Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-12, n. 202006077

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-12, n. 202006077
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006077
Data del deposito : 12 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/10/2020

N. 06077/2020REG.PROV.COLL.

N. 08759/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8759 del 2010, proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12,

contro

il Maresciallo B P, non costituito in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 2038/2010, resa tra le parti, concernente corresponsione indennità di trasferimento e rimborsi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 15 settembre 2020, il Cons. Cecilia Altavista, nessuno comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente atto di appello il Ministero della difesa ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto n. 2038 del 17 maggio 2010, che ha accolto il ricorso proposto dal Maresciallo Aiutante dei Carabinieri B P avverso la nota del Servizio Amministrativo – Ufficio Gestione del Danaro del Comando Regione Carabinieri Veneto del 17 giugno 1999 di diniego di rimborso, di cui all’art. 23 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, delle spese sostenute per il trasferimento da Pieve di Cadore, dove usufruiva dell’alloggio di servizio, al Comune di S. Pietro di Cadore dove aveva fissato la propria residenza successivamente alla cessazione dal servizio permanente e al collocamento in congedo nella riserva a decorrere dal 1 gennaio 1999, con diritto alla percezione della pensione di anzianità a seguito del raggiungimento della anzianità contributiva di 41 anni, 3 mesi e 10 giorni.

Il diniego è basato sulla interpretazione dell’art. 23 della legge n. 836 del 1973 resa dalla circolare n. 6/3-73-10-1995 del 29 aprile 1999 del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri – Direzione di Amministrazione, per cui l’indennità prevista da tale disposizione riguarderebbe solo il personale collocato a riposo per raggiungimento dei limiti massimi di età, mentre il beneficio “ non può essere corrisposto al personale collocato a riposo a domanda, pur in presenza della massima anzianità utile a pensione per il grado rivestito ”, mentre il Maresciallo Polito sarebbe stato collocato in congedo a domanda.

La sentenza di primo grado ha accolto il ricorso ritenendo, sulla base della identità di ratio, che rientri nella previsione dell’art. 23 relativa al “ collocamento a riposo ” anche la cessazione del servizio a domanda per raggiungimento dell’anzianità contributiva utile alla pensione di anzianità.

Con il presente appello il Ministero della Difesa contesta tale interpretazione del giudice di primo grado sostenendo una interpretazione restrittiva dell’art. 23 della legge n. 836 del 1973, limitata al personale collocato a riposo in forza di un atto autoritativo dell’Amministrazione, quindi per raggiungimento del limite di età, e non al personale collocato a riposo a domanda, in quanto - anche se ciò avvenga al raggiungimento della massima anzianità contributiva per la pensione di anzianità - si tratterebbe comunque di una scelta volontaria e non obbligata del militare, per cui l’Amministrazione non sarebbe tenuta a contribuire alle spese per il trasferimento;
inoltre, trattandosi di una norma attributiva di un beneficio, non potrebbe estesa in via interpretativa a fattispecie analoghe.

L’appellato non si è costituito in giudizio.

All’udienza pubblica del 15 settembre 2020, come da verbale corretto in data 22 settembre 2020, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

L’appello è infondato.

La legge 18 dicembre 1973, n. 836, all’art. 23 prevede che “ al personale collocato a riposo… spettino le indennità ed i rimborsi previsti nei precedenti articoli 18, 19 e 20 e l’indennità di prima sistemazione per il trasferimento dall’ultima sede di servizio a un domicilio eletto nel territorio nazionale ”.

Il dato letterale della disposizione, diversamente da quanto sostenuto dall’Amministrazione nella circolare del 29 aprile 1999 e nell’atto di appello, non contiene alcun riferimento al motivo del “collocamento a riposo” o ad una limitazione al collocamento a riposo per raggiunti limiti di età.

Se la ratio della disposizione è quella di contribuire ai disagi dovuti al trasferimento dal luogo dove si era obbligati a risiedere per ragioni di servizio al fine di raggiungere un altro luogo di residenza una volta lasciato il servizio, la previsione del “ collocamento a riposo ” deve essere letta in relazione alle ipotesi ordinarie di cessazione dal servizio per raggiungimento del diritto al pensionamento sia che ciò avvenga per raggiungimento dei limiti massimi di età (con la pensione di vecchiaia) sia che ciò avvenga in un momento precedente, ma con il raggiungimento del limite massimo di anzianità contributiva con la maturazione del diritto alla pensione di anzianità nella misura massima. Si tratta infatti, in entrambe le ipotesi, della naturale conclusione del relativo rapporto d’impiego, senza che sia possibile trarre dalla normativa anche di carattere generale sul collocamento a riposo una giustificata penalizzazione della posizione di chi decida di cessare il servizio al raggiungimento - non di una minima – ma della massima anzianità contributiva utile alla pensione di anzianità.

Tale interpretazione è confermata dalla previsione dell’art. 131 del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, per cui il rapporto d’impiego cessa con il collocamento a riposo d’ufficio o a domanda e dall’art. 2 della legge 15 febbraio 1958, n. 46, che prevede il diritto degli impiegati civili di essere “ collocati a riposo su domanda al compimento del 40° anno di servizio utile ”.

Questo Consiglio ha già seguito tale interpretazione, da cui il Collegio non intente discostarsi nel presente giudizio, affermando che, anche nei casi di collocamento a riposo per raggiungimento della anzianità contributiva, si è in presenza di un militare “ che lascia la sede di servizio in cui era obbligato a risiedere, e va dunque agevolato nell’effettuare la scelta di risiedere altrove. Diversamente, non sarebbe incongruo ipotizzare una diversità di trattamento tra situazioni dello stesso contenuto, non scevra da profili d’incostituzionalità ” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2898).

L’interpretazione sostenuta dall’Amministrazione non può essere dunque condivisa, in quanto condurrebbe ad una restrizione delle ipotesi di collocamento a riposo non prevista dall’art. 23 e comporterebbe una ingiustificata disparità di trattamento con il personale cessato per il raggiungimento della massima anzianità di servizio utile ai fini della pensione, per il quale sussistono le medesime esigenze di ausilio rispetto ai disagi del trasferimento dalla sede di servizio, poste a base della disciplina legislativa.

L’appello è, dunque, infondato e deve essere respinto con conferma della sentenza di primo grado impugnata.

In relazione alla mancata costituzione della parte appellata non vi è alcuna statuizione sulle spese di giudizio.

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