Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-08-29, n. 201304311

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-08-29, n. 201304311
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304311
Data del deposito : 29 agosto 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09199/2011 REG.RIC.

N. 04311/2013REG.PROV.COLL.

N. 09199/2011 REG.RIC.

N. 09233/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9199 del 2011, proposto da:
Polisportiva Parioli Spa, rappresentato e difeso dagli avv. F T, R O, G R, A B, G C, con domicilio eletto presso F T in Roma, largo Messico, 7;

contro

Roma Capitale, rappresentato e difeso per legge dall'avv. R M, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove 21;

nei confronti di

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile, Commissario Delegato Per Lo Svolgimento dei Mondiali di Nuoto "Roma 2009", rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Circolo Canottieri Aniene Assl, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Sanino, Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto presso Benedetto Giovanni Carbone in Roma, via degli Scipioni N.288;



sul ricorso numero di registro generale 9233 del 2011, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario Delegato svolg.mondiali nuoto Roma 2009 rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Roma Capitale, Polisportiva Parioli Spa;
Circolo Canottieri Aniene Assl, rappresentato e difeso dagli avv. Benedetto Giovanni Carbone, Mario Sanino, con domicilio eletto presso Benedetto Giovanni Carbone in Roma, via degli Scipioni n.288;

per la riforma

(per ambedue i ricorsi) della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I n. 07042/2011, resa tra le parti, concernente RILASCIO DEL TITOLO AUTORIZZATORIO EX ART. 14 DPR 380/01


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile e di Circolo Canottieri Aniene Assl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il Cons. O F e uditi per le parti gli avvocati F T, Pier Ludovico Patriarca, Giovanni Benedetto Carbone, Mario Sanino e Giovanni Palatiello (avv. St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame, a società Polisportiva Parioli imugna la sentenza 8 agosto 2011 n. 7042, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I, ha rigettato il suo ricorso ed i ricorsi per motivi aggiunti proposti:

- avverso la nota 11 gennaio 2010 n. 1313, nella parte in cui, in risposta all’istanza della ricorrente, il Comune di Roma ha affermato la propria competenza a rilasciare il titolo autorizzatorio di cui all’art. 14 DPR n. 380/2001, anche in presenza dell’attribuzione in deroga di tale competenza al Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto “Roma 2009”;

- avverso la delibera della Giunta Comunale di Roma 30 giugno 2010 n. 196, nella parte in cui quest’ultima ha ribadito l’interesse pubblico (e fatti propri i relativi progetti) esclusivamente in riferimento agli impianti ivi indicati, senza includere fra essi anche l’impianto della Polisportiva Parioli s.p.a. (I ric. per motivi aggiunti);

- avverso la determinazione del Comune di Roma, comunicata con nota 15 dicembre 2010, nella parte in cui, pur riconoscendo la conformità allo strumento urbanistico di riferimento delle opere realizzate dalla ricorrente, ritiene necessario iol rilascio di un permesso di costruire in sanatoria, subordinato tra l’altro al pagamento dell’oblazione (II ric. per motivi agg.).

Con il predetto ricorso era stata altresì proposta domanda di accertamento della equipollenza o della validità a tenere luogo del permesso di costruire ex art. 14 DPR n. 380/2001, del provvedimento di raggiunta intesa 18 giugno 2008 prot. n. 3047/RM2009 e del decreto 30 giugno 2009 n. 6198/RM2009, con il quale il Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto “Roma 2000” ha approvato il nuovo Piano delle opere, comprendente, fra gli impianti sportivi di proprietà privata, anche quello della Polisportiva Parioli.

La presente controversia riguarda, in sostanza, la denegata regolarizzazione, da parte del Comune di Roma, delle opere eseguite dalla società appellante per lo svolgimento dei mondiali di nuoto Roma 2009.

Infatti, avanzata dalla società domanda di (eventuale) regolarizzazione, il Comune di Roma, con la nota impugnata, ha fatto presente che quest’ultima - non essendo riconducibile ad una richiesta di permesso di costruire in sanatoria - era comunque subordinata alla formalizzazione di un’apposita domanda volta a conseguire il titolo mancante, corredata da tutta la documentazione necessaria per l’istruttoria tecnico-amministrativa.

Gli interventi realizzati erano in tal modo considerati illegittimi, perché privi di un titolo autorizzatorio edilizio. E ciò a fronte di atti (provvedimenti di raggiunta intesa del 18 giugno 2008, integrato dal provvedimento 12 giugno 2009;
decreto 30 giugno 2009), che – nella prospettazione della ricorrente in I grado - avrebbero già autorizzato i lavori di ampliamento e potenziamento del centro sportivo di sua proprietà, sussistendo il potere del Commissario delegato di definire gli interventi, in deroga alle previsioni urbanistiche vigenti.

La sentenza appellata ha innanzi tutto rilevato che:

- il primo atto impugnato (nota 11 gennaio 2010 del Comune di Roma) ha carattere provvedimentale, in quanto esso “sia pure implicitamente, qualifica come abusivi gli interventi edilizi realizzati dalla Polisportiva Parioli per lo svolgimento dei mondiali di nuoto Roma 2009, informando, proprio in ragione dell’attuale assenza di titolo abilitativo, che l’eventuale regolarizzazione delle opere è subordinata alla presentazione di una domanda di sanatoria”;

- è inammissibile la domanda di accertamento poiché essa (e la relativa azione) “postula la natura di diritto soggettivo della posizione giuridica dedotta in giudizio che, nel caso di specie, ha invece natura di interesse legittimo”. Precisa la sentenza che “d’altra parte, l’interesse sostanziale dedotto in giudizio dalla ricorrente si concreta proprio nell’accertamento della liceità e della legittimità dell’intervento edilizio realizzato per lo svolgimento dei campionati del mondo di nuoto e tale bene della vita potrebbe essere conseguito con l’eventuale accoglimento dell’azione di annullamento dell’atto dell’11 gennaio 2010 che ha qualificato come abusivi gli interventi realizzati”.

Tanto premesso, la sentenza appellata afferma:

- l’art. 5 l. n. 225/1992, “nell’attribuire il potere di ordinanza in deroga alle leggi vigenti, determina un ribaltamento nella gerarchia delle fonti normative presenti nel nostro ordinamento, investendo l’autorità amministrativa del potere di derogare alla norma ordinaria, sia pure nel rispetto dei principi generali”. Da ciò consegue che detto articolo “deve qualificarsi come norma eccezionale, che necessita di strettissima interpretazione e tale esigenza, se possibile, è ancora più rafforzata nella fattispecie in esame dal fatto che non si versa in una situazione emergenziale, ma si è in presenza di un “grande evento”, circostanza alla quale si applicano le norme di cui all’art. 5 l. n. 225/1992, per effetto dell’estensione prevista dall’art. 5bis, co. 5, d.l. n. 343/2001;

- stante il contesto normativo ora delineato, “il potere di deroga della normativa primaria conferito all’autorità amministrativa, pertanto, è ammissibile subordinatamente non solo al carattere eccezionale e temporaneo della situazione, ma anche all’esigenza che i poteri degli organi amministrativi siano ben definiti nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di esercizio”;

- nel caso di specie, “le norme che il Commissario delegato è stato autorizzato a derogare sono solo quelle e soltanto quelle espressamente indicate nell’OPCM n. 3489/2005, non essendo consentito all’interprete – in ragione del carattere di evidente eccezionalità della norma attributiva del potere di ordinanza, che consente ad una fonte di rango inferiore di derogare ad una fonte normativa superiore – alcuna operazione estensiva, quantunque quest’ultima sia basata su plausibili argomenti ermeneutici”;
in altre parole, “l’interpretazione deve essere esclusivamente letterale, limitata cioè alle norme espressamente ed inequivocabilmente indicate, e non può essere di tipo sistematico, volta cioè ad includere, sebbene in ragione di prospettazioni plausibili, anche norme non specificamente richiamate”;

- l’OPCM n. 3429/2005 “ha autorizzato il Commissario delegato, ove ritenuto indispensabile, a derogare agli artt. 7, comma 1, lett. c), 14, 20, 22, 24 e 25 DPR n. 380/2001, ma non ha indicato l’art. 13 del Testo Unico in materia edilizia, secondo cui il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici. Ne consegue che al Commissario delegato non è stato attribuito alcun potere di rilasciare il permesso di costruire per la realizzazione dei singoli interventi edilizi in luogo della competente amministrazione comunale”;

- né è possibile ritenere che le opere realizzate “non potrebbero essere ritenute abusive fino a quando il titolo autorizzatorio rilasciato dal Commissario delegato non sia annullato dal giudice amministrativo”, poiché, essendo nullo il provvedimento amministrativo viziato da difetto assoluto di attribuzione, ex art. 21-septies l. n. 241/1990, “deve qualificarsi nullo e non meramente annullabile il titolo abilitativo rilasciato dal Commissario delegato in assenza del relativo potere in data 18 giugno 2008, sicchè, correttamente, l’amministrazione comunale con l’atto impugnato ha sostanzialmente ritenuto lo stesso tamquam non esset”;

- infine, il Comune di Roma, con la delibera GC 30 giugno 2010 n. 196, “in modo senz’altro condivisibile . . . non ha qualificato come pubblici gli impianti di proprietà privata;
qualificazione che avrebbe tra l’altro comportato l’esenzione dal contributo di costruzione. Infatti, appare del tutto logico richiedere ai fini della qualificazione in termini di pubblicità dell’impianto e di connessi benefici la sussistenza non solo del requisito oggettivo, ma anche del requisito soggettivo dell’area di proprietà comunale”. In conclusione, “si rivela un assunto indimostrato che ogni intervento compreso nel piano delle opere per i mondiali di nuoto 2009 sarebbe dovuto essere considerato di interesse pubblico in quanto realizzato per un’iniziativa rispondente a tale interesse, a prescindere dalla circostanza che sia stato posto in essere su strutture di proprietà pubblica o privata”.


2. Avverso tale decisione, l’appellante società propone i seguenti motivi di impugnazione:

a) error in procedendo, con riguardo ai profili di inammissibilità dell’azione proposta rilevati dal giudice di I grado;
ciò sia con riferimento alla nota 26 gennaio 2010, poiché “la portata lesiva dell’atto è riscontrabile nella stessa circostanza che l’amministrazione abbia ritenuto prive di titolo le opere realizzate

Secondo l’appellante, “l’interesse legittimo non si atteggia più ad interesse formale alla legittimità del provvedimento che neghi o sottragga il bene, ma diventa una pretesa a che una determinata utilità non venga negata o sottratta se non alle condizioni prefissate dall’ordinamento. In questa nuova concezione, il provvedimento amministrativo cessa di essere l’oggetto principale del giudizio, costituendone semmai l’occasione, in qualità di mero presupposto processuale o di condizione dell’azione, per consentire al giudice uno scrutinio sulla correttezza del risultato perseguito dalla P.A. mediante l’atto gravato”. Infine, poiché “all’ordinamento comunitario è assolutamente estranea la distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo . . . l’operazione di riqualificazione italiana delle posizioni giuridiche soggettive correlate all’azione autoritativa dei pubblici poteri in termini di interessi legittimi non può tradursi in un abbassamento del livello di tutela al di sotto dello standard di effettività che è preteso dall’ordinamento europeo”;

b) error in iudicando;
erronea, illogica e contraddittoria motivazione, relativamente all’interpretazione del potere di ordinanza di cui all’art. 5 l. n. 225/1992, adottata dal giudice di I grado;
ciò in quanto, conferito il potere di ordinanza ex l. n. 225/1992, l’attività di interpretazione deve riguardare sia le norme di deroga, sia quelle derogabili e, stante il carattere eccezionale di queste, essa “non può essere certamente analogica e neppure estensiva, ma che tende ad essere sistematica, cioè riferibile ad un sistema normativo proprio perché relativa ad un complesso di norme”. Tale assunto è confermato dal dato letterale dell’art. 5 l. n. 225/1992, che afferma che, quanto all’ambito della deroga, possono essere indicate nell’ordinanza del Presidente del Consiglio anche solo le “principali norme” oggetto di questa. Nel caso di specie, a fronte di una specifica indicazione (come derogabili) degli artt. 7, co. 1, lett. c), 14, 209, 22, 24 e 25 DPR n. 380/2001 (da ritenere solo come le “principali norme” indicate), “non si vede come in tale funzione di individuazione di aree e strutture sportive non potesse essere incluso anche un coerente potere di autorizzazione alla realizzazione delle opere, ovviamente entro i limiti definiti dall’ordinanza in deroga”. In definitiva, “il conferimento al Commissario del potere di pianificazione e di individuazione di aree per l’implementazione e la realizzazione di strutture sportive non possa coerentemente che presupporre l’attribuzione allo stesso di un potere autorizzatorio inerente ai necessari interventi urbanistici, la cui sussistenza emerge implicitamente, ma chiaramente dalla deroga agli artt. 14, 20, 22, 24 e 25 del DPR n. 380/2001”;

c) error in iudicando;
erronea, illogica e/o insufficiente motivazione;
inapplicabilità al caso in esame, in assenza dei poteri derogatori, dell’art. 13 DPR n. 380/2001, rientrando gli interventi de quibus tra quelli di cui all’art. 14 del medesimo DPR;
ciò in quanto “nelle OPCM non è stata stabilita espressamente la deroga all’art. 13 (DPR n. 380/2011) in quanto la Presidenza del Consiglio ha correttamente considerato che al caso de quo (trattandosi di interventi di implementazione di edifici di interesse pubblico) si sarebbe dovuta applicare la diversa disciplina prevista dall’art. 14 DPR 380/2001, riguardante il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici”. D’altra parte, l’art. 13 DPR n. 380/2001 disciplina unicamente quale sia l’organo competente al rilascio del permesso di costruire in un regime ordinario, dunque in relazione ad una situazione priva di quei caratteri che, al contrario, connotano il caso in esame;

d) error in iudicando;
erroneità della sentenza nella parte in cui ritiene nullo il titolo abilitativo rilasciato dal commissario delegato;

e) error in iudicando;
erronea, illogica e insufficiente motivazione sull’asserita inapplicabilità al caso di specie della disciplina di cui all’art. 14-ter l. n. 241/1990;

f) error in iudicando, in riferimento alla asserita infondatezza dei motivi aggiunti, in quanto tra gli “impianti di interesse pubblico” devono essere ricomprese anche le strutture gestite da privati in regime di impresa, se rivestono un interesse lato sensu pubblico, quali gli edifici e le opere destinati ad attività economiche di interesse generale. Ne consegue che “ogni intervento compreso nel piano delle opere per i mondiali di nuoto 2009 debba essere considerato d’interesse pubblico, in quanto realizzato per un’iniziativa rispondente a tale interesse, a prescindere dalla circostanza che venga posto in essere su strutture di proprietà pubblica o privata”;

g) violazione dei principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto;
violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo;
poichè “l’appellante ha eseguito le opere in questione riponendo affidamento sulla legittimità di un provvedimento amministrativo autorizzatorio rilasciato dal Commissario delegato, pertanto, ove fosse dimostrato che quest’ultimo nell’assentire tali opere avesse effettivamente esorbitato dai propri poteri, il privato non potrebbe essere oggetto di alcuna conseguenza negativa, avendo agito in buona fede sulla base di un provvedimento adottato da una pubblica autorità”.


3. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto Roma 2009, ha proposto ricorso in appello incidentale avverso la sentenza del TAR Lazio n. 906/2011, proponendo i seguenti motivi di impugnazione (sintetizzando dalle pagg. 7 – 56 app.):

error in iudicando, in quanto non risultano supportate sul piano normativo le affermazioni, contenute in sentenza, circa un difetto di potere del Commissario delegato a rilasciare il permesso di costruire, ovvero di assentire una variazione ai vigenti vincoli paesistici ed idrogeologici, posto che l’

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