Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-09-26, n. 202208264

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-09-26, n. 202208264
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202208264
Data del deposito : 26 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/09/2022

N. 08264/2022REG.PROV.COLL.

N. 02356/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2356 del 2018 proposto dai signori S P, G P, R P e G P, rappresentati e difesi dall’avvocato D O S, domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia;

contro

il Comune di Scilla, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato A C, domiciliato presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato C R in Roma, via Nizza, n. 59;

nei confronti

della signora A M, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabrizio Cristadoro e Antonino Gazzara, domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato Giovanni Bonarrigo in Roma, via Calabria, n. 56;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, 5 febbraio 2018 n. 60, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Scilla e della signora A M e i documenti prodotti;

Viste le ordinanze della Sezione 20 aprile 2018 n. 1820, 1 ottobre 2019 n. 6570, 17 gennaio 2020 n. 403, 27 aprile 2020 n. 2659, 1 ottobre 2020 n. 5773 e 7 giugno 2021 n. 4316;

Esaminate le ulteriori memorie, anche di replica, con documenti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 17 marzo 2022 il Cons. S T e udito l’avvocato D O S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello (n. R.g. 2356/2018) i signori S P, G P, R P e G P hanno chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, 5 febbraio 2018 n. 60, con la quale è stato respinto il ricorso (R.g. n. 98/2017) proposto dai predetti al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza n. 13 del 14 dicembre 2016 con la quale il Comune di Scilla ha disposto la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi relativamente alle opere eseguite abusivamente su un fabbricato di loro proprietà, in particolare la “ realizzazione del terzo livello e del terrazzo con annesso abbaino di un fabbricato (…) per il quale è presunto il rilascio di licenza per la costruzione edilizia prot. n. 33 del 01/02/1963 che autorizzava la costruzione di un fabbricato a due piani fuori terra (…) a nome di M Giuditta ” (così, testualmente, nella motivazione del provvedimento impugnato).

2. – La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:

- i signori S P, G P, R P e G P sono i legittimi eredi della signora G M che, in data 1 febbraio 1963, ottenne il rilascio dell’autorizzazione ad edificare il fabbricato oggetto del provvedimento sanzionatorio adottato dal Comune di Scilla e impugnato in primo grado;

- riferiscono gli appellanti che, una volta realizzato il fabbricato, in data 27 maggio 1964 l’Ufficiale Sanitario effettuò un sopralluogo all’esito del quale il Sindaco, in data 30 marzo 1966, dichiarò che “ la casa di nuova costruzione della signora M Giuditta, posta in abitato di questo Comune (…) è abitabile con decorrenza dal giorno 30/3/1966 ”, richiamando il verbale d’ispezione;

- riferiscono ancora gli appellanti che l’Ufficio tecnico erariale di Reggio Calabria aveva iscritto l’immobile come una “casa di nuova costruzione” consistente di 4 elevazioni fuori terra, contraddistinte dai piani: T (terra) – I – II – III e che tale consistenza è rimasta invariata negli anni e fino ad oggi;

- tuttavia, a seguito di sopralluogo effettuato da operatori del competente ufficio del Comune di Scilla, successivamente ad una denuncia presentata ai Carabinieri di Scilla dalla signora A M, veniva accertato che l’immobile aveva una diversa consistenza rispetto a quanto originariamente autorizzato;

- conseguentemente il Comune di Scilla disponeva, con l’ordinanza n. 13/2016, la demolizione “ del terzo livello e del terrazzo con annesso abbaino di un fabbricato ” in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e sismico, sostanzialmente escludendo che tali opere fossero state assentite con la licenza edilizia del 1963;

- gli odierni appellanti, quindi, hanno proposto ricorso dinanzi al TAR per la Calabria nei confronti della suindicata ordinanza di demolizione in quanto: a) la circostanza che in data 30 marzo 1966 fosse stato rilasciato dal Sindaco di Scilla il certificato di abitabilità per un immobile della consistenza di nove vani, dimostra che l’immobile fosse conforme al titolo originariamente rilasciato per la sua realizzazione nel 1963;
b) il Comune di Scilla, nell’adottare l’ordine di demolizione, non ha considerato il contenuto della dichiarazione di abitabilità del 1966 nonché del verbale di accertamento e classamento eseguito il 5 marzo 1965 dall’UTE di Reggio Calabria dal quale si evince che il fabbricato, all’epoca, consisteva, al pari di oggi, di 4 elevazioni fuori terra: “Piano T –I – II – III”;
c) il provvedimento sanzionatorio è stato adottato senza svolgere una adeguata istruttoria finalizzata a verificare la eventuale sussistenza di ulteriori titoli autorizzatori originari o in sanatoria relativi alla edificazione del terzo e del quarto piano;
d) esercitando il potere sanzionatorio il Comune di Scilla ha valorizzato la violazione di norme vincolistiche relative alla tutela del paesaggio ed alla sicurezza sismica che, tuttavia, erano state introdotte in epoca successiva rispetto alla data di realizzazione del fabbricato;
e) ad ogni buon conto risulta essere stato palesemente violato dall’amministrazione il principio del legittimo affidamento, visto che per circa cinquanta anni l’amministrazione si è astenuta dal rilevare la illegittimità edilizia del fabbricato.

3. – Il TAR per la Calabria, con la sentenza n. 60/2018 (qui oggetto di appello):

A) ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto per non essere stato lo stesso notificato all’autrice dell’esposto (comunque intervenuta ad opponendum nel giudizio di primo grado) dal quale è derivato l’avvio del procedimento sanzionatorio in quanto, per costante giurisprudenza, il denunciante un abuso edilizio non assume il ruolo di controinteressato processuale;

B) ha respinto il primo motivo di ricorso segnalando come non possano assumere rilevanza, ai fini della valutazione della legittimità della edificazione, né l’attestato di abitabilità né la certificazione rilasciata dall’UTE;

C) esaminandoli congiuntamente (attesa la intima connessione tra i contenuti delle relative censure), ha respinto i restanti motivi di ricorso, non ravvedendo “ alcun vizio di contraddittorietà nell’agire della amministrazione che ha adottato il provvedimento di demolizione a seguito della verifica della difformità tra il titolo edilizio a suo tempo rilasciato a favore della interessata e l’attuale stato dei luoghi ”, anche perché gli uffici hanno accertato che “ agli atti d’Ufficio non risultano essere state presentate richieste di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380/200;
ai sensi del d. lgs. 42/04 e della legge 64 del 2 febbraio 1974 e n. 1086 del 5 novembre 1971
” (così, testualmente, a pag. 6 della sentenza oggetto di appello). A ciò si aggiunga il richiamo ai noti principi in materia di rilevanza del c.d. legittimo affidamento in occasione della realizzazione di abusi edilizi e la circostanza che l’abusività delle opere realizzate prescinde dall’epoca di imposizione dei vincoli comunque caratterizzanti l’area territoriale ove insiste il fabbricato.

4. – Propongono quindi appello nei confronti della sentenza del TAR per la Calabria n. 60/2018 i signori S P, G P, R P e G P chiedendone la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado e annullamento dell’ordinanza di demolizione adottata dal Comune di Scilla n. 13 del 2016, in quanto:

1) il giudice di primo grado non ha correttamente interpretato la portata e gli effetti dell’art. 221 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 che, seppur abrogato nel 1994 dall’art. 5 d.P.R. 425/1994, stabiliva che il Sindaco concedeva l’abitabilità di un fabbricato solo quando, in esito ad un’ispezione dell’ufficiale sanitario, emergeva la conformità della costruzione al progetto approvato. Ne consegue che il rilascio del certificato di agibilità, secondo le disposizioni all’epoca vigenti, ha cristallizzato la legittimità delle opere realizzate;

2) va ribadita l’assoluta insufficienza dell’istruttoria svolta dal comune, anche con riferimento alla presenza di eventuali sanatorie o accertamenti di conformità relativi al fabbricato e intervenuti nel tempo, dimostrata dall’utilizzo dell’espressione “presunto” nel provvedimento di demolizione, con riferimento alla riconducibilità o meno delle opere contestate come abusive alla licenza del 1963;

3) va poi ribadita la violazione del principio del legittimo affidamento, per non essere mai intervenuta l’amministrazione comunale nel corso di ben cinquanta anni e tenuto conto che l’immobile si trova in pieno centro cittadino;

4) va, infine, confermato che le norme vincolistiche, con riferimento all’area in questione, sono state emanate in epoca successiva alla data di costruzione dell’intero fabbricato, sicché la loro lesione non poteva essere collegata alla realizzazione delle opere dell’immobile ritenute abusive.

5. – Si è costituito nel presente giudizio di appello il Comune di Scilla che ha contestato analiticamente la fondatezza dei motivi di gravame dedotti dagli appellanti e ha confermato la legittimità della procedura svolta e del provvedimento impugnato in primo grado, ribadendo la correttezza della sentenza qui oggetto di appello con riferimento alle valutazioni in essa contenute sia in rito che nel merito. Si è costituita nel presente giudizio di appello anche la signora A M, quale parte controinteressata (interveniente ad opponendum in primo grado), sostenendo la infondatezza del mezzo di gravame proposto.

La Sezione, con ordinanza 20 aprile 2018 n. 1820, “ al solo fine di mantenere inalterata la situazione di fatto fino alla decisione di merito ”, ha sospeso l’esecuzione della sentenza qui oggetto di appello e degli effetti dell’ordine di demolizione.

Con ordinanza 1 ottobre 2019 n. 6570, avendo la Sezione valutato necessario “ disporre una verificazione tecnica finalizzata a: i) descrivere, anche mediante rilievi fotografici, l’immobile per cui è causa;
ii) accertare se il fabbricato intestato ai ricorrenti è identico rispetto a quello risalente al rilascio del certificato di abitabilità (30 marzo 1996) ed al verbale di accertamento e classamento dell’ufficio tecnico di Reggio Calabria (5 marzo 1965);
iii) se il fabbricato è rimasto immutato dal 1964 ad oggi (…)
”, ha affidato il relativo incarico al direttore dell’Agenzia del demanio della Calabria, disponendo che la relazione tecnica dovesse essere depositata entro il termine di sessanta giorni.

Con le ordinanze 17 gennaio 2020 n. 403, 27 aprile 2020 n. 2659 e 1 ottobre 2020 n. 5773 sono state concesse proroghe del termine di deposito della relazione e la fissazione del termine ultimo per completare detto adempimento.

In data 11 marzo 2021 veniva depositata nel fascicolo digitale del presente processo la relazione di verificazione.

Con ordinanza del 7 giugno 2021 n. 4316 la Sezione chiedeva integrazioni al verificatore, che venivano depositate in data 7 settembre 2021.

Nel corso del processo tutte le parti costituite ribadivano le opposte posizioni con memorie conclusive e di replica, confermando le conclusioni rassegnate nei precedenti atti processuali.

6. – L’appello proposto, ad avviso del Collegio, è infondato per le ragioni qui di seguito descritte.

Le censure rilevanti nel merito, per come prospettate dagli appellanti, si appuntano sulla duplice circostanza che le opere contestate come abusive fossero state già realizzate all’epoca del rilascio della licenza edilizia alla dante causa degli odierni appellanti e comunque assentite da tale atto (nonché confermate, come legittimamente realizzate, dal rilascio del certificato di abitabilità) e che, a tutto voler concedere, se talune difformità edilizie fossero sopravvenute, le stesse sarebbero state comunque sanate con atti successivi che gli uffici comunali non avevano ritenuto di dover neppure ricercare nei loro archivi. Ciò in un contesto normativo-urbanistico per il quale le previsioni vincolistiche relative all’area in questione vanno intese come successivamente introdotte rispetto alla realizzazione delle opere ritenute abusive e quindi ininfluenti sulla legittimità di tali interventi edilizi.

Per fare luce, anche in punto di fatto, su tali questioni la Sezione, con ordinanza 1 ottobre 2019 n. 6570, ha affidato all’Agenzia del demanio della Calabria il compito di:

a) descrivere, anche mediante rilievi fotografici, l’immobile per cui è causa;

b) accertare se il fabbricato intestato ai ricorrenti è identico rispetto a quello risalente al rilascio del certificato di abitabilità (30 marzo 1996) ed al verbale di accertamento e classamento dell’ufficio tecnico di Reggio Calabria (5 marzo 1965);

c) se il fabbricato è rimasto immutato dal 1964 ad oggi.

Il verificatore, nella relazione depositata in data 7 giugno 2021, corredata di fotografie e rilievi tecnici allegati, ha dato risposta ai quesiti sopra riprodotti nel modo seguente:

1) si tratta di un “ fabbricato a destinazione residenziale ubicato in via Omiccioli civ. 11, angolo vico

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