Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-03-24, n. 202002045

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-03-24, n. 202002045
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002045
Data del deposito : 24 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/03/2020

N. 02045/2020REG.PROV.COLL.

N. 03712/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso di registro generale numero 3712 del 2018, proposto dal dott.re -O-, difeso da sé stesso ai sensi dell’art. 22, comma 3, del cod. proc. amm., nella sua qualità di professionista iscritto all’Albo degli avvocati presso il Tribunale di -O-, nonché all’Albo speciale nazionale degli avvocati ammessi al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, ed elettivamente domiciliato presso la Segreteria della Sezione IV del Consiglio di Stato, in Roma, Piazza Capo di Ferro, n. 13.

contro

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , e il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, in persona del Presidente pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12.

nei confronti

Il dott.re -O-, rappresentato e difeso dall'avvocato Donato De Luca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
I dott.ri -O-e -O-, non costituiti in giudizio.

e con l'intervento di

Con l’intervento ad adiuvandum del
Dott.re -O-, rappresentato e difeso dagli avvocati Gaetano Carmelo Tafuri e Luigi Tafuri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione Seconda, n. -O-, resa tra le parti, concernente l’impugnazione dell’esclusione dal concorso per due posti di Presidente di Sezione della Commissione Tributaria Provinciale di -O- e dal concorso per cinque posti di Presidente di Sezione della Commissione Tributaria Regionale della -O-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e del dott.re -O-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti l’avvocato -O-e l'avvocato dello Stato Maurizio Greco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado, integrato da motivi aggiunti, il ricorrente ha chiesto:

a) l’annullamento:

- della delibera del C.P.G.T. n. 928 del 9.5.2017, recante l’approvazione della graduatoria del concorso interno per 2 posti di presidente di Sezione della Commissione tributaria provinciale di -O-, nella parte in cui il ricorrente è stato escluso per la mancanza del possesso del requisito previsto dall’art. 3, comma 2, del D.lgs. n. 545/1992;

- della delibera del C.P.G.T. n. 1044 del 16.5.2017, recante l’approvazione della graduatoria del concorso interno per 5 posti di presidente di Sezione della Commissione tributaria regionale della -O-, nella parte in cui il ricorrente è stato escluso per la mancanza del possesso del requisito previsto dall’art. 3, comma 4, del D.lgs. n. 545/1992;

- del bando n. 4/2016, laddove interpretato nel senso che il possesso del requisito della permanenza in servizio è richiesto fino alla pubblicazione della graduatoria;

- della delibera del C.P.G.T. n. 1340 del 20.6.2017, recante la nomina dei presidenti di Sezione della C.T.P. di -O- nella persona dei dottori -O- e -O-(posizionati, rispettivamente, al primo e al secondo posto della graduatoria);

- della delibera del C.P.G.T. n. 1338 del 20.6.2017, recante la nomina del presidente di Sezione della C.T.R. della -O- nella persona del dottore -O-(posizionato al quinto posto della graduatoria);

- dei relativi decreti ministeriali di nomina, nonché degli atti applicativi ed esecutivi consequenziali;

- del verbale n. 11 del 10.4.2017 della Commissione di concorso;

b) la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento del danno morale e patrimoniale dallo stesso subito.

1.1. Il ricorrente, nominato giudice tributario nel 2012 in esito ad un concorso riservato ai magistrati in servizio o a riposo, ha presentato la domanda di partecipazione ai concorsi per la presidenza delle Sezioni delle Commissioni tributarie provinciali e regionali, rispettivamente di -O- e della -O-.

1.2. L’interessato è stato escluso da entrambe le graduatorie, per la mancanza del possesso dei requisiti prescritti, rispettivamente, dai commi 2 e 4 dell’articolo 3, del decreto legislativo n. 545 del 1992.

2. Il T.a.r. del Lazio, sede di Roma, con la sentenza n. -O-, ha:

a) respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo sollevata dalle Amministrazioni intimate, ritenendo giustificata la proposizione di un unico ricorso cumulativo avverso gli atti di due diverse procedure concorsuali, in considerazione dell’identità della questione giuridica sottesa all’esclusione del ricorrente da entrambe le graduatorie (l’eccezione non è stata riproposta);

b) respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in considerazione della partecipazione del Ministero medesimo al procedimento di nomina dei componenti delle Commissioni tributarie (i componenti, infatti, sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle finanze, previa deliberazione del Consiglio di Presidenza). Anche questa eccezione non è stata riproposta.

c) Respinto il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti e la conseguenziale domanda risarcitoria.

d) Compensato tra le parti le spese di lite.

3. L’interessato ha impugnato la pronuncia, articolando i seguenti motivi di appello.

3.1. Errata interpretazione dell’art. 3, c. 2 e 4 del d.lgs. n. 545/1992;
motivazione della sentenza illogica e contraddittoria
.

L’appellante sostiene l’erroneità del percorso logico-giuridico seguito dal primo giudice, nella parte in cui lo stesso ha escluso la sussistenza -in capo all’interessato- del requisito costituito dal possesso dello status di magistrato, reputandolo come non definitivamente acquisito. Secondo il T, infatti, la nomina a componente del Consiglio di Giustizia della Regione -O- (il ricorrente è stato nominato con il d.P.R. 3 febbraio 2011) esplicherebbe i suoi effetti soltanto limitatamente al periodo di durata del mandato, stabilito dalla legge in sei anni. Questo comporterebbe che, siccome al termine del mandato il componente del CGRS non potrebbe essere equiparato al “magistrato a riposo”, difetterebbe il requisito di partecipazione costituito dall’essere –il magistrato- in una posizione di ruolo, in servizio o in quiescenza.

L’appellante ritiene, inoltre, che il T sia caduto anche in una contraddizione logica, nella parte in cui, dopo avere sostenuto che il possesso dell’anzidetto status giuridico rappresenta un requisito di partecipazione al concorso, avrebbe mutato di intendimento, qualificandolo –all’opposto- come requisito di idoneità per l’esercizio della funzione giurisdizionale, il quale deve sussistere sia al momento della presentazione della domanda che al momento della formazione della graduatoria definitiva.

3.2. Status giuridico dei componenti c.d. “laici” del C.G.A.R.S.: errata interpretazione dell’art. 7 del d.lgs. 373/2003;
incostituzionalità della disposizione ove interpretata nel senso che alla cessazione delle funzioni i c.d. “laici” del C.G.A.R.S. non siano assimilati al “magistrato a riposo”
.

L’appellante, nella sola ipotesi in cui la Sezione ritenesse di condividere l’interpretazione della disposizione contenuta nell’art. 7 del D.lgs. n. 373 del 2003 nel senso prospettato dal T (ovverossia, che alla cessazione del mandato, i componenti “laici” del C.G.A.R.S. non siano assimilabili al “magistrato a riposo”, perché lo status magistratuale non sarebbe acquisito in via definitiva), chiede che il giudice a quo sollevi l’incidente di costituzionalità, ravvisando una manifesta irragionevolezza ed una sostanziale disparità di trattamento, quanto allo status, tra i magistrati del Consiglio di Stato, di cui il CGRS rappresenta una Sezione staccata.

3.3. Errata interpretazione dell’art. 3, c. 2 e 4 del d.lgs. n. 545/1992 ed individuazione del momento in cui il requisito, a termini del bando, doveva essere posseduto dall’appellante.

L’appellante ritiene che il T abbia erroneamente interpretato la menzionata norma, perché –anche a prescindere da quanto esposto nel primo motivo di appello, e cioè che il componente del CGRS conserverebbe lo status di magistrato anche successivamente alla scadenza del mandato- il requisito dell’essere magistrato, in servizio o a riposo, andrebbe posseduto solo al tempo della presentazione della domanda e non anche fino al momento della formazione della graduatoria definitiva. Si tratterebbe, in altri termini, di un requisito di ammissione, non di partecipazione.

3.4. Erronea qualificazione del requisito relativo al possesso dello status di magistrato come “requisito di idoneità” .

L’appellante critica la qualificazione operata dal T, sotto diverso ed ulteriore profilo. Il primo giudice –secondo la tesi difensiva- non si sarebbe avveduto del fatto che, qualificando il possesso dello status di magistrato -in servizio o a riposo- quale requisito di partecipazione o di idoneità, anziché di mera ammissione al concorso, verrebbe messo in discussione -e per di più in modo retroattivo- il possesso del bagaglio di professionalità, di competenza tecnica e di esperienza giuridica necessarie allo svolgimento delle funzioni di Presidente di una Sezione Tributaria. Tale bagaglio di conoscenza –aggiunge l’appellante- non sarebbe suscettibile di essere perduto per il fatto –in sé, oggettivo- della scadenza del mandato, e non sarebbe, altresì, in alcun modo legato o condizionato dall’effettivo e concomitante svolgimento delle funzioni magistratuali nella giurisdizione di provenienza (giudice ordinario, amministrativo, contabile ecc.).

3.5. Violazione e/o disapplicazione del bando di concorso n. 4/2016 quale lex specialis.

Secondo l’appellante, la sentenza sarebbe errata anche nella prospettiva del bando di concorso.

A suo dire, infatti, la corretta e testuale esegesi della clausole contenute nell’art. 3, lett. a), del bando (“i candidati debbono dichiarare il possesso dei requisiti richiesti dall’art. 3, commi 1, 2 e 3 o 4, del decreto legislativo 31.12.1992, n. 545”) e nell’art. 4, lett. c) del bando medesimo (“saranno esclusi dal concorso coloro che non possiedono i requisiti previsti dall’art. 3, commi 1, 2, 3 o 4, del d.lgs. 545/1992”) suggerirebbe di qualificare il requisito come di partecipazione al concorso, e dunque da possedere solo al tempo della presentazione della domanda.

3.6. Richiesta di risarcimento danni morali e patrimoniali.

L’appellante, per il caso in cui venisse accertata l’illegittimità della sua esclusione dal concorso, reitera la richiesta di risarcimento dei danni:

quello morale, per la lesione del suo prestigio e della sua reputazione dell’appellante, rimettendone la liquidazione al giudice in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c.;

quello patrimoniale, per il lucro cessante consistente nella differenza economica tra la retribuzione fissa e variabile percepita come “giudice tributario”, e quella che avrebbe percepito qualora fosse stato nominato ed immesso nelle funzioni di Presidente di Sezione, con la stessa decorrenza degli altri (1 settembre 2017).

4. Il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e il Ministero dell'economia e delle finanze si sono costituti, resistendo al gravame.

5. Il controinteressato dott. -O- si è costituito resistendo -anch’esso- all’appello.

6. È intervenuto, ad adiuvandum delle ragioni sostenute dall’appellante, il dott. -O-.

7. All’udienza camerale del 14 giugno 2018, fissata per la discussione dell’incidente cautelare, le parti hanno concordemente richiesto l’abbinamento al merito.

8. All’udienza pubblica del 22 novembre 2018, la causa è stata discussa dalle parti ed è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

9. La Sezione (con l’ordinanza interlocutoria n. -O-) ha ritenuto necessario disporre un approfondimento istruttorio volto all’acquisizione, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di una relazione illustrativa “ da cui risulti la prassi applicativa dell’art. 135 della Costituzione, in relazione alla ammissione (o meno) dei componenti del Consiglio di Giustizia della Regione -O-, designati dal Presidente della Regione -O-, alle votazioni per l’elezione del giudice costituzionale ”.

10. L’incombente istruttorio è stato adempiuto con il deposito della relazione illustrativa in data 19 giugno 2019.

11. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti, di memorie integrative e di replica.

12. All’udienza pubblica del 7 novembre 2019, la causa è stata discussa dalle parti ed è stata trattenuta dal Collegio in decisione.

13. In via preliminare, la Sezione dichiara l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum dispiegato in grado di appello dal consigliere -O- a tutela del suo status quale membro del CGARS designato dal Presidente della Regione siciliana. Va, infatti, considerato, che l’interesse all’intervento postula una posizione derivata, tale per cui dall’accoglimento del ricorso consegua un vantaggio giuridico riflesso in favore del soggetto che interviene. Tale interesse, tuttavia, non può essere valutato in astratto, ma deve essere correlato allo specifico petitum fatto valere con il ricorso introduttivo. Nella fattispecie in esame, venendo in considerazione la posizione del ricorrente, sia pure quale magistrato c.d. laico del CGARS, nell’ambito dell’ordinamento della giustizia tributaria e in relazione alla nomina in posizioni apicali nello stesso, deve escludersi che l’interveniente, che non dichiara né di essere attualmente giudice tributario né di aspirare a tali funzioni apicali, vanti un interesse concreto e attuale all’intervento nella specifica controversia.

14. Nel merito, l’appello è fondato quanto alla domanda di annullamento, risultando meritevole di accoglimento la censura di cui ai punti numerati 11.2, 11.2.1 e 11.2.2 del ricorso in appello. Da ciò conseguono l’assorbimento degli altri motivi impugnatori e l’inammissibilità della richiesta della parte appellante di sollevazione dell’incidente di costituzionalità, difettando i relativi presupposti.

14.1. Va respinto, invece, con diversa motivazione, quanto alla riproposta domanda di risarcimento del danno.

15. Con i predetti motivi di appello, che si ritengono fondati, l’appellante lamenta che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente interpretato le norme che definiscono lo status giuridico dei membri di designazione regionale del CGARS e che disciplinano i requisiti per la nomina a Presidente di Commissione Tributaria Provinciale e Regionale.

15.1. La censura è fondata.

15.2. Occorre premettere che l’articolo 3, commi 2 e 4, del decreto legislativo n. 545 del 1992 richiede, per la nomina a Presidente di Commissione tributaria provinciale o regionale, che il candidato sia un magistrato, ordinario amministrativo o militare, in servizio o a riposo. La formulazione della disposizione risulta molto ampia e tale da ricomprendere, senza alcuna limitazione, tutti coloro che, essendo in servizio, abbiano la qualifica di magistrato ordinario, amministrativo o militare, oppure che, avendo cessato tale servizio ed essendo a riposo, abbiano in passato ricoperto tale qualifica.

15.3. Il ricorrente, in relazione a tale ampia previsione, possiede i requisiti per la nomina, potendo qualificarsi, all’attualità, come magistrato amministrativo a riposo per le considerazioni che di seguito si espongono.

In primo luogo, nella fattispecie in esame non vi sono ragioni per dubitare che i membri del CGARS rivestano la qualifica di magistrati amministrativi avuto riguardo:

a) alle modalità di accesso alle funzioni giurisdizionali, che sono riconducibili alla previsione di cui all’articolo 106, comma 3 della Costituzione e che postulano una previa valutazione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa in ordine alla “piena idoneità all’esercizio delle funzioni di consigliere di Stato sulla base dell’attività e degli studi giuridico-amministrativi compiuti e delle doti attitudinali e di carattere” (art. 19, comma 1, n. 2, legge 27 aprile 1982, n. 186), valutazione identica a quella svolta ai fini della nomina dei consiglieri di Stato di nomina governativa;

b) alle funzioni svolte;
quanto alle funzioni svolte, i membri cosiddetti laici del CGARS svolgono funzioni consultive e giurisdizionali, anche in sede di adunanza plenaria e adunanza generale del Consiglio di Stato;

c) allo stato giuridico e al regime disciplinare;
quanto a tali profili lo stato e il regime previsti sono i medesimi degli altri componenti, ai sensi della previsione dell’articolo 7 del d.lgs. n. 373/2003 per cui “ durante il periodo di durata in carica, si applicano le norme concernenti lo stato giuridico e il regime disciplinare dei magistrati del Consiglio di Stato ”.

Si è quindi in presenza di magistrati del consiglio di Stato - certamente non assimilabili a magistrati onorari – ancorché nominati per svolgere le proprie funzioni per un periodo di sei anni e non a tempo indeterminato.

Del tutto coerente con tale premessa è il fatto - risultante dai chiarimenti richiesti in sede istruttoria - che ai membri cosiddetti laici del CGARS, nella tornata elettorale del 28 e 29 novembre 2012, successiva alla riforma operata con il decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373 (firmato e entrato in vigore dopo la precedente elezione del 15 e 16 dicembre 2003), a seguito di decreto presidenziale monocratico (decreto del Presidente del

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi