Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2016-03-22, n. 201601172
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N. 01172/2016REG.PROV.COLL.
N. 04997/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4997 del 2015, proposto dai comuni di Santo Stefano Roero e di Vezza D'Alba, in persona dei legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'avvocato F G S, con domicilio eletto presso F G S in Roma, Via Paisiello, 55
contro
Comune di Monteu Roero, in persona del legale rappresentate
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati G S e G F R, con domicilio eletto presso G F R in Roma, Via Cosseria, 5
nei confronti di
U.T.G. - Prefettura di Torino
per la riforma della sentenza del T.A.R. del Piemonte, Sezione I, n. 2093/2014
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Monteu Roero;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati F G S e G F R;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Piemonte e recante il n. 218/2014 i comuni di Santo Stefano Roero, Vezza d’Alba e Serravalle Langhe impugnavano taluni atti adottati dal comune di Monteu Roero in relazione alla convenzione stipulata fra tali comuni in data 1° aprile 2010 avente ad oggetto l’esercizio in forma associata del servizio di segreteria comunale.
In particolare i comuni ricorrenti impugnavano:
- (con il ricorso principale) la delibera di Consiglio comunale 30 ottobre 2013, n. 25 del comune di Monteu Roero, con la quale era stato deciso il recesso unilaterale dalla convenzione di cui sopra;
- (con il ricorso per motivi aggiunti) il decreto in data 11 marzo 2014 con il quale la Prefettura di Torino - Ufficio Territoriale del Governo - ha preso atto dell'intervenuto scioglimento, a far data dall'11 marzo 2014, della richiamata convenzione di segreteria comunale per effetto del recesso unilaterale da parte del comune di Monteu Roero e ha dato atto altresì che il Segretario comunale titolare della c.d. 'Segretaria convenzionata' restava titolare dell'incarico di Segretario presso il comune di Santo Stefano Roero.
Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. del Piemonte ha respinto il ricorso ritenendolo infondato.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dai comuni di Santo Stefano Roero e di Vezza dAlba i quali ne hanno chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:
1) Error in iudicando – Violazione dell’art. 7 dell al. 241 del 1990 – Violazione dei principi di trasparenza dell’azione amministrativa e di leale cooperazione tra gli enti pubblici di cui all’articolo 97, Cost.;
2) Error in iudicando – Violazione degli articoli 3, 11, comma 4 e 2-quinquies della l. 241 del 1990 – Eccesso di potere per difetto dei presupposti legittimanti l’esercizio del potere di recesso, nonché per difetto di istruttoria e di motivazione – Violazione dell’articolo 1, commi 1 e 1-bis della l 241 del 1990 e dell’art. 97, Cost.;
3) Error in iudicando – Violazione dell’art. 112 del c.p.c., implicitamente richiamato dall’art. 39 del c.p.a. – Violazione dell’art. 15 del d.P.R. n. 465 del 1997, dell’articolo 100 del decreto legislativo n. 267 del 2000 – Eccesso di potere per difetto dei presupposti e carenza di motivazione;
4) Error in iudicando – Sulla domanda di risarcimento del danno e, in subordine, di corresponsione dell’indennizzo dovuto in caso di recesso legittimo dalla convenzione di segreteria comunale .
S è costituito in giudizio il comune di Monteu Roero il quale ha concluso nel senso dell’infondatezza dell’appello.
Alla camera di consiglio del 15 settembre 2015 l’appellante ha rinunciato alla domanda di sospensione cautelare degli effetti della sentenza, proposta in via incidentale con il ricorso in appello.
Alla pubblica udienza del 28 gennaio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da due comuni piemontesi (il quali avevano attivato con altri comuni una convenzione per l’esercizio in forma associata del servizio di segreteria comunale) avverso la sentenza del T.A.R. del Piemonte con cui è stato respinto il ricorso avverso l’atto con cui uno dei comuni associati ha stabilito di recedere dalla convenzione in parola.
2. Con il primo motivo i comuni appellanti lamentano che i primi Giudici abbiano mancato di apprezzare i profili di illegittimità che viziavano l’impugnato atto comunale di recesso dalla convenzione, per avere il comune di Monteu Roero omesso di comunicare l’avvio del procedimento finalizzato all’esercizio del recesso.
In tal modo decidendo il T.A.R. avrebbe sostanzialmente avallato l’operato del comune di Monteu Roero il quale aveva impedito agli altri comuni stipulanti la convenzione di interloquire sulla decisione in fieri in un’ottica di piena e leale cooperazione istituzionale.
Del resto, se si ammettesse che, nell’ambito di un accordo ai sensi dell’articolo 15 della l. 241 del 1990 (al cui ambito è ascrivibile la convezione per cui è causa), ciascuna amministrazione stipulante possa operare il recesso unilaterale senza consentire alcuna forma di partecipazione da parte degli altri Enti coinvolti, la conseguenza sarebbe nel senso di determinare un grave vulnus al generale principio di leale cooperazione istituzionale che necessariamente deve presiedere alla stipula e all’esecuzione di siffatti accordi.
Con il secondo motivo i comuni appellanti lamentano che i primi Giudici avrebbero omesso di apprezzare i profili di illegittimità che viziavano l’impugnato atto comunale di recesso dalla convenzione, per avere il comune di Monteu Roero omesso di motivare puntualmente le ragioni poste a fondamento dell’esercizio del recesso.
Al riguardo il T.A.R. avrebbe erroneamente affermato che, nell’ambito della convenzione per cui è causa, il recesso fosse liberamente esercitabile da ciascuno degli enti convenzionati e senza l’obbligo di fornire sul punto una puntuale motivazione.
In tal modo decidendo i primi Giudici avrebbero erroneamente omesso di considerare che, in base a un consolidato orientamento, l’esercizio del potere di recesso nel caso di accordi fra amministrazioni ai sensi dell’articolo 15 della l. 241 del 1990 è possibile ma solo a condizione che sia preceduto dalla puntuale esplicitazione delle relative ragioni giustificative.
Del resto, secondo un orientamento giurisprudenziale, il recesso dagli accordi stipulati ai sensi dell’articolo 15 della l 241 del 1990 costituisce espressione di un potere di autotutela, ragione per cui il relativo esercizio deve essere accompagnato dalla previa esplicitazione delle ragioni di interesse pubblico che ne suggeriscono l’adozione.
2.1. I due motivi in questione, che possono essere esaminati in modo congiunto, non possono trovare accoglimento.
Il tratto comune che lega l’articolazione di tali motivi è rappresentato dall’invocata, piena applicazione, alle ipotesi di recesso dalle convenzioni per il servizio di segreteria comunale di cui agli articoli 30 e 98 del decreto legislativo n. 267 del 2000, delle disposizioni di cui al Capo I della l. 241 del 1990 (in tema di obbligo di motivazione – articolo 3) e di cui al Capo III della medesima legge (in tema di partecipazione procedimentale – articolo 7).
Osserva al riguardo il Collegio che, se – in via di principio – agli atti di recesso dagli accordi fra pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 15 della l. 241 del 1990 trovano applicazione le previsioni generali di cui alla l. 241 del 1990 (fra cui quelle qui invocate in tema di obbligatoria motivazione e di comunicazione di avvio), a conclusioni in parte diverse deve pervenirsi nelle ipotesi in cui (come nel caso in esame) gli enti interessati abbiano espressamente e consapevolmente fissato modalità meno rigorose – e nondimeno legittime – per l’esercizio del richiamato potere di recesso.
Almeno in via di principio, quindi, non può che essere confermato l’orientamento secondo cui nonostante l’articolo 15, comma 2 della legge n. 241 del 1990 non menzioni in modo espresso il comma 4 dell’art. 11 (in tema di esercizio del potere di recesso da parte della P.A. dagli accordi cc.dd. procedimentali e sostitutivi) fra le disposizioni applicabili anche agli accordi fra amministrazioni pubbliche di cui al successivo articolo 15, nondimeno è da ritenersi che l’effettiva sussistenza di tale potere di recesso emerga quale corollario del principio di inesauribilità del potere pubblico, che caratterizza l'esercizio delle funzioni pubbliche. In via generale, il provvedimento che sia espressione di tale potere di recesso deve essere adeguatamente motivato, tenendo conto delle circostanze avvenute e delle esigenze di spesa, e se del caso anche dell'illegittimità dell'originaria determinazione, ma comunque valutando gli interessi pubblici (e privati) sui quali si va a decidere (in tal senso: Cons. Stato, VI, 23 novembre 2011, n 6162).
2.2. Ma il punto è che, come già si è accennato e come è stato condivisibilmente osservato dal T.A.R., a conclusioni diverse da quelle appena richiamate deve giungersi quante volte gli enti stipulanti la convenzione ( rectius : l’accordo fra amministrazioni ai sensi dell’articolo 15, cit.) abbiano espressamente e consapevolmente fissato regole meno rigorose per l’esercizio del potere di recesso da parte di una di esse.
E’ innegabile, del resto, che la deliberata fissazione di siffatte regole convenzionali rappresenti pur sempre una modalità di esercizio dei poteri pubblicistici sottesi alla stipula delle convenzioni in questione e che conseguentemente, proprio alla luce del principio di leale cooperazione istituzionale invocato dagli appellanti, l’ente che si sa consapevolmente assoggettato a siffatte modalità di esercizio non possa in un secondo momento revocarne in dubbi la valenza, invocando l’applicazione degli istituti generali di cui alla l. 241 del 1990.
Nelle richiamate ipotesi, quindi, pur non venendo meno la configurazione pubblicistica delle determinazioni espresse dall’amministrazione (sia nella fase – per così dire – ‘genetica’ della predisposizione e stipula dell’accordo, sia nella fase – per così dire – ‘funzionale’ della sua esecuzione), gli enti interessati fissano modalità e presupposti meno rigorosi di quelli stabiliti da puntuali disposizioni di legge ma che nondimeno risultano interamente vincolanti per gli stessi.
E al riguardo è del tutto dirimente osservare che la Convenzione all’origine dei fatti di causa, all’articolo 8, punto 1, lettera d) aveva fissato in modo – per così dire – del tutto ‘minimale’ i presupposti e le condizioni per l’esercizio del recesso da parte di ciascun comune, evidentemente ammettendo come condizione necessaria e sufficiente la sola espressione di volontà in tal senso comunicata agli altri comuni (in base alla disposizione richiamata “ la convenzione potrà essere risolta in un periodo antecedente alla data del 31/12/2015 per uno dei seguenti motivi: (…) d) per recesso unilaterale del singolo Comune che faccia richiesta di risoluzione della convenzione. All’uopo il Comune che intende sciogliere la convenzione deve comunicare agli altri, entro 5 giorni e medianti lettera A.R., la deliberazione consiliare con la quale si dispone in merito alla convenzione. (…) ”).
3. Con il terzo motivo il comune appellante ripropone il motivo di ricorso (già articolato in primo grado e non esaminato dal T.A.R.) secondo cui l’impugnato atto di recesso sarebbe altresì illegittimo per violazione degli articoli 99, comma 2 e 100 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), secondo cui il segretario comunale può essere revocato con provvedimento del sindaco o del presidente della provincia “previa deliberazione della giunta, per violazione dei doveri d’ufficio”.
Nella tesi dell’appellante il comune di Monteu Roero avrebbe violato la richiamata disposizione per avere esercitato il recesso dalla convenzione (il quale aveva di fatto comportato la decadenza dell’incarico al segretario) ma senza indicare le violazioni contestate al segretario titolare.
Del resto, secondo l’appellante, la revoca del segretario comunale potrebbe, in via generale, conseguire quale effetto dello scioglimento della convenzione di segreteria, ma solo a condizione che “siano motivate ed accertate le gravi violazioni dei doveri d’ufficio da parte dell’organo, essendo quest’ultimo uno dei presupposti imprescindibili dettati dalla norma specifica”.
3.1. Il motivo non può essere condiviso.
Va premesso al riguardo che, oltre a quanto previsto dai richiamati articoli 99 e 100 (i quali disciplinano la nomina e la revoca del segretario comunale nelle ipotesi per così dire – ‘tipiche’ in cui il rapporto sussista fra un singolo ente e un singolo segretario), la soluzione del rapporto con il segretario può essere determinata anche dal legittimo esercizio del potere di recesso dalla convenzione di segreteria.
Tuttavia, la tesi degli appellanti non può essere condivisa per la parte in cui postula che l’unica condizione che legittimerebbe il recesso dalla convenzione di segreteria consisterebbe in specifiche ipotesi di responsabilità del segretario.
Al contrario, stante l’evidente specialità delle disposizioni che regolano la materia delle convenzioni di segreteria, deve ritenersi che dal legittimo esercizio del potere di recesso derivi in modo sostanzialmente automatico (e parimenti legittimo) la decadenza dal rapporto con il segretario e la conseguente risoluzione del rapporto con lo stesso intercorrente.
Del resto, laddove si seguisse la tesi dei comuni appellanti si perverrebbe alla non condivisibile conclusione (evidentemente estranea alla litera e alla ratio delle disposizioni che regolano la materia delle convenzioni di segreteria) secondo cui l’unica ipotesi di scioglimento della convenzione (e di consequenziale soluzione del rapporto con il segretario) sarebbe rappresentata dalla violazione dei doveri d’ufficio da parte del segretario comunale.
Il che, anche per le ragioni dinanzi rappresentate, non è.
4. Con il quarto motivo l’appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui i primi Giudici non hanno accolto il motivo con cui si era chiesto:
- o di riconoscere il ristoro del danno patrimoniale patito per effetto dell’illegittimo esercizio del recesso dalla convenzione di segreteria;
- ovvero (per il caso in cui si fosse ritenuta la legittimità del richiamato recesso) per il riconoscimento di un indennizzo ai sensi dell’articolo 21- quinquies , commi 1 e 4 della l. 241 del 1990.
4.1. Non può certamente essere riconosciuto l’invocato risarcimento del danno, atteso che – per le ragioni dinanzi esposte – deve essere esclusa nel caso in esame la sussistenza dell’elemento oggettivo di una condotta foriera di danno.
4.2. Ma neppure può ritenersi che nel caso in esame possa essere riconosciuto ai comuni appellanti l’indennizzo previsto dal’articolo 21- quinquies della l. 241 del 1990 per le ipotesi in cui l’amministrazione disponga la revoca di un provvedimento amministrativo a efficacia durevole.
Va premesso al riguardo che appare quanto meno dubbia la riconducibilità della fattispecie di causa alle ipotesi di cui all’articolo 21- quinquies della l. 241 del 1990, atteso che la vicenda per cui è causa appare piuttosto riconducibile alle ipotesi di cui al successivo articolo 21- sexies (‘Recesso dai contratti’), trattandosi comunque dell’esercizio in forma consensuale di attività di pubblico interesse, per le quali trovano applicazione in via ordinaria le norme civilistiche in tema di obbligazioni e contratti (in tal senso il combinato disposto degli articoli 11, comma 2 e 15, comma 2 della l. 241 del 1990).
Ed è rilevante osservare al riguardo che l’articolo 21- sexies non contempla (a contrario dell’articolo 21- quinquies ) una clausola generale di indennizzabilità del pregiudizio conseguente dall’esercizio della relativa facoltà.
Si osserva, inoltre, che l’articolo 15 (che disciplina l’istituto degli accordi fra pubbliche amministrazioni e al cui ambito applicativo sembra riconducibile l’istituto delle convenzioni di segreteria) , nel richiamare le disposizioni del precedente articolo 11 che ne disciplinano ‘ambito, non richiama il comma 4 (disposizione, questa, che prevede il riconoscimento di un indennizzo in favore del soggetto che abbia subito l’esercizio della ridetta facoltà).
Anche per questa ragione il quarto motivo non può trovare accoglimento.
5. Per le ragioni dinanzi esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese del doppio grado, anche in considerazione della parziale novità delle quaestiones iuris sottese alla presente vicenda contenziosa.