Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-11-25, n. 202210402

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-11-25, n. 202210402
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210402
Data del deposito : 25 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/11/2022

N. 10402/2022REG.PROV.COLL.

N. 03991/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3991 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Cantafio, Olga Durante, Maria Caterina Inzillo, Maria Mirigliani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Ministero dell'Interno, Questura Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura Catanzaro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con atto -OMISSIS- il Questore della Provincia di Catanzaro ha revocato la licenza di porto di fucile per uso caccia del sig. -OMISSIS-.

Il provvedimento trae fondamento dal decreto penale di condanna emesso nei confronti del predetto per i reati di cui agli artt. 81 e 678 c.p., 81 c.p., 53 e 55, r.d. n. 773/1931 e 81 c.p., 25, l. n. 11/1975, per aver egli detenuto all’interno del proprio magazzino un quantitativo di materie esplodenti superiore a quello concessogli con apposita licenza di armeria.

2. Avverso il sopra menzionato provvedimento l’interessato ha proposto ricorso per l’annullamento avanti al Tar per la Calabria.

3. Con sentenza -OMISSIS- il Tar ha respinto il ricorso, rilevando da una parte che “l’intervenuta condanna per reati specifici in materia di armi con pena sospesa, seppur non rientra tra le condanne che per la loro natura implicano necessariamente la revoca, giustificano la valutazione discrezionale di non affidabilità -OMISSIS- al porto d’armi da caccia, anche alla luce della circostanza di maggior diligenza a lui richiesta in quanto titolare di armeria”, e dall’altra che “la valutazione di non comminazione della revoca della licenza di armeria non rende contraddittorio o illogico il giudizio espresso in relazione al porto d’armi, essendo diversa la ridondanza della violazione sull’esercizio di attività commerciale rispetto a quello di porto di fucile per uso caccia”.

4. Il ricorrente ha impugnato l’indicata sentenza con appello notificato -OMISSIS- e depositato in pari data.

5. Con il primo motivo di impugnazione si deduce il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 11 e 43, r.d. n. 773/1931, 166 c.p., 24 e 97 Cost., 3, 10 e 10-bis, l. n. 241/1990.

In particolare, la difesa lamenta l’elusione dell’obbligo motivazionale da parte dell’Amministrazione in ordine al venir meno dei requisiti di affidabilità in capo all’odierno appellante, tenuto conto che quest’ultimo è stato condannato per un reato che non determina automaticamente la revoca del porto d’armi, peraltro con pena pecuniaria condizionalmente sospesa.

6. Con il secondo motivo si deduce il vizio di illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, insufficienza e incongruità della motivazione del provvedimento, dal momento che il parallelo procedimento amministrativo avviato dalla Questura di Catanzaro per la revoca della licenza di armeria - fondato sull’emissione del medesimo decreto penale di condanna - si è concluso con archiviazione favorevole all’appellante -OMISSIS-.

Sul punto, la difesa sottolinea che con la licenza di armeria l’appellante è autorizzato ad esporre, vendere e detenere circa 300 tra armi da sparo, da punta e da taglio, mentre la licenza di porto di fucile lo abilita ad usare una sola arma per uso caccia. Dunque – continua l’atto di appello – “risponde a canoni di logicità ed a regola di comune esperienza che se un soggetto è affidabile in relazione alla gestione di un’armeria lo è a fortiori in relazione al porto di un fucile per uso caccia”.

7. Con il terzo motivo si deduce il vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., atteso che il Tar non si sarebbe pronunciato sul vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti invocato dall’appellante in primo grado.

In particolare, si evidenzia in primo luogo che mentre il provvedimento è motivato sul fatto che l’appellante ha riportato una condanna per reati “specifici in materia di armi”, nei fatti egli è stato invece condannato per reati attinenti a prodotti esplodenti.

In secondo luogo, si rileva che l’art. 166, comma 2 c.p. statuisce che “la condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire in alcun caso, di per sé sola, motivo […] per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni”. Nel caso di specie, invece, il provvedimento di revoca della licenza di porto di fucile risulterebbe unicamente fondato sulla condanna dell’appellante con decreto penale, ancorché l’esecuzione sia stata condizionalmente sospesa.

8. Il Ministero dell’Interno e la Questura della Provincia di Catanzaro si sono costituiti tardivamente in giudizio in data -OMISSIS-.

9. All’udienza pubblica del 10 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.



DIRITTO

L’appello è infondato.

1. Il provvedimento di diniego del porto d’armi è disciplinato dagli artt. 11 e 43 del TULPS.

Il legislatore nella materia de qua affida all’Autorità di pubblica sicurezza la formulazione di un giudizio di natura prognostica in ordine alla possibilità di abuso delle armi, da svolgersi con riguardo alla condotta e all’affidamento che il soggetto richiedente può dare.

Il potere di rilasciare le licenze in materia di armi costituisce una deroga al divieto sancito dall’art. 699 c.p. e dall’art. 4, comma 1, l. n. 110/1975. La regola generale è, pertanto, il divieto di detenzione delle armi, al quale l’autorizzazione di polizia può derogare in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali, che è compito dell’Autorità di pubblica sicurezza prevenire.

La Corte Costituzionale, sin dalla sentenza del 16 dicembre 1993, n. 440, ha affermato che «il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, una eccezione al normale divieto di portare le armi, che può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle armi stesse». Il Giudice delle leggi ha osservato, altresì, che «dalla eccezionale permissività del porto d’armi e dai rigidi criteri restrittivi regolatori della materia deriva che il controllo dell’autorità amministrativa deve essere più penetrante rispetto al controllo che la stessa autorità è tenuta ad effettuare con riguardo a provvedimenti permissivi di tipo diverso, talora volti a rimuovere ostacoli e situazioni giuridiche soggettive di cui sono

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