Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-01-30, n. 202400940
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Pubblicato il 30/01/2024
N. 00940/2024REG.PROV.COLL.
N. 10921/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10921 del 2021, proposto da
Parco locale di interesse sovracomunale del Roccolo;Comune di Busto Garolfo e Comune di Casorezzo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dagli avvocati D P, C S, A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D P in Roma, via G. Caccini 1;
contro
Città Metropolitana di Milano, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati M F, T S, N M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
S s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris, Luca Prati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonella Giglio in Roma, viale Parioli 12;
Comune di Arconate, Comune di Buscate, Comune di Castano Primo, Comune di Cerro Maggiore, Comune di Cuggiono, Comune di Inveruno, Comune di Legnano, Comune di Magnago, Comune di Rescaldina, Comune di Robecchetto con Induno, Comune di San Giorgio su Legnano, Comune di San Vittore Olona, Comune di Vanzaghello, Comune di Villa Cortese, Regione Lombardia, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 1534/2021;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Città Metropolitana di Milano e della società S s.r.l.;
Visti gli 38qwviqcwic5b1?version=57caaebe-e509-5495-93cf-d1294e9bf17a::LRD8A2136D284FC045988A::2010-07-07">artt. 35, comma 1, 38 e 85, comma 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2023 il consigliere Paolo Marotta e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Viste le conclusioni delle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Parco locale di interesse sovracomunale del Roccolo, il Comune di Busto Garolfo e il Comune di Casorezzo hanno impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, previa loro riunione, ha respinto i ricorsi R.G. n. 2652/2016 e R.G. n. 2895/2017, proposti dagli odierni appellanti, aventi ad oggetto:
- quanto al giudizio R.G. 2652/2016, la pronuncia di compatibilità ambientale ai sensi del d.lgs. n. 152/2006 e della l.r. n. 5/2010 del progetto di gestione produttiva dell'ATEg11 e di recupero di parte dell'ambito stesso mediante rifiuti non pericolosi da realizzarsi nel territorio dei Comuni di Busto Garolfo e Casorezzo (MI), di cui al decreto dirigenziale della Città metropolitana di Milano raccolta generale n. 6875/2016 del 22 luglio 2016 – prot. n. 165105/2016 e della V.INC.A. – Valutazione di incidenza positiva contenuta nel decreto dirigenziale della Città metropolitana di Milano raccolta generale n. 4067/2016 del 9 maggio 2016;
- quanto al giudizio R.G. 2895/2017, l’Autorizzazione Integrata Ambientale, ai sensi dell’art. 29 quater del d.lgs. 152/06, contenuta nell’autorizzazione dirigenziale prot. n. 219893/2017 del 20/09/2017 – Raccolta Generale n. 7639/2017 del 20 settembre 2017.
1.1. In punto di fatto, in data 16 giugno 2015, la società S Suzioni Ambientali s.r.l. (di seguito anche S s.r.l. o S) ha presentato alla Città metropolitana di Milano un piano per la gestione produttiva e il recupero di un ambito territoriale estrattivo denominato ATEg11, già interessato da precedente attività estrattiva e discarica, in area sita a cavallo tra il Comune di Busto Garolfo e il Comune di Casorezzo, all’interno del Parco naturale locale di interesse sovracomunale (P.L.I.S.) del Roccolo.
A conclusione di un articolato procedimento, sono stati rilasciati in favore della S la V.Inc.A. (decreto dirigenziale n. 4067/2016 del 9/5/2016), la VIA (con decreto dirigenziale n. 6875/2016 del 22 luglio 2016) e l’A.I.A. (con decreto dirigenziale n. 7639/2017 del 20 settembre 2017).
I predetti atti sono stati impugnati davanti al T.a.r. Lombardia;il giudice di primo grado, dopo averli riuniti, ha respinto i predetti ricorsi, condannando le parti ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio.
2. Le parti appellanti hanno contestato la sentenza impugnata per i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo, le parti appellanti deducono: violazione e falsa applicazione degli artt. 25, comma 4, e 28 del d.lgs. n. 152/2006;eccesso di potere;violazione dei criteri escludenti del Piano regionale di gestione dei rifiuti e del Piano paesaggistico regionale;erronea presupposizione dei fatti e travisamento degli stessi;difetto di istruttoria circa il rispetto di tali criteri.
Evidenziano che, con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, avevano dedotto l’illegittimità della VIA in relazione al quadro prescrittivo in essa imposto, sotto i profili sia della significatività sia della quantità delle prescrizioni, che, di fatto, vanificavano e rendevano contraddittorio il giudizio positivo di compatibilità ambientale, in quanto la Città metropolitana di Milano avrebbe sostanzialmente pretermesso le valutazioni di sua competenza trasferendo all’esterno del procedimento la definizione di elementi progettuali fondamentali.
Contestano le conclusioni del giudice di primo grado, che, muovendo dal presupposto, secondo il quale è consentito dall’ordinamento giuridico apporre condizioni alla VIA, per effetto di quanto disposto dall’art. 25, comma 4, lett. a, d.lgs. n. 152/2006, ha ritenuto la censura infondata, perché le prescrizioni inserite dall’Amministrazione non sarebbero numerose, essendo articolate in dodici categorie, e comunque le medesime disciplinerebbero “ aspetti di dettaglio ” o “ meramente eventuali in nulla ridefinendo … lo schema progettuale proposto ” da S.
Le parti appellanti contestano la sentenza impugnata anche nella parte in cui ha rigettato il quinto motivo del ricorso promosso nei confronti della VIA e il motivo 15/4 del ricorso promosso nei confronti dell’AIA, concernente la violazione del criterio escludente relativo al rispetto della distanza di 50 metri dalla discarica esistente previsto dal Piano regionale di gestione dei rifiuti.
2.2. Con il secondo motivo deducono: violazione della Convenzione del 5 luglio 2002, sottoscritta da Cave di Casorezzo s.r.l., Comune di Busto Garolfo, Comune di Casorezzo e Parco del Roccolo e della Convenzione del 25 luglio 2002 tra Cave di Casorezzo s.r.l. e il Comune di Busto Garolfo;presupposti dell’autorizzazione provinciale n. 63/2002 e dell’autorizzazione provinciale n. 101/2005;violazione dell’art. 15 della l.r. della Lombardia n. 14/1998.
Richiamano il secondo motivo di ricorso di primo grado RG 2652/2016 e il motivo 15.1 del ricorso nei confronti dell’AIA ed evidenziano che in primo grado avevano contestato la legittimità dei provvedimenti impugnati per contrasto con le Convenzioni intervenute tra le parti del 5 luglio 2002, le quali prevedevano che “ cessata l'attività estrattiva, il territorio cavato e recuperato costituisca una risorsa per il Parco del Roccolo, per le comunità locali e in generale per l'equilibrio ambientale ” (art. 3).
Contestano quindi le conclusioni del T.a.r. che ha respinto la censura ritenendo che “ la valutazione del progetto presentato da S scaturisce dalla mancata attuazione (ad oggi per quasi un ventennio e per cause che, in questa sede, non è lecito scrutinare) proprio dei piani di recupero dell’ATEg11 di cui alle convenzioni del 2002, tradottasi nel perdurante degrado ed abbandono dell’area 14 circostanza che - evincibile, ictu oculi, dalla documentazione fotografica in atti ed unitamente al mutamento degli attori coinvolti nella gestione dell’Ateg11, con il subentro di S e della Città Metropolitana, rispettivamente a Cave di Casorezzo ed alla Provincia – ha comportato il superamento, di fatto, delle circostanze poste alla base delle autorizzazioni provinciali e dei precedenti accordi, la cui esecuzione (coattiva) è peraltro, a quanto consta, da tempo sub iudice ”.
2.3. Con il terzo motivo deducono violazione dei criteri penalizzanti ed escludenti del Piano regionale di gestione dei rifiuti nonché dell’art. 208, comma 6, del d.lgs. n. 152/2006;difetto di motivazione ed erronea valutazione in merito alla sua adeguatezza;omissione di pronuncia, contraddittorietà con altre sentenze;violazione del piano pluriennale degli interventi del Parco del Roccolo, del piano paesaggistico regionale e del piano delle aree protette.
Con riguardo ai motivi sesto, quarto e decimo del ricorso di primo grado R.G. n. 2652/2016 e ai motivi 15.5 e 15.3 del ricorso contro l’AIA, gli appellanti evidenziano di aver dedotto la carenza e l’illogicità della motivazione dei provvedimenti adottati dalla Città Metropolitana di Milano in merito al criterio penalizzante del Piano regionale di gestione dei rifiuti, costituito dall’inserimento delle aree oggetto di intervento all’interno del PLIS del Roccolo, il cui Piano pluriennale degli interventi (“PPI”) prevede che “ su tutto il territorio del parco sono vietate … l’attivazione di discariche di qualsiasi tipo, salvo quelle di inerti ” (art. 3.9, lett. r).
Il T.a.r. ha rigettato il motivo in esame, evidenziando innanzitutto che l’incompatibilità con il divieto di creazione di discariche contenuto nel PPI non avrebbe potuto “ costituire ostacolo insuperabile alla localizzazione del progetto assentito con la V.I.A., in quanto rilevante solo sul piano locale per le amministrazioni comunali e, quindi, superabile ex art. 208, comma 6 D.lgs.152/2006, a mente del quale … l’approvazione del piano costituisce variante allo strumento urbanistico locale ”.
Con riferimento al difetto di motivazione, il giudice di primo grado ha poi statuito che la carenza censurata “ palesa un inammissibile tentativo di riedizione di tutta l’istruttoria espletata, onde sostituire, nel merito, le scelte dell’Amministrazione ”.
Gli odierni appellanti contestano le conclusioni del giudice di prime cure, evidenziando quanto segue:
- il PLIS ha carattere sovracomunale, con la conseguenza che la Città Metropolitana di Milano ha attribuito all’AIA l’effetto della variante urbanistica, ai sensi dell’art. 208, comma 6, d.lgs. n. 152/2006, in relazione ad un piano sovraordinato rispetto allo strumento urbanistico del singolo Comune, così illegittimamente estendendo l’ambito di applicazione della norma menzionata;
- la deroga di cui all’art. 208, comma 6, d.lgs. n. 152/2006 prodotta al PPI del Parco del Roccolo avrebbe necessitato di un’adeguata di motivazione, non potendo l’AIA determinare l’effetto di variante in via automatica, come invece riconosciuto dal giudice di primo grado.
I ricorrenti inoltre con il motivo 15.5 del ricorso contro l’AIA avevano dedotto la violazione da parte della Città metropolitana di Milano del criterio escludente – che per definizione esclude “la possibilità di realizzare nuovi impianti” – di cui all’art. 14.4.2 del Piano regionale di gestione dei rifiuti (l’art. 14.4.2 del P.R.G.R., rubricato “ Tutela e valorizzazione del patrimonio naturale ”, dispone che la localizzazione degli impianti è consentita “ se non espressamente esclusa nello strumento di pianificazione e/o gestione vigente del sito naturale ”;tra detti siti naturali rientrerebbe il PLIS del Roccolo il cui strumento di pianificazione vieta l’attivazione di discariche - art. 3.9, lett. r, PPI). Sussisterebbe dunque un contrasto evidente tra i provvedimenti ambientali adottati dalla amministrazione e il menzionato criterio escludente del Piano regionale di gestione dei rifiuti.
A sostegno di quanto dedotto, evidenziano che il T.a.r. Lombardia avrebbe accolto sotto questi stessi profili i ricorsi proposti da Legambiente (sentenza 1535/2021) e G e altri (sentenza 1533/2021).
Le considerazioni esposte con riguardo al Piano regionale della gestione dei rifiuti e all’indebita estensione del perimetro della variante, di cui all’art. 208, comma 6, d.lgs. n. 152/2006, varrebbero pure con riferimento al Piano paesaggistico regionale (P.P.R.) e al Piano regionale delle aree protette (P.R.A.P.), le cui violazioni sono state censurate con il quarto ed il decimo motivo di ricorso avverso la VIA.
Il Piano paesaggistico regionale, che per definizione costituisce uno strumento di livello regionale sovraordinato a quello comunale, riconduce le aree di cui si discute nel “Sistema territoriale metropolitano” e nel “Sistema territoriale della Pianura Irrigua”, i cui indirizzi di tutela prevedono azioni di recupero ambientale con l’obiettivo di contribuire alla riqualificazione del sistema verde, della biodiversità, del miglioramento dell’offerta turistico-ricreativa.
Si contestano le conclusioni del giudice di prime cure che ha ritenuto le censure generiche e quindi inammissibili.
2.4. Con il quarto motivo, le parti appellanti deducono: difetto di motivazione ed erronea valutazione in merito all’adeguatezza della motivazione;violazione dell’art. 208, comma 6, del d.lgs. n. 152/2006;violazione del P.G.T. del Comune di Busto Garolfo e della Rete ecologica comunale.
In sintesi, gli appellanti ripropongono le censure formulate nel terzo motivo del ricorso di primo grado R.G. n. 2652/2016 e nel motivo 15.2 del ricorso avente ad oggetto l’A.I.A.
Con i predetti motivi avevano evidenziato la contrarietà del progetto presentato da S con il Piano di governo del territorio del Comune di Busto Garolfo, essendo l’area in questione inserita tra le “ Aree di valore paesaggistico, ambientale ed ecologico – Parco Locale di interesse Sovracomunale – Parco del Roccolo – Area Cave ”.
Inoltre, l’art. 34, comma 12.b, del Piano delle regole del Piano di governo del territorio del Comune di Busto Garolfo vieta nel sito oggetto di intervento “cave, discariche, reti elettriche, cavidotti” e la tavola PS04 del Piano dei servizi colloca tale sito nella Rete Ecologica Comunale, ove sono ammesse “esclusivamente attività compatibili con le esigenze di protezione della natura e dell’ambiente e di conduzione delle attività agricole”.
Contestano le conclusioni del giudice di primo grado che ha ritenuto infondate le deduzioni delle parti ricorrenti, in quanto le “ norme del PGT citate dai ricorrenti non pongono, in via generale, alcun insuperabile ostacolo alla localizzazione della discarica ed al successivo rilascio dell’AIA, ben potendo la stessa”, per effetto dell’art. 208, comma 6, D.Lgs. n. 152/2006, “imporsi sulle pregresse scelte pianificatorie a livello comunale ”.
2.5. Con il quinto motivo, le parti appellanti deducono: motivazione carente e illogica, travisamento dei fatti circa la sussistenza dei “criteri preferenziali” di cui al Piano regionale di gestione dei rifiuti e al Piano paesaggistico regionale;contraddittorietà manifesta all’interno del medesimo provvedimento per l’inclusione sia nei criteri penalizzanti che nei criteri preferenziali;omissione di pronuncia;violazione dell’art. 112 c.p.c.
Le parti appellanti ripropongono le censure di cui al settimo e all’ottavo motivo del ricorso di primo grado RG 2652/2016 e ai motivi 15.6 e 15.7 del ricorso avente ad oggetto l’AIA.
Con i motivi settimo e ottavo, gli appellanti hanno contestato la riconducibilità delle aree di cui al progetto nell’ambito del criterio preferenziale costituito dalla “ presenza di una cavità pregressa da attività estrattiva ”, in quanto la Città Metropolitana di Milano non aveva effettuato alcuna valutazione del sito volta ad eliminare l’automatismo cava – discarica, e avevano dedotto la contraddittorietà del fatto che tale area ricade contestualmente nei criteri preferenziali e nei criteri penalizzanti.
Inoltre, era stata evidenziata la mancanza di una adeguata esplicitazione delle ragioni per le quali i criteri preferenziali sono stati reputati prevalenti su quelli penalizzanti.
Il T.a.r. ha respinto le censure in esame, affermando come la “classificazione dell’ATEg11 nel relativo criterio preferenziale” sia “scevra da vizi logici”, poiché “i profili di criticità legati alla possibilità che la futura attività estrattiva possa creare “un cumulo di impatti” ovvero, una sorta di “corsia preferenziale” alla creazione di discariche … “afferiscono ad aspetti diversi, futuri e del tutto ipotetici, in nulla idonei a contrastare lo stato attuale del sito”. Il giudice di prime cure ha altresì fondato il rigetto dei motivi di ricorso sulla circostanza che “la volontà dei ricorrenti” sarebbe “di sostituire il proprio giudizio a quello dell’Amministrazione”.
Le parti appellanti contestano le conclusioni del giudice di prime cure.
2.6. Con il sesto motivo, le parti appellanti deducono: violazione del P.T.C.P. (approvato con D.C.P. n. 93 del 17 dicembre 2013) e della R.E.R. (approvata con D.G.R. n. 8/10962 del 30 dicembre 2009);illogicità manifesta;eccesso di potere per istruttoria carente e motivazione insufficiente/illogica, per contraddittorietà con riguardo alla V.Inc.A.;difetto di istruttoria, travisamento, difetto dei presupposti, abnormità ed erroneità per assenza della asserita riqualificazione ambientale.
Gli appellanti ripropongono il nono motivo del ricorso di primo grado R.G. n. 2652/2016 e il motivo 15.8 del ricorso avente ad oggetto l’AIA, con i quali avevano dedotto il contrasto del progetto di S con gli obiettivi specifici di cui all’art. 35 del P.T.C.P. e agli artt. 50 e 45 delle N.d.A. del P.T.C.P.
Il T.a.r. ha respinto il motivo, ritenendolo generico e affermando che esso non tiene conto del “recupero ambientale” dell’intero ambito che ne risulterebbe “ nel complesso e nel lungo periodo … unitamente allo stato di completo e prolungato abbandono del sito, più volte evidenziato portano ad escludere … l’illegittimità del provvedimento con riferimento ai parametri normativi citati dai ricorrenti nonché con la ratio di recupero e riqualificazione da questi recata ”.
La decisione del T.a.r. sarebbe illegittima perché attribuisce rilevanza solo al risultato finale di “recupero ambientale dell’intero ATEg11”, senza tener conto delle norme del PTCP sopra richiamate.
2.7. Con il settimo motivo, gli appellanti deducono: violazione dell’art. 22 del d.lgs. n. 152/2006;eccesso di potere per travisamento dei fatti, violazione dei principi di prossimità e di precauzione;difetto di istruttoria e illogicità nella parte in cui la Città metropolitana di Milano non avrebbe puntualmente operato una adeguata stima dei fabbisogni a livello regionale, onde valutare l’effettiva necessità di allocare una nuova discarica;violazione del d.lgs. n. 36/2003 (attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche dei rifiuti) e del relativo allegato 1 sui criteri costitutivi e gestionali degli impianti di discarica;contraddittorietà ed illogicità rispetto al giudizio negativo espresso dai Comuni interessati e dalla stessa amministrazione metropolitana (Ufficio pianificazione e gestione dei PLIS);omissione di pronuncia;violazione dell’art. 112 c.p.c. e difetto di motivazione della sentenza.
Le parti appellanti ripropongono le censure di cui all’undicesimo motivo di ricorso di primo grado nel giudizio R.G. 2652/2016 e al motivo 15.10 del ricorso avente ad oggetto l’AIA, con i quali avevano censurato l’operato della Città metropolitana di Milano sotto il profilo della c.d. “opzione zero”. In particolare, avevano dedotto vari profili di illegittimità, sia in ordine alla reale necessità di realizzazione di una nuova discarica nell’area di cui si discute con riferimento agli altri impianti esistenti, al reale fabbisogno sul territorio regionale e al principio di prossimità, sia in ordine alle alternative possibili di utilizzo di quel territorio (con riferimento all’adempimento agli obblighi di cui alle convenzioni del 2002 o al mantenimento dello stato dei luoghi nello stato attuale dell’epoca).
Il giudice di primo grado ha rigettato le censure, evidenziando che “ nella sostanza, la mancata realizzazione del progetto avrebbe comportato il perdurare della situazione di degrado ed abbandono del sito, in attesa della definizione del contenzioso in ordine ai risalenti obblighi di ripristino assunti nei confronti dei Comuni (contenzioso, peraltro, valutato come incerto quanto al risultato pratico di ottenere l’esecuzione in forma specifica degli obblighi di ripristino);il tutto a fronte di una proposta progettuale comprensiva oltreché dello sfruttamento dell’area - anche della riqualificazione ambientale ”.
Le parti appellanti contestano sotto diversi profili le conclusioni del giudice di prime cure.
2.8. Con l’ottavo motivo gli appellanti deducono eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità manifesta, sviamento di potere;violazione di legge e falsa applicazione degli artt.5, 23 – 28 del d.lgs. n. 152/2006 nonché dell’art. 10 – bis della l. n. 241/1990;omessa pronuncia;violazione dell’art. 112 c.p.c.
Evidenziano che con il primo motivo del ricorso proposto avverso l’A.I.A. ne avevano contestato la legittimità per essere stata adottata sulla base di un progetto difforme da quello oggetto di VIA e VINCA. Secondo la prospettazione ricorsuale, a seguito del preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis l. n. 241/1990, la presentazione da parte di S di un nuovo progetto avrebbe dovuto indurre l’amministrazione ad avviare un nuovo iter autorizzativo.
Il T.a.r. ha respinto la censura, ritenendo che il terzo progetto, avente ad oggetto l’innalzamento del “fondo della discarica, utile all’aumento dell’escursione del cd. “franco falda”, costituisse una modifica minima e migliorativa del progetto originario, tendente a superare i motivi ostativi emersi, all’esito della Conferenza di servizi del 12 aprile 2017.
A giudizio degli appellanti, l’interpretazione dell’art. 10 bis l. n. 241/1990 e s.m.i. fatta propria dal giudice di prime cure non sarebbe condivisibile, in quanto l’introduzione di una consistente variante progettuale – come quella presentata da S – esorbiterebbe dalle azioni che il privato può porre in essere dopo aver ricevuto il preavviso di rigetto, così come delimitate dalla predetta norma.
2.9. Con il nono motivo, gli appellanti deducono: violazione e falsa applicazione di legge in merito alla procedura per il rilascio della autorizzazione sotto il profilo della valutazione delle posizioni prevalenti;art. 14 – ter, comma 7, della l. n. 241/1990 e dell’art. 29 quater, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006;eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di motivazione;violazione e falsa applicazione dell’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006.
I ricorrenti in primo grado avevano censurato le modalità di assunzione della determinazione conclusiva del procedimento di AIA, in quanto la Città Metropolitana di Milano aveva applicato erroneamente il criterio delle posizioni prevalenti, previsto dall’art. 14 ter l. n. 241/90 e richiamato dall’art. 29 quater, comma 5, d.lgs. n. 152/2006.
Il giudice di primo grado ha respinto la censura ritenendo che “ nell’adozione dell’AIA, la Città Metropolitana di Milano abbia fatto buon governo della legge della prevalenza sostanziale delle risultanze della conferenza di servizi, per come delineata, ormai a chiare lettere, dalla giurisprudenza amministrativa prevalente e che avalla una valutazione concreta degli interessi coinvolti, accordando valore, sul piano qualitativo, anche all’origine ed alla tipologia dell’eventuale dissenso (costruttivo o meno) ”.
Dopo aver richiamato i pareri negativi espressi sul progetto de quo, gli appellanti sostengono che l’amministrazione non abbia adeguatamente bilanciato le posizioni prevalenti emerse in seno alla Conferenza di servizi, dovendo con ogni evidenza qualificarsi come prevalenti quelle espresse dai Comuni e dal Parco del Roccolo, essendo enti direttamente interessati dalla realizzazione della discarica.
2.10. Con il decimo motivo, le parti appellanti deducono: violazione dell’art. 26, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006;difetto e carenza di istruttoria;violazione delle prescrizioni contenute nel decreto di compatibilità ambientale.
Le parti ricorrenti (in primo grado) avevano lamentato che, all’esito della pronuncia di compatibilità ambientale, la società S non avrebbe adeguato il progetto a tutte le prescrizioni ivi contenute, come ad esempio quella relativa all’obbligo di quantificare e di minimizzare il conferimento dei rifiuti classificati con codice CER 191212.
Il T.a.r. ha ritenuto la censura infondata, affermando che la stessa sarebbe smentita dai documenti di causa – tra cui la proposta motivata di conclusione della conferenza di servizi, costituente parte integrante dell’AIA - dai quali si desumerebbe che “ per quanto riguarda i rifiuti derivanti dal trattamento del codice CER 200301 il conferimento sarà limitato a quelli prodotti in Regione Lombardia ” e “ prodotti dal trattamento meccanico … Esiste, pertanto, una limitazione di origine geografica ed una relativa alla natura del rifiuto ”.
Sostengono che la società S non avrebbe introdotto limitazioni né di carattere geografico né relative alla natura del rifiuto classificato con il codice CER 191212;in particolare, la limitazione di carattere geografico contenuta nella tabella B2 si riferirebbe dunque a rifiuti derivanti da un’attività di trattamento identificati con un codice diverso dal CER 191212 (ossia, CER 200301).
2.11. Con l’undicesimo motivo, gli appellanti contestano il capo di sentenza relativo alla statuizione sulle spese.
Evidenziano che il T.a.r. ha condannato il PLIS e i Comuni di Busto Garolfo e Casorezzo alla rifusione a favore della Città Metropolitana di Milano e di S delle spese di lite, liquidandole in € 8.000,00, oltre accessori di legge. La condanna alle spese sarebbe ingiusta, in considerazione del fatto che sarebbero state accolte le medesime censure formulate in modo identico nel ricorso di Legambiente (motivo 5) o quelle analoghe formulate nel ricorso proposto dai signori G ed altri (sentenze del T.a.r. Lombardia n. 1533/2021 e n. 1535/2021).
3. Si è costituita in giudizio, la società S, eccependo, in via preliminare, l’improcedibilità dell’appello, per carenza di interesse. A seguito dell’annullamento degli atti impugnati sono stati emanati gli atti del 9 e del 10 agosto 2021, ritenuti coerenti ed esaustivi dalle sentenze nn. 1186/1187/1188/2022 (avverso la decisione del Tar 1188/2022 pende davanti Codesto Consiglio di Stato il giudizio R.G. 6698/2022) e dalla successiva decisione del Tar n. 493/2023, avente ad oggetto la riedizione degli atti del 5 luglio 2022, per i quali pende l’appello proposto dalle odierne controparti.
Non sussisterebbe più l’interesse degli appellanti all’annullamento degli atti oggetto della decisione gravata.
3.1. Sempre in via preliminare, la società S ha eccepito l’inammissibilità dell’appello, in quanto esso propone confusamente motivi e argomenti fatti valere in differenti ricorsi e diretti contro diversi provvedimenti, formulando di fatto anche nuovi motivi;si deduce quindi il mancato rispetto, oltre che dell’art. 29 del c.p.a., del precetto di cui all’art. 3, comma 2, c.p.a. in quanto l’esposizione dei ricorrenti pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse ai provvedimenti gravati in primo grado e alla sentenza che li ha respinti.
4. Si è costituita in giudizio anche la Città metropolitana di Milano, eccependo anch’essa l’improcedibilità dell’atto di appello, per sopravvenuto difetto di interesse, in relazione ai provvedimenti sopravvenuti.
5. Nel merito, le parti resistenti hanno contestato le deduzioni delle parti appellanti e ne hanno chiesto la reiezione.
6. In merito alla eccezione di improcedibilità del ricorso in appello, le parti appellanti hanno replicato, sostenendo che: “ Invero, i provvedimenti successivi a quelli qui impugnati si sono limitati a reit(er)are taluni aspetti dei precedenti sì che i vizi si sono trasfusi dagli uni agli altri: la riemissione/riedizione di questi, dunque, non esclude l’interesse a gravare i precedenti. Sul punto, si rinvia al prologo della Memoria degli Esponenti ove è illustrato l’avvicendamento dei provvedimenti e delle Sentenz e”.
6.1. Nella memoria depositata il 25 settembre 2023 le parti appellanti hanno ribadito il loro interesse alla decisione del ricorso. Pur dando atto che i provvedimenti sopravvenuti sono innovativi rispetto ai precedenti o al più confermativi, ma “ non certamente come meramente confermativi ”, sostengono che i vizi siano stati comunque “ scientemente (o no) reiterati e trasfusi nei successivi atti sì che permane l’interesse alla decisione del presente ricorso. La presente difesa ha, nell’interesse dei ricorrenti, appellato la sentenza qui in esame anche per non vedersi rigettare i nuovi ricorsi per intervenuto passaggio in giudicato della stessa ”.
7. Con memorie difensive e di replica le parti costituite hanno rappresentato compiutamente le rispettive tesi difensive.
8. All’udienza pubblica del 26 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
9. Il Collegio è chiamato in via preliminare ad esaminare l’eccezione di improcedibilità dell’appello, per sopravvenuto difetto di interesse, sollevata sia dalla società controinteressata (S s.r.l.) che dalla Città metropolitana di Milano.
Detta eccezione deve essere riqualificata più propriamente in termini di inammissibilità dell’atto di appello, per difetto di interesse.
9.1. L’eccezione è fondata.
9.2. Il Collegio rileva che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 23 giugno 2021.
Nella medesima data sono state pubblicate le sentenze del T.a.r. per la Lombardia nn. 1533/2021, n. 1535/2021, con le quali, in accoglimento delle impugnative proposte da altri soggetti giuridici, sono stati annullati i medesimi atti oggetto del presente giudizio.
A seguito dell’annullamento giurisdizionale del provvedimento di VIA (decreto dirigenziale n. 6875/2016 del 22 luglio 2016) e del provvedimento di A.I.A. (decreto dirigenziale n. 7639/2017 del 20 settembre 2017), l’amministrazione, in sede di riedizione del potere, ha emanato due nuovi provvedimenti, di VIA e di AIA, ossia il decreto dirigenziale n. 6292/2021 del 9 agosto 2021 e l’autorizzazione dirigenziale n. 6313/2021 del 10 agosto 2021 (AIA), integralmente sostitutivi dei precedenti.
Il ricorso in esame è stato notificato il 24 dicembre 2021 e depositato in giudizio il 30 dicembre successivo.
9.3. Orbene, costituisce ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale il ricorso di primo grado come pure il ricorso in appello debbono essere supportati dall’interesse a ricorrere, quale condizione dell’azione, con la conseguenza che il processo deve essere dichiarato inammissibile quando non possa per qualsiasi motivo produrre un risultato utile per la parte ricorrente in primo grado o per la parte appellante, in quanto la decisione di annullamento non può comportare alcuna utilità neppure meramente strumentale o morale.
Come sopra evidenziato a seguito dell’annullamento giurisdizionale (disposto con le sentenze del T.a.r. per la Lombardia n. 1533/2021 e n. 1535/2021), l’amministrazione ha emanato due nuovi provvedimenti, di VIA e di AIA, ossia il decreto dirigenziale n. 6292/2021 del 9 agosto 2021 e l’autorizzazione dirigenziale n. 6313/2021 del 10 agosto 2021 (AIA), integralmente sostitutivi dei precedenti.
Orbene, l’eventuale annullamento dei primi provvedimenti (ossia, quelli emanati nel 2016 e nel 2017), per i vizi dedotti dai ricorrenti in primo grado (con i ricorsi R.G. n. 2652/2016 e n. 2895/2017) e disattesi dal giudice di prime cure non potrebbe avere alcun effetto sui (secondi) provvedimenti adottati dalla amministrazione in sede di riedizione del potere.
Nel caso de quo, la formazione del giudicato rispetto ai vizi respinti dal giudice di primo grado non assume rilevanza giuridica rispetto ai provvedimenti adottati dalla amministrazione in sede di riedizione del potere;ove l’amministrazione avesse reiterato anche nei secondi provvedimenti i vizi già denunciati rispetto ai primi provvedimenti e ritenuti infondati dal giudice di primo grado, gli odierni appellanti avrebbero avuto comunque l’onere di impugnare i provvedimenti sopravvenuti, censurandoli nuovamente in relazione ai dedotti profili.
Inoltre, essendo i provvedimenti sopravvenuti stati adottati prima della proposizione del ricorso in esame, i vizi (ulteriori) dedotti dagli appellanti principali nei confronti dei provvedimenti originariamente impugnati non potrebbero assumere rilevanza neppure sotto il profilo della nullità dei provvedimenti sopravvenuti, per violazione/elusione del giudicato.
9.4. Il fatto che, come evidenziato dagli appellanti, i provvedimenti sopravvenuti non siano meramente confermativi comprova ulteriormente l’inammissibilità del ricorso in appello.
Anche ammettendo che nei nuovi provvedimenti siano stati reiterati i vizi ritenuti insussistenti dal giudice di primo grado e censurati in sede di appello, risulta evidente che l’annullamento dei provvedimenti originari non potrebbe avere effetto sulla validità e sulla efficacia dei provvedimenti sopravvenuti, adottati in sede di riedizione del potere;detti provvedimenti, appunto in quanto atti non meramente confermativi, assumono una autonomia rilevanza giuridica e, conseguentemente avrebbero dovuto essere autonomamente impugnati.
10. Permane invece l’interesse degli appellanti allo scrutinio delle censure articolate nell’undicesimo motivo di appello, aventi ad oggetto il capo di sentenza relativo alle spese.
Come sopra evidenziato, gli odierni appellanti lamentano che il giudice di primo grado abbia condannato il PLIS e i Comuni di Busto Garolfo e Casorezzo alla rifusione a favore della Città Metropolitana di Milano e della società S della somma di € 8.000,00 ciascuna, oltre oneri.
La condanna alle spese sarebbe ingiusta, in considerazione del fatto i ricorrenti in primo grado (con il motivo n. 6 del ricorso proposto avverso la VIA e il motivo n. 15.5. del ricorso proposto avverso l’AIA) avrebbero formulato censure identiche o analoghe a quelle accolte dal T.a.r. Lombardia, con le sentenze n. 1533/2021 e n. 1535/2021.
10.1. Il motivo è infondato.
10.2. Nelle sentenze cui fanno riferimento le parti appellanti è stata accolta solo la censura relativa al difetto di motivazione degli atti impugnati, avendo ritenuto il giudice di primo grado che l’amministrazione procedente fosse venuta meno allo specifico obbligo di spiegare le superiori ragioni di interesse pubblico sottese alla localizzazione dell’impianto in difformità dalla posizione dissenziente espressa dal Comune in Conferenza di servizi e in contrasto con gli strumenti di pianificazione locale.
Detta censura non risulta essere stata formulata negli stessi termini nei ricorsi di primo grado definiti con la sentenza impugnata (il motivo 6 del ricorso R.G. n. 2652/2016 e il motivo 15.5 del ricorso R.G. n. 2895/2017 concernono essenzialmente il dedotto difetto di motivazione degli atti impugnati con riguardo ai c.d. “criteri penalizzanti” del Piano regionale di gestione dei rifiuti).
Non essendo consentito al giudice amministrativo derogare al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che ha il suo fondamento normativo nell’art. 112 c.p.c. e che è pacificamente applicabile anche al processo amministrativo, gli odierni appellanti non possono dolersi del fatto che, con riguardo ai ricorsi da essi proposti, sia stata respinta la domanda di annullamento dei medesimi atti che sono stati invece annullati con le sentenze del T.a.r. Lombardia n. 1533/2021 e n. 1535/2021.
Ne consegue altresì che gli odierni appellanti non possono lamentarsi della condanna alle spese del giudizio di primo grado, che sono poste di regola a carico della parte soccombente (ai sensi dell’art. 91 c.p.c., applicabile anche nel processo amministrativo, per effetto del rinvio esterno di cui all’art. 39 c.p.a., l’accollo delle spese di giudizio costituisce la regola generale prevista per il caso di soccombenza).
11. In conclusione, per le considerazioni che precedono, l’appello deve essere dichiarato in parte inammissibile, per difetto di interesse, e in parte infondato (con riguardo alla impugnazione del capo di sentenza relativo alle spese di giudizio).
12. La complessità della fattispecie dedotta in giudizio giustifica nondimeno l’equa compensazione delle spese del presente grado di giudizio.