Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-03-04, n. 201301268

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-03-04, n. 201301268
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201301268
Data del deposito : 4 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04403/2012 REG.RIC.

N. 01268/2013REG.PROV.COLL.

N. 04403/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso r.g.a.n. 4403/2012, proposto da:
T A e L L, rappresentati e difesi dagli avv.ti V I e Gianfranco D'Angelo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F F, in Roma, via Ugo De Carolis, 101;

contro

Comune di Ottaviano, in persona del sindaco in carica, n.c.;

nei confronti di

Ministero delle politiche agricole e forestali, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sezione III, n. 5520/2011, resa tra le parti e concernente la sospensione dei lavori e la demolizione delle opere abusivamente edificate .


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato.

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2013, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, l'avvocato dello Stato Camassa e l'avv. Starace, per delega dell'avv. V I.

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.


FATTO

A) Con il ricorso principale di primo grado, T A impugnava la disposizione dirigenziale n. 15 dell’8 febbraio 2006, prot. n.2188, con cui il Comune di Ottaviano, VII settore, aveva ordinato la sospensione dei lavori e la demolizione di quanto abusivamente realizzato nell’immobile adibito a ristorante “Il Villino”, sito in Ottaviano, via delle Delizie, e in Zona 2 del Parco nazionale del Vesuvio, consistente nell’accorpamento del locale cucina con annessa tettoia-veranda (oggetto di domanda di condono edilizio: pratica n. 810/1986 del 15 gennaio 1986) e dell’adiacente tettoia chiusa su tre lati (oggetto di domanda di condono edilizio prot. 6631/1995), come da verbale di sequestro del Corpo forestale dello Stato del 19 febbraio 2006 e comunicazione di notizia di reato del 3 febbraio 2006, nonché il provvedimento del comandante della stazione di Ottaviano del Corpo forestale dello Stato n. 120 dell’8 febbraio 2006.

B) Con successivi motivi aggiunti il T impugnava il verbale di accertamento d’inadempienza quanto all’ordine di demolizione di lavori edili, redatto dal Comune di Ottaviano - Comando di Polizia municipale, in data 13 ottobre 2008, prot. n. 5136/2008 p.m.e.;
il provvedimento prot. n. 13258 del 31 luglio 2008 con cui il Comune di Ottaviano, VII settore, aveva disposto che l’istanza di permesso di costruire a sanatoria, presentata ex art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, “non risulta procedibile” , e l’aveva rigettata;
infine, tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e comunque connessi, anche se già gravati con il ricorso principale.

Il Ministero intimato si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, che veniva respinto dal Tribunale amministrativo, con sentenza 23 novembre 2011, n. 5520 (qui impugnata), dopo che con ordinanza n. 1516/2006 era stata respinta un’istanza cautelare attinente al ricorso principale e, con ordinanza n. 305/2009 era stata, altresì, rigettata un’altra domanda cautelare concernente i motivi aggiunti.

C) Seguiva l’appello del T, proposto per le doglianze già dedotte in prima istanza (pure con i motivi aggiunti) e per errore di giudizio, omessa pronuncia, violazione degli artt. 24, 97, 111 e 113 della Costituzione, disapplicazione degli artt. 32 e 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, della legge regionale della Campania n. 21 del 2003 e degli artt. 3 e 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché violazione degli artt. 3 e 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 167 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, come pure dell’art. 10- bis della legge n. 241 del 1990 e s.m.i. (per omesso preavviso di rigetto ), e del principio di doverosa corrispondenza tra chiesto e pronunciato (ultrapetizione);
inapplicabilità dell’art. 21- octies della legge n. 241 del 1990 e s.m.i., eccesso di potere per errore, travisamento, falsi presupposti, omesso esame documentale, illogicità, carente ponderazione e manifesta ingiustizia.

D) Si costituiva in giudizio il Ministero appellato, che resisteva al gravame con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, mentre non si costituiva in giudizio il Comune di Ottaviano, pure appellato.

Con ordinanza n. 2492/2012, questa Sezione accoglieva un’istanza cautelare e, dopo il deposito di una memoria conclusiva da parte del T (in cui egli ribadiva la praticabilità di un’alternativa sanzione pecuniaria, per non danneggiare le parti non abusive degli edifici), il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e va accolto.

I) Anzitutto va rilevato che, contrariamente all’assunto dell’appellante, in ragione del carattere vincolato dell’atto, non occorre alcun avviso di avvio del procedimento per gli atti sanzionatori in materia edilizia, tra cui l’ordine di demolizione della costruzione abusiva (es.: Cons. Stato, II, 26 aprile 2002, n. 2560/01;
IV, 26 settembre 2008, n. 4659;
VI, 24 settembre 2010, n. 7129;
IV, 23 gennaio 2012, n. 282;
IV, 2 febbraio 2012, n. 615);
così come nel caso di diniego di concessione in sanatoria su istanza di condono, la successiva ordinanza di demolizione non è viziata per violazione dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990 in quanto, essendo stata adottata all’esito del procedimento avviato con istanza di condono dell’interessato, non si verte nell’ambito di applicazione dello stesso art. 7 (Cons. Stato, IV, 12 settembre 2007, n. 4827;
III, 26 maggio 2009, n. 1458/09).

Nemmeno si pone, in tema di sanzioni demolitorie, la questione del preavviso di cui all’art. 10- bis della stessa l. n. 241 del 1990, non trattandosi di procedimento sorto ad istanza di parte.

II) Inoltre, il fatto dell’intercorso lungo tempo dalla realizzazione dell’abuso al provvedimento sanzionatorio non elide, né aggrava quanto a motivazione, il doveroso e imprescrittibile esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’amministrazione pubblica: invero l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (es. Cons. Stato, V, 8 giugno 1994, n. 614;
IV, 16 aprile 2010, n. 2160;
V, 11 gennaio 2011, n. 79;
V, 27 aprile 2011, n. 2497;
VI, 11 maggio 2011, n. 2781;
IV, 20 luglio 2011, n. 4403).

III) Non fondata - salvo quanto si dirà - è poi la tesi difensiva per cui l’intervento si sarebbe estrinsecato in meri lavori di manutenzione straordinaria , non esigenti il permesso di costruire, trattandosi di un mero accorpamento - mediante l’eliminazione di un muro divisorio - di due volumi preesistenti (un locale-cucina e la contigua tettoia chiusa su tre lati, oggetto di distinte domande di condono edilizio: prot. n. 810/1986 e prot. n. 6631/1995), giacché l’accorpamento è vicenda che non ha a che fare con l’esistenza del titolo edilizio - logicamente precedente - delle unità che si accorpano: titolo edilizio che in principio è e resta quello proprio dei manufatti in cui le due unità consistono, vale a dire il permesso di costruire (ieri: la concessione edilizia), posto che patentemente si trascendono i limiti normativi della manutenzione straordinaria.

IV) Piuttosto era da considerare, alla luce dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 (poi art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001), che la valutazione circa la conformità “alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso [abuso] , sia al momento della presentazione della domanda” andava fatta non solo riguardo al manufatto in sé, ma anche quanto all’effetto finale del suo accorpamento con l’altro manufatto: per modo che se quella duplice disciplina urbanistica (c.d. doppia conforme ), nell’ipotesi favorevole all’assunto degli interessati, avesse consentito un pari ampliamento dell’altro corpo di fabbrica, la sanatoria sarebbe stata possibile.

Questo effetto complessivo avrebbe dovuto formare in sé oggetto di un’apposita valutazione amministrativa e conseguente motivazione, logicamente antecedenti all’ordine di demolizione.

In questi limitati termini è fondato l’assunto degli appellanti.

Rispetto a questa sola valutazione, dunque, l’Amministrazione rinnoverà, con particolare sollecitudine, per impedire il protrarsi di una situazione incerta, il procedimento.

V) Conclusivamente, e nei soli termini di quanto ora considerato , l’appello va accolto , con riforma dell’impugnata sentenza, accoglimento del ricorso di prima istanza, annullamento - nei sensi e nei limiti di cui sopra - degli atti ivi gravati anche - in via derivata - con i motivi aggiunti e spese del doppio grado di giudizio integralmente compensate tra le parti costituite, tenuto conto della natura procedimentale delle censure condivise in questa sede.

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