Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-03-09, n. 201101516

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-03-09, n. 201101516
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101516
Data del deposito : 9 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03466/2004 REG.RIC.

N. 01516/2011REG.PROV.COLL.

N. 03466/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3466 del 2004, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

D G, rappresentato e difeso dagli avv. G Allocca, G D, R M, con domicilio eletto presso G Allocca in Roma, via G. Nicotera, 29, rappresentato e difeso dagli avv. G Allocca, G D, R M, con domicilio eletto presso R M in Roma, via Paolo Emilio 34;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA n. 00010/2004, resa tra le parti, concernente IRROGAZIONE DELLA SANZIONE DELLA PERDITA DEL GRADO PER MOTIVI DISCIPLINARI


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2010 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Alfieri Zullino su delega di Mandolesi e l'avv. dello Stato Galluzzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso al TAR Lombardia (sez. di Brescia) il sig. G D (in data 29/10/1981 arruolato nell’Arma dei Carabinieri ed assegnato alla Legione di Genova) domandava l'annullamento della determinazione della Direzione generale per il personale militare del Ministero della Difesa in data 28/05/2002, recante irrogazione della sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari. Il ricorrente esponeva in proposito quanto segue.

In conseguenza di fatti verificatisi dal settembre 1993 al luglio 1994 – relativi a reato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti – in data 26/10/1994 il G.I.P. di Genova irrogava a carico del ricorrente la misura cautelare della sospensione per due mesi dalle funzioni di carabiniere, mentre con provvedimento 17/8/1998 la Procura della Repubblica di Genova chiedeva il rinvio a giudizio, poi disposto con decreto del G.I.P. 10/11/2000, per i reati di “concorso in traffico illecito di sostanze stupefacenti aggravato e continuato” e di “corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio aggravato e continuato”. Nel frattempo il ricorrente veniva trasferito, a domanda, alla stazione di Edolo (BS), dove tuttora risiede con la moglie e i due figli.

Il Tribunale di Genova, con sentenza 12/7/2001, dichiarava il Sig. D colpevole del reato di cui all’art. 73 del D.P.R. 9/10/1990 n° 309, nell’ipotesi attenuata di cui al comma 5, condannandolo alla pena di anni 1 e mesi 2 di reclusione, per aver accettato di custodire alcune dosi di eroina per conto di una persona tossicodipendente che collaborava con le forze dell’ordine;
contestualmente, veniva assolto, per insussistenza dei fatti, dai più gravi capi di imputazione di cui alla richiesta di rinvio a giudizio, ma era dichiarato interdetto dai pubblici uffici per dodici mesi e gli venivano riconosciute la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna.

Di tutti gli avvenimenti veniva notiziato il Comando, il quale nella persona del Comandante della Regione Carabinieri Lombardia disponeva, in data 31/1/2002, lo svolgimento di accertamenti disciplinari a carico del ricorrente, incaricando all’uopo il Capitano della Compagnia di Brescia con lettera 1/2/2002. Questi, con richiesta in data 11/2/2002, chiedeva al D giustificazioni, fornite con dichiarazione in data 15/2/2002. Di seguito il Comandante, con determinazione del 19/3/2002, deferiva il ricorrente al giudizio della Commissione di disciplina la quale, ritualmente convocata, si esprimeva dichiarando l’appuntato “non meritevole di conservare il grado”. Infine, con determinazione in data 28/5/2002, la Direzione generale per il personale militare irrogava la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari ai sensi dell’art. 34, n° 6 della L. 18/10/1961 n° 1168 e, per l’effetto, la cessazione dal servizio permanente ai sensi dell’art. 12 lett. f) della medesima L. 1168/61. Contro tale provvedimento proponeva il menzionato ricorso il Sig. D, deducendo i seguenti motivi: violazione delle norme che disciplinano il procedimento disciplinare, violazione dell’art. 3 L. 7/12/1990, n° 241 da parte della Commissione di disciplina, insufficiente istruttoria, violazione dei principi di gradualità e proporzionalità nell’irrogazione delle sanzioni disciplinari e conseguenze irragionevolezza ed illogicità del provvedimento finale.

Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso proposto;
di qui l’appello proposto dal Ministero della difesa ed affidato ai motivi trattati nel prosieguo dalla presente decisione.

Resiste all’appello il sig. D, il quale ha depositato memoria illustrando le proprie difese.

Con ordinanza n. 2972/04, il Consiglio ha accolto l’istanza di sospensione della sentenza impugnata, avanzata dall’appellante Ministero.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- La controversia sottoposta alla Sezione verte sulla legittimità di sanzione di perdita del grado per rimozione, disposta per motivi disciplinari nei confronti di appartenente all’Arma dei Carabinieri.

2.- Con la gravata decisione di accoglimento , il TAR ha annullato il provvedimento giudicando fondati il secondo ed il terzo motivo di ricorso che deducevano, rispettivamente, la violazione dell’art. 3 della L. 241/90 e dell’art. 114 del T.U. 3/57 (in quanto il Consiglio di disciplina avrebbe omesso una compiuta valutazione della gravità dei fatti, anche alla luce delle giustificazioni dell’incolpato) e la inosservanza del principio di proporzionalità, per il quale occorreva graduare la sanzione disciplinare in ragione della gravità del fatto ascritto. L’appellante Ministero avversa la sentenza sotto entrambi i profili svolti.

2.1- In merito al sostenuto difetto di motivazione, il Ministero obietta che il giudizio della Commissione di disciplina non ha la natura di un parere e che, ai sensi dell’art. 42 della legge n.1168/1961, la Commissione si pronunzia a maggioranza sul quesito se il militare sia o meno meritevole di perdere il grado, non essendo quindi necessario che in quella sede emergano le motivazioni del deliberato assunto. Il motivo è fondato.

A parte il fatto che le delibere collegiali, in quanto risultato complessivo di singole e spesso differenti volontà dei componenti, mal si prestano contenere contestuale motivazione, la Sezione osserva che le ragioni di una sanzione disciplinare emergono normalmente dal contenuto degli atti (non collegiali) che scandiscono e compongono il relativo procedimento, ed il giudice amministrativo è chiamato a valutare la sussistenza di profili di eccesso di potere con riferimento al formarsi di una motivazione complessivamente sufficiente a sostenere il provvedimento sanzionatorio finale. In particolare, a detto scopo, assumono rilievo l’atto di contestazione degli addebiti, la relazione del funzionario istruttore, le difese del’incolpato ed infine un adeguata sintesi valutativa che deve essere presente nella determinazione finale adottante la sanzione. Ciò premesso il Collegio, deve escludere che la misura di cui è controversia possa ritenersi affetta da difetto di motivazione, poiché, come deduce l’appellante Ministero, nella fattispecie l’amministrazione ha manifestato con sufficiente chiarezza le ragioni negative, ponendo in evidenza la gravità del comportamento nella specie tenuto dal militare. In particolare quest’ultima valutazione, che trae origine dai fatti accertati in sede penale a carico del ricorrente, risulta presente nella stessa determinazione che ha irrogato la sanzione , dove, successivamente alla descrizione dell’illecito commesso, il direttore generale richiama e valuta le memorie difensive dell’inquisito, ritenendole ininfluenti a fronte della gravità dei fatti accertati.

2.2.- Anche i rilievi svolti dall’appello con riferimento al secondo aspetto controverso (il principio di proporzionalità) meritano di essere condivisi, e ciò senza smentire la validità dei principi pur richiamati dal TAR in tema di procedimenti disciplinari in genere. Sul punto l’appellante ricorda, in particolare, che la gravità dei fatti accertati a carico del D costituisce indubbio detrimento per l’immagine dell’Arma . Ed invero è certamente corretto ricordare, sul piano dei principi generali, che “ ciascun sistema di repressione degli illeciti disciplinari è retto dai criteri di proporzionalità e gradualità delle misure afflittive”, che ciò “ significa che ogni sanzione deve essere adeguata nella sua intensità alla gravità del fatto addebitato, alla conclusione dell’attività istruttoria” e che , infine, “tale ultima fase assume – per pacifica opinione – fondamentale importanza per la tutela dell’inquisito e del suo diritto di difesa costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.), particolarmente ove si ipotizzi l’irrogazione delle sanzioni più gravi.. Ciò nondimeno il Collegio deve rilevare che tali principi non possono operare nell’ordinamento militare in casi in cui la gravità del fatto assume dimensioni che, in stretta relazione alla funzione del Corpo di appartenenza, risultano assolutamente incompatibili con la natura dei fatti commessi;
nella fattispecie questi consistono in comportamenti che indiscutibilmente proprio l’Arma dei Carabinieri è tenuta a reprimere, sicché il provvedimento disciplinare viene ad essere, in sostanza, legittimamente motivato “in re ipsa” perché conseguente a condotta posta in essere in spregio ai doveri specifici del militare appartenente al Corpo ed al prestigio di quest’ultimo. Come la Sezione ha già avuto occasione di affermare, in queste fattispecie non è necessario procedere, come invece rilevato dai primi giudici, ad una minuziosa e motivata graduazione della sanzione prescelta , essendo sufficiente, per giungere alla sanzione di massima gravità, un giudizio che ponga in correlazione la natura dei fatti ascritti con la particolare funzione rivestita dall’agente (per il principio v. Cons. di Stato, sez. IV, n.5475/2008).

2.3.- - Quanto sin qui osservato esaminando le due censure d’appello, permette, infine, di ritenere infondata anche la tesi svolta dal TAR per la quale sarebbe stato omesso ogni riferimento alle circostanze – favorevoli al ricorrente – emerse nel procedimento, ossia alla detenzione di modesti quantitativi di eroina per conto di persona che svolgeva il compito di confidente. Ed invero, anche a non considerare che il provvedimento disciplinare ha comunque espresso una seppur sintetica valutazione di pregressi elementi generali favorevoli all’incolpato, la natura di quest’ultimi, a parere del Collegio, preclude ogni loro incidenza al fine di ridimensionare la gravità del comportamento sanzionato.

Legittimamente, pertanto, il Ministero aveva determinato di irrogare la massima sanzione prevista dall’ordinamento.

3.- In conclusione il ricorso in appello risulta meritevole di accoglimento, con le conseguenze del caso e di cui in dispositivo.

4.- Sussistono giuste ragioni per non porre a carico dell’appellato le spese del presente grado di giudizio, attesa non evidente erroneità della tesi da egli svolta in primo grado ed accolta dal TAR.

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