Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-03-22, n. 202102455

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-03-22, n. 202102455
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102455
Data del deposito : 22 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/03/2021

N. 02455/2021REG.PROV.COLL.

N. 00461/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 461 del 2013 proposto dal dott. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati S C ed U C e con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Giuseppe Ferrari n. 4,

contro

il Ministero della giustizia in persona del Ministro pro tempore , il Consiglio superiore della magistratura in persona del Presidente pro tempore , il Consiglio giudiziario presso la Corte d'appello -OMISSIS- in persona del Presidente pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS-, resa tra le parti e concernente revoca dall'incarico di giudice onorario presso il Tribunale di-OMISSIS-, ed istanza risarcitoria.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia, del Consiglio superiore della magistratura e del Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le note d’udienza depositate dall’appellante il 26 gennaio 2021;

Relatore il Cons. Giancarlo nell’udienza pubblica del 2 febbraio 2021, tenutasi con modalità da remoto ai sensi della normativa emergenziale di cui all’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e modificato dall’art. 1, comma 17, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183;

Nessuno comparso in udienza per le parti

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con atto d’appello notificato in data 31 dicembre 2012, presso l’Avvocatura generale dello Stato, al Ministero della giustizia, al Consiglio superiore della magistratura, al Consiglio giudiziario presso la Corte d'appello -OMISSIS- e depositato in data 23 gennaio 2013 il dott. -OMISSIS- ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS-, depositata il 16 maggio 2012, la quale ha respinto, con condanna alle spese, il ricorso proposto dall’appellante per l’annullamento, con gli atti connessi, del decreto del Ministero della giustizia 6 luglio 2009, di revoca dall'incarico di giudice onorario presso il Tribunale di-OMISSIS-.

Il citato decreto del Ministero della giustizia del 6 luglio 2009 ha recepito il seguente deliberato del Consiglio superiore della magistratura, reso nella seduta dell'11giugno 2009:

- visto l 'art. 42 sexies 11° co., lett. c) e 111° co. O.G.,

- visto l'art. 13 della circ. CSM P-10358 del 26 maggio 2003;

- ... ritenuto che la proposta di revoca del Consiglio giudiziario è pienamente condivisibile, considerato, infatti, che lo scarso impegno dimostrato nell'espletamento delle funzioni giurisdizionali da parte del dott. -OMISSIS- costituisce senz'altro violazione dei doveri di diligenza ed operosità del magistrato onorario che, peraltro, non risulta smentito dal medesimo giudice onorario, il quale ha ammesso il ritardo nel deposito delle sentenze adducendo a sua giustificazione lo <<scarso supporto di strumenti informatici>>
e <<la difficoltà di alcune materie e la complessità di alcune questioni giurisprudenziali ... >>
presentatesi all'attenzione dello stesso, argomenti che non possono ritenersi quali valide giustificazioni ed anzi evidenziano evidenti limiti di professionalità del giudice onorario.
".

L’appello reca motivi così rubricati:

1) Violazione dell'art. 13, comma 2, del D.M. 26.09.2007. Violazione dell'art. 4, comma 2, della legge 21.11.1991, 374 per mancata integrazione del Consiglio giudiziario. Incompetenza per errata composizione del Consiglio giudiziario.

2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost. Violazione del principio di imparzialità e di buona amministrazione. Violazione dei principi di legittimo affidamento e del giusto procedimento.

3) Eccesso di potere per difetto di motivazione, per difetto d'istruttoria, per contraddittorietà e illogicità, per travisamento e per sviamento.

4) Sulla domanda di risarcimento del danno. ”.

Il Ministero della giustizia, il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello -OMISSIS- hanno depositato un unico atto formale di costituzione in data 28 gennaio 2013.

In esito ad avviso di perenzione consegnato in data 15 febbraio 2018 parte appellante ha depositato, in data 28 febbraio 2018, domanda di fissazione di udienza.

Le Amministrazioni appellate hanno depositato documenti e una memoria.

L’appellante ha depositato memorie e documenti;
nonché, in data 23 gennaio 2011, note di udienza.

La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 2 febbraio 2021, tenutasi in modalità da remoto ai sensi della normativa emergenziale di cui all’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 18 dicembre 2020, n. 176, e come modificato altresì dall'art. 1, comma 17, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183.

DIRITTO

L’appello non è fondato.

1.1 - L’appellante afferma in primo luogo che, contrariamente a quanto affermato dal Tar, anche per i giudici onorari, oltre che per i giudici di pace, esisteva una norma primaria la quale - oltre e prima dell'art. 13, comma 2, del decreto ministeriale 26 settembre 2007 - prevedeva che, ai fini dell'adozione dei provvedimenti di revoca, il competente Consiglio giudiziario dovesse essere integrato nella composizione dai membri non togati (nella specie, cinque avvocati, designati dai Consigli dell'Ordine degli avvocati del distretto di Corte d'appello).

L’appello richiama in proposito l'art. 42 -ter (“ Nomina dei giudici onorari di tribunale ”), comma 1, vigente alla data degli atti contestati ( n.d.r. : l’articolo è stato poi abrogato dall'art. 33, comma 1, lett. a) , del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116), del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 sull’Ordinamento giudiziario (" I giudici onorari di tribunale sono nominati con decreto del Ministro di grazia e giustizia, in conformità della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta del Consiglio giudiziario competente per territorio nella composizione prevista dall'art. 4, comma 1, (n.d.r.: non comma 2 come indicato nel motivo d’appello) della legge 21 novembre 1991, n. 374 "), come richiamato dal successivo art. 42- sexies (“ Cessazione, decadenza e revoca dall'ufficio ”), ultimo comma (" La cessazione, la decadenza o la revoca dall'ufficio è dichiarata o disposta con le stesse modalità previste per la nomina "), pure vigente alla data degli atti contestati.

E rileva altresì che l'art. 16 (“ Composizione dei Consigli giudiziari in relazione alle competenze ”) del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (“ Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera c), della L. 25 luglio 2005, n. 150 ”), al comma 1 (“ 1. I componenti designati dal Consiglio regionale ed i componenti avvocati e professori universitari partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui all'art. 15, comma 1, lettere a), d) ed e) ”), non ha comportato eo ipso il venir meno della competenza dei Consigli giudiziari in forma integrata (come ora previsto per i giudici di pace dall'art. 10 del citato decreto legislativo n. 25/2006) in ordine alla nomina e revoca dei giudici onorari. Ciò sarebbe dimostrato dal successivo e pure citato decreto ministeriale 26 settembre 2007, il quale, all'art. 13, comma 2, avrebbe mantenuto ferma la competenza dei Consigli giudiziari integrati in ordine alla nomina e revoca dei giudici onorari;
e soltanto nel successivo decreto ministeriale 3 giugno 2009 (“ Modifica ed integrazione dei criteri per la nomina dei giudici onorari di Tribunale ”) – emesso successivamente alla contestazione delle mancanze, alla convocazione del Consiglio giudiziario presso la Corte d'appello -OMISSIS- e al parere del medesimo Consiglio giudiziario presso la Corte d'appello -OMISSIS- (e, rileva l’appello, “ adottato a seguito di un ripensamento del CSM, avvenuto con delibera del 12 marzo 2009 ”) - sarebbe venuto meno (nell’art. 13: “ Procedura per la decadenza e revoca ”) il riferimento al Consiglio giudiziario " integrato, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge n. 37411991, da cinque avvocati designati dai Consigli dell'ordine degli avvocati del distretto di Corte d'appello ".

L’appello aggiunge i seguenti ulteriori rilievi:

- la delibera del Consiglio superiore della magistratura del 10 settembre 2008 - richiamata dal Tar e che si era espressa nel senso della limitazione della partecipazione dei componenti avvocati e professori universitari al Consiglio giudiziario per le sole discussioni e deliberazioni relative alle competenze di cui all'art. 15, comma 1, lettere a) , d) ed e) - diversamente sia da quella del 26 settembre 2007 sia da quella del 12 marzo 2009 non era stata adottata in funzione dell'emissione del successivo decreto ministeriale previsto dagli artt. 42 -ter e 42- sexies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 sull’Ordinamento giudiziario (v. infra ). E ciò dimostrerebbe che, non essendo destinata ad essere incorporata in un successivo decreto ministeriale ai fini di cui alle due norme anzidette, alla delibera de qua non potrebbe attribuirsi l'efficacia modificativa che invece le avrebbe erroneamente attribuito il Tar sulla scorta delle prospettazioni della difesa erariale;

- il citato decreto del Ministero della giustizia del 26 settembre 2007 è proprio quello menzionato in tutti gli atti del procedimento (l’appellante richiama la nota di contestazione n. 1/2009 R.D.P. del Presidente del Consiglio giudiziario datata 2 marzo 2009, con la quale si propone, ai sensi dell'art. 13 n. 2 del citato decreto ministeriale 26 settembre 2007, la revoca del ricorrente;
nonché il verbale della seduta del Consiglio giudiziario in data 30 marzo 2009, intitolata " Adozione di provvedimenti ex art. 13 comma 7 del D.M 26 settembré2007 ";
e lo stesso provvedimento di revoca, che richiama art. 13 della Circolare P- 10358 del 26 maggio 2003).

I rilievi del presente motivo sono infondati.

Si osserva in primo luogo che già il testo dell’art. 42 -ter (“ Nomina dei giudici onorari di tribunale ”), comma 1, invocato dall’appellante (e vigente alla data degli atti contestati: l’articolo è stato poi abrogato dall'art. 33, comma 1, lett. a) , del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116) del citato regio decreto n. 12/1941 sull’Ordinamento giudiziario - nel prevedere " I giudici onorari di tribunale sono nominati con decreto del Ministro di grazia e giustizia, in conformità della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta del Consiglio giudiziario competente per territorio nella composizione prevista dall'art. 4, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374 " – non reca un richiamo alla composizione integrata del Consiglio giudiziario prevista per i giudici di pace: quella composizione integrata è prevista dall'art. 4, comma 2, della legge 21 novembre 1991, n. 374, mentre l'art. 42 -ter richiama la composizione prevista dall'art. 4, comma 1, che era quella ordinaria, non recando alcuna previsione di integrazione dell’organo collegiale (art. 4, comma 1, citato: “ Il presidente della Corte d'appello, almeno sei mesi prima che si verifichino le previste vacanze nella pianta organica degli uffici del giudice di pace del distretto, ovvero al verificarsi della vacanza, provvede alla pubblicazione dei posti vacanti nel distretto mediante inserzione nel sito Internet del Ministero della giustizia, nonché nella Gazzetta Ufficiale. Da tale ultima pubblicazione decorre il termine di sessanta giorni per la presentazione delle domande, nelle quali sono indicati i requisiti posseduti ed è contenuta la dichiarazione attestante l'insussistenza delle cause di incompatibilità previste dalla legge. Il presidente della Corte d'appello richiede, inoltre, ai sindaci dei comuni interessati, l'affissione nell'albo pretorio dell'elenco delle vacanze e dei termini per la presentazione delle domande da parte degli interessati ”).

Un’ulteriore norma di rango primario, vigente alla data dell’impugnata deliberazione del Consiglio giudiziario presso la Corte di appello -OMISSIS- del 30 marzo 2009 e correttamente richiamata dal Tar, esclude la composizione integrata invocata dall’appellante: il citato art. 16 (“ Composizione dei Consigli giudiziari in relazione alle competenze ”) del decreto legislativo n. 25/2006, (“ Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera c), della L. 25 luglio 2005, n. 150 ”) indica al comma 1: “ I componenti designati dal Consiglio regionale ed i componenti avvocati e professori universitari partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui all'art. 15, comma 1, lettere a), d) ed e) ”;
e l'esercizio di quelle competenze consiliari di cui al testé richiamato art. 15, comma 1, lettere a) , d) ed e) , non comprende le competenze sullo stato giuridico dei magistrati, previste invece nella lettera g) di quel comma 1 (… “ g) […] pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine alla adozione, da parte del medesimo Consiglio, dei provvedimenti inerenti a collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall'impiego, concessioni di titoli onorifici e riammissioni in magistratura dei magistrati in servizio preso gli uffici giudiziari del distretto o già in servizio presso tali uffici al momento della cessazione dal servizio medesimo ”).

L’appellante contesta la rilevanza di questo art. 16, comma 1, del decreto legislativo n. 25/2006, richiamando il successivo decreto ministeriale 26 settembre 2007 (“ Modifica ed integrazione dei criteri per la nomina e la conferma dei giudici onorari di Tribunale ”), il quale, all'art. 13 (“ 13. Procedura per la decadenza e revoca ”), comma 2, avrebbe mantenuto ferma la competenza dei Consigli giudiziari integrati in ordine alla nomina e revoca dei giudici onorari.

In effetti la disposizione regolamentare prevede questa composizione integrata (“ Nelle ipotesi, invece, di decadenza determinate dal venir meno di uno dei requisiti necessari o dal sopravvenire di una causa di incompatibilità (art. 12, comma 2, lettera c) e di revoca per inosservanza dei doveri inerenti all'ufficio (art. 12, comma 3), il presidente del tribunale che abbia avuto notizia di un fatto che possa dar luogo alla decadenza o alla revoca per le ragioni sopraindicate, può, in ogni momento, proporre al Consiglio giudiziario integrato, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge n. 374/1991, da cinque avvocati designati dai Consigli dell'ordine degli avvocati del distretto di Corte d'appello, la revoca o la decadenza del giudice onorario ”). Ma trattasi di disposizione avente rango normativo inferiore, erronea e in contrasto con i precetti legislativi sopra indicati, e dunque di disposizione regolamentare da disapplicare. E i richiami – citati dall’appello – che gli atti impugnati in primo grado hanno fatto ad atti amministrativi che richiamavano la composizione integrata del Consiglio giudiziario (il citato decreto del Ministero della giustizia del 26 settembre 2007;
l'art. 13 della Circolare P- 10358 del 26 maggio 2003) risultano dunque parimenti erronei e tali da non viziare l’interpretazione comunque operata dai medesimi atti impugnati e avallata del Tar.

Peraltro, come noto all'appellante e indicato dal Tar, successivamente al suddetto decreto ministeriale 26 settembre 2007 vi sono state altre determinazioni dell’Amministrazione, sia prima che dopo il contestato parere del Consiglio giudiziario presso la Corte di appello -OMISSIS- del 30 marzo 2009 (delibera CSM del 12 marzo 2009;
decreto ministeriale 3 giugno 2009;
Circolare del CSM prot. n. 8620 del 16 aprile 2009;
delibera del 9 aprile 2009), che hanno ribadito la corretta interpretazione della normativa indicata da questa sentenza d’appello e fatta propria dall'Amministrazione intimata e dal primo giudice.

1.2 – Il mezzo successivo contesta il rigetto del Tar sulla censura la quale sosteneva che il parere espresso all’unanimità dal Consiglio giudiziario in data 30 marzo 2009 doveva ritenersi illegittimo perché del Collegio faceva parte come Segretario con diritto di voto il giudice del Tribunale di-OMISSIS- già coordinatore della Sezione distaccata di -OMISSIS-, il quale aveva in precedenza espresso parere negativo sulla richiesta avanzata dal ricorrente (poi, precisa l’appellante, accolta dal Presidente del Tribunale di-OMISSIS-) di poter tenere un'udienza settimanale in più (onde meglio fronteggiare, pure precisa l’appellante, il numero crescente di procedimenti presso l'Ufficio);
giudice coordinatore che nell'occasione aveva formulato anche valutazioni fortemente sfavorevoli sull'operato del dott. -OMISSIS-.

L’appello, pur dando atto e riportando le considerazioni di rigetto del Tar, ne afferma l’erronea interpretazione dei principi desumibili dall’art. 149 del testo unico sul pubblico impiego n. 3/1957 e dall’art. 51 del codice di procedura civile;
principi i quali - rileva l’appellante - come affermato da questo Consiglio di Stato impongono l'astensione al componente dell'organo collegiale che versi in una situazione di inimicizia personale nei confronti del destinatario del provvedimento finale o su di esso abbia manifestato il suo parere al di fuori dell'esercizio delle funzione procedimentali.

Si osserva che, come rilevato dal Tar, appare da escludere un personale interesse – tale da comportare incompatibilità - del suddetto giudice coordinatore sulla pronuncia del Consiglio giudiziario;
né (pur esaminando il testo, richiamato dall’appellante, della effettivamente non positiva lettera-rapporto inviata in data 19 aprile 2006 da quel giudice coordinatore al Presidente del Tribunale) un’inimicizia.

Può aggiungersi - avvalendosi dell’analogia fatta dall'appellante fra le norme processuali e quelle regolanti il contestato procedimento amministrativo - che come noto anche nel processo amministrativo non vi è incompatibilità del giudice qualora esso partecipi sia alla fase cautelare del giudizio sia alla successiva fase di definitiva statuizione nel merito (v. l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 2 del 2009);
e ciò sebbene nelle suddette due fasi processuali, cautelare e di definitiva statuizione, la presenza del medesimo giudice abbia pregnanza decisoria maggiore rispetto a quella considerata nel procedimento oggetto del presente motivo d'appello.

1.3 – Un’ulteriore censura sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dal Tar, il grave ritardo nel compimento degli atti relativi alle proprie funzioni, ravvisato a carico del ricorrente negli atti impugnati in primo grado, deve – ai sensi dell'art. 2 (“ Illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni ”), comma 1, lettera q) , del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (" Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità ”) – ritenersi giustificato perché i ritardi addebitati al dott. -OMISSIS- erano oggettivamente giustificabili e giustificati a fronte della complessiva attività dallo stesso svolta e della sede di servizio.

Il Tar - di cui il presente motivo riporta una parte delle relative considerazioni - avrebbe erroneamente considerato le statistiche giudiziarie nella sola parte relativa alle sentenze emesse dal ricorrente in tre semestri presi a campione: due sentenze nel secondo semestre 2007;
trentuno sentenze nel primo semestre 2008;
diciassette sentenze nel secondo semestre 2008. Quando invece le statistiche di produttività dei magistrati del Tribunale sede di servizio, se rettamente e complessivamente considerate, mostrerebbero che l'attività svolta dall’appellante è stata assai elevata e financo imponente;
tanto più se raffrontata a quella degli altri magistrati onorari applicati al medesimo Ufficio.

L’appellante riporta i dati, numerici, sui depositi di sentenze relativi al primo semestre 2008, al secondo semestre 2008, al primo semestre 2009;
rileva che egli, nel periodo, era titolare unico del ruolo delle esecuzioni;
richiama l'attività complessivamente dispiegata tra la data di immissione nelle funzioni e quella della cessazione dall'incarico (dal primo semestre dell'anno 2003 al secondo dell'anno 2009);
rileva la propria costante ed elevata produttività con riguardo all'attività svolta presso la Sezione distaccata alla quale si riferisce la contestazione dei ritardi.

In proposito l’appellante richiama dati numerici: sulle sentenze complessivamente depositate, dal primo semestre 2004 al primo semestre 2009 compreso, da tutti i giudici civili applicati presso la Sezione e su quelle emesse dall’appellante;
sulla definizione dei procedimenti nel ruolo delle esecuzioni mobiliari (del quale l'odierno appellante precisa esser stato nel periodo titolare esclusivo), dal primo semestre del 2004 alla data della revoca;
sul ruolo delle locazioni di immobili urbani (del quale l’appellante pure precisa esser stato nel periodo unico titolare);
sul rapporto fra il totale delle sentenze pronunciate nel periodo presso la Sezione distaccata in argomento e quelle (oltre un terzo) depositate dall’appellante.

Sulla scorta di questi dati l’appellante afferma la grave erroneità dell’asserzione a suo carico secondo cui " i ritardi non si spiegano se si considera il numero complessivo delle sentenze che, anno per anno, il G.O. ha depositato ".

Da ciò emergerebbe altresì l'ingestibilità, via via aggravatasi, del carico di lavoro (riconosciuta, afferma l’appellante, financo dal citato giudice coordinatore della Sezione distaccata con nota del 17 febbraio 2005) di cui erano gravate entrambe le successive sedi di servizio, sia la sede di-OMISSIS- che la sede di -OMISSIS-, tanto da rendere difficile, se non impossibile, non incorrere in qualche ritardo;
ingestibilità incomprensibilmente disattesa in danno dell’appellante;
anche in contrasto con quanto affermato più volte dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

Questi rilievi non sono fondati.

Si osserva che il ritardo incontestato, in vari casi anche superiore a due anni e mezzo, nel deposito delle sentenze durante il periodo considerato dall’Amministrazione non può definirsi “ qualche ritardo ”;
e che i dati numerici riportati non mutano questo oggettivo disvalore, adeguatamente esposto e considerato, senza vizi logici, dall’Amministrazione e dal Tar.

I ritardi altresì – come rilevato anche dal Tar e invero non contestato con specifici argomenti d’appello di segno opposto - non risultano eliminati né dalla udienza straordinaria settimanale richiesta dall’appellante e concessa in data 20 novembre 2007 dal Presidente del Tribunale, né in esito ai richiami rivolti al magistrato onorario dallo stesso Presidente della Corte d’appello, nonché dal coordinatore della Sezione distaccata (nell’aprile 2006), dal Presidente del Tribunale di-OMISSIS- (con note del 29 novembre 2007 e del 29 gennaio 2009).

Né risulta o è prospettato che le altre pronunce della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, richiamate a raffronto nell’appello, riguardassero ritardi di deposito di due anni e mezzo da parte di giudici onorari.

2. - L’appello va dunque respinto.

Le spese del grado possono essere compensate, in considerazione della già disposta condanna in primo grado, della natura pubblica delle controparti e dell’afflittività degli atti impugnati.

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