Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-05-14, n. 201502425

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-05-14, n. 201502425
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502425
Data del deposito : 14 maggio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03563/2013 REG.RIC.

N. 02425/2015REG.PROV.COLL.

N. 03563/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3563 del 2013, proposto da:
Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

N S, rappresentato e difeso dagli avv. M S, F C, con domicilio eletto presso Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio - Roma: sezione I n. 01359/2013, resa tra le parti, concernente conferimento ufficio semidirettivo di presidente della sezione G.I.P. del Tribunale di Palermo


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di N S;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2015 il cons. Giuseppe Castiglia;
uditi per le parti l’avvocato dello Stato Giustina Noviello e l’avv. M S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con delibera del 19 maggio 2011, il Consiglio superiore della magistratura ha conferito al dottor Cesare V le funzioni semidirettive giudicanti di primo grado e lo ha destinato alla sezione G.I.P. del Tribunale di Palermo, con funzioni di presidente.

Il dottor N S, che pure aveva partecipato al concorso per la copertura del posto, ha impugnato il provvedimento con ricorso principale e motivi aggiunti.

Con sentenza 7 febbraio 2013, n. 1359, il T.A.R. del Lazio, sez. I, ha accolto il primo motivo del ricorso, ritenendo che il C.S.M., in un quadro di riconosciuta eccellenza dei profili di entrambi i candidati, avrebbe attribuito valore determinante a un requisito (“eccellente conoscenza delle problematiche relative all’ambiente giudiziario palermitano”) non previsto dalla normativa di settore, primaria e secondaria, palesemente illogico e discriminatorio.

Il C.S.M. e il Ministero della giustizia hanno interposto appello contro la sentenza.

Come risulterebbe dalla lettura della comparazione effettuata, il C.S.M. non avrebbe affatto giustificato la prevalenza del dottor V sulla sola conoscenza della realtà giuridica palermitana;
l’utilizzazione di tale parametro, peraltro, sarebbe espressione dell’ampia discrezionalità valutativa rimessa all’Organo di autogoverno nella scelta del candidato più idoneo a ricoprire un incarico semidirettivo. Il ricorso del dottor S sarebbe stato inteso a ottenere in sede giudiziale una nuova comparazione fra i candidati e la decisione impugnata avrebbe travalicato dai confini propri del sindacato giurisdizionale che, quanto al controllo della motivazione nel conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi da parte del C.S.M., dovrebbe limitarsi ad accertare la mancanza di vizi di incongruenza evidente o di illogicità manifesta - nel caso inesistenti - nella delibera gravata.

Il dottor S si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, riproponendo i motivi di impugnazione non esaminati dal Giudice di primo grado perché ritenuti assorbiti.

1. Violazione di legge ed eccesso di potere, perché una corretta applicazione del parametro di valutazione del profilo attitudinale avrebbe dovuto determinare la prevalenza dell’appellato. Non solo il C.S.M. non avrebbe compiuto un effettivo raffronto, ma ne avrebbe trascurato:

la pluriennale competenza come G.I.P. presso il Tribunale di Catania e come presidente aggiunto - per otto anni - della sezione G.I.P. del Tribunale di Trieste;
il dottor V non avrebbe mai svolto le funzioni di G.I.P. o di G.U.P.;

le eccezionali valutazioni ricevute dai capi degli uffici e dai consigli giudiziari nei pareri relativi a un continuato esercizio di funzioni semidirettive (nella sezione G.I.P. di Trieste) e direttive (come presidente del Tribunale distrettuale di sorveglianza di quella città) a partire dal 1998 a oggi, tali da rendere recessiva la valutazione, pur lusinghiera, del profilo della controparte;

l’ultraventennale esperienza antimafia, inequivocabilmente superiore a quella dell’altro concorrente;

l’esperienza in materia di criminalità economica e nell’organizzazione e direzione di procedimenti particolarmente complessi;

le pregresse funzioni svolte anche come giudice civile, giudice del lavoro, della sezione agraria e delle procedure concorsuali, presidente f.f. del collegio penale e del Tribunale, pubblico ministero, membro del collegio competente per i reati ministeriale;

la capacità organizzativa manifestata, come presidente aggiunto della sezione G.I.P. del Tribunale di Trieste, nella riorganizzazione dell’ufficio;

le capacità informatiche;

l’eccezionale produttività;

i continui aggiornamenti;

la circostanza di aver dedicato l’intera attività professionale alle funzioni giudicanti, diversamente dal dott. V.

2. Il C.S.M. avrebbe poi trascurato di approfondire una possibile situazione di incompatibilità del dottor V, sollevata in Commissione e non coltivata.

Con successiva memoria, il dottor S difende la sentenza impugnata dalle critiche mosse con l’appello circa l’illegittima preferenza accordata al c.d. criterio della territorialità che - oltre a essere extra legem , illogico e discriminatorio - renderebbe impossibile ogni effettiva alternanza negli uffici.

All’udienza pubblica del 14 aprile 2015, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

In premessa, la Sezione ritiene di sottolineare come la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non sia stata contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

Nel merito della questione, va ricordato che l’Assemblea plenaria del C.S.M. ha conferito l’ufficio giudiziario controverso facendo propria la proposta della Quinta Commissione.

Questa, dopo avere richiamato la normativa primaria e secondaria che disciplina il conferimento delle funzioni semidirettive, quali quella oggetto del procedimento (particolare rilievo da accordarsi ai parametri delle attitudini e del merito;
valore secondario del parametro dell’anzianità, da intendersi solo in termini di indice dell’esperienza professionale acquisita) e illustrati i curricula professionali dei diversi candidati, ha concluso proponendo la nomina nell’ufficio del dottor V.

Sul punto specifico del raffronto tra quest’ultimo e il dottor S, la delibera si esprime nei termini che seguono:

<<La sua - del dottor V – “spiccata attitudine al coordinamento ed alla direzione del lavoro proprio e altrui”, che ha permesso di conseguire “ottimi risultati a livello qualitativo e quantitativo nella sezione presieduta”, concorre a spiegare – unitamente alla eccellente conoscenza delle problematiche relative all’ambiente giudiziario palermitano, presso il quale egli opera interrottamente dal 1983 – la sua prevalenza rispetto a quegli aspiranti che, pur avendo svolto, in modo ottimale, incarichi direttivi (è il caso del dottor S), non hanno mai prestato servizio presso uffici giudiziari palermitani>>.

Le parti discutono sul significato da dare a questo passaggio della motivazione.

Secondo il ricorrente vittorioso in primo grado, e secondo il T.A.R. che ne ha accolto le tesi, la delibera impugnata, a parità di altri requisiti considerati (la spiccata attitudine al coordinamento e alla direzione del lavoro proprio e altrui, da un lato;
lo svolgimento in modo ottimale di incarichi direttivi, dall’altro) avrebbe attribuito valenza premiante a un criterio distinto e ulteriore (la permanenza negli uffici giudiziari palermitani), non previsto dalla normativa né primaria né secondaria e perciò illegittimo.

Per l’Amministrazione, invece, il profilo in questione concorrerebbe solo in parte a spiegare le ragioni della preminenza riconosciuta al dottor V, senza avere in alcun modo carattere assorbente o definitivo, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità rimessa all’Organo di autogoverno quanto alla scelta del candidato più idoneo a ricoprire un incarico semidirettivo.

Ritiene il Collegio che la delibera impugnata - nell’ambito della valutazione delle “specifiche attitudini direttive” (par.

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