Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-12-12, n. 202310709

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-12-12, n. 202310709
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310709
Data del deposito : 12 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/12/2023

N. 10709/2023REG.PROV.COLL.

N. 05454/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5454 del 2021, proposto dal sig. G B, nella qualità di titolare Ditta G V, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati R M, A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Oria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Tre Orologi, 14/A;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia - sezione staccata di Lecce (Sezione Terza) n. 00544/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Oria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2023 il consigliere Giuseppe Rotondo;
viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento del provvedimento datato 10 febbraio 2020, prot. n. 2255, con il quale il comune di Oria ha comunicato all’impresa “G V” la inammissibilità dell’istanza di insediamento di attività produttiva, in quanto in contrasto con lo strumento urbanistico.

2. Questi gli aspetti essenziali della vicenda:

a) il sig. Benedetto Giangaspero è titolare ed esercisce, nel territorio di Oria, l’impresa individuale “G V di G B” su una superficie agraria complessiva di Ha 16.52.30, ubicati ai fogli 22 e 70 di quel Comune;

b) l’azienda opera nel settore floricolo (piante ornamentali, in coltura protetta ed in pien’aria), nel settore della coltivazione di oliveti e seminativo, nonché nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio di fiori, piante e sementi, di

prodotti per l’agricoltura e il giardinaggio;

c) il centro aziendale si sviluppa unitamente all’abitazione di residenza del titolare, con locali attigui a servizio dell’azienda e due gruppi serricoli in ferro e

plastica;

d) due degli impianti serricoli occupano una superficie complessiva di mq. 921,43 mentre il terzo impianto è in ferro plastica di mq. 960;
sono stati, altresì, realizzati: una avanserra di mq 196,20 dedita alla lavorazione e al confezionamento delle piante prodotte, attività preliminari per la successiva attività di preparazione al trasporto e successivo smistamento sulle diverse piazze italiane;
un deposito di attrezzature agricole e un annesso rustico destinati, l’uno (il deposito di circa mq. 254,98), al ricovero degli strumenti, delle attrezzature e dei materiali necessari alla conduzione dell’azienda e l’altro (l’annesso rustico avente una superficie di mq. 345,55) alla prima lavorazione, invasatura, confezionamento, esposizione di prodotti vivaistici nonché alla loro vendita ex art. 4, d.lgs n. 228 del 2001;

f) allo scopo di ampliare l’attività commerciale e l’offerta di prodotti anche al dettaglio rivolti alla sempre più vasta platea di clienti interessata all’hobby del giardinaggio, l’impresa appellante presentava al comune di Oria, nel 2019, un progetto (prot. n. GNGBDT65Z103M-09102019-1828) per il cambio di destinazione d’uso dell'annesso rustico (di mq. 345,55) - originariamente adibito a prima lavorazione, invasatura, confezionamento, esposizione e vendita di prodotti vivaistici - con l’obiettivo di creare “un vero e proprio "garden center", nel quale: - vendere piante e prodotti per il verde, attrezzi per il giardinaggio, fertilizzanti, anticrittogamici, antiparassitari, tagliaerba, vasi in ogni foggia e materiale, terracotte artistiche, terricci concimati di maggior pregio e moduli per sistemi di irrigazione;
ospitare anche corsi di formazione verso un’utenza allargata, e anche non specialistica, per la parte delle lezioni di "pratica" (per la parte teorica era previsto l’utilizzo di locali esterni all’azienda), e fornire, allo stesso tempo, un’ampia gamma delle attrezzature e prodotti (incluso prodotti fitosanitarie concimi) da utilizzare;
a tal fine chiedendo che l’intervento venisse assentito in variante allo strumento urbanistico previa convocazione della conferenza di servizi;

g) il comune di Oria, con nota 22 gennaio 2021, n. 1030, preannunciava l’inammissibilità dell’istanza “in quanto attinente ad una struttura di vendita”;

h) l’istante contro deduceva ai rilievi posti a base del preavviso di diniego;

h) con provvedimento prot. n. 0002255, datato 10 febbraio 2020, il comune di Oria, esaminate le controdeduzioni procedimentali, richiamava il preavviso di diniego e dichiarava inammissibile l’istanza dell’impresa per le seguenti ragioni: “l’intervento per il quale si chiede la convocazione di una Conferenza dei servizi per l’ottenimento del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici (articolo 14 del DPR 6 giugno 2001 n. 380) attiene alla modifica della destinazione d’uso e di layout di un locale, incluso aree e accessori annessi, attualmente a servizio dell’azienda vivaistica “GIANGASPERO VIVAI DI GIANGASPERO BENEDETTO” da annesso rustico a garden center. I garden center sono, appunto, dei veri e propri centri di giardinaggio, cioè dei punti vendita specializzati nel commercio di piante per esterno e interno. In questi punti vendita si trova qualsiasi tipologia di pianta: da quella arbustiva, a quella acquatica e bulbosa. La peculiarità principale di questi luoghi è quella di essere totalmente dedicati alla vendita di piante e di tutti gli accessori per la cura, la manutenzione e l’arredo del giardino … l’articolo 8 del DPR 160/2010 prevede che, nei Comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, l’interessato può richiedere la convocazione di una conferenza di servizi, stabilendo la conseguente procedura per la variazione dello strumento urbanistico. Gli interventi relativi al progetto, conclude l’articolo 8 del suddetto DPR, sono avviati e conclusi dal richiedente secondo le modalità previste dall’articolo 15 del d.p.r. n. 380/2001. Il terzo comma dell’articolo 8 stabilisce che siano escluse dall’applicazione del presente articolo le procedure afferenti alle strutture di vendita di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114 o alle relative norme regionali di settore. In proposito è intervenuta la deliberazione di Giunta regionale n. 2332 dell’11 dicembre 2018 che ha in parte modificato ed integrato la delibera 22 novembre 2011 n. 2581, con oggetto “atto di indirizzo e coordinamento per l’applicazione dell’articolo 8 del d.p.r. n. 160/2010 - regolamento per semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive”. In tale provvedimento regionale si legge quanto segue: “si ricorda che in base all’articolo 8, comma 3, del DPR n. 160/2010, la procedura di variante prevista dal citato articolo non applica alle strutture di vendita di cui agli articoli 8 e 9 del d.lgs 31 marzo 1998 n. 114, o alle relative norme regionali di settore. Con riferimento alla normativa regionale non possono essere oggetto di conferenza di servizi ex articolo 8 del d.p.r. n. 160 del 2010 gli esercizi di vicinato, come definiti dalla LR n. 24/2015 in quanto riconducibili a destinazione strettamente connesse con la residenza di cui all’articolo 3, comma 3, DIM 1444/68 e pertanto già previsti dagli strumenti urbanistici generali vigenti nelle zone assimilabili alle aree omogenee di tipo A, B e C. … Sulla base di tali elementi è stata formulata la nota con cui si è comunicato il preavviso di diniego. A riscontro il richiedente ha qualificato l’intervento da realizzare come “esercizio di vicinato”, mentre nell’istanza inviata tramite il portale non era contenuto alcun riferimento in merito al tipo di struttura da realizzare, né era indicata nelle planimetrie la superficie di vendita. Ciò detto, si deve comunque registrare l’impossibilità di utilizzare il procedimento speciale ex art. 8 DPR 160/2010, la cui finalità è quella di affrontare situazioni che i normali strumenti urbanistici non sono in grado di risolvere (cit. DGR 2332/2018) … l’art. 8 del d.p.r. n. 160 del 2010 fa riferimento all’intero territorio comunale, in cui come detto non devono essere presenti aree destinate all’insediamento di impianti produttivi oppure le stesse siano insufficienti, affinchè si possa richiedere la deroga allo strumento urbanistico generale. Pertanto l’interpretazione secondo la quale tale deroga potrebbe essere utilizzata per insediare in zone diverse da A-B e C gli esercizi di vicinato è lontanissima dal dettato letterale della norma e dalla ratio della stessa …”.

3. Avverso il suindicato provvedimento proponeva ricorso innanzi al T.a.r. per la Puglia, sede di Lecce, il sig. Benedetto Giangaspero (ricorso n. 509/2020) deducendo un unico, articolato motivo di gravame per “violazione e falsa applicazione art. 8 del d.p.r. n. 160/2010 e delibera giunta regionale Puglia 11//12/18 n. 2332. Falsità del presupposto e sviamento”.

3.1. Come seguono le censure:

a) la qualificazione del punto vendita progettato in termini di ‘esercizio di vicinato discenderebbe direttamente dall’art. 16, l.r. n. 24 del 2015, il quale:

i) al comma 3, lett. b), qualifica come “beni a basso impatto urbanistico” “...i

prodotti non alimentari dei settori commercio al dettaglio di [omissis] macchine, attrezzature e prodotti per l’agricoltura, di macchine e attrezzature per il giardinaggio”, ovvero proprio di quei prodotti di cui sarebbe prevista la vendita nell’esercizio per cui è causa;

ii) al comma 4 specifica che: “Nel caso in cui siano commercializzati solo i prodotti del settore beni a basso impatto urbanistico, la superficie di vendita dell'esercizio è calcolata nella misura di 1/10 della superficie di vendita come definita all'articolo 4. ...”;

b) poiché l’annesso rustico oggetto di intervento ha una superficie complessiva (e quindi comprensiva anche di aree che non costituiscono ‘superficie di vendita perché non vi è previsto l’ingresso dei clienti) pari a 345,55 mq, l’applicazione della innanzi descritta regola di calcolo della superficie di vendita per gli esercizi a basso impatto urbanistico porterebbe la superficie (complessiva) dell’intervento a 34,55 mq, ben al di sotto dei 250 mq di superficie di vendita che l’art. 16, co. 5, lett. a) l.r. n. 24/2015 individua quale limite massimo per la qualificazione in termini di esercizio di vicinato;

c) tale circostanza escluderebbe che al caso di specie possa applicarsi il divieto previsto dallo stesso art. 8, d.p.r. n. 160/2010;

d) è “all’interno di tali coordinate ermeneutiche che va inquadrata l’eccezione prevista dalla delibera giunta regionale Puglia n. 2332/2018, secondo cui –ferma restando la applicabilità della procedura ex art. 8 d.p.r. n. 160/2010 anche all’attività commerciale - non possono essere sottoposti alla procedura in questione le “medie e grandi strutture di vendita, … e … gli esercizi di vicinato ...”, “… come definiti dalla LR n. 24/2015 in quanto riconducibili a destinazione strettamente connesse con la residenza di cui all'art. 3, co. 3, d.m. n. 1444/1968 e pertanto già previsti dagli strumenti urbanistici generali vigenti nelle zone assimilabili alle aree omogenee di tipo A, B e C”;

e) la lettura delle linee guida regionali operata dall’AC di Oria si porrebbe “in

frontale contrasto, in violazione della gerarchia delle fonti, col d.p.r. n. 160/2010

(che espressamente consente le varianti anche per esercizi commerciali di vicinato) ed è intrinsecamente contraddittoria rispetto all’espressa ammissione, contenuta delle medesime linee guida, circa l’applicabilità della norma in questione anche alle attività commerciali;
applicazione che, però, nella lettura fatta propria dell’AC, non troverebbe mai applicazione”;

f) l’impossibilità di ritenere insussistenti aree idonee ad accogliere esercizi di vicinato) sarebbe frutto di una carenza di istruttoria laddove l’ente ha ignorato la specificità dell’intervento;

g) La delibera della giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332, non avrebbe, ai sensi dell’art. 44 dello statuto regionale, un potere regolamentare nella materia e, comunque, essa non avrebbe seguito la procedura prevista dal secondo comma del citato art. 4, non essendo stata sottoposta al “parere preventivo obbligatorio, non vincolante, delle Commissioni consiliari permanenti competenti per materia.

3.2. Si costituiva in giudizio, per resistere, il comune di Oria.

3.3. Il T.a.r. per la Puglia, sede di Lecce, con sentenza n. 544 del 16 aprile 2021, riteneva:

- “il provvedimento comunale impugnato esente da tutti i vizi denunziati dal ricorrente, ove si consideri che l’intervento da questi proposto, quale che sia la sua qualificazione (di “media” o “grande struttura di vendita” ex art. 8 e 9 del D. Lgs. n. 114 del 1998 o di “esercizio di vicinato” ex art. 16 comma 5 della L.R. Puglia n. 24 del 2015) non può formare oggetto del procedimento speciale di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 160 del 2010 in quanto ricade, in ogni caso, nel disposto del relativo comma 3, che esclude dal campo di applicazione di tale strumento “le procedure afferenti alle strutture di vendita di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, o alle relative norme regionali di settore” e, quindi, non solo le medie o grandi struttura di vendita, ma anche gli esercizi di vicinato, che la deliberazione della Giunta Regionale Pugliese n. 2332/2018 fa espressamente rientrare in tale esclusione”;

- non condivisibile “l’interpretazione di parte ricorrente secondo cui la deliberazione della Giunta Regionale Pugliese n. 2332/2018 circoscriverebbe l’inapplicabilità della procedura semplificata de qua agli interventi volti alla realizzazione di “esercizio di vicinato” ricadenti nelle sole zone omogenee di tipo A, B, e C, in quanto tale lettura, da un lato, si porrebbe in contrasto con il carattere eccezionale/derogatorio dello strumento ex art. 8 del d.p.r. n. 160 del 2010, che può trovare applicazione solo “Nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all'insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti”, ossia nei casi di lacuna nel Piano urbanistico vigente complessivamente considerato (avuto cioè riguardo all’intero territorio comunale e non alla sola zona agricola) - cosa che, pertanto, non è ontologicamente ipotizzabile con riferimento agli esercizi di vicinato - e, dall’altro lato, risulterebbe irragionevole, permettendo l’indiscriminato utilizzo della (eccezionale) procedura semplificata di variante urbanistica in questione in aree, come quelle a destinazione agricola, per loro natura a vocazione non commerciale”;

- non applicabile “nel concreto caso di specie, la deroga al predetto requisito della “insufficienza delle aree” prevista dalla deliberazione della Giunta Regionale Pugliese n. 2332/2018 in caso di “ampliamento”, in quanto l’intervento proposto da parte ricorrente si sostanzia nella “modifica della destinazione d’uso e di layout di un locale, incluso aree e accessori annessi, attualmente a servizio dell’azienda vivaistica “GIANGASPERO VIVAI DI GIANGASPERO BENEDETTO”” da “annesso rustico” a “garden center”, ossia nella realizzazione, su zona agricola, di una struttura commerciale (un “garden center”, ossia un punto vendita specializzato) nuova e distinta rispetto all’azienda agricola preesistente”;

pertanto, respingeva il ricorso e compensava le spese.

4. Ha appellato il sig. Benedetto GIANGASPERO, nella sua qualità di titolare della ditta “GIANGASPERO VIVAI”, che, nel censurare la sentenza per “ Errores in iudicando : Violazione ed errata interpretazione dei motivi di ricorso e dei fatti posti a fondamento degli stessi. Violazione e falsa applicazione art. 8 DPR n. 160/10 e delibera giunta regionale Puglia 11/12/18 n. 2332. Falsità del presupposto e sviamento”, ripropone le doglianze di cui al ricorso di primo grado.

4.1. Si è costituito, per resistere, il comune di Oria.

4.2. Nel corso del giudizio, il comune resistente ha depositato dichiarazione di rinuncia al mandato del proprio avvocato F T.

4.3. In data 9 settembre 2022, si è costituito in giudizio l’avv. prof. G P, nella sua qualità di nuovo difensore del comune di Oria.

5. All’udienza del 12 ottobre 2023, la causa è stata trattenuta perla decisione.

6. La questione controversa riguarda un progetto di modifica della destinazione d’uso da “annesso rustico” a “garden center”, in zona agricola, che il comune non ha assentito in quanto ritenuto in contrasto con lo strumento urbanistico e non assentibile neppure in deroga ex d.p.r. n. 160/2010.

7. Il punto nodale concerne la disciplina delle c.d. varianti per attività produttive nella Regione Puglia ex art. 8, dpr n. 160/2010 in relazione alla disciplina regionale di cui alla delibera di giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332.

8. L’impresa ricorrente, come sopra anticipato, opera nel settore floricolo, nello specifico settore piante ornamentali, in coltura protetta e in pien’aria, con centro aziendale ubicato in Oria;
opera altresì nella coltivazione di oliveti e seminativo (su altro distinto fondo);
commercia all’ingrosso e al dettaglio fiori, piante e sementi, prodotti per l’agricoltura e il giardinaggio rinvolgendosi (oltre che a contadini e imprenditori agricoli) anche a tutti coloro che coltivano l’hobby del giardinaggio.

Il complesso aziendale si completa con un deposito di attrezzature agricole e un annesso rustico destinati, l’uno (il deposito di circa mq. 254,98), al ricovero degli strumenti, delle attrezzature e dei materiali necessari alla conduzione dell’azienda;
l’altro (l’annesso rustico avente una superficie di mq. 345,55), alla prima lavorazione, invasatura, confezionamento, esposizione di prodotti vivaistici nonché alla loro vendita ex art. 4, d.lgs n. 228/2001 (n.b. questo articolo autorizza alla vendita di prodotti agricoli della propria terra o di altri agricoltori).

8.1. Il contenzioso origina dalla iniziativa assunta dall’impresa di sottoporre al comune un progetto (in variante allo strumento urbanistico ex d.p.r. n. 160/2010) per il cambio di destinazione d’uso dell’annesso rustico (di mq 345,55), al fine di creare un vero e proprio "garden center", nel quale:

- vendere piante e prodotti per il verde, attrezzi per il giardinaggio, fertilizzanti, anticrittogamici, antiparassitari, tagliaerba, vasi in ogni foggia e materiale, terracotte artistiche, terricci concimati di maggior pregio e moduli per sistemi di irrigazione;

- ospitare anche corsi di formazione verso un’utenza allargata, e anche non specialistica, per la parte delle lezioni di "pratica, e fornire, allo stesso tempo, un’ampia gamma delle attrezzature e prodotti (incluso prodotti fitosanitarie concimi) da utilizzare.

8.2. Il Comune, muovendo dal presupposto che “i garden center sono “dei veri e propri centri di giardinaggio, cioè dei punti vendita specializzati nel commercio di piante per esterno e interno …. [nei quali] … si trova qualsiasi tipologia di pianta, da quella arbustiva a quella acquatica e bulbosa. La [cui] peculiarità principale … è quella di essere totalmente dedicati alla vendita di piante e di tutti gli accessori per la cura, la manutenzione e l'arredo del giardino”, ha opposto all’impresa: i) l’art. 8, comma 3, del d.p.r. n. 160/2010 il quale esclude le medie e grandi strutture di vendita dalla procedura semplificata di variante per interventi produttivi in zone non pianificate (conferenza servizi): ii) la deliberazione di Giunta Regionale Pugliese 11/12/2018 n. 2332, che esclude dalla conferenza di servizi di cui alla procedura semplificata gli esercizi di vicinato in quanto riconducibili a destinazione strettamente connesse con la residenza.

8.3. L’impresa sostiene che:

- il suo sarebbe un esercizio di vicinato;

- la delibera regionale 11/12/2018 n. 2332 andrebbe intesa come impossibilità di derogare allo strumento urbanistico per attività, come gli esercizi di vicinato, ricadenti nelle sole zone A), B) e C), mentre l’intervento ricade in zona E) per il quale lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi i quali, pertanto, dovrebbe ritenersi assentibili con la procedura semplificata in variante.

8.4. Il Comune oppone che:

- la variante semplificata potrebbe essere adottata nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, fatta salva l’applicazione della relativa disciplina regionale”;

- per la richiesta di deroga allo strumento urbanistico generale, l’articolo 8 del d.p.r. n. 160 del 2010 farebbe riferimento all’intero territorio comunale (e non come sostiene l’impresa alle sole zone A-B-C), in cui non devono essere presenti aree destinate all’insediamento di impianti produttivi oppure che le stesse siano insufficienti.

8.5. In altri termini, per il Comune non sarebbe possibile approvare l’intervento in deroga: a) in quanto la delibera regionale n. 2332/2018 non consente l’approvazione in variante neppure - e in assoluto - per gli esercizi di vicinato;
b) per l’impossibilità di ritenere insussistenti, sull’intero territorio comunale, aree idonee ad accogliere esercizi di vicinato;
(c) stante la non qualificabilità dell’intervento come esercizio di vicinato.

9. L’appello è infondato.

10. Dirimente, in punto di fatto, è la circostanza che l’intervento postulato dall’impresa non può essere riconducibile, ontologicamente, ad un esercizio di vicinato nel mentre si sostanzia, di fatto, una vera e propria attività commerciale di vendita non realizzabile nella zona E) urbanistica di riferimento.

11. Quanto al primo profilo, è la stessa parte appellante ad avere ammesso (in sede procedimentale, in riscontro ai motivi ostativi) che si tratterebbe di esercizio di vicinato, per poi documentare in giudizio che la superficie di vendita oggetto dell’intervento produttivo sollecitato in deroga ha una estensione di mq 345,55.

12. Orbene. gli esercizi di vicinato, ovunque li si voglia collocare sul territorio comunale (in zone A-B-C-D-E-F), scontano una precisa connotazione strutturale dettata dal d.lgs n. 114/1998 che così recita: “Per esercizi di vicinato, ovvero commercio al dettaglio su aree private, si intendono gli esercizi la cui superficie di vendita non supera i 150 mq, nei comuni con popolazione residente inferiore ai 10.000 abitanti, e i 250 mq, nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti”.

13. Nel caso di specie, siamo ben oltre i 350 mq. di superficie. E infatti, l’impresa si era ben guardata dal qualificare l’intervento come “esercizio di vicinato”. Tale impostazione (solo difensiva in sede procedimentale, poi proiettata in sede giudiziaria) viene assunta nel momento in cui il Comune la addìta tra i motivi ostativi per poi farla confluire nella motivazione del provvedimento conclusivo.

14. Si è in presenza, pertanto, di una media struttura di vendita (v. art. 5, d.lgs n. 114/1998), rispetto alla quale opera il tassativo divieto imposto dall’art. 8 del d.p.r. n. 160/2010 che esclude le medie strutture di vendita dalla procedura di variante.

15. Il collegio non condivide l’assunto di parte appellante secondo cui la qualificazione del punto vendita progettato in termini di “esercizio di vicinato” discenderebbe direttamente dall’art. 16 della l.r. 16 aprile 2015, n. 24 (c.d. Codice del commercio).

16. L’art. 16 citato definisce la classificazione delle strutture commerciali in sede fissa suddividendo il settore non alimentare in beni alla persona e beni a basso impatto urbanistico (comma 3) e stabilendo per quest’ultimi (comma 4) che la superficie di vendita dell’esercizio viene “calcolata nella misura di 1/10 della superficie di vendita come definita all’articolo 4”.

17. Su questo assunto normativo, parte appellante, muovendo dal presupposto che il divisato intervento rientrerebbe tra quelli a “basso impatto urbanistico”, sostiene che la struttura in questione avrebbe una dimensione pari a 35 mq (1/10), così qualificandolo come esercizio di vicinato.

18. Il collegio osserva che tale modalità di calcolo delle superfici (art. 16, comma 4, cit.) concerne, non già “Le tipologie dimensionali degli esercizi commerciali” - disciplinati invece al successivo comma 5, secondo criteri di omogeneità e coerenza con la legislazione nazionale, trattandosi peraltro di disciplina afferente la materia della “concorrenza”, perciò riservata alla potestà legislativa statale - bensì, la mera definizione dei settori (alimentari e non) ai soli ed esclusivi fini “dell’impatto urbanistico e dei relativi standard” da applicare alle strutture commerciali in sede fissa, normativa quest’ultima afferente invece alla governo del territorio e riservata, pertanto, alla potestà legislativa concorrente Stato-Regione.

19. Quanto alla delibera della giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332, che secondo parte appellante non avrebbe un potere di regolamentazione nella materia de qua, il collegio osserva che è la stessa legge regionale sopra richiamata, n. 24 del 2015, che all’articolo 3 attribuisce alla giunta regionale il potere di adottare i provvedimenti volti a dare attuazione alla disciplina che regola l’esercizio delle attività commerciali.

20. Ebbene, la deliberazione di Giunta regionale Pugliese n. 2332 dell’11 dicembre 2018 prevede espressamente che “… non possono essere oggetto di conferenza di servizi ex articolo 8 d.p.r. n. 160/2010 … gli esercizi di vicinato, come definiti alla Legge Regionale n.24/2015 in quanto riconducibili a destinazione strettamente connesse con la residenza di cui all’art. 3, comma 3, d.m. n 1444/1968 e pertanto già previsti dagli strumenti urbanistici generali vigenti nelle zone assimilabili alle aree omogenee di tipo A, B e C”.

21. Nel caso di specie, il comune ha documentato che il “centro aziendale” si sviluppa “unitamente all’abitazione di residenza del titolare”.

22. La circostanza costituisce causa ostativa alla possibilità di accedere all’istituto della conferenza di servizi, stante la stretta connessione tra destinazione del “Centro aziendale” e la residenza dell’appellante.

23. Da ultimo, in via dirimente, rileva la circostanza che l’attività produttiva che parte appellante intenderebbe esercitare si disvela totalmente dedicata alla “vendita” e assume, piuttosto, i connotati della “struttura commerciale”.

23.1. La società istante svolge attività dedita alle “colture olivicole”;
segnatamente “Dal 18.02.2008 attività agricola per conto terzi: preparazione terreni, disinfestazione, potatura degli alberi da frutto e delle viti, manutenzione terreno per conto terzi”.

Tanto è stato documentato dal Comune mediante evidenza della visura camerale in cui viene descritto l’oggetto sociale come sopra indicato.

23.2. Non trova dunque, rispondenza documentale l’affermazione secondo cui l’attività esercitata avrebbe ad oggetto, esclusivo o prevalente, la “commercializzazione dei prodotti vivaistici”.

23.3. Sennonché, l’intervento postulato dalla appellante (per cui si chiede la convocazione di una conferenza di servizi per l’ottenimento del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici (art. 14 del D.P.R. del 6 giugno 2001, n. 380) attiene alla modifica della destinazione d’uso e di layout di un locale, incluso aree e accessori, attualmente a servizio dell’azienda vivaistica “GIANGASPERO VIVAI DI GIANGASPERO BENEDETTO” da “annesso rustico” a “Garden center”.

23.4. I “Garden Center”, osserva il collegio, consistono in veri e propri centri di giardinaggio, cioè dei punti vendita specializzati nel commercio di piante per esterno e per interno, ciò in quanto la peculiarità principale di questi luoghi è quella di essere in toto dedicati alla vendita di piante e di tutti gli accessori per la cura, la manutenzione e l’arredo da giardino.

23.5. Si tratta, pertanto, di una struttura (il garden center) assimilabile a quella propria di una qualsiasi struttura commerciale.

24. Ebbene, anche sotto questo profilo l’iniziativa s’appalesa estranea al campo di applicazione dell’art. 8, d.p.r. n. 160/2010.

24.1. L’annesso rustico da destinare a “garden center” ricade in zona E) dello strumento urbanistico.

24.2. In tale zona “l’esercizio del commercio è normalmente ammesso solo nei limiti della sua connessione ad un’attività agricola.

25. Sennonché la divisata attività (da svolgere all’interno del garden center), per le suindicate caratteristiche e finalità, non appare riconducibili alla qualifica di “imprenditore agricolo” poiché, anche accedendo a una visione più ampia dell’attività imprenditoriale agricola ovvero non limitata alla coltivazione e vendita di piante e fiori (art. 2135 c.c.), la stessa non può estendersi ontologicamente fino a comprendere la commercializzazione di prodotti privi di un concreto nesso funzionale tra l’attività da svolgersi nel nuovo manufatto e quella in corso.

25.1. In altri termini il “garden center”, per le sue dimensioni, caratteristiche funzionali e tipologia merceologica, non si sostanzia in un mero ampliamento dell’attività agricola in corso bensì, in una attività nuova e distinta rispetto a quella preesistente, rappresentando un nuovo e autonomo punto vendita specializzato.

26. Consegue a tanto che, la divisata iniziativa s’appalesa estranea al campo di applicazione dell’art. 8, d.p.r. n. 160/2010.

27. In conclusione, per quanto sin qui argomentato, dalla combinata lettura dell’art. 8, co. 3, d.p.r. n. 160/2019 con la delibera di giunta regionale n. 22332/2018, deve escludersi dall’applicazione della procedura di variante semplificata la struttura commerciale del tipo postulato dalla appellante.

28. Per le ragioni che precedono, l’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

29. La complessità della controversia consente la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi