limiti (quantitativi e qualitativi) in relazione al profilo tariffario denominato “ Tutto compreso unlimited ”, definito, quindi, come senza limiti in relazione al traffico voce e sms effettuabile. Nell’apposita sezione dedicata ai “ dettagli e alle limitazioni dell'offerta ” era stato stabilito che, nella fruizione dell’offerta, si era presunto come uso conforme buona fede un traffico uscente complessivo non superiore a 10.000 minuti e 10.000 sms, purché effettuato nel rispetto delle seguenti proporzioni: i ) traffico (minuti e/o sms/mms) uscente mensile per SIM verso altri operatori mobili non superiore al 50% del traffico uscente complessivo; ii ) traffico uscente verso operatori su rete TRE non superiore al 20% del traffico complessivo verso altri operatori mobili; iii ) rapporto tra il traffico (minuti e/o sms/mms) uscente verso altri operatori e il traffico (minuti e/o sms/mms) entrante da altri operatori non superiore a 3. La Società, pur a fronte della offerta in sottoscrizione di un profilo tariffario presentato come “ unlimited ”, con chiamate e sms effettuabili “ senza limiti ” e “ verso tutti ”, aveva stabilito, quindi, dei precisi vincoli inerenti alla tipologia di traffico inclusa nell’offerta, collegati alla quantità di traffico proveniente ed effettuato verso altri operatori. All’esito delle attività istruttoria, l’Autorità aveva, quindi, adottato la delibera sopra indicata, con la quale aveva accertato la sussistenza della violazione contestata e irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria sopra indicata.

3. Telecom ha impugnato il provvedimento dinanzi al T.A.R. per il Lazio, deducendone l’illegittimità per: i ) incompetenza dell’A.G.Com. e violazione e falsa applicazione della previsione di cui all’art. 27, comma 1- bis , del D.Lgs. n. 206/2005, come modificata dall’art. 1, comma 6 del d.l. n. 21/2014; ii ) incompetenza dell’A.G.Com., violazione e falsa applicazione delle direttive 2005/29/CEE e 2002/22/CE, degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del consumo, degli artt. 70, 71 e 98 del Codice delle comunicazioni elettroniche, nonché delle delibere A.G.Com. n. 179/03/CSP e 136/06/CONS, ed eccesso di potere per carenza dei presupposti, contraddittorietà dei provvedimenti e per violazione del principio del ne bis in idem ; iii ) violazione e falsa applicazione, sotto altri profili, degli art. 70, 71 e 98 del codice delle comunicazioni elettroniche, nonché della delibera n. 179/03/CSP e dell’art. 12- bis del regolamento sulle procedure sanzionatorie adottato con delibera 136/06/CONS, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, carenza di istruttoria, insufficienza della motivazione, contraddittorietà, irrazionalità, ingiustizia manifesta.

4. Il T.A.R. per il Lazio ha accolto il ricorso ritenendo fondato il motivo con il quale Telecom aveva dedotto l’incompetenza dell’Autorità e ha, quindi, assorbito la disamina degli ulteriori motivi.

4.1. In particolare, il Giudice di primo grado ha evidenziato che: i ) la ripartizione delle competenze tra l’A.G.Com. e l’A.G.C.M., in materia di repressione delle pratiche commerciali scorrette, è disciplinata dall’art. 19, comma 3, del codice del consumo, il quale prevede che, in caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici; ii ) la disposizione di cui all’art. 27, comma 1- bis , del codice del consumo, introdotto dal D.Lgs. n. 21/2014, prevede che “ anche nei settori regolati, ai sensi dell’articolo 19, comma 3, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato [...], acquisito il parere dell’Autorità di regolazione competente ”; inoltre “ resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta ”; iii ) quest’ultima disposizione – entrata in vigore prima dell’emanazione della delibera impugnata – trovava applicazione al caso di specie in quanto il riparto delle competenze amministrative andava determinato in base alla normativa vigente al momento dell'adozione dell’atto, in coerenza con il principio tempus regit actum ; iv ) come affermato dal Consiglio di Stato, in applicazione dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. II, con la sentenza 13 settembre 2018, n. 54 (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 7296/2019; Cons. Stato, sez. VI, n. 6596/2021), le sopra citate disposizioni andavano interpretate nel senso che la regola generale è che, in presenza di una pratica commerciale scorretta, la competenza appartiene all’A.G.C.M., mentre la competenza delle altre autorità di settore è residuale e ricorre soltanto quando la disciplina di settore regoli “ aspetti specifici ” delle pratiche che rendono le due discipline incompatibili; pertanto il criterio di risoluzione di una possibile concorrenza di norme che disciplinano la condotta contestata è costituito non dal “ criterio di specialità ” ma dal “ criterio di incompatibilità ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 febbraio 2022, n. 732); v ) applicando tali principi al caso di specie doveva ritenersi che la competenza appartenesse esclusivamente all’A.G.C.M. posto che la pratica sanzionata configurava in astratto (ferma ogni valutazione dell’Autorità competente) l’illecito definito dall'art. 20, comma 2, del codice del consumo, costituendo una condotta contraria alla diligenza professionale ed idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio, indotto a credere che i servizi offerti potessero essere utilizzati illimitatamente; vi ) inoltre, non vi sarebbero stati profili di incompatibilità idonei a giustificare la traslazione delle attribuzioni in materia all’A.G.Com., non essendo ravvisabile alcun elemento di contrasto tra la disciplina settoriale di cui è contestata la violazione – contenuta negli artt. 70, comma 1, e 71, comma 1, del d.lgs. n. 259/2003 - e le norme generali in materia consumeristica, contenute nel titolo III della parte seconda del codice del consumo.

5. L’Autorità ha appellato la sentenza, articolando un unico motivo e riproducendo le difese di primo grado in relazione ai motivi rimasti assorbiti dalla decisione del T.A.R. Si è costituita in giudizio Telecom Italia che, con memoria del 24.1.2023, ha riproposto i motivi assorbiti. In vista dell’udienza pubblica del 13.6.2024 le parti hanno depositato memorie conclusionali e memorie di replica. All’udienza del 13.6.2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Entrando in medias res si osserva come, con il

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