Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-01-30, n. 201500455

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-01-30, n. 201500455
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500455
Data del deposito : 30 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00014/2014 REG.RIC.

N. 00455/2015REG.PROV.COLL.

N. 00014/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14 del 2014, proposto da:
-OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. P C e M C, con domicilio eletto presso M C in Roma, Via G. Palumbo n. 26;



contro

U.T.G. - Prefettura di Caserta e Ministero della Difesa in persona dei rispettivi rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.12;



per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI SEZIONE I° n. 05410/2013

Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Caserta e di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell' udienza pubblica del giorno 27 novembre 2014 il Cons. R C e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Barbieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La società ricorrente, aggiudicataria della procedura di affidamento per i lavori di demolizione e ricostruzione solai di copertura del palazzo Salerno, sito in Napoli, aveva impugnato davanti al Tar per la Campania, sede di Napoli, il provvedimento interdittivo antimafia prot. n. 2973/12b.16/ANT/Area 1 del 21 dicembre 2012 adottato dal Prefetto di Caserta, nonché la comunicazione del Ministero della Difesa che, sulla base dello stesso provvedimento, aveva disposto la risoluzione del contratto deducendo motivi di violazione di legge e di eccesso di potere per presupposto erroneo, travisamento dei fatti, sviamento di potere, violazione del giusto procedimento, motivazione errata, perplessità, contraddittorietà, illogicità, atipicità dell'atto, falsità della causa.

Si costituivano il Ministero dell’ Interno e della Difesa, chiedendo il rigetto del ricorso.

Il Tar, quanto all’atto del Ministero della Difesa, riteneva che lo stesso fosse congruamente motivato facendo riferimento per relationem , nel corpo dell’atto iniziale del procedimento di risoluzione, alle informazioni rilasciate dall’autorità prefettizia, non essendo necessario citare testualmente i singoli atti dell’istruttoria.

Quanto al comunicazione della Prefettura di Napoli, dopo avere ricostruito diffusamente i caratteri propri della informativa antimafia come elaborati dalla giurisprudenza amministrativa, evidenziava che, nel caso, non emergevano sintomi di non corretto o illogico esercizio del potere esercitato o di insufficiente istruttoria, né un travisamento in merito alla valutazione dei fatti acquisiti.

Infatti nelle note acquisite agli atti, gli organi investigativi avevano sottolineato che il “ direttore tecnico ” della società, già dipendente della stessa, era stato coinvolto in un’indagine penale per reati di riciclaggio al fine di favorire il clan egemone sul territorio.

Il fatto che il suddetto “direttore tecnico” fosse uscito dalla compagine sociale non aveva alcun significato nella vicenda, non essendo tale fatto idoneo a sconfessare gli elementi obiettivamente sintomatici di connessione o collegamenti indiziari con la criminalità organizzata risultanti dalle indagini, mentre era evidente il pericolo di infiltrazione diretto a condizionare le scelte di un operatore economico nei suoi rapporti con l’ente pubblico, desumibile dall’inserimento nella struttura societaria di un soggetto chiaramente vicino all’organizzazione criminale dominante sul territorio (clan -OMISSIS-), tanto più che il soggetto in questione era avvinto da un duplice legame di parentela con i due soci della società.

A ciò doveva aggiungersi che il medesimo soggetto era stato proposto per l’applicazione di una misura di sequestro di beni, poi annullata in sede di riesame.

Se era vero che il Tribunale del riesame non aveva reperito elementi di collegamento sufficienti ai fini dell’estensione della misura patrimoniale in quanto era stato escluso un collegamento patrimoniale diretto tra il soggetto di cui sopra ed il clan -OMISSIS-, restava implicita e significativa la vicinanza dello stesso nella trama degli interessi economici del “ clan dei -OMISSIS-”.

Risultava insignificante la mancanza di una carica formale di gestione della società in capo al soggetto sospettato, in quanto doveva darsi rilievo al pericolo di condizionamento nella gestione societaria, non irragionevolmente dedotto dalla presenza nell’organico della società e dal significativo legame di parentela con i soci.

In sintesi, i plurimi legami familiari ed il contesto societario di riferimento (strutturazione di una rete di società suscettibile di favorire gli interessi economici del clan di riferimento, consentendo agli stessi di ripulire i capitali illeciti) rappresentavano elementi da cui, ragionevolmente, poteva dedursi che sussisteva il pericolo di infiltrazione mafiosa, atteso che la compagine societaria, proprio in ragione dei predetti, persistenti legami economici e familiari, non assicurava assoluta impermeabilità circa possibili pressioni malavitose.

2. - Nell’atto di appello la società ricorrente evidenzia che :

-contrariamente a quanto ritenuto dal Tar il signor M.L. era responsabile tecnico e non direttore tecnico e non aveva poteri

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