Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-03-02, n. 202302213

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-03-02, n. 202302213
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302213
Data del deposito : 2 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/03/2023

N. 02213/2023REG.PROV.COLL.

N. 03750/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3750 del 2022, proposto dalla Aqua società agricola s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde 2

contro

Comune di Lavagna, in persona del sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato L C, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia
Capitaneria di porto di Santa Margherita Ligure, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12
Regione Liguria, Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, non costituiti in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (sezione prima) n. 270/2022


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Lavagna e della Capitaneria di porto di Santa Margherita Ligure;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2023 il consigliere F F e uditi per le parti gli avvocati Clarizia e Cuocolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’appellante Aqua società agricola s.r.l., titolare in forza di concessione demaniale marittima di rep. n. 4454 del 18 maggio 2004 del Comune di Lavagna, con scadenza originariamente fissata al 31 dicembre 2015, poi prorogata al 31 dicembre 2020, di un impianto di maricoltura, in uno specchio acqueo situato ad oltre un chilometro dalla costa, nell’area situata tra la foce dell’Entella e punta Manara, propone appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, di rigetto del suo ricorso, integrato da motivi aggiunti, per l’annullamento dei seguenti provvedimenti comunali:

- diniego di rinnovo automatico della concessione demaniale dello specchio acqueo (nota di prot. n. 10478 del 23 marzo 2021).

- indirizzo in base al quale per le future concessioni ad uso maricoltura sarebbero state rilasciate sono per impianti a gabbie soffolte (delibera di giunta comunale n. 21 del 26 febbraio 2021);

- avviso comunale pubblicato il 13 agosto 2021, con cui è stata indetta la procedura comparativa per l’assegnazione della concessione demaniale dello specchio acqueo di 200.000 mq ad uso maricoltura;

- esclusione dell’offerta presentata dalla ricorrente nella procedura comparativa (nota di prot. n. 941 del 12 gennaio 2022);

- ordine di sgombero delle aree già affidate in concessione alla medesima ricorrente entro il 31 maggio 2022 (nota di prot. n. 1833 del 21 gennaio 2022).

2. La sentenza appellata ha giudicato infondate tutte le censure formulate dalla società concessionaria, intese a sostenere il rinnovo per legge del proprio titolo, e l’illegittimità della prescrizione formulata dall’amministrazione comunale relativamente alle caratteristiche dell’impianto di maricoltura.

3. Le medesime censure sono riproposte dalla Aqua società agricola a mezzo del presente appello, in resistenza del quale si sono costituiti il Comune di Lavagna e la Capitaneria di porto di Santa Margherita Ligure.

DIRITTO

1. Con un primo ordine di censure l’appello ripropone la tesi della perdurante vigenza della concessione in favore della società ricorrente, fondata sulla riconducibilità dell’attività di acquacoltura da essa svolta all’attività agricola ai sensi dell’art. 2135 cod. civ., e sulla conseguente applicabilità ai rapporti di concessione di terreni demaniali del termine di durata di quindici anni, tacitamente rinnovabili per un identico periodo, prevista per l’affitto di fondo rustico dal decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 ( Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57 ), e dalla legge 3 maggio 1982, n. 203 ( Norme sui contratti agrari ). Viene sul punto censurata la sentenza di primo grado, che ha negato l’applicabilità della disciplina speciale sul presupposto che essa è riferita al coltivatore diretto, dei cui requisiti la ricorrente è priva, e che l’appello suppone invece operante anche nei confronti degli imprenditori agricoli non coltivatori diretti.

2. Con un secondo e convergente ordine di rilievi si sostiene che la concessione ad uso maricoltura a favore della società ricorrente avrebbe beneficiato della proroga fino al termine del 2033 prevista dall’art. 1, comma 682, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 ( Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 ), la quale, in quanto non avente finalità turistico-ricreativa, non incorrerebbe nelle previsioni della direttiva “servizi” 2006/123/CE, contrariamente a quanto statuito dalla sentenza di primo grado. A questo riguardo si sottolinea che l’applicazione della proroga alle concessioni demaniali marittime diverse da quelle con finalità turistico ricreative si desume da quella precedentemente disposta in via legislativa, con l’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 ( Proroga di termini previsti da disposizioni legislative ;
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25).

3. Per le medesime ragioni l’appello censura la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, nella parte diretta a sostenere che i profili di contrasto con il diritto europeo ravvisati in relazione alla proroga prevista dal sopra richiamato art. 1, comma 682, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, riferiti alle attività qualificabili come servizi in base alla parimenti menzionata direttiva 2006/123/CE, non sarebbero estensibili alle attività imprenditoriali quale quella esercitata dalla società ricorrente.

4. Sono quindi riproposte le censure nei confronti della prescrizione relativa all’intera sommersione delle gabbie di coltivazione dei prodotti ittici, imposta dal Comune di Lavagna con l’impugnata delibera di giunta comunale del 26 febbraio 2021, n. 21, per l’affidamento della nuova concessione avente ad oggetto il medesimo specchio acqueo, all’esito della procedura comparativa appositamente indetta dall’amministrazione comunale, per contrasto con il piano comunale di utilizzo delle aree demaniali. Viene sul punto ribadito che quest’ultimo avrebbe invece previsto la conservazione dell’impianto di maricoltura senza modifiche. Quindi, si deduce che la sentenza avrebbe errato nel respingere la censura per genericità, a causa della mancata produzione in giudizio del piano comunale di settore, il cui contenuto era comunque conoscibile in base agli atti di causa e che avrebbe inoltre potuto essere acquisito sulla base dei poteri istruttori ufficiosi. Del pari sarebbe errata la statuizione della sentenza secondo cui la previsione del piano era relativa alla concessione vigente, impregiudicata ogni modifica per il futuro, laddove il piano costituisce uno « strumento di pianificazione di settore valevole a tempo indeterminato e, quindi, per sua natura non legato alla singola concessione rilevante ».

5. Con un ulteriore ordine di censure la medesima prescrizione viene contestata per le sottostanti ragioni di carattere paesaggistico laddove l’impianto di maricoltura non è nemmeno soggetto ad autorizzazione paesistica, ed inoltre perché i medesimi profili erano stati accertati dalle indagini svolte in sede di procedura di screening finalizzati alla valutazione di impatto ambientale ed erano stati superati sul rilievo che non si trattava di una nuova concessione ma del rinnovo di una già esistente. Nel ritenere comunque necessaria l’autorizzazione paesaggistica in ragione dell’impatto visivo dell’impianto, si deduce che la sentenza non avrebbe considerato che i profili in questione erano stati valutati in sede di screening e che le valutazioni svolte sul punto dall’amministrazione comunale per imporre la contestata prescrizione sarebbero inficiate da « gravi aporie istruttorie e motivazionali », come dimostrato in primo grado. Del pari la sentenza avrebbe errato nel considerare non dimostrata la non fattibilità sul piano tecnico della completa sommersione delle gabbie, a fronte di una puntuale relazione depositata da parte ricorrente.

6. Infine sono riproposte le censure nei confronti dell’ordine di sgombero, perché emesso senza attendere l’esito della procedura comparativa per l’affidamento della nuova concessione.

7. Nessuna delle censure così sintetizzata è fondata.

8. Deve innanzitutto essere confermata la statuizione della sentenza con cui si è esclusa la disciplina di legge sulla durata dei contratti di affitto di fondo rustico, che come da questa evidenziato è stata estesa « ai terreni demaniali o soggetti al regime dei beni demaniali di qualsiasi natura (…) che siano oggetto di affitto o di concessione amministrativa » (art. 6, comma 1, del sopra citato decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228), tuttavia per contratti stipulati con coltivatori diretti ai sensi dell’art. 1 della legge 3 maggio 1982, n. 203. Come del pari affermato dalla sentenza, con statuizione non censurata, quest’ultima qualifica non è estensibile alle società di capitali, tra cui quelle in forma di società a responsabilità limitata quale la ricorrente, che per l’assenza dell’elemento personalistico nell’esercizio organizzato dell’attività economica non sono riconducibili alla figura del piccolo imprenditore ex art. 2083 cod. civ., in cui sono invece inclusi « i coltivatori diretti del fondo ». Non è dunque invocabile nel caso di specie la durata del contratto di quindici anni, rinnovabile in via tacita per ulteriori quindici anni, ai sensi della medesima legge 3 maggio 1982, n. 203.

9. Del pari non è applicabile la proroga legale delle concessioni demaniali marittime prevista dall’art. 1, comma 682, della legge di stabilità per il 2019, sopra richiamato. Anche sul punto deve essere confermata la sentenza di primo grado, che ha escluso l’estensione della disposizione ora menzionata - di cui peraltro l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha accertato il contrasto con il diritto dell’Unione europea sancita, con sentenze del 9 novembre 2021, nn. 17 e 18 - al di fuori del suo ambito di applicazione, riferito alle « concessioni disciplinate dal comma 1 dell’articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 », e dunque alle concessioni demaniali marittime per le finalità turistico-ricreative elencate dalla disposizione richiamata.

10. Come deduce l’amministrazione resistente, l’opposta tesi sostenuta con l’appello trova smentita nella successiva normativa emergenziale intervenuta « per le necessità di rilancio del settore turistico », in relazione alle quali, nel mantenere fermo quanto previsto « nei riguardi dei concessionari dall’articolo 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 », sono stati inibiti i procedimenti di devoluzione delle opere alla scadenza dei rapporti di concessione, ai sensi dell’art. 49 del codice della navigazione (art. 182, comma 2, del decreto-legge 9 maggio 2020, n. 34, recante Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 ;
convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77).

11. La sopravvenuta abrogazione della disposizione da ultimo richiamata, ad opera della legge 5 agosto 2022, n. 118 ( Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 ), non incide sulla ricostruzione dell’ambito di applicazione della normativa proroga. Pertanto, diversamente da quanto sostiene la società ricorrente nei propri scritti conclusionali, essa non è in grado di offrire argomenti a sostegno della sua estensione alle concessioni demaniali per acquacoltura, come quello a contrario desunto dalla delega contenuta nell’art. 4 della legge per il riordino della disciplina « in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive ». In ragione del rapporto di continuità normativa con la disposizione abrogata dalla medesima legge per la concorrenza per il 2021, ovvero l’art. 182, comma 2, del decreto-legge 9 maggio 2020, n. 34, la norma di delega fornisce all’opposto la conferma che la proroga prevista dall’art. 1, comma 682, della legge di stabilità per il 2019, era in origine riferita alle sole concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative.

12. Accertata quindi l’intervenuta scadenza della concessione ad uso maricoltura a suo tempo rilasciata in favore della società ricorrente, e dunque la legittimità della procedura comparativa conseguentemente indetta dal Comune di Lavagna per la nuova concessione, sono inoltre da respingere le censure concernenti la prescrizione relativa all’intera sommersione delle gabbie destinate alla coltivazione dei prodotti ittici. Non è innanzitutto ravvisabile al riguardo alcun contrasto con il piano comunale di utilizzo delle aree demaniali, il cui art. 40 - come riportato nell’appello - esclude « modifiche per la concessione esistente », ovvero quella affidata con atto di rep. n. 4454 del 18 maggio 2004 del Comune di Lavagna a favore dell’odierna appellante Aqua società agricola. Ne deriva che queste devono ritenersi non escluse per le future concessioni dello stesso specchio acqueo.

13. Sono inoltre inconferenti le censure incentrate sulla non assoggettabilità dell’impianto di acquacoltura all’autorizzazione paesaggistica. Come statuito dalla sentenza di primo grado, la prescrizione contestata va infatti riferita al potere di carattere ampiamente discrezionale dell’autorità amministrativa concedente di conformare l’uso del bene demaniale affidato in concessione, e che nel caso di specie si giustifica sulla base dell’incontestato impatto visivo delle gabbie, che seppure affioranti per la sola parte terminale di esse, sono comunque visibili dalle alture prospicienti il litorale, come emergente dalla documentazione fotografica contenuta nella relazione paesaggistica integrativa predisposta dalla società ricorrente su richiesta della competente Soprintendenza. Le risultanze della documentazione confermano la legittimità della prescrizione, nella misura in cui essa, come si evince dalla motivazione della delibera di giunta comunale del 26 febbraio 2021, n. 21, trae origine dal fatto che l’impianto di maricoltura « ha manifestato nel tempo un impatto visivo stridente con la percezione che si ha del mare dalla costa (…) in considerazione del fatto che il posizionamento risulta prospiciente uno dei tratti di litorale di maggior pregio e di maggiore attrazione turistica a livello comunale e regionale », e dalla dichiarata esigenza dell’amministrazione comunale di bilanciare l’interesse alla continuità dell’attività di impresa, attraverso il mantenimento dell’impianto di maricoltura nella sua precedente collocazione, con il contrapposto « l’interesse pubblico alla valorizzazione dell’ambiente marino e del paesaggio costiero, il quale rappresenta un interesse primario per il Comune di Lavagna, che rinviene nel turismo uno dei principali fattori di sviluppo del proprio territorio in termini occupazionali e di indotto ».

14. I rilievi che precedono sono inoltre assorbenti rispetto alla pretesa non fattibilità tecnica dell’intera sommersione delle gabbie ulteriormente prospettata dalla ricorrente, la quale potrà eventualmente essere verificata su basi oggettive all’esito della procedura comparativa per l’affidamento della nuova concessione, mentre nel presente giudizio è solo ipotizzata.

15. Non sono infine ravvisabili profili di irragionevolezza nell’ordine di sgombero delle gabbie entro il 31 maggio 2022, il quale si fonda sull’intervenuta scadenza della precedente concessione e che rispetto ad un provvedimento risalente al 21 gennaio precedente, tale dunque consentire un tempo congruo per la rimozione delle strutture.

16. L’appello deve quindi essere respinto, per cui va confermata la sentenza di primo grado, ma per la natura e la complessità delle questioni controverse le spese di causa possono essere compensate.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi