Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-05-09, n. 201802765

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-05-09, n. 201802765
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201802765
Data del deposito : 9 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/05/2018

N. 02765/2018REG.PROV.COLL.

N. 03362/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3362 del 2014, proposto dai signori P M, A M e M M, rappresentati e difesi dagli avvocati G B e G C, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Cicerone n.44;

contro

Comune di Laigueglia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati P A e F B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F P in Roma, viale Maresciallo Pilsudski n.118;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Liguria, Sez. I, n. 83 del 15 gennaio 2014.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Laigueglia;

Visto l’appello incidentale del Comune di Laigueglia;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 29 marzo 2018 il Cons. Silvia Martino;

Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati G C e F P (quest’ultimo su delega dell’avvocato P A);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I signori Paola, Mario ed A M (anche in qualità di eredi della dante causa signora Luigia Rossi) adivano il Tribunale amministrativo per la Liguria affinché pronunciasse in loro favore la restituzione del fondo di proprietà ubicato a Laigueglia, ed individuato al NCT foglio 4, mappale 623, che l’amministrazione civica aveva occupato d’urgenza, ma mai espropriato, con condanna al pagamento dell’indennità per l’occupazione e di tutti i danni subiti;
in subordine domandavano, oltre la condanna al pagamento dell’indennità per l’occupazione, la condanna al risarcimento del danno derivante dalla perdita della proprietà del suddetto bene.

2. Il Tribunale disponeva una C.T.U., e dopo l’interruzione della lite dovuta alla morte della signora Luigia Rossi, i ricorrenti impugnavano anche la deliberazione n. 28 del 13.6.2012 del Comune di Laigueglia, con la quale era stata disposta, ex art. 42- bis t.u. espropriazioni (d.P.R. n. 327/2001), l’acquisizione sanante dell’area di cui trattasi, lamentando:

1) Violazione degli artt. 6 e 42 bis del d.P.R. 8.6.2001, n. 327, violazione degli artt. 42 e 107 del d.lvo 18.8.2000, n. 267, incompetenza ;

2 ) Violazione dell’art. 42 bis comma 1 del d.P.R. 8.6.2011, n. 327, eccesso di potere per difetto di motivazione ;

3 ) Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis comma 1 e 4 del d.P.R. 8.6.2001, n. 327 e dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, violazione degli artt. 41 e 42 Cost., eccesso di potere per carenza dell’istruttoria e della motivazione, eccesso di potere per presupposto erroneo, travisamento dei fatti, mancata comparazione degli interessi pubblici con il privato, sviamento, manifesta illogicità e irragionevolezza ;

4) In subordine, sull’erronea valutazione dei criteri per la determinazione del valore venale del bene e dell’indennità per l’occupazione illegittima :

4.a ) Violazione dell’art. 42 bis comma 1 e 3 del d.P.R. 8.6.2001, n. 327, violazione dell’art. 2 del dm 144/1968, violazione dell’art. 333 del R.D. 1265/1933, violazione dei principi in materia di determinazione del valore venale del bene, violazione degli artt. 10 e seguenti della legge 7.8.1990, n. 241, eccesso di potere per difetto della motivazione e dell’istruttoria, travisamento dei fatti ;

4.b ) Violazione dell’art. 42 bis del d.P.R. 8.6.2001, n. 327, violazione dei principi in materia di quantificazione dell’indennità di illegittima occupazione di un bene, violazione dell’art- 29 della legge 25.6.1865, n. 2359 e dell’art. 40 del d.P.R. 8.6.2001, n. 327, violazione degli artt. 2909 cc e 324 c.p.c. dell’art. 10 della legge 7.8.1990, n. 241, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, contraddittorietà .

2.1. Oltre all’annullamento del decreto di acquisizione, domandavano la restituzione del terreno di proprietà, previa riduzione in pristino, nonché il risarcimento del danno ex art. 42- bis , commi 1, e 3, del d.P.R. n. 327 del 2001, con rivalutazione e interessi sino al soddisfo;
in via subordinata, l’indennizzo patrimoniale e non patrimoniale ex art. 42- bis , commi 1 e 3, oltre il risarcimento del danno in misura pari al valore del bene, con rivalutazione e interessi.

In ogni caso, chiedevano che il Comune venisse condannato a corrispondere l’indennità di occupazione per il periodo in cui questa era validamente intervenuta, con rivalutazione ed interessi.

3. Il T.a.r.:

a) respingeva l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a statuire sui criteri di valutazione del bene “acquisito” ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001, anche in ordine ai profili indennitari, ritenendoli meramente accessori alla domanda principale di annullamento del provvedimento di acquisizione coattiva;

b) respingeva l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso introduttivo stante l’emanazione del provvedimento di acquisizione postuma dell’area;

c) respingeva il primo, il secondo e il terzo motivo aggiunto;

d) accoglieva il quarto motivo aggiunto, relativo all’erronea valutazione dei criteri per la determinazione del valore venale del bene e dell’indennità per l’occupazione illegittima, rilevando, in particolare, l’incongruità insita nel fatto che l’amministrazione avesse valutato l’area alla stregua di un orto, quando essa stessa l’aveva occupata in quanto parcheggio privato, intendendo convertirla a luogo di sosta pubblica per le vetture. Il decreto di acquisizione non aveva poi tenuto in alcun conto la C.T.U. licenziata dal Tribunale amministrativo, che aveva concluso attribuendo all’area un valore assai diverso da quello stabilito nella determinazione gravata.

Da tale accoglimento il T.a.r. faceva derivare l’improcedibilità delle domande restitutorie e risarcitorie atteso che la p.a. aveva già espresso e ribadito l’intendimento di avvalersi della c.d. “acquisizione sanante”.

4. La sentenza è appellata sia dagli originari ricorrenti, rimasti soccombenti, sia, con appello incidentale, dal Comune di Laigueglia.

4.1. L’appello principale è così articolato.

Vengono in primo luogo riproposti tutte le domande e i motivi assorbiti dal TAR.

In particolare:

a) la sentenza avrebbe illegittimamente dichiarato “ultronea” la cognizione delle domande proposte con il ricorso introduttivo, respinto le restanti censure di cui ai motivi aggiunti, e comunque omesso di condannare il Comune alla restituzione del bene e al risarcimento del danno ex art. 42- bis , commi 1 e 3 del d.P.R. n. 327 del 2001 per la privazione della disponibilità del bene dalla data di fine dell’occupazione legittima (4.5.1997) sino alla restituzione dell’area;

b) in ogni caso, qualora si debba ritenere che la sentenza abbia mantenuto ferma l’acquisizione sanante, il giudice di primo grado ha omesso di condannare il Comune al pagamento del risarcimento del danno per equivalente (comprensivo dell’indennizzo patrimoniale, non patrimoniale e del risarcimento del danno), ex art. 42- bis, commi 1 e 3 del d.P.R. n. 327/2001;

c) risulta parimenti omesso l’esame della domanda di condanna dell’amministrazione al pagamento dell’indennità per il periodo di occupazione legittima.

4.2. Nella parte relativa ai motivi e/o alle domande respinte, l’appello è poi affidato ai seguenti motivi:

1) Sul primo motivo del ricorso per motivi aggiunti .

Illegittimità in parte qua della sentenza impugnata. Violazione e falsa applicazione degli art. 42 e 107 del d.lgs. n. 267/2000 e degli artt. 6 e 42-bis del d.P.R. n. 327/2001. Difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione .

L’atto di acquisizione sanante non è un atto di “pianificazione” del territorio ma uno strumento di regolarizzazione, che avrebbe mera valenza tecnico – gestionale. Anche il riferimento all’art. 42, comma 2, lett. l) del d.lgs. n. 267/2000 operato dal giudice di prime cure, non sarebbe corretto, perché, non considera l’intera formulazione della disposizione, che esclude dalla competenza consiliare gli acquisti che rientrano nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri funzionari.

Il Consiglio comunale, peraltro, si era già espresso sul progetto di parcheggio pubblico realizzato per mezzo della decaduta occupazione di cui alla delibera n. 20 del 1992.

2) Sul secondo motivo dell’atto di motivi aggiunti.

Illegittimità in parte qua della sentenza impugnata. Violazione degli artt. 24 e 133 Cost.. Violazione dell’art. 42 – bi del d.P.R. n. 327/2001. Violazione dell’art. 64 c.p.a.. Difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Travisamento dei fatti .

Secondo gli appellanti, la mera realizzazione dell’asfalto, della segnaletica e della zona di accesso valorizzate dal T.a.r., non integrano la modifica sostanziale richiesta dall’art. 42- bis del Testo unico espropri, essendo opere del tutto marginali che non comportano una trasformazione irreversibile del bene. In ogni caso, l’area era adibita a parcheggio (privato custodito) anche prima dell’occupazione.

La realizzazione del parcheggio pubblico non ha peraltro richiesto trasformazioni, quali sbancamenti e/o riempimenti, che avrebbero alterato in modo significativo lo stato dei luoghi.

L’interpretazione accolta dal T.a.r., secondo cui qualunque minima modifica al bene occupato sarebbe sufficiente per consentire alle amministrazioni di ricorrere all’acquisizione sanante, finisce col trasformare un istituto di carattere eccezionale in un rimedio generale, utile a sanare qualunque tipo di illecita occupazione da parte della p.a.;

3) Sul terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti.

Illegittimità in parte qua della sentenza impugnata. Violazione dell’art. 42- bis, comma I e IV, del d.P.R. n. 327/2001 e dell’ar.t 3 della l. n. 241/90. Violazione degli art. 41 e 42 Cost. Difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Violazione dell’art. 112 c.p.a. per omessa pronuncia .

Il Comune non ha spiegato le ragioni che renderebbero incompatibile con l’interesse pubblico una gestione in proprio dell’area da parte degli odierni appellanti i quali continuerebbero a mantenere l’attuale destinazione a parcheggio del terreno de quo (data la destinazione urbanistica e la collocazione dell’area al centro del Comune, in adiacenza alle spiagge)

L’amministrazione non avrebbe inoltre spiegato perché su tutto il territorio comunale non sia possibile reperire altri 14 posti auto da adibire a parcheggio pubblico, posto che l’area oggetto di controversia è pari solo a 400 mq.

La circostanza che il Comune abbia tenuto conto del parcheggio di Piazza S. Sebastiano nell’elaborazione degli standard , sarebbe poi irrilevante perché essi possono essere reperiti altrove, o comunque proprio restituendo ai privati l’area in questione, in quanto destinata a parcheggio.

Il T.a.r. non ha quindi tenuto conto del fatto che l’interesse pubblico potrebbe essere perseguito anche mediante la gestione diretta da parte degli attuali appellanti e che la restituzione della piccola area di cui trattasi non è in grado di incidere in modo significativo sugli interessi pubblici.

Dalla deliberazione n. 28/2012, peraltro, non si desume in alcun modo che la p.a. consideri il sedime in esame come un complesso unitario, trattandosi di una considerazione fatta esclusivamente dal giudice di prime cure.

In sostanza, farebbe difetto una adeguata motivazione in ordine alle eccezionali ragioni di interesse pubblico che impedirebbero la restituzione di un’area di soli 400 mq..

4) Riproposizione delle domande proposte dai ricorrenti con il ricorso e con l’atto di motivi aggiunti sulle quali il Giudice di primo grado non si è pronunciato. Illegittimità in parte qua della sentenza impugnata. Violazione degli artt. 24 e 111 Cost., e dell’art. 1 del c.p.a. e dell’art. 13 della CEDU. Violazione del principio dell’effettività delle tutela processuale.

4.1) Illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado non ha condannato il Comune alla restituzione dell’area agli odierni appellanti, con la condanna al risarcimento del danno. Difetto, illogicità e contraddittorietà delle motivazione. Violazione dell’art. 112 c.p.c per omessa pronuncia. Violazione degli artt. 24 e 111 cost.., dell’art. 1 del c.p.a. e dell’art. 13 della C.E.D.U.. Violazione del principio dell’effettività della tutela processuale. Violazione dell’art. 42 – bis del d.P.R. n. 327/2001. Violazione degli art. 41 e 42 Cost. e dell’art. 1 del primo protocollo addizionale alla CEDU.

Il giudice di primo grado ha omesso di trarre le dovute e necessarie conseguenze derivanti dall’annullamento del provvedimento di acquisizione sanante ed, in particolare, ha omesso di condannare il Comune alla restituzione del bene e al pagamento del risarcimento del danno ex art. 42 bis, comma 3, del d.P.R. n. 327/2001, per il periodo di occupazione sine titulo , quantificato sulla base del valore del bene, oltre rivalutazione e interessi sino al soddisfo.

4.2.) Segue. Illegittimità in parte qua della sentenza impugnata laddove il giudice di primo grado non ha condannato il Comune di Laigueglia al risarcimento del danno ex art. 42 bis, commi 1 e 3 del d.P.R. n. 327 del 2001, non ha determinato il valore dell’area e non si è pronunciato sulla domanda di rinnovazione della C.T.U.. Difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Travisamento dei fatti. Violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia. Violazione degli artt. 24 e 11 Cost. e dell’art. 1 del c.p.a. e dell’art. 13 della CEDU. Violazione del principio di effettività della tutela processuale. Violazione dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001. Violazione degli artt. 41 e 42 Cost. e dell’art. 1 del primo protocollo addizionale della CEDU .

Pur riconoscendo l’incongruità del valore venale del terreno, quale determinato dal Comune, il T.a.r. ha omesso di stabilire il valore venale dell’area. Gli appellanti, al riguardo, contestano le risultanze della CTU espletata in primo grado (che riconosce al terreno un valore di euro 56.810,169) ad essa opponendo una perizia di parte da cui risulta un valore di euro 538.568,13.

In tale perizia vengono comparati i prezzi medi praticati in occasione di trasferimenti di immobili aventi caratteristiche analoghe rilevati presso operatori immobiliari della zona (all.11 CTP arch. Chirivì, doc. n. 10), da cui risulta un valore a mq. di circa 2.700 euro. Tale valore è stato poi messo in media con quello individuato dallo stesso Comune di Laigueglia nella D.G.C. n. 211/2014 (all. 12 CTP Arch. Chirivì) con la quale l’amministrazione ha individuato il valore di mercato delle aree destinate a parcheggio ai sensi dell’art. 2 della l.r. n. 24/2001 in misura pari a euro 2.580 al mq..

Gli appellanti insistono peraltro nella domanda di rinnovazione della CTU ritenendo la stima effettuata dal dott. M manifestamente inadeguata.

4.3) In subordine. Richiesta di risarcimento del danno per equivalente. Riproposizione della domanda di accertamento del diritto all’indennizzo patrimoniale e non patrimoniale nonché al risarcimento del danno ex art. 42- bis, I e III comma del d.P.R. n. 327/2001. Violazione degli artt. 24 e 11 Cost., dell’art. 1, c.p.a. e dell’art. 13 della CEDU. Violazione del principio dell’effettività della tutela processuale. Violazione dell’art. 42 –bis del d.P.R. n.327/2001. Difetto, illogicità e contradittorietà della motivazione. Violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia .

Gli appellanti ripropongono la domanda di risarcimento del danno per equivalente del valore del bene, nell’ipotesi in cui venga esclusa la reintegrazione in forma specifica, nonché del risarcimento del danno per il suo mancato godimento e del danno non patrimoniale subito (da liquidarsi forfettariamente ex art. 42 bis , comma 1 del Testo unico espropri), anche in questo caso sulla base dei valori stimati dal perito di parte, oltre rivalutazione e interessi legali.

4.4.) Illegittimità in parte qua della sentenza impugnata laddove il giudice di primo grado non ha condannato il Comune di Laigueglia al pagamento dell’indennità da occupazione legittima. Difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Violazione dell’art. 112 c.p.c. e per omessa pronuncia. Violazione degli artt. 24 e 11 Cost. e dell’art. 1, c.p.a., e dell’art. 13 della CEDU. Violazione degli artt. 41 e 42 Cost. e dell’art. 1 del primo protocollo addizionale della CEDU. Violazione del principio dell’effettività della tutela processuale.

La circostanza relativa alla mancata corresponsione di tale indennità è acclarata nella sentenza di primo grado (pag. 5). Tuttavia il giudice ha poi omesso di quantificare l’indennità e di condannare il Comune al relativo pagamento. L’indennità è quantificata dai ricorrenti in euro 73.737,84.

4.5) Illegittimità della sentenza appellata nella parte in cui non ha esaminato il ricorso di primo grado. Riproposizione dei motivi e delle domande. Difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Violazione art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia . Violazione degli artt. 24 e 11 Cost. e dell’art. 1, c.p.a., e dell’art. 13 della CEDU. Violazione degli artt. 41 e 42 Cost. e dell’art. 1 del primo protocollo addizionale della CEDU. Violazione del principio dell’effettività della tutela processuale. Violazione dell’art. 42 –bis del d.P.R. n. 327/2001.

Il fatto che l’amministrazione abbia già adottato un provvedimento di acquisizione sanante non comportava necessariamente che lo stesso fosse rinnovato dopo l’annullamento intervenuto in sede giurisdizionale.

In conclusione, nel merito, gli appellanti chiedono a questo giudice:

1) di confermare la sentenza nella parte in cui il T.a.r. ha:

- affermato la giurisdizione del G.A. sulla quantificazione dell’indennizzo dovuto per l’acquisizione sanante;

- rigettato l’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo;

- annullato la delibera n. 28/2012;

2) e, in accoglimento dell’appello:

a) in via principale, di condannare il Comune alla restituzione del terreno identificato al foglio 4 mappale 623 in favore degli odierni appellanti e, per l’effetto, accertare il diritto al risarcimento di tutti i danni subiti a causa del mancato godimento del predetto terreno dal 4.5.1997 fino alla data del rilascio, con la conseguente condanna, ai sensi dell’art. 42 – bis del d.P.R. n. 327/2001, al pagamento in favore degli appellanti dell’importo pari al 5% annuo calcolato su euro 538.568,13, o della diversa somma ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione e interessi;

b) in via subordinata:

- di condannare il Comune al risarcimento del danno per l’illecita privazione della proprietà, secondo le disposizioni di cui al cit. art. 42 bis , commi 1 e 3, sulla base del valore individuato dal consulente di parte, o nella somma ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione e interessi;
nonché al risarcimento del danno previsto dall’art. 42 – bis , commi 1 e 3, pari al 5% annuo da calcolarsi sul valore di euro 538.568,13, o sulla somma diversa, maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione e interessi per il periodo di occupazione sine titulo ;

c) in ogni caso, di condannare l’amministrazione alla corresponsione dell’indennità di occupazione nella misura di euro 73.737,84, oltre rivalutazione e interessi.

5. Si è costituito, per resistere, il Comune di Laigueglia che ha anche proposto appello incidentale.

5.1 Il Comune ha riproposto innanzitutto alcune delle eccezioni non esaminate dal TAR.

A) Sul ricorso introduttivo .

a) Rinuncia alla domanda di restituzione .

La domanda di restituzione sarebbe stata rinunciata nella memoria del 24.10.2005, salvo riproporla, con inammissibile mutatio libelli , in quella del 23.12.2010 e senza considerare che, con l’atto di riassunzione del 16.2.2007, nel reiterare e richiamare le conclusioni dei precedenti atti difensivi, detta rinuncia era stata confermata.

b) Prescrizione del diritto al risarcimento del danno per l’illecita privazione del diritto di proprietà per decorso del termine quinquennale dall’ultimazione dei lavori (avvenuta il 28.2.1995 mentre l’atto introduttivo del giudizio risale al 3.5.2002);

c) Prescrizione del diritto ad ottenere la corresponsione dell’indennità da occupazione legittima , poiché, alla data di notifica del ricorso introduttivo, il 3.5.2002, era quasi integralmente decorso il termine quinquennale dalla conclusione dell’occupazione legittima, non risultando estinta per prescrizione esclusivamente l’indennità relativa ai giorni 3 e 4 maggio 1997.

B) Sui motivi aggiunti :

a) sul terzo motivo aggiunto : atterrebbero a valutazioni di merito e sarebbero quindi inammissibili, le argomentazioni degli appellanti in ordine all’assenza di un interesse pubblico all’acquisizione dell’area per cui è causa.

5.2 L’appello incidentale del Comune è così articolato:

a) la sentenza è criticata anzitutto nella parte in cui non ha accolto l’eccezione di difetto di giurisdizione in ordine alle contestazioni inerenti l’ammontare dell’indennità stabilita in favore dei M dalla delibera n. 28/2012 ai sensi dell’art. 42- bis Testo unico espropri. Il Comune richiama, al riguardo, l’art. 133 del c.p.a. e un precedente di questo Consiglio (sez. VI, sentenza n. 1438 del 15.3.2012);

b) l’amministrazione ritiene poi che il T.a.r. abbia erroneamente respinto l’istanza del Comune volta a far dichiarare l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso principale a seguito dell’adozione del provvedimento di acquisizione sanante;
lo stesso giudice, per altro, ha dichiarato “ultronea” la cognizione sulle domande poste con il ricorso introduttivo, proprio per effetto dell’adozione del provvedimento in questione;

c) quanto alle argomentazioni relative all’incongruità del valore attribuito all’area dal provvedimento di acquisizione, la decisione impugnata, al riguardo, sarebbe contraddittoria perché la stessa sentenza, a pag. 9, riconoscerebbe l’assenza di ogni prova circa lo stato in cui l’area versava quando fu occupata e quindi circa il fatto che fosse già adibita a parcheggio privato.

In ogni caso, il Comune sottolinea che l’attività di parcheggio e di autorimessa veniva svolta in modo sporadico, oltre che abusivo, come documentato nel corso del processo.

Sostiene altresì che nella sottozona F8 (come si ricaverebbe dal certificato di destinazione urbanistica prodotto in all. 2 al documento avversario n. 10), potevano essere realizzati solo parcheggi pubblici, nonché strade, piazze e “ aree di rispetto lungo le strade ”.

Analoga destinazione a servizi pubblici è stata confermata nel P.U.C. del 2010.

Ciò, senza considerare che l’immobile è censito al catasto come “orto irriguo” ed è soggetto a vincolo cimiteriale.

Per quanto riguarda, le risultanze della CTU relativa al terreno D’Andria, definita dal Tribunale di Savona con sentenza n. 306/2005, il T.a.r. non avrebbe adeguatamente considerato che si tratta di un terreno facente parte dello stesso piano particellare di esproprio allegato al progetto per la realizzazione del parcheggio pubblico San Sebastiano, avente caratteristiche simili a quelle per cui è causa, compreso nella stessa zona F8 e nella stessa fascia di rispetto cimiteriale nonché classificato quale orto irriguo. Il terreno in questione aveva peraltro una superficie ben maggiore di quella in esame e consentiva quindi maggiori possibilità di sfruttamento. Né sarebbe più attendibile la CTU espletata innanzi al T.a.r. in quanto non supportata da puntuali riferimenti alla situazione del mercato locale.

Il Comune domanda comunque una nuova verificazione o CTU al fine di determinare l’esatto importo dovuto a titolo di indennizzo.

5.3 L’amministrazione conclude chiedendo conseguentemente che questo Consiglio voglia:

- in via principale, annullare e/o riformare la sentenza del T.a.r. nella parte in cui ha disatteso le eccezioni dedotte in primo grado e ha accolto il quarto motivo aggiunto proposto dai ricorrenti;

- conseguentemente dichiarare il difetto di giurisdizione del g.a. in ordine al suddetto motivo di ricorso nonché l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, delle domande formulate con il ricorso introduttivo;

- in subordine accertare l’esatto ammontare del valore del terreno M e delle opere ivi realizzate dal Comune previo espletamento di verificazione o rinnovo della C.T.U. svolta in primo grado;

- in ogni caso dichiarare inammissibile, irricevibile e comunque respingere perché infondato nel merito l’appello principale proposto dai M per la riforma della suddetta sentenza.

6. Le parti hanno depositato memorie conclusionali e di replica.

7. La causa, infine, è stata trattenuta per la decisione alla pubblica udienza del 29.3.2018.

8. In via preliminare, rileva il Collegio che, per effetto delle contrapposte impugnazioni e della riproposizione delle domande, dei motivi e delle eccezioni assorbite, o non esaminate, nella sentenza impugnata, risulta devoluto in appello l’intero contenzioso instaurato in primo grado.

9. Nell’ordine logico delle questioni, viene in rilievo il secondo mezzo dell’appello incidentale con cui il Comune ha eccepito che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, dopo l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante, avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

9.1. L’eccezione è fondata.

L’effetto “paralizzante” del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42- bis del d.P.R. n. 327/2001in ordine alla domanda di restituzione dell’area, e/o di risarcimento del danno, avanzata dal proprietario di un’area illegittimamente occupata nell’ambito di una procedura espropriativa, è stato affermato da due recenti pronunce della Cassazione civile (Cass. civ.,sez. I, 7 marzo 2017, n. 5686 e 31 maggio 2016, n. 11258), analogamente a quanto già argomentato da questo Consiglio (in particolare, Sez. VI, sentenza n. 1438/2012) anche con riferimento al precedente istituto della c.d. acquisizione in sanatoria previsto dall’art. 43 t.u. espropriazioni (Cons. Stato, sez. V, n. 1975 del 2012).

Peraltro, sempre in accordo con quanto messo in luce da questo Consiglio (Adunanza plenaria, decisione n. 2 del 2016) e, in precedenza, dalla Corte costituzionale (sentenza n. 71 del 2015), anche la Cassazione sottolinea che il suddetto effetto paralizzante, che giustifica l'improcedibilità della domanda del privato, non può operare laddove si sia formato un giudicato sul diritto azionato in giudizio, circostanza questa che, però, non ricorre nel particolare caso di specie.

10. Nel merito, la prima critica mossa al decreto di acquisizione (con il primo motivo aggiunto articolato in prime cure) è quella relativa all’incompetenza del Consiglio comunale a provvedere, trattandosi di un atto che rientrerebbe nelle attribuzioni dirigenziali.

Le statuizioni del T.a.r., al riguardo, meritano conferma poiché pienamente aderenti a quanto da tempo messo in luce dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui – in disparte l’espressa attribuzione al Consiglio comunale delle competenze in materia di acquisti e alienazioni immobiliari operata dall’art. 42 del d.l.gs n. 267 del 2000 – la particolare natura dell’acquisizione sanante, riconducibile nell’alveo dell’ampia discrezionalità propria dell’organo di indirizzo, richiede una formale, specifica e compiuta espressione di volontà dell’ente manifesta dal Consiglio comunale potendo in tale ambito essere demandati ai dirigenti o ai responsabili dei servizi dell’Ente solo compiti strettamente esecutivi ed esternativi delle determinazioni discrezionali adottate dall’organo consiliare (Cons. Stato, sez. IV, n. 3807 del 31 luglio 2017; n. 4445 del 4 settembre 2013;
sez. III, n. 775 del 31 agosto 2010).

Nel caso di specie non giova poi agli appellanti invocare l’originaria delibera con cui il Comune ebbe ad approvare il progetto del parcheggio San Sebastiano per modo che, oggi, secondo tale prospettazione, l’acquisizione non sarebbe altro che l’attuazione di una scelta effettuata molti anni fa.

La tesi, infatti, è in contraddizione frontale con la funzione del provvedimento di acquisizione, da essi per altro verso invocata, non già di mera sanatoria di un illecito, quanto di rimedio di natura eccezionale. Tale decisione, pertanto, deve essere assunta all’attualità ed ex novo, non potendo quindi che promanare dall’organo che stabilisce le linee fondamentali di indirizzo dell’ente (sul punto è sufficiente rinviare ai principi elaborati dalla richiamata Plenaria n. 2 del 2016).

11. Sono invece fondati il secondo e il terzo motivo aggiunto con i quali i ricorrenti hanno dedotto che il provvedimento di acquisizione, per la parte che li riguarda, è privo di idonea motivazione nonché emesso in assenza delle condizioni di legge.

11.1 La decisione dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, n. 2 del 2016, relativamente alla natura giuridica, presupposti applicativi ed effetti dell’acquisizione ex art. 42 – bis del Testo unico espropri, ha chiarito che (par. 5.4):

«a) la disposizione introduce una norma di natura eccezionale;
tale conclusione è coerente con l'impostazione tradizionale che considera a tale stregua le norme limitatrici della sfera giuridica dei destinatari, con particolare riguardo a quelle che attribuiscono alla P.A. un potere ablatorio.

Un atto definibile come espropriazione in sanatoria stricto sensu, e basato sulla illiceità dell'occupazione di un bene altrui, infatti, segnerebbe una interruzione della consequenzialità logica della disciplina generale (europea e nazionale) di riferimento in materia di acquisizione coattiva della proprietà privata, ponendosi in contrasto con essa attraverso una discriminazione - pure sancita dalla legge - del trattamento giuridico di situazioni soggettive che altrimenti sarebbero destinatarie della disciplina generale;
da qui l'indefettibile necessità, ex art. 14, disp. prel. c.c., di una esegesi rigorosa della norma medesima che sia, ad un tempo, conforme al sistema di tutela della proprietà privata disegnato dalla CEDU ma rispettosa del valore costituzionale della funzione sociale della proprietà privata sancito dall'art. 42, co. 2, Cost. (che costituisce il fondamento del potere attribuito alla P.A.), secondo un approccio metodologico basato su una visione sistemica, multilivello e comparata della tutela dei diritti, a sua volta incentrata sulla considerazione dell'ordinamento nel suo complesso, quale risultante dalla interazione fra norme (interne e internazionali) e principi delle Corti (interne e sovranazionali);

b ) l'art. 42-bis, invece, configura un procedimento ablatorio sui generis, caratterizzato da una precisa base legale, semplificato nella struttura (uno actu perficitur), complesso negli effetti (che si producono sempre e comunque ex nunc), il cui scopo non è (e non può essere) quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall'Amministrazione (perché altrimenti integrerebbe una espropriazione indiretta per ciò solo vietata), bensì quello autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione di imperiose esigenze pubbliche, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera dell'infrastruttura realizzata sine titulo ;

c) un tale obbiettivo istituzionale, inoltre, deve emergere necessariamente da un percorso motivazionale - rafforzato, stringente e assistito da garanzie partecipativo rigorose – basato sull’emersione di ragioni attuali ed eccezionali che dimostrino in modo chiaro che l’apprensione coattiva si pone come extrema ratio (perché non sono ragionevolmente praticabili soluzioni alternative e che tale assenza di alternative non può mai consistere nella generica <<…eccessiva difficoltà ed onerosità dell’alternativa a disposizione dell’amministrazione..>>), per la tutela di siffatte imperiose esigenze pubbliche;

d) sono coerenti con questa impostazione:

I) le importanti guarentigie previste per il destinatario dell'atto di acquisizione sotto il profilo della misura dell'indennizzo (avente natura indennitaria secondo Cass. civ., Sez. un., n. 2209 del 2015 cit.), valutato a valore venale (al momento del trasferimento, alla stregua del criterio della taxatio rei, senza che, dunque, ci siano somme da rivalutare ma, in ogni caso, tenuto conto degli ulteriori parametri individuati dagli artt. 33 e 40 t.u.espr.), maggiorato della componente non patrimoniale (dieci per cento senza onere probatorio per l'espropriato), e con salvezza della possibilità, per il proprietario, di provare autonome poste di danno;

II) la previsione del coinvolgimento obbligatorio della Corte dei conti in una vicenda che produce oggettivamente (e indipendentemente dagli eventuali profili soggettivi di responsabilità da accertarsi nelle competenti sedi) un aggravio sensibile degli esborsi a carico della finanza pubblica ;
[…]».

11.2 Nel caso di specie, la delibera di acquisizione prende atto del fatto che l’area “ risulta definitivamente modificata fin dall’anno 1995 […] per la realizzazione del parcheggio pubblico in località San Sebastiano e che conseguentemente è stata sempre utilizzata a parcheggio pubblico a servizio non solo del limitrofo cimitero e degli stabilimenti balneari, ma anche del nucleo storico e dell’abitato di ponente ”.

Richiama poi il “ preminente interesse pubblico a mantenere la fruizione collettiva degli esistenti posti auto […] considerata l’estrema necessità vista la forte carenza di posti auto nel territorio dovuta anche e particolarmente alla conformazione dello stesso ” nonché il fatto che il parcheggio pubblico, riportato come tale nel progetto definitivo di PUC adottato nel 2010, risulti “ inserito nel bilanciamento degli standards urbanistici presenti sul territorio ”.

Ritiene quindi che “ la restituzione in pristino del parcheggio pubblico comporterebbe un appesantimento ed aggravio di mezzi sul territorio comunale, che non si saprebbe dove posizionare, considerato anche che tale parcheggio pubblico risulta essere il più grande parcheggio del paese, l’unico e il solo parcheggio pubblico situato nell’abitato di ponente, oggi già sofferente per la carenza notevole di posti auto sia privati che pubblici ” e che “ la restituzione del terreno comporterebbe un gravissimo pregiudizio per il Comune che, dovendo reperire nuovi parcheggi pubblici in sostituzione di quelli realizzati nel suddetto terreno, si troverebbe nell’impossibilità di sostenere i relativi costi, tenuto anche conto delle note ristrettezze economico – finanziarie in cui versano attualmente gli enti locali e dell’impossibilità di trovare adeguate aree libere, avendo il territorio di Laigueglia una conformazione tale da non permettere nuove e facili realizzazioni sia sotto l’aspetto funzionale che paesaggistico ”.

L’interesse pubblico viene quindi valutato come prevalente “ rispetto all’aspettativa dei privati al mantenimento della proprietà dell’area ”, ravvisandosi altresì “ l’assenza di ragionevoli alternative all’adozione del presente atto in relazione alla rilevanza dell’opera pubblica realizzata e completata […] sia avuto riguardo al valore economico dell’opera che non consente di rinunciare al suo immediato utilizzo e rende impraticabile qualsiasi ipotesi di delocalizzazione degli impianti ivi realizzati e di restituzione degli stessi ”.

11.3 Ciò posto, alla luce delle coordinative interpretative sopra richiamate, il Collegio reputa condivisibili le critiche mosse dagli appellanti al provvedimento impugnato, laddove si consideri:

- che la modifica dello stato dei luoghi si riduce, come accertato in primo grado, alla “ sistemazione […] tipica del parcheggio pubblico, con piante in crescita, asfalto e segnalazioni sul terreno, zone di accesso e recesso con indicazioni per il traffico ” sicché non può certo dirsi che l’area sia stata “irreversibilmente trasformata”;
in ogni caso, anche una significativa modifica sarebbe irrilevante per le considerazioni espresse dalla giurisprudenza della Corte costituzionale n. 71/2015, delle Sezioni unite (in particolare nella sentenza n. 735/2015), e dell’Adunanza plenaria, n. 2/2016, testé richiamata;
in sostanza, poiché il fulcro della valutazione concerne le “ attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico ” che giustificano la decisione di acquisizione, e, correlativamente la verifica giudiziale riguarda il grado di approfondimento motivazionale della comparazione degli interessi, lo stato dell’opera pubblica, e quindi il grado di trasformazione che il fondo ha subito, sono questioni, invero, di fatto, che rilevano solo sul grado e sulla profondità della motivazione (Cons. Stato, Sez. IV, nn. 3807 del 2017 cit:, 3905 del 2016;
2690 del 2016;
Sez. VI, n. 3655 del 9 giugno 2010, riferita all’allora vigente art. 43 del d.P.R. n. 327/2001);

- che l’area da restituire non coincide con l’intero parcheggio pubblico ma con il solo mappale 623 del foglio 4, pari a 400 mq.;
pertanto – ammesso che, in relazione alla conformazione del territorio, sia difficoltoso per il Comune reperire altre aree idonee a tale utilizzo – è evidente che il sacrificio di 14 posti auto non comporta un grave pregiudizio alla collettività;

- che la medesima area rimane comunque destinata a parcheggio a servizio del pubblico (come meglio si vedrà in prosieguo);
sicché è ben possibile che, attesa la destinazione urbanistica e la collocazione dell’area al centro del Comune, in prossimità delle spiagge, al medesimo uso venga concretamente adibita anche dai privati;

- che, quanto al riferimento ai costi necessari per reperire e realizzare nuovi parcheggi pubblici, anche in questo caso la motivazione considera l’intera estensione dell’opera pubblica e, in ogni caso, non tiene conto che, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, come ricordato dalla cit. decisione n. 2/2016, « l’assenza di alternative non può mai consistere nella generica “…eccessiva difficoltà ed onerosità dell’alternativa a disposizione dell’amministrazione...” ».

In definitiva, non emergono le “eccezionali ragioni di interesse pubblico” ostative alla restituzione, laddove l’apprensione coattiva a mente del più volte menzionato art. 42- bis , come sopra ricordato, si pone sempre come extrema ratio per la tutela di siffatte imperiose esigenze pubbliche.

12. Dall’accoglimento del secondo e del terzo mezzo dell’appello principale (con cui sono stati criticamente riproposti il secondo e il terzo motivo aggiunto), scaturisce l’annullamento del provvedimento di acquisizione e l’obbligo di restituzione dell’area ai proprietari.

12.1. A tal proposito deve essere respinta l’eccezione (sollevata dal comune a pagina 5 del controricorso) secondo cui i proprietari, nel corso del giudizio di primo grado, avrebbero rinunciato alla restituzione dell’immobile: invero, dalla piana lettura degli atti e delle memorie di primo grado, emerge che gli originari ricorrenti, nella sostanza, hanno sempre coltivato la domanda di restituzione del fondo (che, come dianzi illustrato, è stata formalmente e sostanzialmente riproposta nel presente giudizio di appello).

12.2. Il comune procederà alla restituzione del fondo, libero da ogni peso, entro 180 giorni decorrenti dalla comunicazione o notificazione della presente decisione.

12.3. Conseguentemente, l’esame della domanda di risarcimento del danno da perdita della proprietà (riproposta formalmente col quarto mezzo di appello principale) rimane assorbito e, con esso, quello della eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da perdita della proprietà (sollevata a pagina 6 del controricorso del comune).

13. Restano quindi da esaminare la domanda di risarcimento del danno da mancato godimento del bene per tutto il periodo che va dalla scadenza dell’occupazione legittima (avvenuta il 4.5.1997) fino alla restituzione nonché la domanda di pagamento della indennità di occupazione.

13.1. In ordine logico è prioritario l’esame del gravame incidentale nella parte in cui contesta la competenza del giudice amministrativo a conoscere delle questioni indennitarie.

13.2. Ictu oculi inaccoglibile risulta l’eccezione di inammissibilità del motivo di gravame incidentale in esame, sollevata dalla difesa dei signori M (a pagina 5 della memoria del 28 febbraio 2018) sotto il profilo della violazione del dovere di specificità sancito dall’art. 101 c.p.a.: tanto emerge dalla piana lettura del medesimo motivo.

13.3. In accoglimento del primo motivo dell’appello incidentale del comune deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere di ogni questione indennitaria.

13.4. Le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità di occupazione dovute in conseguenza di atti ablativi, ai sensi dell’art. art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a.), appartengono pacificamente alla giurisdizione del giudice ordinario.

La Corte regolatrice ha precisato, al riguardo, che tale giurisdizione sussiste anche quando la relativa domanda sia stata proposta unitamente a quella, devoluta invece alla giurisdizione del giudice amministrativo, di risarcimento del danno da perdita del bene, stante la vigenza, nell’ordinamento processuale del principio generale di inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione ( ex plurimis Cass. civ., sez. un., n. 7303 del 22 marzo 2017).

13.5. L’arresto testé citato è poi solo uno dei numerosi altri che affermano invece la sussistenza della giurisdizione amministrativa relativamente dalla domanda di restituzione e di risarcimento del danno conseguente alle occupazioni sine titulo (cfr., da ultimo, Cass. civ., Sez. Un., n. 2583 del 2018;
29 gennaio 2018, n. 2145; 25 luglio 2016, n. 15284; id ., 27 maggio 2015, n. 10879; id . 12 giugno 2015, n. 12179;
nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, n. 500 del 2018).

Ai fini della devoluzione al giudice amministrativo delle controversie relative ai comportamenti della pubblica amministrazione, nelle procedure ablative, è infatti sufficiente il collegamento della realizzazione dell'opera fonte di danno ad una dichiarazione di pubblica utilità, ancorché illegittima (Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2017, n. 7303 cit.).

14. Rimane da esaminare la domanda risarcimento del danno da mancato godimento del bene per tutto il periodo che va dalla scadenza dell’occupazione legittima (avvenuta il 4.5.1997) fino alla restituzione.

Al riguardo è bene precisare che l’eccezione di prescrizione riproposta dal Comune con il “controricorso” del 13.5.2014, riguarda esclusivamente il diritto al risarcimento dei danni per la perdita della proprietà del terreno, non essendovi invece alcun cenno alla distinta pretesa al risarcimento del danno derivante dalla mancata disponibilità del bene.

14.1 Secondo i principi elaborati dalla Sezione (cfr., in particolare, la sentenza 7 novembre 2016, n. 4636), il risarcimento del danno per mancato godimento del bene a cagione dell'occupazione illegittima può essere calcolato - ai sensi dell'art. 34, comma 4, c.p.a., in assenza di opposizione delle parti e in difetto della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno - facendo applicazione, in via equitativa, dei criteri dettati dall'art. 42- bis del d.P.R. n. 327/2001 (cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 2016 n. 3929;
28 gennaio 2016 n. 329;
2 novembre 2011 n. 5844), e dunque in una somma pari al 5% annuo del valore del terreno (fermo restando che possono essere utilizzati anche ulteriori criteri, come affermato da Cons. Stato, Sez. IV, n. 5262 del 2017 e n. 897 del 2017, che vanno dall’equità pura con valore attualizzato omnicomprensivo secondo il principio della taxatio rei , al valore locativo del bene).

Tale posta è onnicomprensiva « in difetto della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno ma facendo applicazione del potere di equità integrativa sancito dall'art. 1226 c.c . […] di ogni ulteriore posta o voce di danno, anche accessorio (ad esempio interessi compensativi e rivalutazione monetaria )».

14.2 Ai fini del calcolo del valore del bene, al quale commisurare la forma di risarcimento in questione, il Collegio ritiene di potere trarre utili elementi di valutazione dall’esame della CTU svolta in primo grado e dalla perizia di parte ricorrente, non risultando invece conferente la relazione utilizzata dal Comune per la quantificazione dell’indennizzo in sede di acquisizione sanante. Tale relazione si basa infatti su una consulenza espletata in un giudizio definito nel 2005, con riferimento ai valori del 1997, nel quale è stata fatta applicazione dell’art. 5 – bis , comma 4, del d.l. n. 333 del 1992, conv. in l. n. 359 del 1992, ovvero di una norma che, con sentenza n. 181 del 2011, è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta.

Esclusa quindi la legittimità del riferimento al parametro astratto dei valori agricoli medi, anche per i suoli non edificabili, ai fini dell’individuazione del valore venale occorre tenere conto delle potenzialità di « sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere i livelli dell'edificatorietà » attraverso la dimostrazione che gli stessi abbiano « un'effettiva e documentata valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazioni intermedie tra l'agricola e l'edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.): semprecchè assentite dalla normativa vigente sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative » (Cass. civ., Sez. I, n. 19936 del 29 settembre 2011;
cfr. anche, da ultimo, la sentenza n. 25314 del 25.10.2017).

Nel caso di specie, per quanto riguarda l’inquadramento urbanistico dell’area di cui si verte, sulla base dei certificati di destinazione urbanistica in atti può dirsi pacifico che, secondo il P.R.G. approvato nel 1976, tuttora vigente, i terreni per cui è causa ricadono nella sottozona “F8” che comprende “- le strade e le piazze esistenti e di progetto ;
- i parcheggi ;
- le aree di rispetto lungo le strade ” (art.3/17/1 delle NTA).

Nella delibera di acquisizione sanante, il Comune ha precisato, invero, che la sottozona in questione è destinata a “‘spazi pubblici’ con segno convenzionale di posteggio in progetto ”, all’uopo richiamando le indicazioni contenute nella copia del documento estratto dal P.R.G., in allegato “B” alla medesima delibera del 2012.

Tuttavia, anche a non voler considerare la chiara specificazione recata dalla NTA quale sopra riportata, l’indicazione valorizzata dal Comune non esclude, nella sottozona in questione, l’iniziativa privata, o pubblico – privata, per la realizzazione di attrezzature e di impianti di interesse generale.

In tal senso, la Sezione ha affermato, ad esempio, che la destinazione di un terreno privato a parcheggio pubblico, non comportando automaticamente l'ablazione dei suoli, ed anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte dei privati in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all'uso pubblico, costituisce vincolo conformativo, e non anche espropriativo, della proprietà privata (Cons. Stato, Sez. IV, n. 4748 del 13 ottobre 2017).

E ciò in linea con quanto statuito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 179 del 1999) per la quale non sono annoverabili tra i vincoli espropriativi quelli derivanti da scelte urbanistiche realizzabili anche a mezzo dell'iniziativa privata.

Nella fattispecie, è altresì opportuno evidenziare che, secondo il P.U.C. adottato nel 2006, l’area risulta compresa nel distretto di trasformazione “ DT1.S4 parcheggi pubblici e privati a raso e interrati con sistemazioni a verde ”. Il che pare confermare una linea di continuità tra la precedente destinazione (a “parcheggi” ovvero a “spazi pubblici”), e quella successiva, sia pure ancora non definitivamente approvata.

E’ altresì pacifico che il mappale in questione ricada in zona di vincolo cimiteriale dell’art. 338 del Testo unico delle leggi sanitarie, R.D. n. 1265 del 1934.

Tuttavia, l’esistenza della fascia di rispetto cimiteriale, sebbene ostativa all'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo - e tanto in ragione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi sia in esigenze di natura igienico sanitaria sia nella salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura e nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale - consente invece pacificamente la realizzazione di infrastrutture funzionali alla frequentazione dell’area da parte del pubblico (Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656;
T.a.r. per il Lazio, sez. II, 5 gennaio 2015, n. 20;
Cons. Stato, Sez. IV, 20 luglio 2011, n. 4403;
T.a.r. per la Toscana, Sez. III, 2 luglio 2008 n. 1712;
Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2007, n. 1933).

Anche i precedenti citati dal Comune (in particolare Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 6671 del 14 settembre 2010), hanno considerato si vietati i parcheggi interrati, ma ciò in quanto si tratti di “ strutture serventi all’uso abitativo ”.

Ad ogni buon conto, il vincolo non ha impedito, nel caso di specie, né la realizzazione da parte del Comune del parcheggio pubblico a raso, né il precedente utilizzo dell’area da parte dei privati al fine di offrire il servizio di parcheggio al pubblico che frequenta la zona.

Tutto ciò considerato, ritiene il Collegio che il perito di parte, arch. Chirivì, abbia condotto un’analisi di mercato più articolata di quella espletata dal C.T.U., in quanto basata sia su indagini presso gli operatori immobiliari della zona sia sul dato obiettivo del valore di monetizzazione attribuito dallo stesso Comune ai posti auto pertinenziali previsti dalle norme di piano e dall’art. 2 della l.r.

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