Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-04-13, n. 202303733

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-04-13, n. 202303733
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202303733
Data del deposito : 13 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/04/2023

N. 03733/2023REG.PROV.COLL.

N. 05898/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5898 del 2020, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato F A, con domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia ed elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avvocato F T, in Largo Messico n. 7,

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

el sig. -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sez. I, n. -OMISSIS- del 18 novembre 2019, che ha respinto il ricorso proposto dall’odierno appellante avverso il verbale -OMISSIS-, redatto dalla Commissione esaminatrice il 20 aprile 2017, che lo ha dichiarato inidoneo a sostenere le prove orali nel concorso per 5000 posti da notaio, indetto con decreto del 21 aprile 2016;
ed altresì ha respinto i motivi aggiunti da questo proposti avverso il decreto del Ministero della Giustizia del 15 febbraio 2019 di approvazione della graduatoria.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2023 il Cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’odierno appellante ha partecipato al concorso per 500 posti di notaio, bandito dal Ministero della Giustizia con decreto del 21 aprile 2016, sostenendo le tre prove scritte teorico-pratiche, ma è stato ritenuto non idoneo a sostenere le prove orali. Come risulta dal verbale -OMISSIS- del 20 aprile 2017, la Commissione, dopo aver esaminato i tre elaborati redatti dal candidato, ha espresso il giudizio di inidoneità ai sensi dell’art 11, commi 3 e 4, d.lgs. n. 166 del 2006, in quanto: “nel verbale e nell’atto inter vivos di diritto civile manca l’indicazione in lettere e per disteso delle cifre”. Inoltre, "nel verbale manca la modificazione dello statuto conseguente all'aumento gratuito del capitale (peraltro annunciata nella parte assertiva);
nell'atto inter vivos di diritto civile Lucilla sottoscrive pur essendo impossibilitata;
nella parte teorica dell'elaborato di diritto civile, si rileva la incongruità tra la qualificazione del conflitto di interessi tra Lucilla ed il minore Terzo e la natura divisoria attribuita al patto di famiglia;
nell'atto mortis causa non si attua la disposizione in favore di Cornelia e in parte teorica si motiva tale scelta travisando la volontà del testatore ed attribuendo erroneamente natura alimentare all'assegno divorzile ex art. 5, l. n. n. 898 del 1970;
sempre nell'atto mortis causa si effettua la professio iuris ai sensi della l. n. 218 del 1995;
nella parte teorica dell'elaborato mortis causa si rilevano: l'improprio riferimento alla "sentenza di adottabilità", l'improprio richiamo all'art. 2933 c. c. con riferimento al divieto di concorrenza;
e la confusa giustificazione dei ricorso al legato ex art. 655 c. c. In tutti gli elaborati si rileva la costruzione involuta dei periodi, appesantiti peraltro da un eccessivo ricorso ad incisi e parentesi".

2. L’odierno appellante ha impugnato, dinanzi al Tar per il Lazio, unitamente agli atti presupposti, il suddetto verbale -OMISSIS- del 20 aprile 2017 nonché, con motivi aggiunti, per illegittimità derivata, il decreto del Ministro della Giustizia del 15 febbraio 2019, pubblicato in pari data sul sito internet del Ministero della Giustizia recante “Approvazione graduatoria – concorso 500 posti di notaio, indetto con decreto dirigenziale 21 aprile 2016”.

In particolare, l’interessato ha contestato il giudizio della Commissione in quanto: (i) non si comprenderebbe perché la Commissione, pur non avendo rilevato nei primi due elaborati le ipotesi di cui al comma 7 dell’art. 11, d.lgs. n. 166 del 2006, successivamente, in sede di valutazione del terzo elaborato, abbia indicato carenze sui due primi elaborati e si sia rideterminata sugli stessi, in assenza di gravi insufficienze, con ciò ponendo in essere un revirement illegittimo e incomprensibile;
(ii) con riferimento al terzo elaborato, tale giudizio sarebbe in contrasto con le valutazioni riguardanti altri candidati, con evidente disparità di trattamento;
(iii) sussisterebbe una violazione dell’art. 5, comma 5 lett. a), d.lgs. n. 166 del 2006 e del verbale n. 12, in quanto la Commissione, nella seduta del 20 aprile 2017, sarebbe stata composta in maniera diversa da quanto previsto da tale norma e l’illegittima composizione avrebbe dovuto comportare l’annullamento del giudizio di inidoneità, con conseguente riesame degli elaborati dell’appellante.

3. Con sentenza -OMISSIS- del 18 novembre 2019, il Tar per il Lazio ha respinto il ricorso, ritenendo gli atti impugnati immuni dalle lamentate censure.

4. Con ricorso in appello notificato il 13 luglio 2020 e depositato il successivo 20 luglio 2020, l’appellante ha avversato la sentenza del Tar per il Lazio, lamentandone l’erroneità per error in judicando e in procedendo per “(…) violazione artt. 1, 2 e 3 l.

7.8.1990 n. 241 -violazione art. 3, 4, 24 e 97 cost. - violazione e falsa applicazione dell’art 253 trattato costitutivo Ce - violazione e falsa applicazione d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487- violazione artt. 10 e 11 d.lgs. n. 166 del 2006 – violazione artt. 3 e 97 Cost. - eccesso di potere per difetto di motivazione (contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, travisamento dei fatti, disparita’ di trattamento, errore sui presupposti di fatto e di diritto) – violazione art. 112 c.p.c.”. Tale doglianza generale è stata poi articolata in diversi punti. In sintesi, le principali censure riguardano le conclusioni del Tar sulla procedura di valutazione degli elaborati concorsuali, avvenuta a norma degli artt. 10 e 11, d.lgs. n. 166 del 2006. Il Tribunale adito avrebbe, infatti, errato nel ritenere corretta la procedura seguita dalla Commissione. Quest’ultima, non ravvisando durante la correzione del primo (atto inter vivos di diritto commerciale) e del secondo elaborato (atto inter vivos di diritto civile), pur in presenza di anomalie, le ipotesi di cui al comma 7 dell'art. 11, d.lgs. n. 166 del 2006 (cfr. nullità o gravi insufficienze) ha proceduto all'esame del terzo elaborato (atto mortis causa) per poi dichiarare la non idoneità del candidato sulla base di una complessiva valutazione degli elaborati. L’appellante ha contestato la correttezza di tale iter, sostenendo che il mancato riconoscimento dei c.d. "errori ostativi" nel primo e nel secondo elaborato corrisponderebbe automaticamente ad una valutazione positiva sugli stessi. Alla stregua di tali considerazioni ritiene viziata la declaratoria di non idoneità compiuta dalla commissione sulla base non solo delle risultanze del terzo elaborato, ma anche degli scritti precedenti.

Inoltre, si contesta la contraddittorietà e illogicità della pronuncia del del primo giudice che, pur afferma la sua impossibilità ad entrare nel merito della valutazione operata dalla Commissione, si sarebbe poi pronunciato sul merito degli elaborati, obliterando la presenza di ricostruzioni giuridiche alternative e coerenti con la soluzione prospettata dal candidato.

Sono stati altresì riproposte, in chiave critica, sia la presunta disparità di trattamento subita dal candidato, che la censura relativa alla regolare composizione della sottocommissione che lo ha esaminato. Infine, si è contestata l’infondatezza dell’eccezione formulata in primo grado dall’Amministrazione circa la mancata e/o tardiva impugnazione della graduatoria finale.

5. Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio il 7 settembre 2020 per resistere al ricorso ed ha depositato memoria il 29 dicembre 2022, ribadendo l’infondatezza delle doglianze attoree.

6. All’udienza del 9 febbraio 2023 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato, il che consente al Collegio di prescindere dal rilevare d’ufficio l’improcedibilità del gravame ex art 35, co.1 c.p.a. in ragione della tardiva impugnazione da parte del ricorrente in primo grado, con motivi aggiunti, della graduatoria definitiva approvata con d.m. 15 febbraio 2019.

Preliminarmente, ai fini della decisione, il Collegio ritiene opportuno rammentare, sulla scorta di quanto già chiarito dal giudice di prime cure, i principi che governano il sistema di correzione degli elaborati scritti del concorso notarile.

L’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 166 del 2006 prevede che la Commissione, prima di iniziare la correzione, definisca i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l'ordine di correzione delle prove stesse. Alla luce dell’art. 34, comma 50, lettera f), d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, come sostituito dalla legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221, l’eventuale giudizio di non idoneità deve essere sinteticamente motivato con ricorso a “formulazioni standard”, che la Commissione deve predisporre contestualmente alla definizione dei criteri che regoleranno la valutazione degli elaborati. La ratio di tale previsione consiste nel semplificare e snellire il lavoro della Commissione, nel rendere omogenea l’applicazione dei criteri prestabiliti, nonché più semplice la verifica, ab externo, dell’osservanza dei criteri che la Commissione ha predeterminato.

L’art. 11, d.lgs. n. 166 del 2006 prevede che la Commissione formuli un giudizio complessivo di idoneità/inidoneità all’esito, di regola, della correzione delle tre prove scritte. Tuttavia, al comma 7, la norma prevede che “Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergano nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla Commissione, ai sensi dell’art. 10, comma 2, la Sottocommissione dichiara non idoneo il candidato, senza procedere alla lettura degli elaborati successivi”.

Quest’ultima previsione è stata evidentemente inserita al fine di agevolare le operazioni di correzione delle prove scritte e, tuttavia deve essere correttamente intesa e devono esserne chiariti i necessari corollari.

Solo le cause di nullità e le “gravi insufficienze”, prefigurate dall’art. 11, comma 7, definibili anche come “errori ostativi”, sono idonee a precludere l’ulteriore corso della correzione degli elaborati di un candidato e la successiva attività valutativa della Commissione.

Tuttavia, come opportunamente sottolineato dal giudice di prime cure, la circostanza che la Commissione proceda alla lettura del terzo elaborato non implica, come vorrebbe sostenere l’appellante, che non vi siano tout court anomalie, errori o mancanze nei primi due elaborati, ma solo che queste non configurano ipotesi di nullità o di gravi insufficienze ostative al prosieguo della valutazione degli stessi. La presenza di eventuali carenze – rilevanti ma non direttamente ostative - emergerà viceversa nell’ambito del giudizio complessivo reso dalla Commissione tramite il formulario standard.

Infine, è appena il caso di sottolineare che il rilievo di “errori ostativi” anche solo nel terzo elaborato non preclude – ma anzi impone – alla Commissione esaminatrice l’obbligo di dichiarare ipso facto il candidato non idoneo.

In sostanza, un giudizio di idoneità complessiva è consentito unicamente laddove in nessuna delle tre prove vengano rilevate nullità formali o sostanziali previste per legge o gravi insufficienze, nei termini e contenuti in precedenza indicati nella elaborazione dei criteri.

Sul fronte della giurisprudenza, deve ulteriormente rammentarsi che l’individuazione dei c.d. “errori ostativi” nell’ambito del concorso notarile, così come la correzione degli elaborati, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, è espressione di discrezionalità tecnica della Commissione, sindacabile solo nei limiti del tradizionale sindacato di legittimità e, quindi, solo nei limiti del macroscopico travisamento e della manifesta irrazionalità. Al giudice non è, dunque, consentito entrare nel merito della valutazione. Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l'apprezzamento tecnico dell’organo collegiale - si ribadisce - essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà (Cons. Stato, sez. IV, 8 febbraio 2017 n. 558).

Ancora recentemente il Consiglio di Stato ha affermato che, nella materia dei pubblici concorsi, le commissioni esaminatrici, cui compete prima fissare i parametri di valutazione e, successivamente, giudicare le prove svolte dai candidati, non effettuano una ponderazione di interessi, ma esercitano un'ampia discrezionalità tecnica, rispetto alla quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere in peculiari ipotesi limite, riscontrabili dall'esterno e con immediatezza sulla base della sola lettura degli atti. In altre parole, le valutazioni rese dalla Commissione esaminatrice nell’ambito del concorso notarile non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile e il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell'organo valutatore, sostituendo il proprio giudizio a quello della Commissione (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 18 giungo 2019, n.4127).

2. Tanto premesso, passando all’esame della presente controversia, risultano innanzitutto destituiti di ogni fondamento le censure volte a contestare le conclusioni del giudice di primo grado sulla procedura di valutazione degli elaborati concorsuali, in quanto il mancato riconoscimento dei c.d. "errori ostativi" nel primo e nel secondo elaborato dovrebbe corrispondere automaticamente ad una valutazione positiva sugli stessi.

Osserva il Collegio che, come correttamente considerato anche dal Tar, si tratta di censure che denotano il travisamento, da parte dell’appellante, delle modalità di correzione seguite dalla Commissione che, invece, si è conformata al dettato normativo di cui al citato art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166 del 2006.

Come già evidenziato, alla stregua di tale norma, nel caso in cui la Commissione rilevi, nella correzione del primo o del secondo elaborato, delle anomalìe, queste non sempre determinano un immediato giudizio di inidoneità, conseguendo esso solo al rilievo di cause di nullità dell’atto negoziale oggetto di prova, ovvero alla presenza di nullità e gravi insufficienze.

Aggiungasi che la norma si riferisce solo a nullità e gravi insufficienze del primo o del secondo elaborato. La sussistenza di insufficienze meno gravi non legittima la mancata lettura degli elaborati successivi e non indica, logicamente, nemmeno un giudizio di piena sufficienza sull'elaborato precedente, laddove la Commissione abbia proceduto alla lettura di quello o di quelli successivi, non avendo riscontrato gravi lacune “ostative”.

Sarebbe, quindi, irragionevole sostenere che, al termine della correzione di tutti gli elaborati, non si possa procedere ad una esclusione del candidato motivata con le anomalie riscontrate in tutti gli atti consegnati dal candidato, compresi quelli per cui non sono state rilevate le ipotesi dell'art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166 del 2006. In altri termini, la circostanza che, dalla lettura del primo e del secondo elaborato non siano state riscontrate nullità, errori o lacune talmente gravi da precludere la lettura della terza prova, non significa che i medesimi primi due elaborati siano esenti da valutazioni negative da parte della Commissione.

E’ quanto accaduto nel caso di specie. Ne consegue che non vi è alcuna contraddittorietà nella motivazione laddove, pur non avendo rilevato nei primi elaborati nullità “ostative”, ossia preclusive del prosieguo della correzione, la Commissione ha, poi, nel giudizio complessivo di inidoneità, enumerato tutte le criticità rilevate, ivi comprese quelle relative ai primi due elaborati.

Ben ha fatto, in definitiva, il Tar, ritenendo corretta la procedura seguita dalla Commissione di valutazione che, non ravvisando durante la correzione del primo e del secondo elaborato, pur in presenza di anomalie, le ipotesi di cui all’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166 del 2006, ha proceduto all'esame del terzo elaborato, per poi dichiarare la non idoneità del candidato sulla base di una complessiva valutazione degli elaborati.

Non meritano accoglimento nemmeno i profili di doglianza volti a contestare la contraddittorietà e l’illogicità della sentenza del primo giudice che avrebbe effettuato una valutazione di merito degli elaborati, sotto alcuni profili, in contraddizione con le proprie precedenti affermazioni relative all’impossibilità di entrare nel merito della valutazione discrezionale tecnica operata dalla Commissione.

Come esposto in narrativa, l’interessato ha contestato, al contempo, la parziale e/o mancata valutazione delle ricostruzioni giuridiche alternative dallo stesso proposte al fine di dimostrare la correttezza delle prove svolte e, in particolare, la disparità di trattamento subita per essere stato escluso a causa delle soluzioni giuridiche prospettate nel terzo elaborato, analoghe a quelle di altri candidati, invece risultati idonei.

Orbene, al riguardo il Collegio ritiene di confermare integralmente le valutazioni compiute dal giudice di prime cure alla luce dei suesposti canoni ermeneutici relativamente ai limiti del sindacato giurisdizionale in materia concorsuale.

Sebbene l'appellante insista nel qualificare le proprie censure come volte ad enucleare profili di travisamento nel giudizio (e, dunque, a sostenere la correttezza delle proprie soluzioni giuridiche ed evidenziare una disparità di trattamento rispetto agli altri candidati), non può non osservarsi che esse si sostanziano esclusivamente in un’aperta critica alle valutazioni discrezionali compiute dalla Commissione, finendo per ingerirsi nel merito del giudizio di questa.

Non è, quindi, condivisibile la prospettazione difensiva che, al di là delle peculiari finalità indicate, mira a proporre una diversa valutazione del terzo elaborato attraverso una confutazione nel merito dei rilievi della Commissione.

Aggiungasi, quanto alla disparità di trattamento contestata con particolare riferimento all’esame del terzo elaborato, che l’appellante è stato, comunque, escluso dal concorso sulla base di un giudizio complessivo negativo di tutti e tre gli atti consegnati e che, come pure più volte chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, la configurabilità della disparità di trattamento tra diversi candidati del concorso notarile può ipotizzarsi solo raffrontando complessivamente tutti gli elaborati poiché la Commissione non tiene conto solo della soluzione giuridica prescelta, ma anche della capacità espositiva ed argomentativa di ciascuno dei candidati. In ogni caso, un giudizio favorevole reso alla prova scritta di altro candidato non serve a sanare gli errori in cui è incorso altro candidato (ex multis Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2014, n. 5048).

Inoltre, premesso che pacificamente è precluso al giudice amministrativo entrare nel merito del giudizio della Commissione, se non nei casi limite sopra indicati, non vi è nella sentenza del giudice di prime cure la contraddittorietà contestata dall’appellante, posto che il Tar solo ad abundantiam si è confrontato su alcune censure, al fine di avvalorare la ritenuta ragionevolezza delle valutazioni della Commissione.

Parimenti non merita accoglimento la censura in merito alla regolare composizione della sottocommissione che ha esaminato gli elaborati.

Come correttamente considerato dal giudice di primo grado, non solo è lecita, ma anche fisiologica, l'assenza in determinate sedute delle sottocommissioni del Presidente, del vicepresidente o del magistrato più anziano, posto che, ai sensi dell’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 166 del 2006, la Commissione è unica ed è composta da 24 membri ed essa opera con tre sottocommissioni composte di cinque membri (comma 5) e si prevedono 9 membri in più sia per poter supplire all’assenza temporanea di qualche componente, sia per poter “assicurare all'interno delle sottocommissioni che procedono alla correzione, una periodica variazione dei componenti, compatibilmente con le esigenze organizzative” (art. 10, comma 6). Tale periodica variazione non sarebbe possibile ove fosse imposto al Presidente, al vicepresidente e al magistrato più anziano di essere sempre presenti.

In conclusione, non sussiste alcuna violazione dal momento che non si ravvisa, alla luce del dettato normativo suesposto, alcun obbligo per i soggetti summenzionati (Presidente, vicepresidente e magistrato più anziano) di presiedere a tutte le sedute di correzione.

Infine, non può essere accolta la doglianza circa l'omessa pronuncia sull'eccezione preliminare proposta nel giudizio di primo grado dal Ministero della Giustizia, sulla mancata e/o tardiva impugnazione della graduatoria finale, posto che dal tenore delle argomentazioni rese dal primo giudice risulta chiaramente – sia pure in maniera non condivisibile per questo Collegio – che lo stesso ha ritenuto tale eccezione infondata nel merito.

Per tutte le suesposte ragioni l’appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.

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