Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-01-31, n. 202301099
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Pubblicato il 31/01/2023
N. 01099/2023REG.PROV.COLL.
N. 10112/2021 REG.RIC.
N. 10684/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10112 del 2021, proposto dal Ministero della Salute, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
il signor S P, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
della Regione Veneto, in persona del Presidente
pro tempore
, non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 10684 del 2021, proposto dalla Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Cusin, Luisa Londei e Giacomo Quarneti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;
contro
il signor S P, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
del Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
quanto ad entrambi i ricorsi n. 10112 e n. 10684 del 2021, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 1163/2021, resa tra le parti.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del sig. S P;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2023 il Cons. G P e viste le istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati Antonella Cusin, Luisa Londei e Giacomo Quarneti e G A;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellato, in possesso del titolo di laurea in medicina e chirurgia e abilitato all’esercizio della professione di medico chirurgo, è stato ammesso, in sovrannumero e senza borsa di studio, al primo anno del triennio 2019/2022 del corso di formazione in Medicina Generale.
1.1. L’ammissione è avvenuta in applicazione del c.d. Decreto Calabria, d.l. n. 35 del 30 aprile 2019, convertito dalla legge n. 60 del 25 giugno 2019, il quale ha introdotto un’ulteriore - sebbene limitata nel tempo, e cioè sino al 31 dicembre 2021 - modalità di accesso al corso di formazione specifica in medicina generale, che si affianca alla forma ordinaria di accesso mediante concorso, come disciplinata dal d.lgs. 17 agosto 1999, n. 368 e dal decreto ministeriale 7 marzo 2006 (“ Principi fondamentali per la disciplina unitaria in materia di formazione specifica in medicina generale ”).
1.2. Quello introdotto dal d.l 35 del 2019 costituisce un canale di accesso al corso di formazione di carattere “straordinario” ed “emergenziale”, con graduatoria riservata e senza borsa di studio, concepito al fine di sanare la cronica carenza di medici di medicina generale variamente impegnati sul territorio. Esso si rivolge a quei professionisti che hanno maturato anni di esperienza convenzionale, ma che, pur avendo conseguito l'idoneità nel precedente concorso, non si sono mai collocati in posizione utile per poter accedere al corso, nemmeno per scorrimento della graduatoria. Proprio la sussistenza di queste circostanze e dei requisiti soggettivi richiesti dalla disposizione rende possibile l’accesso diretto alle attività formative senza previo svolgimento di concorso.
1.3. Il d.l. 35 del 2019 ha dunque creato una categoria di corsisti soprannumerari e senza borsa parallela rispetto all'altra categoria di soprannumerari senza borsa regolata dall’art. 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 401, recante “ Norme sull'organizzazione del personale sanitario ”. Quest’ultima disposizione ha infatti ammesso ai corsi di formazione specifica in medicina generale i “ laureati in medicina e chirurgia iscritti al corso universitario di laurea prima del 31 dicembre 1991 ed abilitati all'esercizio professionale ”, specificando, in deroga al regime generale delle incompatibilità, che gli stessi “ non hanno diritto alla borsa di studio e possono svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi ”.
1.4. Con la nota del 4 settembre 2020 (impugnata in primo grado), la Regione, tramite la Segreteria Scuola di formazione specifica in medicina generale, ha invitato i vincitori del concorso inseriti nella graduatoria riservata ex d.l. n. 35 del 2019 a “ dismettere tutti gli incarichi, ancorché provvisori, convenzionali o libero professionali ”.
1.5. La posizione espressa dall’amministrazione nella menzionata nota del 4 settembre 2020 si sostanzia nella tesi secondo cui anche ai corsisti ammessi ai sensi del d.l. n. 35 del 2019 - senza borsa e in soprannumero - si estendono le incompatibilità previste dall’art. 11 del d.m. 7 marzo 2006, ivi compresa quella che fa divieto di svolgere, in parallelo all’attività formativa a tempo pieno, incarichi occasionali di libera professione (così recita l’art. 11: “ Il corso è strutturato a tempo pieno. La formazione a tempo pieno implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno. Conseguentemente, è inibito al medico di formazione l’esercizio di attività liberoprofessionali ed ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche ”).
1.6. Va precisato che il regime delle incompatibilità è stato attenuato dal successivo d.m. 28 settembre 2020, il quale ha previsto - limitatamente ai medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2019- 2022 - la possibile cumulabilità con il corso di formazione dei soli “ incarichi convenzionali in essere al momento dell’iscrizione ”.
1.7. Il ricorrente, tuttavia, incorrerebbe nel regime di incompatibilità di cui al d.m. 7 marzo 2006, letto in combinato disposto con il d.m. 28 settembre 2020, in quanto (questa la tesi sostenuta dall’amministrazione) alla data di iscrizione svolgeva incarichi (non convenzionali ma) occasionali di libera professione.
1.8. Il TAR Veneto, con la sentenza qui appellata n. 1163 del 2021, ha disatteso l’interpretazione proposta dall’amministrazione resistente, osservando che:
-- in base alla Direttiva 1993/16/CE del 5 aprile 1993, è consentito agli Stati membri autorizzare una formazione specifica in medicina generale a tempo ridotto a condizione che venga garantito un livello qualitativo equivalente a quello della formazione a tempo pieno (art. 35);
-- anche alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza del 28 gennaio 2018, Pantuso e a., C-616/16 e C-616/17, agli specializzandi - sia in caso di formazione a tempo pieno, sia in caso di formazione a tempo ridotto - deve essere riconosciuta una remunerazione adeguata e tale prescrizione deve ritenersi direttamente esecutiva;
-- le disposizioni che prevedono cause di incompatibilità - in quanto introducono un’eccezione rispetto al generale diritto al lavoro e alla libertà di iniziativa economica - sono da considerare di stretta interpretazione;
-- da un punto di vista letterale non vi è alcuna disposizione che espressamente estenda le cause di incompatibilità di cui all’art. 11 del D.M. 7 marzo 2006 agli specializzandi ammessi in base all’art. 12, comma 3, del D.L. n. 35 del 2019, convertito in L. n. 60 del 2019, tenuto conto dei due presupposti fondanti quella previsione, segnatamente costituiti dalla necessità di garantire l’adempimento degli obblighi formativi e il riconoscimento della borsa di studio;
-- d’altra parte, dalle disposizioni di cui alla legge n. 401 del 2000 e dai successivi decreti emergenziali può desumersi che non vi è un’assoluta inconciliabilità tra la partecipazione al corso e lo svolgimento di ulteriori attività lavorative che siano in concreto compatibili con l’adempimento degli obblighi formativi previsti;
-- dunque, la normativa di riferimento, sistematicamente considerata, non consente di escludere che il ricorrente possa proseguire il corso e conseguire una remunerazione adeguata attraverso lo svolgimento di ulteriori attività lavorative in concreto compatibili con gli imposti obblighi formativi.
2. Avverso la medesima sentenza di primo grado n. 1163 del 2021 sono stati proposti due appelli, notificati rispettivamente dal Ministero della Salute (nrg 10112/2021) e dalla Regione Veneto (nrg 10684/2021).
3. Le parti appellanti sostengono che l’inserimento nel corso di formazione specifica in medicina generale dei beneficiari del cd. Decreto Calabria, così come degli altri medici ammessi a seguito di superamento dei test di sbarramento, resta soggetto alle medesime regole e preclusioni previste in via generale dall’art. 11 del d.m. 7 marzo 2006.
3.1. Detto regime deve considerarsi applicabile in tutte le ipotesi di ammissioni al corso e derogabile nelle sole ipotesi eccezionali previste al comma 2 dell’art. 11 ovvero da altre specifiche fonti normative (art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, d.m. 28 settembre 2020 e d.m. 14 luglio 2021).
3.2. Dette fattispecie derogatorie sono tutte volte a fronteggiare il fabbisogno delle esigenze proprie della medicina generale, ad eccezione di quella prevista dall’art. 3 della legge n. 401 del 29 dicembre 2000 (che risponde a logiche compensative), come peraltro ribadito con circolare del Ministero della Salute n. 22176 del 12 maggio 2020.
3.3. Dunque, il sistema normativo di riferimento conferma la generale valenza delle incompatibilità previste dal d.m. 7 marzo 2006, fatte salve le menzionate ipotesi derogatorie.
4. A seguito della costituzione in giudizio del dott. S e della reiezione dell’istanza cautelare formulata nel giudizio n. 10112 del 2021 (ordinanza n. 310/2022), le due cause sono state discusse e poste in decisione all’udienza pubblica del 12 gennaio 2023.
5. Gli appelli vanno riuniti ai sensi dell’art. 96 c.p.a.
6. In via preliminare la Regione Veneto ha sollevato un’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, non rilevata dal giudice di primo grado e conseguente alla mancata impugnazione, unitamente agli altri provvedimenti, anche del d.m. del 28 settembre 2020 nella parte in cui, modificando l’art. 11 del d.m. 7 marzo 2006, ha derogato solo parzialmente al regime delle incompatibilità, prevedendo la cumulabilità con l’attività di formazione dei soli incarichi convenzionali (e non anche di quelli libero-professionali). Detto d.m. si configurerebbe quindi come atto lesivo degli interessi del ricorrente - e che questi avrebbe dunque dovuto tempestivamente impugnare, essendogliene noti i contenuti da lui riportati nel corpo del ricorso - in quanto recante una implicita conferma dell’applicabilità del d.m. 11 marzo 2006 e della conseguente incompatibilità delle attività libero-professionali con il corso di formazione.
6.1. Il Collegio ritiene che, sul piano processuale, l’eccezione accede ad una condizione dell'azione, delibabile d’ufficio anche nel giudizio d'appello. Come tale, essa può essere proposta dalla parte appellante senza incorrere nel divieto dei nova previsto dall'art. 104 comma 1, c. proc. amm. (Cons. Stato, sez. III, n. 1643 del 2014), e comunque la parte soccombente in primo grado può formulare ogni motivo d’appello volto a rimuovere la soccombenza.
6.2. Nel merito, il motivo d’appello è fondato, in considerazione dei rilievi espressi da questo Consiglio nel parere della Prima Sezione n. 1037 del 2022, reso su fattispecie speculare a quella qui in esame, nella quale si affrontava il caso di un ricorrente che contestava il regime delle incompatibilità esteso alle attività libero-professionale senza tuttavia avere impugnato anche il d.m. 28 settembre 2020.
6.3. Nel richiamato precedente si è chiarito che:
-- “ l’art. 12, comma 3, del decreto-legge n. 35 del 2019 .. non reca alcuna disposizione speciale in ordine al regime delle incompatibilità, così rinviando, evidentemente, al regime generale come già definito dal d.m. 7 marzo 2006 ” (§ 4.3.);
-- il combinato disposto dei due decreti ministeriali 7 marzo 2006 e 28 settembre 2020 “ restituisce una disciplina chiara e completa delle incompatibilità dei medici che si iscrivono al corso di formazione specifica in medicina generale 2019-2022: alla regola generale dettata dal d.m. del 2006 (è inibito al medico in formazione l'esercizio di attività libero-professionali ed ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche o private, anche di carattere saltuario o temporaneo . . . ”), si aggiunge la deroga introdotta dal d.m. del 2020 (“limitatamente ai medici che si iscrivono al corso di formazione specifica in medicina generale relativo al triennio 2019-2022, è consentito mantenere gli incarichi convenzionali di cui all'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale . . . ”);con la conseguenza che, in mancanza di una diversa disposizione pari-ordinata o di rango superiore (qual è il citato art. 3, comma 1, ultimo periodo, della legge n. 401 del 2000), il regime delle incompatibilità per i medici, quali i ricorrenti, ammessi al corso di formazione in medicina generale ai sensi del decreto così detto “Calabria” del 2019 è e resta cristallizzato normativamente nell’ora descritto combinato disposto dei due decreti ministeriali di disciplina specifica della materia ”;
-- “ consegue da quanto sin qui rilevato che il nuovo decreto ministeriale del 28 settembre 2020 (adottato, deve peraltro sottolinearsi, quando i problemi applicativi relativi alla esatta definizione del regime delle incompatibilità per i corsisti del decreto “Calabria” erano già emersi ed erano noti al decisore politico-amministrativo) risulta lesivo della posizione soggettiva di pretesa dei ricorrenti, nella parte in cui non ha esteso la deroga, rispetto al regime generale delle incompatibilità, fino a consentire anche ai medici del decreto “Calabria” non solo i rapporti convenzionali, ma anche l’esercizio, rivendicato dai ricorrenti, di attività libero-professionale ”.
6.4. Il parere n. 1037 del 2022 si incarica anche di confutare il diverso percorso logico seguito dalla sentenza qui impugnata n. 1163 del 2021 (lì richiamata come precedente dalla parte ricorrente), nella parte in cui il Tribunale regionale rileva “ come tale decreto [il d.m. 28 settembre 2020], per quanto dia per presupposta l’applicazione delle cause di incompatibilità di cui all’art. 11 del d.m. del 2006 agli specializzandi ammessi in base al Decreto Calabria, da un lato, non vieti agli stessi di svolgere attività libero-professionali (e, pertanto, non produce effetti costitutivi in tal senso) e, dall’altro lato, confermi la sostanziale necessità di consentire agli specializzandi di conseguire una remunerazione attraverso la prosecuzione delle attività lavorative precedentemente avviate ”.
Osserva infatti la Prima Sezione che:
-- “ il decreto del 28 settembre 2020, diversamente da quanto opinato nella ora menzionata sentenza del Giudice di primo grado, conferma e rafforza il regime delle incompatibilità e, intervenendo dopo le prime applicazioni dell’art. 12, comma 3, del decreto-legge n. 35 del 2019, manifesta (implicitamente, ma evidentemente) la volontà di non estendere ai corsisti del decreto “Calabria” il regime pienamente derogatorio, in tema di incompatibilità, stabilito dalla norma primaria eccezionale contenuta nell’art. 3 della legge n. 401 del 2000. Scelta, questa, forse criticabile (ed invero ampiamente censurata con svariate argomentazioni nell’odierno ricorso), ma che non può formare valido oggetto della presente decisione perché non impugnata e quindi estranea al thema decidendum ”;
-- “ né può sostenersi – come argomentato nelle citate pronunce di primo grado - che il decreto ministeriale del 28 settembre 2020 “non vieti agli stessi [ai corsisti del decreto “Calabria”] di svolgere attività libero-professionali (e, pertanto, non produce effetti costitutivi in tal senso)”: non si vede perché, invero, il decreto 28 settembre 2020 avrebbe dovuto introdurre questo divieto, divieto in realtà, come sopra chiarito, già sancito dal regime generale delle incompatibilità definito dal d.m. 7 marzo 2006 (e derogato, appunto, ma solo limitatamente agli incarichi convenzionali e non anche alle attività libero-professionali, dal d.m. del 2020). Non si comprende perché mai il d.m. del 2020 avrebbe dovuto recare necessariamente un’apposita norma espressa relativa ai corsisti soprannumerari del decreto “Calabria”. Avrebbe dovuto recare una siffatta norma, caso mai, per derogare al vigente divieto di proseguire nell’esercizio di attività libero-professionali, non per vietare ciò che risultava essere già vietato. Non sussiste pertanto nessun vuoto normativo suscettibile di essere colmato in via analogica mediante estensione della norma (peraltro eccezionale) della legge n. 401 del 2000. La disciplina delle incompatibilità, si ripete, risulta chiara e completa ed è costituita dal combinato disposto dei decreti ministeriali del 2006 e del 2020, sopra più volte citati, in uno alla norma eccezionale derogatoria dell’art. 3 della legge n. 401 del 2000, insuscettibile di estensione analogica. Il regime delle incompatibilità per i medici ricorrenti è dunque stabilito in maniera esaustiva nel riferito combinato disposto, che avrebbe dovuto essere formalmente impugnato al fine di consentire la disamina di merito delle censure (di irrazionalità, di disparità di trattamento, etc.) proposte contro il regime complessivo quale definito nel quadro normativo ora richiamato ”.
6.5. Il parere n. 1037 del 2022 chiarisce infine, con dovizia di argomentazioni alle quali si fa qui sintetico richiamo, le ragioni che rendono non praticabile il rimedio della “disapplicazione” della norma regolamentare (ove in ipotesi ritenuta) illegittima (parere n. 1037, § 12) e quelle per cui la ritenuta inammissibilità investe anche la censura diretta a evidenziare la necessità di una verifica in concreto dell’incompatibilità delle attività libero-professionali rispetto agli obblighi di frequenza del corso di formazione (parere n. 1037, § 13).
7. Per le ragioni sin qui esposte che si ricavano dagli ampi stralci riportati del parere del Consiglio di Stato, Prima Sezione, n. 1037 del 2022, la sentenza impugnata va riformata e il ricorso di primo grado dichiarato inammissibile.
8. L’esito del giudizio e la novità delle questioni esaminate giustificano la compensazione delle spese relative ai due gradi di giudizio.