Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-06-09, n. 201502833
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Testo completo
N. 02833/2015REG.PROV.COLL.
N. 01294/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1294 del 2014, proposto da:
G Costruzioni S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. M S, C S, S G, con domicilio eletto presso S G in Roma, Via di Monte Fiore 22;
contro
Comune di Milano, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. A M, P C, A M, R I, con domicilio eletto presso R I in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. della LOMBARDIA –Sede di MILANO - SEZIONE II n. 00195/2014, resa tra le parti, concernente adempimento a convenzione urbanistica - intimazione ad eseguire interventi di messa in sicurezza di aree - Mcp
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2015 il Consigliere F T e uditi per le parti gli Avvocati Renzo Cuonzo su delega dell'avvocato S G e Donella Resta su delega R I;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso di primo grado la parte odierna appellata Comune di Milano, aveva chiesto la declaratoria dell’inadempimento della odierna appellante alla convenzione urbanistica datata 09.02.1989 e la conseguente condanna della stessa all’esatto adempimento - e, in particolare, di provvedere alla bonifica dell’area oggetto di cessione in favore dell’amministrazione -ovvero, in subordine, al risarcimento del danno.
Il T ha in primo luogo escluso la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso articolata dall’appellata in considerazione del fatto che il Comune aveva già esercitato i poteri pubblicistici per conseguire la bonifica delle aree.
Ad avviso del T, infatti, nei casi in cui faceva ricorso ad uno strumento alternativo all'attività di carattere provvedimentale, l’amministrazione, oltre a continuare a disporre dei propri poteri autoritativi, poteva al contempo avvalersi di tutte le prerogative concesse dal codice civile ai contraenti privati.
Quindi, la circostanza che il Comune di Milano avesse esercitato nei confronti di soggetti terzi i poteri pubblicistici che la legge gli attribuiva in materia ambientale (con provvedimento del 13.6.2002, aveva ordinato ai sig.ri Guzzetti di presentare un piano di caratterizzazione), al fine di conseguire la bonifica delle aree, non gli impediva di perseguire quel medesimo risultato avvalendosi degli strumenti offerti dall’ordinamento civilistico.
Né sussisteva il rischio, paventato, di un contrasto di decisioni: l’obbligo di provvedere alle operazioni di bonifica in capo al responsabile dell’inquinamento, che trovava la propria fonte nella legge, ben poteva coesistere con l’obbligo di bonifica di quella stessa area assunto pattiziamente da un soggetto che di quell’inquinamento non era responsabile (e che avrebbe potuto comunque rivalersi delle spese sostenute sul soggetto che aveva causato l’inquinamento).
Quanto all’eccezione di prescrizione dell’azione di adempimento per consegna di aliud pro alio articolata dall’odierna appellante (poiché proposta oltre il termine di 10 anni dalla data di stipula della convenzione urbanistica -9.2.1989- che aveva determinato il passaggio di proprietà delle aree in questione al Comune di Milano), essa era infondata per più ragioni.
Da un canto, infatti, l’azione di adempimento in caso di cessione di aliud pro alio era soggetta all’ordinario termine decennale di prescrizione ed il termine di prescrizione incominciava a decorrere dal momento in cui si era verificato l’inadempimento contrattuale (che, nel caso di specie, coincideva con la consegna dell’area, avvenuta il 17 dicembre 2003).
Ma anche si fosse convenuto che il diritto potesse essere esercitato prima di tale momento, il dies a quo doveva collocarsi nel 1995 (anno a cui risalivano i primi rilievi effettuati sulle aree in questione - provvedimento del Comune di Milano del 13 giugno 2002,-) e la prescrizione non sarebbe, comunque, decorsa.
Ciò in quanto il termine decennale era stato interrotto con le note del 23 gennaio 2003 e del 7 ottobre 2003, con cui l’amministrazione comunale aveva intimato la G s.p.a. di consegnare le aree libere da materiali inquinanti e idonee per procedere all’esecuzione delle opere di urbanizzazione ed aveva contestato quanto affermato dalla società circa il ricadere sul Comune delle operazioni di messa in sicurezza e bonifica delle stesse aree.
Detti atti erano idonei ad interrompere la prescrizione ai sensi dell’art. 2943 u.c., cod.civ., manifestando inequivocabilmente la volontà del Comune di Milano di far valere il proprio diritto nei confronti della G Costruzioni s.p.a.
Esaminando il merito, il T ha ritenuto fondato il mezzo proposto dall’amministrazione comunale: la convenzione di lottizzazione, stipulata il 9.2.1989, prevedeva in capo alla società lottizzante l’obbligo di cessione al Comune, a titolo gratuito, di un’area da destinare ad opere di urbanizzazione secondaria.
L’art. 13 della convenzione disponeva che, fino all’epoca della consegna, restavano a carico della società lottizzante ed eventuali successori od aventi causa “tutti gli oneri, di qualsiasi natura, inerenti le aree stesse, e tutte le corrispondenti responsabilità, anche per custodia e manutenzione nei riguardi di chiunque”.
La consegna di "aliud pro alio" - con conseguente diritto del compratore di esperire l'azione generale di adempimento o di risoluzione ex art. 1453 c.c. – ricorreva non solo quando la consegna era completamente difforme da quella contrattata - appartenendo a un genere del tutto diverso - ma anche quando era assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente, o fosse affetta da difetti che la rendano inservibile, ovvero risultasse compromessa la destinazione del bene all'uso che abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto
Tale evenienza, ad avviso del T, si era verificata nel caso di specie, in cui la G Costruzioni s.p.a. aveva consegnato al Comune di Milano un’area inquinata, inservibile e del tutto inidonea ad assolvere la sua funzione naturale e quella assunta come essenziale dalle parti.
Ciò era stato provato dall’amministrazione comunale ed ammesso dalla stessa società, costituendo il presupposto che essa aveva invocato nel ricorso rg. n. 346/2003 per giustificare la mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria.
A tal proposito, non assumeva rilievo, ai fini di valutare l’inadempimento, la circostanza se essa fosse o meno responsabile dell’inquinamento e quindi se fosse o meno tenuta, in base alla normativa in materia ambientale, ad effettuare le operazioni di bonifica.
Il T ha quindi stabilito che la G Costruzioni s.p.a. dovesse essere, pertanto, condannata all’esatto adempimento della convenzione e, in particolare, a realizzare tutti gli interventi necessari per rendere le aree idonee alla destinazione a verde pubblico con attrezzature sportive.
Quanto alla domanda di rimborso delle spese sostenute per la messa in sicurezza di emergenza dell’area, doveva affermarsi che essa non ampliava il thema decidendum ( trattandosi di spese strettamente funzionali alla realizzazione dell’intervento di bonifica ) e fosse quindi ricompresa nella domanda, formulata in via principale, di condanna, della società all’esatto adempimento delle pattuizioni convenzionali e nella domanda subordinata di risarcimento delle spese di bonifica.
Né in contrario senso assumeva rilievo la circostanza che l’amministrazione pur avendo formulato la domanda risarcitoria come richiesta di condanna generica, riservandosi la quantificazione delle spese in un separato giudizio, avesse , poi, chiesto il rimborso di euro 150.000: quest’ultima richiesta non era qualificabile quale domanda nuova ma quale articolazione della domanda risarcitoria.
L’appellante è stata pertanto condannata anche a rifondere all’amministrazione comunale le spese sino a quel momento sostenute per l’intervento di messa in sicurezza dell’area, pari ad euro 150.000
L’ odierna appellante ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendone la riforma previa sospensione della esecutività, in quanto errata.
Ha in proposito riproposto la tesi per cui essa pacificamente non era responsabile dell’inquinamento dell’area né dalla convenzione di lottizzazione del 1989 emergeva che essa stessa fosse tenuta a compiere alcuna operazione di bonifica.
Numerosi procedimenti giudiziari, alcuni già definiti ed altri pendenti, ciò comprovavano
Gli originarii responsabili dell’inquinamento erano stati sanzionati, ed il ricorso dagli stessi proposto era stato dichiarato perento.
Per altro verso, su ricorso dell’odierna appellante, il T con la ordinanza cautelare n. 311/2003 aveva riconosciuto che la stessa non era responsabile del detto inquinamento verificatosi (ordinanza solo parzialmente riformata da questo Consiglio di Stato con la ordinanza 2291/2003): il giudizio si era concluso con la sentenza del T n. 194/2014.
Tra le parti era altresì pendente innanzi al T il ricorso n. 3893/2003 con cui essa aveva impugnato l’ordine di mettere in sicurezza l’area impartitole dal comune.
Ha riproposto (primo motivo) l’eccezione di inammissibilità del mezzo di primo grado disattesa dal T facendo presente l’illegittima contaminazione di strumenti di