Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-06-06, n. 201702718

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-06-06, n. 201702718
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201702718
Data del deposito : 6 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/06/2017

N. 02718/2017REG.PROV.COLL.

N. 09673/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9673 del 2009, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A I, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Eritrea, n. 91;

contro

Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Campania – sezione staccata di Salerno, Sez. I n. 2827 del 3 giugno 2009, resa tra le parti, concernente diniego del riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio e dell’equo indennizzo.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2017 il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Christian Iaione su delega di A I e l'avvocato dello Stato Noviello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il sig. -OMISSIS-, dipendente del Ministero della difesa inquadrato dal 1978 nella IV qualifica funzionale con il profilo professionale di autista meccanico, ha impugnato avanti il T.a.r. per la Campania, sezione staccata di Salerno, il decreto n. 880 del 10 febbraio 1997 nella parte in cui è stata rigettata l’istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio delle infermità “ bronchite cronica ”, “ stato ansioso ” e “ sinusite frontale ” e negato il riconoscimento del relativo equo indennizzo.

2. Il ricorrente ha articolato tre censure, afferenti rispettivamente:

a) alla violazione dei termini, ritenuti perentori, dell’art. 9 del d.p.r. 20 aprile 1994, n. 349, i cui primi due commi, in particolare, stabiliscono che “ 1. L'amministrazione si pronuncia sul riconoscimento di infermità dipendente da causa di servizio con provvedimento espresso, debitamente motivato, da adottarsi in ogni caso entro quindici mesi dalla data di ricevimento della domanda o dall'inizio del procedimento d'ufficio ” e che “ 2. L'amministrazione si pronuncia sulla concessione dell'equo indennizzo con provvedimento espresso, debitamente motivato, da adottarsi entro un mese dalla data di ricevimento del parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie. Il provvedimento finale deve essere adottato, in ogni caso, entro diciannove mesi dalla data di ricevimento della domanda ”;

b) alla carenza della motivazione, in tesi illegittimamente limitata al richiamo del parere del Comitato per le Pensioni Privilegiate ed Ordinarie;

c) all’illogicità del provvedimento, “ che non avrebbe considerato l’ambiente non salubre in cui egli ha svolto la sua attività lavorativa ”.

3. Costituitasi l’Amministrazione, il T.a.r. ha rigettato il ricorso (con compensazione delle spese di lite), ritenendo:

a) che i termini di cui all’art. 9 del d.p.r. 20 aprile 1994, n. 349 abbiano carattere ordinatorio e natura acceleratoria, “ con la conseguenza che il loro mancato rispetto costituisce una mera irregolarità e non è, pertanto, ex se viziante il provvedimento finale ”;

b) che “ l’adesione da parte dell’Amministrazione al parere del Comitato per le Pensioni Privilegiate ed Ordinarie, in ragione della natura squisitamente tecnica di tale organo, ove sia fondato su un’esauriente rappresentazione dei fatti, non richiede un obbligo di puntuale motivazione, posto che questa è sufficientemente individuata nelle ragioni addotte dall’organo preposto dalla legge allo specifico accertamento ”;

c) che “ i pareri del C.P.P.O. e del Collegio Medico Legale del Ministero sono stati resi tenendo conto dell’istruttoria acquisita al procedimento e sono motivati con precipuo riferimento all’attività del ricorrente vista anche sotto l’aspetto dei luoghi di lavoro frequentati ”.

4. Il ricorrente ha interposto appello, riproponendo criticamente le censure svolte in prime cure.

5. Il Ministero della difesa si è costituito per resistere al gravame.

6. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 27 aprile 2017, non merita accoglimento.

7. Quanto alla censura sub a), il Collegio osserva anzitutto, in linea generale, che un termine procedimentale non ha carattere perentorio (tale, cioè, da determinare la consumazione del potere di provvedere in capo all’Amministrazione in caso di suo superamento) se non in presenza di una puntuale ed espressa previsione normativa ovvero di una evidente, manifesta ed univoca ratio legis in tal senso (arg. da Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 10).

7.1. Del resto, giacché il potere amministrativo è conferito dalla legge, solo la legge può, specularmente, disporne il venir meno, scilicet in forma espressa ovvero mediante la tessitura di un’orditura normativa tale da non poter esser letta che nel senso di annettere ad un’azione (o ad un’inerzia) l’effetto della consumazione del potere.

7.1.1 A fortiori , non possono predicarsi forme di tacito accoglimento delle istanze dei privati al di fuori delle specifiche ipotesi di silenzio-assenso esplicitamente previste dalla legge: la forma di manifestazione del potere, quale proiezione esteriore del medesimo, è attratta nella riserva di legge di cui all’art. 97 Cost..

7.2. Questo Consiglio, peraltro, si è già pronunciato in termini specifici sulla questione della natura meramente ordinatoria dei termini di cui all’art. 9 del d.p.r. 20 aprile 1994, n. 349 (ora sostituito dal d.P.R. n. 461 del 2001, cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 1 marzo 2003, n. 1123).

7.2.1. In tale precedente, peraltro citato dal ricorrente a supporto delle proprie prospettazioni, il Consiglio non ha, tuttavia, né affermato che i termini de quibus siano perentori, né tanto meno sostenuto che al loro superamento consegua eo ipso la perdita del potere di provvedere in capo all’Amministrazione o, addirittura, l’accoglimento per silentium dell’istanza del privato.

7.2.2. Su analoghe traiettorie concettuali si muove la Corte di cassazione: la pronuncia della Sez. lavoro 3 aprile 2007, n. 8304, infatti, si fonda sull’implicita assunzione per cui l’eventuale superamento dei termini de quibus non priva l’Amministrazione del potere/dovere di provvedere.

7.2.3. Oltretutto, la natura di interesse pretensivo della posizione vantata dal ricorrente richiede strutturalmente una intermediazione amministrativa, per cui l’attualità del potere di provvedere è condizione necessaria per il prospettico soddisfacimento del bene della vita anelato.

8. Quanto alla censura sub b), giurisprudenza oramai granitica sostiene la sufficienza di un ordito motivazionale limitato al richiamo per relationem del parere reso dall’organo tecnico deputato ex lege ad esprimersi circa la ricorrenza effettiva di un nesso eziologico giuridicamente rilevante fra attività di servizio ed infermità;
è, inoltre, altrettanto pacifica l’infungibilità di tale parere (Cons. Stato, Sez. II, parere 24 ottobre 2012, n. 11931/2004;
Sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2676).

9. Quanto, infine, alla censura sub c), la lettura della documentazione versata in atti dall’Amministrazione in data 15 febbraio 2010 è sufficiente a lumeggiare la completezza dell’istruttoria condotta dall’Amministrazione.

10. Il ricorso deve, dunque, essere respinto con l’onere delle spese, liquidate come in dispositivo.

11. Il Collegio, inoltre, ritenendo che il ricorrente abbia agito in giudizio sulla base di motivi manifestamente infondati, lo condanna, a tenore dell’art. 26, comma 1, secondo periodo, c.p.a., al pagamento in favore della controparte della somma di € 1.000,00 (sussistendone tutti i presupposti come individuati dalla costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 24 maggio 2016, n. 2200, cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.);
siffatta condanna rileva pure agli effetti di cui all'art. 2, comma 2- quinquies , lett. a) e d) della l. 24 marzo 2001 n. 89, come da ultimo modificato dalla l. 28 dicembre 2015 n. 208 (cfr. Cass. civ., Sez. VI, 12 maggio 2017, n. 11939).

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