Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-07-18, n. 201603176

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-07-18, n. 201603176
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201603176
Data del deposito : 18 luglio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07135/2014 REG.RIC.

N. 03176/2016REG.PROV.COLL.

N. 07135/2014 REG.RIC.

N. 05476/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7135 del 2014, proposto da:
B D B, rappresentata e difesa dagli avvocati S C e L C, con domicilio eletto presso l’avvocato S C in Roma, Via Pescara, 2 (Lotto H Sc. B);

contro

Comune di Cerveteri, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. A F, con domicilio eletto presso il medesimo difensore in Roma, viale Regina Margherita 46;

nei confronti di

Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni archeologici dell'Etruria Meridionale, Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggio Provincie di Roma, Rieti e Viterbo, in persona dei rispettivi rappresentanti, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 5476 del 2015, proposto da:
B D B, rappresentata e difesa dagli avvocati S C e L C, con domicilio eletto presso l’avvocato S C in Roma, via Pescara, 2 (Lotto H Sc. B);

contro

Comune di Cerveteri, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A F, con domicilio eletto presso l’avvocato A F in Roma, viale Regina Margherita 46;

per la riforma

quanto al ricorso n. 7135 del 2014:

della sentenza breve del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Quater n. 3236/2014, resa tra le parti, concernente rimozione di struttura per la vendita di ricordi, cartoline, souvenir e libri, antistante l'ingresso della necropoli della Banditaccia in Cerveteri

quanto al ricorso n. 5476 del 2015:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II Ter n. 4601/2015, resa tra le parti, concernente decadenza dalla concessione di posteggio per l’esercizio di attività di vendita su aree pubbliche;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cerveteri, del Ministero per i beni e le attività culturali, della Soprintendenza per i beni Archeologici dell'Etruria Meridionale e della Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggio Provincie di Roma, Rieti e Viterbo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 giugno 2016, il Consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti gli avvocati Censi, Frascaroli, e l’avvocato dello Stato Figliolia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con appello n.7135 del 2014 la signora D B B impugna la sentenza del T.a.r. del Lazio n.3236 del 2014 , resa in forma semplificata, con la quale è stato respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso l’ordinanza n. 27 del 20 dicembre 2013 con la quale il Comune di Cerveteri ha disposto la demolizione e/o la rimozione della struttura all’interno della quale la ricorrente medesima ha esercitato negli anni l’attività di rivendita di souvenir, cartoline, libri e depliant in Cerveteri, piazzale della Necropoli, posta in area demaniale dinanzi all’ingresso della necropoli etrusca denominata Banditaccia .

Con ulteriore ricorso in appello ( RG n. 5476/15) la ricorrente ha gravato la sentenza del T.a.r del Lazio n. 4601 del 2015 che ha respinto il ricorso avverso l’ordinanza n. 108 del 9 settembre 1999 con la quale il sindaco del Comune di Cerveteri ha disposto la decadenza dalla concessione di posteggio per l’esercizio di attività di vendita su aree pubbliche e la revoca all’autorizzazione alla vendita.

In entrambi gli appelli è stato domandato che, in riforma delle appellate sentenze e previo l’accertamento della illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado, l’appellante sia rimessa nelle condizioni legali per continuare ad esercitare la sua attività commerciale, costituente per lei l’unica fonte di sostentamento.

In entrambi i ricorsi si sono costituiti in giudizio, per resistere agli appelli e chiederne la reiezione, sia l’amministrazione centrale appellata sia il Comune di Cerveteri.

Con ordinanza cautelare 31 luglio 2015 n. 3505 la Sezione ha sospeso ( nell’ambito del ricorso 5476/15) l’esecutività della sentenza impugnata.

Le parti hanno scambiato memorie conclusive in vista della discussione della causa.

All’udienza pubblica del 23 giugno 2016 gli appelli sono stati trattenuti per la sentenza.

2.- Va anzitutto disposta la riunione degli appelli in esame posto che tra le cause proposte sussistono evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva che ne suggeriscono la trattazione unitaria in vista dell’adozione di un’unica sentenza.

3.-Gli appelli sono infondati e vanno respinti nei sensi di cui appresso.

4.- Per ragioni di priorità logico-temporale deve essere esaminato anzitutto il ricorso RG n.5476/15;
il quale, ancorché rechi un numero di ruolo più recente, si riferisce nondimeno al tratto più risalente della vicenda procedimentale che ha condotto l’Amministrazione comunale di Cerveteri dapprima a dichiarare la decadenza della ricorrente dalla concessione di posteggio sull’area demaniale ove era installata la sua struttura utilizzata per la vendita di giornali e souvenir ( con conseguente revoca della autorizzazione per il commercio su aree pubbliche) e poi ad ordinare la rimozione di detta strattura.

A base della sentenza n.4601 del 2015 il T.a.r. ha posto la questione, di per sé assorbente, della carenza in capo all’odierna appellante di un titolo giuridico e materiale di disponibilità sull’area demaniale, dopo che la competente Soprintendenza archeologica per l’Etruria meridionale aveva dapprima ( con ordinanza n. 15731 del 10 dicembre 1997) sospeso la predetta attività di vendita, con invito alla signora D B a lasciare l’area demaniale, e poi definitivamente ordinato ( con ordinanza n. 4185 del 9 aprile 1999) il rilascio dell’area occupata, portando poi ad esecuzione detto provvedimento di rilascio il 6 maggio 1999. Secondo il ragionamento del giudice di primo grado, una volta venuto meno il predetto titolo ad occupare l’area, per effetto dei suindicati provvedimenti definitivi, mai rimossi in via di autotutela amministrativa né in sede giurisdizionale, l’odierna appellante non avrebbe avuto ragione di dolersi della illegittimità della decadenza dalla concessione del posteggio e della revoca dell’autorizzazione alla vendita, atti meramente consequenziali, ad adozione vincolata, ai sensi della legge n. 112del 1991( recante Norme in materia di commercio su aree pubbliche ed applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di causa) e del d.m. n. 248 del 1993 ( contenente il Regolamento di esecuzione della predetta legge)..

L’appellante contesta il presupposto giuridico assunto a base della decisione di primo grado, assumendo di non aver mai perso la disponibilità dell’area demaniale in relazione alla quale sia l’Amministrazione comunale di Cerveteri sia il Ministero dei beni culturali non avrebbero mancato, negli anni successivi ai citati provvedimenti soprintendentizi, di rilasciare atti di regolazione e vigilanza dell’attività commerciale, così ingenerando il legittimo affidamento circa la stabilità del rapporto concessorio sull’area ( costituito fin dal 1982).

Il Collegio rileva la palese inconsistenza del motivo di gravame nella parte in cui lo stesso adduce a fondamento della pretesa una evidente situazione antigiuridica in cui versa la ricorrente, sulla base della stessa ricostruzione dei fatti operata in appello, rappresentata dalla intervenuta riacquisizione abusiva della disponibilità materiale dell’area ove sorge la sua struttura funzionale alla rivendita di oggetti d’arte,e souvenir e cataloghi e altro materiale informativo.

Si è già anticipato che con pregressi provvedimenti del 1997 e del 1999 la competente Soprintendenza archeologica, affidataria del sito archeologico di Cerveteri fin dal 1997, abbia adottato in confronto della odierna appellante provvedimenti tesi a sgomberare l’area demaniale antistante l’ingresso del sito archeologico di Cerveteri. Il primo di detti provvedimenti è stato cautelativamente sospeso in primo grado dal T.a.r. solo fino alla definizione della gara relativa alla licitazione privata che l’amministrazione intende bandire. Tale gara ,che la Soprintendenza ha bandito per l’affidamento dei servizi aggiuntivi, ai sensi dell’art. 4, comma1, del decreto legge n.433 del 1992 (recante Misure urgenti per il funzionamento dei musei statali ). e successivamente portato a compimento con l’aggiudicazione definitiva, non ha visto la partecipazione della ricorrente.

Appare, dunque, conclamato -in fatto- che i suddetti provvedimenti soprintendentizi contenenti l’ordine di rilascio, adottati in confronto della ricorrente, siano divenuti definitivi e non più impugnabili. Tali circostanze rilevano nella loro oggettività fattuale, senza che sia qui necessario acclarare ( come pretenderebbe parte appellante) se la signora D B avesse titolo ed interesse per partecipare alla predetta gara ovvero per impugnarne gli esiti.

In tale quadro fattuale, del tutto legittimamente, pertanto, il Comune di Cerveteri ha adottato, con l’ordinanza oggetto del ricorso di primo grado, l’atto di revoca della concessione del posteggio a suo tempo rilasciata alla ricorrente, in difetto di un presupposto giuridico essenziale alla permanenza della struttura della ricorrente in area demaniale per lo svolgimento della riferita attività commerciale.

Non rileva che in sede di esecuzione della ordinanza di rilascio del 1999 non fosse presente l’ufficiale giudiziario, come eccepito dalla difesa della parte appellante;
qui non si discute dell’efficacia o meno del verbale di rilascio ( e dell’eventuale necessità di reiterare le operazioni materiali, ove ancora vi sia spazio per finalizzare il provvedimento del 1999), quanto piuttosto della sussistenza o meno di un presupposto giuridico a base dell’ordinanza recante la decadenza dalla concessione di posteggio. E non par dubbio che quel presupposto ( relativo alla disponibilità giuridica dell’area), alla luce di quanto riferito a proposito della definitività dei pregressi provvedimenti di rilascio dell’area occupata, nella specie fosse mancante, di guisa che appare pienamente legittima la determinazione comunale avversata in primo grado.

Che poi la ricorrente abbia continuato ad esercitare l’attività commerciale in forza dell’autorizzazione alla vendita rilasciata dal Comune di Cerveteri il 31 marzo 1998 è anch’esso un dato irrilevante che non potrebbe essere utilmente valorizzato in suo favore , posto che la stessa non potrebbe certo addurre una situazione di antigiuridicità ( in cui è venuta a trovarsi a seguito della permanenza sull’area demaniale nonostante l’ordine di sgombero) a fondamento dell’odierno interesse oppositivo (e tanto anche in base al generale principio compendiato nel c.d. divieto di venire contra factum proprium ). E d’altra parte occorre ben distinguere, quando si tratta di attività commerciali esercitate su aree pubbliche, tra titolo demaniale ad occupare l’area e titolo commerciale all’esercizio dell’attività di vendita: quest’ultimo suppone certamente l’avvenuto rilascio del primo, ma in ogni caso non può tener luogo dello stesso, né il suo eventuale rilascio implica la produzione di effetti sananti sul titolo ad occupare.

Del pari inconsistenti le censure inerenti l’asserita illegittimità della procedura di gara per l’affidamento dei servizi aggiuntivi, dedotte in particolare in ragione del fatto che lo spazio individuato dalla Soprintendenza per la gestione di tali servizi non si troverebbe all’interno dell’area archeologica ( e quindi non sarebbe accessibile soltanto ai visitatori del sito), ma sul piazzale antistante l’accesso al sito predetto ( onde sarebbe accessibile al quisque de populo , anche non munito di biglietto di ingresso al sito). La doglianza è inammissibile sotto il profilo della carenza di interesse non soltanto per il fatto oggettivo della sua mancata partecipazione alla gara ma soprattutto perché non è ravvisabile alcun nesso logico-giuridico tra la pretesa illegittimità della procedura di gara e la legittimità dei provvedimenti comunali oggetto della sua impugnazione( i quali pertanto non potrebbero risentire,neppure a titolo di invalidità derivata, alcun effetto viziante in dipendenza della dedotta illegittimità della gara). In realtà, nel sostenere il suindicato motivo di ricorso, la ricorrente intende tutelare un mero interesse di fatto, come tale non meritevole di tutela processuale, a che altri possa svolgere attività commerciale sull’area antistante l’accesso al parco archeologico in concorrenza con l’attività dalla stessa esercitata ( per quanto detto, non iure ).

5.- Esito non diverso merita l’appello RG n.7135/14.

Oggetto della impugnazione di primo grado, respinta dal T.a.r., è qui l’ordinanza di demolizione e/o di rimozione della struttura.

In disparte il profilo, pur assorbente, della improcedibilità dell’appello per difetto di interesse una volta accertata la carenza di titolo demaniale in capo alla odierna appellante ( e quindi al carattere consequenziale della rimozione della struttura), il mezzo si appalesa infondato anche nel merito.

La natura demaniale del bene non elide anzitutto il potere di intervenire dell’autorità comunale, ai sensi dell’art. 35 del d.P.R n. 380 del 2001 ( recante il Testo unico in materia edilizia ).

La struttura ricade in area di interesse culturale, in quanto gravata da vincolo paesaggistico e archeologico ed inclusa tra i beni della lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco. A fronte di tale rilevante interesse culturale, resta il fatto che all’odierna appellante non sia mai stata concessa alcuna autorizzazione paesaggistica funzionale alla posa o al mantenimento della struttura, quantomeno nella sua attuale conformazione e consistenza ( come desumibile dal materiale fotografico versato in atti);
il che non appare coerente con le caratteristiche del sito, in relazione al quale non è immaginabile che l’Autorità preposta alla verifica di compatibilità degli interventi possa essere tenuta estranea dal procedimento autorizzativo a prescindere dal più o meno modesto impatto che la struttura possa comportare per il contesto ambientale nel suo insieme. Il nulla-osta rilasciato nel 1992 dalla Soprintendenza, cui fa riferimento parte appellante, appare provvedimento irrilevante ai fini che qui interessano, dato che lo stesso si riferiva ad una struttura mobile su rotelle, ben diversa evidentemente, per tipologia e consistenza, dal chiosco attualmente in uso della ricorrente.

Né rileva l’argomento, utilizzato pure nell’ambito dell’altro ricorso, riguardo alla asserita consolidazione della situazione di fatto per effetto dell’esercizio ultratrentennale dell’attività da parte della ricorrente, argomento questo che se applicato in via generalizzata ( quod non ) comporterebbe l’impossibilità per la pubblica autorità di riportare all’ordinato assetto paesaggistico e edilizio ogni porzione di territorio compromessa da interventi realizzati da soggetti privati senza i necessari titoli abilitativi. Per contro, va qui affermata la diuturnitas della potestà di vigilanza e di regolazione dell’ordinato assetto territoriale da parte delle competenti autorità amministrative, soprattutto quando gli interventi insistano su aree – come appunto nel caso di specie - di particolare interesse culturale.

Non giova, infine, alla ricorrente il riferimento alla realizzazione, in seno all’ingresso alla Necropoli su piazzale Moretti, di un Centro di accoglienza se si considera che , a parte i profili di opportunità ( qui non in rilievo) riguardo alla concreta realizzazione di detto intervento, lo stesso risulta regolarmente assentito anche dall’autorità paesaggistica ( come riferito dalla Amministrazione centrale costituita) con provvedimento n. 23671 del 7 dicembre 2011 divenuto definitivo in quanto non impugnato. Occorrerebbe verificare quali siano state le valutazioni ( ciò che esula dal presente giudizio) poste a base della ritenuta compatibilità di detto intervento, la cui realizzazione non potrebbe in ogni caso legittimare, obliquo modo , la permanenza della struttura in titolarità dell’odierna appellante.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c. , in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

6.- In definitiva, alla luce dei rilievi che precedono, gli appelli vanno respinti previa loro riunione.

7.-Le spese del presente grado possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.

In favore dell’ avvocato S C, difensore della parte appellante ammessa al gratuito patrocinio a spese dello Stato, va disposta la liquidazione delle spese e degli onorari di giudizio, liquidati come da dispositivo, ai sensi dell’art. 82 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi