Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-01-18, n. 201700192

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-01-18, n. 201700192
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700192
Data del deposito : 18 gennaio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/01/2017

N. 00192/2017REG.PROV.COLL.

N. 09877/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9877 del 2015, proposto da:
A M, rappresentato e difeso dall'avvocato Rosa Carlo C.F. CRLRSO72E60L086J, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via al Quarto Miglio N.50;

contro

Ministero della Giustizia non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 12532/2015, resa tra le parti, concernente statuizione sulle spese del giudizio relativo all'esecuzione del giudicato del decreto emesso dalla corte di appello di roma nel procedimento n.59978/2010 - corresponsione somme - (legge pinto)


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2017 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati nessuno comparso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La parte oggi appellante con ricorso per ottemperanza ha chiesto al Tribunale di ordinare all’Amministrazione di eseguire il provvedimento del Giudice civile col quale le era stato riconosciuto l’indennizzo previsto dalla legge n. 89 del 2001 ( c.d. legge Pinto) per la violazione dei termini di ragionevole durata del processo.

Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale da un lato ha accolto il ricorso ordinando all’Amministrazione di procedere al pagamento dell’indennizzo;
dall’altro ha condannato l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite in misura forfettariamente determinata.

La sentenza è impugnata con l’appello all’esame dalla parte originariamente ricorrente la quale lamenta l'erroneità del criterio di determinazione delle spese di giudizio, per violazione dei minimi tariffari di cui al DM 55/2014 nonché la mancata valutazione dell'attività professionale del difensore, con conseguente vantaggio economico per la parte che ha ritardato il pagamento.

L’appello non è fondato.

In generale, la giurisprudenza amministrativa consolidata ritiene infatti che la sindacabilità in appello della condanna alle spese comminata in primo grado, in quanto espressiva della discrezionalità di cui dispone il giudice in ogni fase del processo, è limitata solo all'ipotesi in cui venga modificata la decisione principale, salvo la manifesta abnormità (ex multis V sez. n. 4936 del 2015 e III sez. N. 4808 del 2015).

A ciò deve aggiungersi, per quanto concerne in particolare la misura delle spese, che la giurisprudenza ( cfr. ad es. III Sez. n. 1262 del 2016) ha sin qui sostanzialmente avallato la prassi consolidata del giudice amministrativo di procedere alla liquidazione di spese e onorari in misura forfetaria, senza pedissequamente attenersi ai limiti minimi/massimi della tariffa professionale, in applicazione di criteri di equità solitamente non esplicitati in sentenza (prassi cui si è solitamente adeguata anche quella degli avvocati di non allegare la nota degli onorari e delle spese con riferimento alle singole voci della tabella).

In tale ottica i criteri di liquidazione vengono rinvenuti non tanto nel raffronto fra la tariffa professionale e il valore economico della causa, quanto piuttosto in circostanze eterogenee, intrinseche all'intero giudizio, variabili di volta in volta, quali la maggiore o minore complessità delle questioni affrontate, l'applicazione di precetti giurisprudenziali consolidati, la natura della pretesa di cui si chiede l'affermazione, il comportamento tenuto dall'amministrazione nel caso concreto, etc. ( ad es. V Sez. n. 3587 del 2013).

Ciò premesso, dal momento che nel caso all’esame la difficoltà di trattazione della causa, oltretutto seriale, era evidentemente minima, l’appello va respinto.


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