Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-01-05, n. 201500010

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-01-05, n. 201500010
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500010
Data del deposito : 5 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08870/2013 REG.RIC.

N. 00010/2015REG.PROV.COLL.

N. 08870/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8870 del 2013, proposto da:
P A, rappresentato e difeso dall'avv. A P, con domicilio eletto presso Fabio Scatamacchia in Roma, via XX Settembre, 98/G;

contro

Comune di Vicenza, nella persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. L C, con domicilio eletto presso Fabio Francesco Franco in Roma, via P. Luigi da Palestrina, 19;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 00460/2013, resa tra le parti, concernente diniego sanatoria edilizia


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Vicenza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2014 il Cons. V C e uditi per le parti gli avvocati Perin e Checchinato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Risulta dalla sentenza appellata che il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha respinto il ricorso proposto dal ricorrente avverso il diniego di condono edilizio manifestato dal comune di Vicenza (atto prot. n. 89859 del 4 dicembre 2012 in esito a preavviso di rigetto riscontrato dall’interessato) relativamente a due domande di sanatoria (1136/Con e 1137/Con): questi condoni concernono rispettivamente cambio di destinazione d’uso da annesso rustico ad abitazione e modifica dell’imposta del primo impalcato (istanze che sono state unificate dall’Ufficio tecnico comunale nel citato provvedimento di rigetto per ragioni di economicità procedimentale in quanto inerenti alla stessa unità immobiliare).

Il primo giudice precisa in sentenza che, con nota del febbraio 2008 è stata data comunicazione dell’assentibilità delle due richieste, salvo l’assolvimento dell’onere di versare le somme ivi indicate a titolo di oblazione;
che, in esito a specifica richiesta del tecnico incaricato dal ricorrente, con nota del 3 aprile 2008 è stato specificato da parte dell’amministrazione che per l’abuso di cui alla domanda n. 1136/CON, tipologia 1, non vi era contestazione circa il dovuto, mentre per l’altra istanza di condono, n. 1137/CON, si era determinata una diversa quantificazione, implicante una maggiorazione del dovuto, per effetto della diversa classificazione dell’intervento (da tipologia 6 a 1);
che a dette note parte ricorrente non aveva opposto alcuna contestazione, astenendosi dal versare la differenza del dovuto, così come ricalcolato dall’amministrazione.

Detta pronuncia conclude quindi che, per quanto riguarda la riconducibilità dell’abuso n. 1337/CON alla tipologia 1 o 6, le contestazioni di parte ricorrente sono tardive, in quanto della diversa classificazione operata dall’amministrazione il ricorrente risultava già edotto alla data della comunicazione della nota del 3 aprile 2008 e che, in ogni caso, ai sensi degli artt. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e dell’art. 48 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il mancato versamento dell’oblazione dovuta, nella sua integralità, comporta necessariamente il diniego della sanatoria.

2.- Con l’appello, fondato su tre motivi di censura, il ricorrente, dopo aver precisato in punto di fatto la questione di causa e della contestata tardività, critica la sentenza nei diversi assunti della carenza di motivazione del provvedimento impugnato e degli atti amministrativi ad esso presupposti, che non avrebbero mai spiegato i motivi della qualificazione dell’abuso in colonna 1 anziché 6 come richiesto;
per l’erronea, contraddittoria ed illogica pretesa, confondendo il comune la cubatura con la superficie;
a causa della manifesta contraddittorietà ed illogicità del provvedimento di diniego del condono, non essendo stata modificata la superficie utile dei locali.

Resiste in giudizio il comune appellato che, con la memoria depositata il 16 gennaio 2014, richiama i chiarimenti dati nel 2008 e la circostanza affermata che la maggior altezza del piano terra e del solaio avrebbe “ comportato un aumento della superficie cosiddetta convenzionale di cui non si poteva non tener conto in sede di condono ”.

Alla pubblica udienza del 20 maggio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

3.- Osserva in linea preliminare il Collegio che nella fattispecie si discute solo del condono circa la vicenda edilizia n. 1137/CON. Infatti, quanto alla domanda n. 1136/CON, per stessa ammissione comunale l'interessato ha comunque effettuato il pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione,nella misura dovuta alla stregua dei parametri stabiliti dalla legge. Il relativo cumulo provvedimentale è dettato da semplici ragioni di economia procedimentale e non può alterare la spettanza, l' an e il quantum della pretesa dell'obbligazione gravante sull’interessato.

Relativamente all’istanza di condono n. 1137/CON va rilevato che le conclusioni della sentenza impugnata non sono da condividere. Infatti i chiarimenti dati al tecnico nel 2008 non sono suscettibili di anticipare o superare il preavviso di rigetto e il collegato diniego di condono qui in questione, che sono pertinenti alla corretta entità dell'oblazione dovuta.

L’appello va perciò accolto e la sentenza deve essere riformata, avuto riguardo ai parametri di legge, dai quali non si può prescindere.

4.- In relazione alla tabella di cui alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, il comune resistente assume per l’intervento di specie (modifica dell’imposta del primo impalcato), sussistere la diversa tipologia di abuso n. 1 ( Opere realizzate in assenza o difformità della licenza edilizia o concessione e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ) anziché quella n. 6, come classificato e quantificato dal ricorrente ( Opere di restauro e di risanamento conservativo, come definite dall’articolo 31, lettera c), della legge n. 457 del 1978, realizzate senza licenza edilizia o autorizzazione o in difformità da essa ), nell’assunto che la maggior altezza del piano terra e del solaio ha “ comportato un aumento della superficie cosiddetta convenzionale di cui non si poteva non tener conto in sede di condono ”.

E’ però pacifico in atti che è controverso il recupero a fini abitativi di un annesso rustico e non appare contestabile che la predetta tabella esprima le misure dell’oblazione dovuta in unità di superficie e non per unità di volume (tranne che per l’abuso n. 7 a misura fissa “ Opere di manutenzione straordinaria, come definite dall'articolo 31, lettera b), della legge n. 457 del 1978, realizzate senza licenza edilizia o autorizzazione o in difformità da essa. Opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume e varianti di cui all'articolo 15 della presente legge ”).

O, dovendo avere riguardo all’art. 15 all’epoca vigente ( Varianti in corso d’opera ) della legge n. 47 del 1985, va rilevato che il ricorrente non ha modificato la sagoma dell’immobile né le superfici dell’unità immobiliare o il numero di abitazioni, e che ha domandato per il cambio di destinazione d'uso il condono.

Segue da ciò che egli, per la tipologia di abuso che ha fatto oggetto di domanda di condono (modifica dell’imposta del primo impalcato), non ha dato luogo a incrementi né della superficie dell’abitazione, né del volume complessivo dell’immobile. Invece l’amministrazione comunale, in luogo della commisurazione dell’oblazione secondo il parametro legale previsto per unità di superficie, ha assunto a riferimento della classificazione un criterio in realtà non preveduto dalla legge n. 47 del 1985 (la superficie convenzionale).

4.- Per concludere, l’appello va accolto, con riforma della sentenza gravata: il criticato diniego di condono, per la diversa tipologia di abuso applicata e la conseguente pretesa a una maggior oblazione, è invero illegittimo e si risolve in un’imposizione non prevista dalla legge n. 47 del 1985 e perciò non dovuta nei termini assunti dal comune resistente.

La superficie convenzionale (che è costituita dalla superficie utile più le pertinenze accessorie ovvero “ la superficie commerciale ”), rappresenta invero un parametro di riferimento proporzionale (in relazione ai previsti coefficienti percentuali) alla superficie delle varie componenti dell'unità immobiliare (ad es. le autorimesse singole, il posto auto, il balcone, le terrazze, le cantine, gli altri accessori simili, le superfici scoperte in godimento esclusivo, le aree a verde condominiale, e quant’altro).

Tale superficie convenzionale o commerciale è usualmente considerata dalle leggi di settore, ma non già dalla legge n. 47 del 1985, come base di computo (c.d. standard abitativo ) per la determinazione dell' equo canone , per l’individuazione del godimento di alloggio familiare adeguato nell’assegnazione di case popolari, per la fissazione del costo di costruzione di immobili a metro cubo e metro quadrato, per le transazioni private quale unità di misura della consistenza e del valore venale o del valore di locazione dell’immobile rilevata anche ai fini dell’inserimento dei relativi dati nella banca dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) curata dall’Agenzia del Territorio.

È invece alla tipologia di superficie prevista dalla l. n. 47 del 1985 che occorreva fare riferimento. Così non avendo fatto l’Amministrazione, consegue che il diniego di condono risulta immotivato e comunque non coerente con la tipologia effettiva dell’abuso;
e che la maggior misura dell’oblazione indicata a suo fondamento è conseguenza dell’innovativo parametro convenzionale applicato rispetto a quello corretto e legale, per un risultato di un fittizio incremento della consistenza dei metri quadrati da condonare.

Le spese di lite relative al doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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