Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-03-11, n. 201001419

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-03-11, n. 201001419
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001419
Data del deposito : 11 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08080/1995 REG.RIC.

N. 01419/2010 REG.DEC.

N. 08080/1995 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 8080 del 1995, proposto da:
Z M R, rappresentato e difeso dall'avv. M R, con domicilio eletto presso Marco Croce in Roma, via Nizza, 63;

contro

Comune di Silvi, rappresentato e difeso dagli avv. G S A, C S, con domicilio eletto presso G. Sante Assennato in Roma, via Carlo Poma N. 2;

per la riforma

della sentenza del TAR ABRUZZO - L'AQUILA n. 00236/1995, resa tra le parti, concernente NON IDONEITA' A SVOLGERE MANSIONI PROFESSIONI DI COMMESSO DI FARMACIA.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2010 il Cons. E M e uditi per le parti gli avvocati Casertano, per delega dell'Avv. Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Ricorre in appello la signora Z M R, la quale impugna la sentenza indicata in epigrafe, con cui il Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo ha respinto un ricorso proposto dalla medesima avverso il provvedimento della Giunta municipale del Comune di Silvi che ha ritenuto la stessa non idonea a svolgere le mansioni di commesso di farmacia.

Fa presente l’appellante che, indicata dall’Ufficio del lavoro e della massima occupazione di Teramo, veniva sottoposta a prova attitudinale per ricoprire il posto di commesso di farmacia, ma veniva giudicata inidonea allo svolgimento delle mansioni medesime;
proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo, questo veniva rigettato.

Questi i motivi dell’appello:

Violazione ed errata applicazione dell’art. 6 del d.P.C.M. 27 dicembre 1988;
in quanto l’Amministrazione ha disposto una prova attitudinale e ha nominato all’uopo una apposita commissione selezionatrice, per cui avrebbe dovuto seguire i criteri previsti per le selezioni pubbliche, ivi compreso la predeterminazione dei criteri di massima e le altre regole specificamente previste dalla normativa sopra richiamata;

Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. difetto di motivazione, illogicità manifesta e violazione dell’art. 6 del d.P.C.M. 27 dicembre 1988;
in quanto l’errore in cui è incorsa la candidata è stata quella di non accorgersi che alcuni medicinali erano scaduti, ma il compito della stessa consisteva nel sistemare negli appositi scaffali i medicinali (compito elementare), non anche quello di verificarne la scadenza, senza che alla stessa fosse formulata una precisa domanda in ordine alla sistemazione negli scaffali dei medicinali

Sviamento, violazione dei principi a tutela della maternità e dell’art. 37 Cost.;
perché la Commissione ha posto in evidenza lo stato di avanzata gravidanza della candidata e il conseguente gonfiore alle caviglie, non cogliendo il rapporto tra il suddetto gonfiore e lo stato di gravidanza.

Si costituisce in giudizio l’Amministrazione comunale di Silvi, la quale si oppone all’appello e ne domanda la reiezione, rilevando la legittimità della sentenza appellata in questa sede.

L’appellante presenta una successiva memoria illustrativa, con la quale, ulteriormente argomentando, insiste per l’accoglimento dell’appello.

La causa passa in decisione alla pubblica udienza del 12 gennaio 2010.

DIRITTO

L’appello è fondato.

Va rilevato, infatti, che nella specie, sebbene si sia proceduto alla verifica della idoneità di una candidata individuata dall’Ufficio del lavoro e della massima occupazione, ugualmente l’Amministrazione comunale ha deciso di procedere mediante una opportuna selezione in ordine alla verifica del possesso dei requisiti della candidata stessa al fine di poter adeguatamente svolgere i compiti propri della qualifica alla stessa attribuibile.

Non è rilevante nella specie che si sia trattato di un concorso vero e proprio o di una selezione singolare;
ciò che rileva nella specie è la volontà dell’Amministrazione di procedere secondo certe regole e, nell’occasione, l’Amministrazione comunale ha scelto di sottoporre la candidata ad una verifica selettiva secondo le specifiche regole concorsuali per il tramite di una apposita commissione, per cui non si vede perché non doveva applicare l’intera normativa concernente le selezioni pubbliche.

Da ciò la conseguenza che, erroneamente, la Commissione giudicatrice non ha preliminarmente predisposto i necessari criteri di massima e le modalità per procedere alla valutazione della candidata, affidandosi invece ad esercitazioni tirate fuori al momento, senza nessuna preventiva informazione, con il condizionamento negativo della candidata.

Ma nella specie, vi è di più.

Premesso che si trattava di verificare la capacità della candidata di ordinare i medicinali negli appositi scaffali e che alla stessa era stato richiesto soltanto questo, l’errore in cui è incorsa la medesima candidata, di non verificare che alcuni medicinali erano scaduti, non poteva essere rilevato dalla commissione, sia per la specifica prova richiesta, che non prevedeva, previ approfondimenti, ma solo la sistemazione fisica negli appositi scaffali, sia perché non si erano previsti precisi criteri di massima in precedenza.

Voler penalizzare una candidata per un errore relativo ad una prova non richiesta è segno evidente sia di illogicità manifesta e sia di difetto di motivazione, quale specifica conseguenza di un difetto di istruttoria.

Si può prescindere dall’esaminare l’ulteriore censura sulla violazione della legge sulla maternità, considerata la sua assorbenza, ai fini dell’ accoglimento dell’appello.

L’appello va, dunque, accolto, e in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi € 4.000,00 (quattromila/00).

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