Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-03-29, n. 201101894

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-03-29, n. 201101894
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101894
Data del deposito : 29 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08163/2008 REG.RIC.

N. 01894/2011REG.PROV.COLL.

N. 08163/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8163 del 2008, proposto da:
P D, rappresentato e difeso dall'avv. A P, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, n. 24;

contro

Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ria per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sezione Terza, resa tra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso per l’annullamento del decreto n. 333 D/015217 del 17 dicembre 2007 del Ministero dell’Interno a firma del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza - con cui è stata applicata la sanzione disciplinare della deplorazione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 9 novembre 2010 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati Franco per delega di Pasca, e l’avocato dello Stato Venturini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con decreto n. 333 D/015217 del 17 dicembre 2007 il Capo della Polizia ha inflitto al ricorrente la sanzione disciplinare della deplorazione per violazione dell’art. 5, n. 3, d.P.R. 737/1981.

A motivazione del provvedimento la p.a. deduce che il comportamento del sig. Pintaudi - nonostante l’intervenuta assoluzione ex art. 530 c.p.p. per il reato di furto aggravato ed estinzione del reato di truffa per remissione della querela – non si è uniformato a quei criteri di lealtà e correttezza che devono contraddistinguere l’azione degli appartenenti alla Polizia di Stato ed ha, anzi, ingenerato in soggetti terzi all’amministrazione ed in alcuni colleghi di corso il convincimento della commissione di reati.

Il ricorrente (con la prima censura proposta nel giudizio di primo grado) afferma che il provvedimento è viziato in quanto l’amministrazione gli ha contestato gli addebiti sei mesi dopo il deposito, nella cancelleria del Tribunale - avvenuto il 25 febbraio 2007 - della sentenza che ha chiuso il procedimento penale instaurato a suo carico, in violazione dell’art. 9, d.P.R. n. 737/1981 che prevede un termine di 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza per l’apertura del procedimento disciplinare.

Il TAR adito ha ritenuto la censura infondata perché in tema di procedimento disciplinare nei confronti di un componente della Polizia di Stato, l'art. 9 del d.P.R. n. 737 del 1981, laddove parla di procedimento penale comunque definito, non può che essere interpretato come riferentesi alla cosa giudicata (la “pregiudiziale penale”, laddove prevista dall'ordinamento, implica che l'apertura del procedimento disciplinare segua la formazione del giudicato).

La subordinazione del prosieguo e quindi anche dell’inizio del procedimento disciplinare alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato risulta, inoltre, espressamente dall’art. 11, d.P.R. n. 737/1981.

Con il ricorso in appello l’interessato ha reiterato la censura rigettata dal giudice di prime cure.

In data I ottobre 2010 l’amministrazione dell’interno ha depositato memoria a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza del 9 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello merito accoglimento.

La Sezione ha già affermato (7 giugno 2006, n. 3426) che per l'avvio o la prosecuzione del procedimento disciplinare conseguente non a una condanna penale ma ad un'assoluzione, trovano applicazione i termini di cui all'art. 9, comma 6, d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737 (120 giorni dalla pubblicazione della sentenza, mediante deposito della relativa motivazione in cancelleria, o 40 giorni dalla sua notificazione alla p.a.), salvo il termine di 90 giorni infraprocedimentale di cui all'art. 120 d.P.R. n. 3 del 1957.

Nel caso di specie è pacifico in atti che il ricorrente non abbia riportato alcuna condanna, essendo stato assolto ex art. 530 c.p.p. per il reato di furto aggravato ed essendosi il reato di truffa estinto per remissione della querela. È altresì pacifico in atti che la sentenza è stata depositata in cancelleria il 25 febbraio 2007: l’avvio del procedimento disciplinare, iniziato in data 10 agosto 2007, è quindi intervenuto oltre il termine perentorio di 120 giorni, previsto all'art. 9, comma 6, d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737.

La fondatezza delle censura determina l’annullamento del provvedimento impugnato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese di giudizio.

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