Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-09-24, n. 201906360
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Testo completo
Pubblicato il 24/09/2019
N. 06360/2019REG.PROV.COLL.
N. 01539/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1539 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati A C e R C, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio A C in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
Ministero dell'Interno e Ufficio Territoriale del Governo Reggio Calabria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria sezione staccata di Reggio Calabria n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la domanda di annullamento:
- del provvedimento, emesso dalla Prefettura di Reggio Calabria (Area I-Prot. Uscita N.-OMISSIS-) del 15 novembre 2017, comunicato in pari data a mezzo PEC alla Società ricorrente, recante informazione antimafia di contenuto interdittivo ai sensi dell'art 91 d. lgs. n. 159/2011 a carico della -OMISSIS-;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo Reggio Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 luglio 2019 il Cons. S C e uditi per le parti gli Avvocati R C e A C e l'Avvocato dello Stato Isabella Piracci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I - La Società istante espone in premessa che con nota prot. n. -OMISSIS- del 7 novembre 2017, la Prefettura di Reggio Calabria emetteva una “informazione antimafia” ex art. 91 del d.lgs. n. 159/11, nei confronti della società -OMISSIS-, in forza degli accertamenti svolti nei confronti nei confronti del socio maggioritario, Amministratore Unico della Società -OMISSIS-, sig. -OMISSIS-, in quanto lo stesso eserciterebbe un significativo potere di controllo sulla struttura ospedaliera reggina ed in particolare con riferimento ai rapporti con il boss -OMISSIS-, nonché in relazione ai rapporti familiari con -OMISSIS- - -OMISSIS- - a carico del quale risultano evenienze giudiziarie e -OMISSIS- (-OMISSIS-), -OMISSIS- di -OMISSIS- e -OMISSIS- di -OMISSIS-, nei confronti del quale risulterebbe pregiudizio penale, nonché -OMISSIS- (-OMISSIS-), a sua volta -OMISSIS- di -OMISSIS- i cui -OMISSIS- e -OMISSIS- risultano essere stati oggetto di provvedimenti penali.
Con la sentenza di prime cure, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria riteneva che legittimamente la Prefettura aveva valutato episodi accaduti anche a distanza di tempo. Nella specie evidenziava che nonostante la risalenza dei fatti persistesse il pericolo di condizionamento in ragione delle cointeressenze economiche tra i -OMISSIS- -OMISSIS- e la presenza di pendenze penali per reati c.d. “spia” a carico di -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, nonché degli affini di -OMISSIS-.
La Società appellante censura la sentenza di prime cure, deducendo:
1 – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 84 e 91 d.lgs. n. 159/11, l’erroneità della motivazione e la violazione dei limiti di giurisdizione, in quanto avrebbe proceduto ad integrare la motivazione con apprezzamenti e fatti e argomenti che esulerebbero dalla valutazione dell’Amministrazione;in particolare:
- quanto al tema dell’accompagnamento di -OMISSIS- presso il -OMISSIS- per ottenere una -OMISSIS-, la sentenza avrebbe sottolineato la difficoltà in cui è stato messo il -OMISSIS-;
- quanto al tema dell’attualità del pericolo di infiltrazione, si riferirebbe al decreto del Tribunale di Reggio Calabria sul sequestro dei beni disposto a carico di -OMISSIS- -OMISSIS-, confermato nel 2016 dalla Corte d’appello, giungendo ad una valutazione che non sarebbe contenuta nel provvedimento;
- quanto all’archiviazione dell’indagine a carico di -OMISSIS-, ribalterebbe una circostanza positiva;
- quanto alla liquidazione di una società nel 2012, afferma che non sarebbe da escludere che la stessa, uscendo di scena abbia lasciato il passo alla società allora ricorrente, nel mercato della fornitura dei prodotti -OMISSIS-;
- quanto alla circostanza che la -OMISSIS- del ricorrente risultava aver prestato attività lavorativa presso la società dell’altro -OMISSIS-, afferma che tale circostanza costituisce elemento di conferma degli stretti legami economici e parentali esistenti tra la società della ricorrente ed i relativi soci;
2 – violazione delle medesime norme, erroneità della motivazione, difetto di istruttoria, omesso esame di atti e fatti decisivi e violazione dei limiti di giurisdizione anche in relazione al fatto che l’episodio riferito in cui il -OMISSIS- accompagnava il sig. -OMISSIS- presso il -OMISSIS- non sarebbe rilevante ad attestare una condizionamento da parte della criminalità organizzata sulla società;in ogni caso l’episodio sarebbe risalente a 18 anni fa; non sarebbero addotte altre frequentazioni e la vicinanza alla cosca malavitosa ipotizzata dalla Prefettura sarebbe smentita dagli stessi atti presenti nei documenti prodotti in primo grado (in particolare, dall’ annotazione di servizio redatta il -OMISSIS- 2001, dal verbale di interrogatorio reso dal -OMISSIS- innanzi al sostituto procuratore distrettuale in data -OMISSIS- 2001 e dalla -OMISSIS- del decreto di archiviazione emesso dal giudice delle indagini preliminari in data -OMISSIS- 2005;nonché dalla circostanza che, con decreti -OMISSIS- del 16 aprile 2018 e -OMISSIS- del 1 agosto 2018 la Corte di appello di Reggio Calabria ha revocato le misure di prevenzione nei confronti del sig. -OMISSIS- -OMISSIS-).
3 – i medesimi vizi anche in relazione alla mancanza di concreto pericolo di condizionamento attuale;
4 – i medesimi vizi con riferimento alla parte della sentenza, in cui si sostiene l’esistenza di cointeressenze economiche tra i -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS- e tra le due società agli stessi riconducibili, l’originaria ricorrente e la -OMISSIS-, che il giudice di prime cure farebbe discendere dalla esistenza del medesimo oggetto sociale;al contrario, la -OMISSIS- s.r.l. avrebbe trasferito la propria sede legale e avrebbe modificato la propria attività dapprima incentrata sul rapporto di agenzia con la -OMISSIS- proprio a seguito dell’emissione del decreto ingiuntivo n. -OMISSIS- per mancato pagamento delle provvigioni;la Società appellante avrebbe, dunque, convertito la propria attività in intermediazione di -OMISSIS- prima impostata sul rapporto di agenzia, che aveva ad oggetto la promozione della vendita di prodotti della -OMISSIS- nelle zone di competenza, anche a causa dei conflitti personali tra i -OMISSIS- e le famiglie di -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-;la -OMISSIS- era, peraltro, poi posta in liquidazione dopo il 2012;
5 – i medesimi vizi e violazione degli artt. 24, 27, 41, 97 e 111 Cost., nonché difetto di istruttoria, in quanto tra i due -OMISSIS- non sussisterebbe più neppure un rapporto personale sin dal 2008;
6 – i medesimi vizi, oltre all’eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e travisamento dei fatti per mancanza di elementi indicativi di collegamenti di affari ulteriori rispetto alla mera relazione familiare.
Afferma l’appellante che anche i rapporti con la -OMISSIS- -OMISSIS- sarebbero andati degradando;il sig. -OMISSIS- non avrebbe mai avuto rapporti con i parenti della sig.ra -OMISSIS-, -OMISSIS- (-OMISSIS- della -OMISSIS- -OMISSIS-), che, peraltro ,non conviverebbe con la stessa da tempo e neanche la sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS- - -OMISSIS- di -OMISSIS- - avrebbe mai intrattenuto relazioni con i congiunti della -OMISSIS- del proprio -OMISSIS- -OMISSIS-, gravati dai procedimenti penali indicati nell’informativa;l’intero nucleo familiare (composto da -OMISSIS- -OMISSIS-, dal -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS-) non sarebbe stato colpito da alcun provvedimento penale.
Quanto ai rapporti con -OMISSIS-, dai bilanci dell’ente risulta un fatturato scarsissimo, che non giustificherebbe alcun potere di controllo.
Inoltre, quanto ai rapporti tra l’Amministratore unico della -OMISSIS- ed il personale -OMISSIS- e amministrativo dell’Azienda esso sarebbe da ritenere normale, in considerazione dell’attività svolta dalla Società nella manutenzione di -OMISSIS-.
Si è costituito il Ministero per resistere, ribadendo l’ampiezza del potere valutativo del Prefetto, nonché la stretta collaborazione tra il -OMISSIS- -OMISSIS- ed il -OMISSIS- e la posizione subordinata del primo rispetto al secondo.
A seguito della rinunzia alla pronunzia cautelare, la causa è trattenuta in decisione all’udienza del 25 luglio 2019.
II – Osserva il Collegio che - come precisato ex multis dalla sentenza di questa Sezione 3 maggio 2016, n.1743 - : “ l'impianto motivazionale dell'informativa (…) deve fondarsi su una rappresentazione complessiva, imputabile all'autorità prefettizia, degli elementi di permeabilità criminale che possano influire anche indirettamente sull'attività dell'impresa, la quale si viene a trovare in una condizione di potenziale asservimento - o comunque di condizionamento - rispetto alle iniziative della criminalità organizzata di stampo mafioso (ovvero "comunque localmente denominata') ” e che “ È estranea al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (né - tanto meno - occorre l'accertamento di responsabilità penali, quali il "concorso esterno' o la commissione di reati aggravati ai sensi dell' art. 7 della L n.203 del 1991 ), poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell'informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante” . Mentre “ Occorre invece valutare il rischio di inquinamento mafioso in base all'ormai consolidato criterio del più "probabile che non', alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso ” e “ Per questo gli elementi posti a base dell'informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione” .
III – Orbene, nella specie che occupa, l’informazione antimafia gravata evidenzia un complesso quadro emerso dagli accertamenti di polizia:
- il -OMISSIS- -OMISSIS- oltre ad essere stato interessato dall’episodio relativo al -OMISSIS-, risulta aver subito un -OMISSIS- alla -OMISSIS- nel 2003;lo stesso è stato, altresì, in passato controllato con il -OMISSIS- -OMISSIS-;
- il -OMISSIS-, per l’appunto, è stato interessato da vari precedenti penali, sottoposto a misure di prevenzione, con riferimento a reati ‘spia’ e specificamente in operazioni contro la ‘ndrangheta (‘-OMISSIS-’ e ‘-OMISSIS-’ anche di recente).
In particolare, differentemente da quanto affermato dall’appellante, il provvedimento gravato si sofferma ampiamente sui collegamenti familiari dell’amministratore unico della Società appellante e sulle interessenze economiche, come evidenziato già dal primo giudice.
La -OMISSIS- s.r.l. risulta aver ad oggetto la manutenzione ordinaria e straordinaria di strutture per la commercializzazione di articoli -OMISSIS-, -OMISSIS-, il -OMISSIS- e le -OMISSIS-.
Il Sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, cui è riconducibile la -OMISSIS-, risulta coinvolto in una serie di procedimenti aventi ad oggetto i rapporti con le cosche -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- operanti in ampi settori dell’economia locale. Tali dati emergono direttamente dalla Informativa senza che possa ravvisarsi la dedotta ‘integrazione di motivazione’ asserita da parte appellante.
Rispetto a tali elementi deve riaffermarsi il consolidato principio di questo Consiglio, in forza del quale il quadro indiziario dell’infiltrazione mafiosa posto a base dell’interdittiva prefettizia deve dar conto, in modo organico e coerente, ancorché sintetico, di quei fatti aventi le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, dai quali, sulla base della regola causale del “più probabile che non”, il giudice amministrativo, chiamato a verificare l’effettivo pericolo di infiltrazione mafiosa, possa pervenire in via presuntiva alla conclusione ragionevole della effettiva sussistenza di tale rischio ( ex multis , cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4657/2015;n. 1328/2016;n. 4295/2017).
La enunciata regola causale del “più probabile che non” integra un criterio di giudizio di tipo empirico-induttivo, che ben può essere integrato da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso) e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio, poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell’informazione antimafia, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante.
Sul significato di questa regola di giudizio, questo Consiglio (n. 2343 del 2018, del 26 aprile 2017, n. 1923 e n. 3173 del 28 giugno 2017) ha affermato che “ l’interdittiva antimafia, “per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la necessaria prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali sia plausibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un possibile condizionamento da parte di queste. Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, n. 2342/2011;n. 5019/2011;n. 5130/2011;n. 254/2012;n. 1240/2012;n. 2678/2012;n. 2806/2012;n. 4208/2012;n. 1329/2013;sez. VI, n. 4119/2013;sez. III, n. 4414/2013;n. 4527/2015;n. 5437/2015;n. 1328/2016;n. 3333/2017)”.
Nella specie, il provvedimento in oggetto si presenta immune dai vizi dedotti, e dalla carenze motivazionali e di istruttoria, proprio alla luce dei collegamenti economici e parentali che si presentano intrinsecamente coerenti con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso;né assume rilevanza la risalenza nel tempo dell’episodio dell’accompagnamento -OMISSIS- del boss -OMISSIS-, sopra richiamato.
Ancora, va rilevato che la pronunzia -OMISSIS- del 2018 della Corte di Cassazione, che ha ritenuto non sussistere l’attualità della pericolosità per l’adozione delle misure di prevenzione a carico di -OMISSIS- -OMISSIS-, facendo riferimento all’orientamento in tema di pericolosità di cui alla sentenza -OMISSIS- ha riguardato un aspetto che non esclude – e la Corte infatti non si pronuncia sul punto - l’appartenenza all’associazione criminosa.
IV – Per tutto quanto sin qui ritenuto, l’appello deve essere respinto e per l’effetto deve essere confermata al sentenza n. -OMISSIS-.
L’appellante è condannata al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che sono quantificate in euro 4000,00 (quattromila/00) a favore delle Amministrazioni appellate.