Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-12-31, n. 201908917

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-12-31, n. 201908917
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908917
Data del deposito : 31 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/12/2019

N. 08917/2019REG.PROV.COLL.

N. 00792/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 792 del 2015, proposto dalla società Salini Impregilo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F P ed E R, con domicilio eletto presso lo studio F P in Roma, via Emanuele Gianturco, n. 1;

contro

Comune di Gallarate, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F T, L R e F N, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone n.44;
Regione Lombardia, Provincia di Varese, ASL - Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Varese, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sede di Milano, Sezione Seconda, n. 1543 dell’11 giugno 2014, resa tra le parti, concernente l’approvazione definitiva del Piano del Governo del Territorio del Comune di Gallarate.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gallarate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2019 il Cons. L L e uditi per le parti gli avvocati E R e Giovanni Corbyons su delega di F T;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso avanti il T.a.r. per la Lombardia la società Salini Impregilo ha impugnato gli atti della serie procedimentale che ha condotto alla definitiva approvazione, con delibera consiliare n. 28 del 15 marzo 2011, del Piano del Governo del Territorio (PGT) del Comune di Gallarate, chiedendone l’annullamento e formulando, altresì, domanda di risarcimento del danno.

2. Costituitosi in resistenza il Comune, con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale ha respinto il ricorso.

3. La società ha interposto appello, riproponendo criticamente le doglianze svolte in prime cure.

Si è costituito in resistenza il Comune.

Il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 14 novembre 2019, in vista della quale le parti hanno versato in atti difese scritte.

4. Il ricorso non merita accoglimento.

5. Il Collegio osserva, anzitutto, che le varie vicende antecedenti alla serie procedimentale in questa sede impugnata (cui parte ricorrente dedica una diffusa attenzione nei propri scritti) non hanno rilievo, essendo estranee all’oggetto del giudizio;
in termini generali, peraltro, la potestà pianificatoria dell’Amministrazione non è vincolata dalle eventuali scelte difformi assunte in passato.

Ciò premesso, il Collegio svolge la propria disamina direttamente in base al ricorso di primo grado, che, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., connota e perimetra ab origine l’oggetto del giudizio.

6. Le censure di carattere procedimentale ivi svolte (e riprodotte nell’atto di appello) sono infondate.

6.1. La delibera di approvazione del PGT, invero, è stata emanata in data 15 marzo 2011, mentre il decreto di indizione dei comizi elettorali per le elezioni amministrative, sottoscritto dal locale Prefetto in data 9 marzo 2011, è stato pubblicato in data 31 marzo 2011.

Al momento dell’approvazione del Piano, dunque, il Consiglio era ancora nel pieno dei propri poteri: ai sensi dell’art. 38, comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000, infatti, questi si riducono all’ordinaria amministrazione soltanto dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali.

Di converso, come correttamente evidenziato dal Tribunale, non ha rilievo “ la circostanza che il decreto di indizione dei comizi sia stato pubblicato l’ultimo giorno utile, e cioè 45 giorni prima della data fissata per le elezioni (cfr. art. 18, primo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570), giacché ciò che rileva è che sia stato rispettato il termine di legge ”.

6.2. Quanto, poi, all’altro motivo di ricorso di carattere procedimentale, ha pregio la difesa del Comune, secondo cui il dies ad quem del termine di 90 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni da parte dei cittadini - fissato dall’art. 13, comma 7, l.r. n. 12 del 2005, “ a pena di inefficacia degli atti assunti ”, per la decisione consiliare circa le osservazioni stesse - deve, nella specie, individuarsi non nel 15 marzo 2011, bensì nell’8 marzo 2011.

In tale data, infatti, fu convocato il Consiglio sia per deliberare in merito alle osservazioni presentate in relazione al progetto di Piano adottato, sia per procedere alla definitiva approvazione del medesimo: stante la complessità delle questioni, la seduta fu più volte aggiornata in prosecuzione nei giorni successivi, sino alla decisione di definitiva approvazione del Piano intervenuta, appunto, nella giornata del 15 marzo.

Ne consegue che, alla data dell’8 marzo 2011, il termine de quo non era ancora decorso, giacché:

- da un lato, l’ultimo giorno per presentare le osservazioni era l’11 dicembre 2010 (cfr. memoria di parte ricorrente depositata in data 13 ottobre 2019, pag. 14), sì che il successivo termine di 90 giorni scadeva in data 11 marzo 2011;

- dall’altro, l’aggiornamento in prosecuzione della seduta dell’organo consiliare (operata, oltretutto, volta per volta al giorno lavorativo immediatamente successivo) ne impone, ai fini giuridici, una considerazione sintetica ed unitaria, priva di soluzioni di continuità.

Più in generale, lo stesso precedente di primo grado citato da parte ricorrente (T.a.r. per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia, Sez. I, 14 maggio 2010 n. 1732), lungi dal sostenerne le ragioni, porta elementi in senso opposto.

La pronuncia, infatti, nel rigettare la censura secondo cui “ il PGT sarebbe illegittimo nel suo complesso in quanto approvato dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali ”, ha sostenuto che “ in realtà l’approvazione del PGT è un atto che può essere considerato urgente e improrogabile in quanto collegato a un termine perentorio. Precisamente, l’art. 13 comma 7 della LR 11 marzo 2005 n. 12 prevede che entro 90 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni il consiglio comunale decida sulle stesse e provveda agli adeguamenti derivanti dal parere provinciale di compatibilità al PTCP, in entrambi i casi a pena di inefficacia degli atti assunti. Il PGT deve quindi essere approvato in un termine certo, e a garanzia di questo risultato è introdotto un meccanismo di caducazione automatica dell’intera procedura ”.

Da ultimo, il Collegio evidenzia che questa Sezione (Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2015, n. 2976) si è già espressa in ordine alla natura del termine contemplato dall’art. 13, comma 7, l.r. lombarda n. 12 del 2005, escludendone la natura perentoria ( recte , collegando l’inefficacia al dato sostanziale della mancata risposta consiliare alle osservazioni svolte dai privati, non al dato formale dell’inutile decorso del termine).

7. Quanto al merito, giova premettere, in fatto, che la ricorrente è proprietaria di un ampio compendio immobiliare di circa 124.915 mq posto a nord della S.S. 336 del Sempione, incluso dal PGT nell’ambito di trasformazione denominato “AT-15”, nonché di un altro terreno (di estensione pari a 44.500 mq) ubicato a sud della S.S. 336 e ricompreso nell’area di riqualificazione ambientale “RA-1”: tali aree sono inserite nel “Piano territoriale d’area Malpensa” approvato con l.r. n. 10 del 1999, che le destina, insieme con altre, alla realizzazione di un complesso immobiliare multifunzionale denominato “Business Park”.

Ai terreni inseriti nell’ambito di trasformazione “AT-15” il PGT ha attribuito un indice territoriale di 0,21 mq/mq, stabilendo, tuttavia, che l’edificazione è subordinata al raggiungimento di un indice minimo di 0,42 mq/mq: la volumetria mancante può essere reperita, ai termini del PGT, “ preferibilmente ” nell’area di riqualificazione ambientale “RA-1” ovvero, “ in via subordinata ”, nelle altre aree di riqualificazione ambientale (ovvero, in ulteriore subordine, nelle aree destinate a servizi contemplate dal Piano), pur se ubicate in altre zone del territorio comunale.

La ricorrente, più in particolare, osserva che “ il Comune ha individuato 19 aree soggette a trasformazione, cui ha attribuito un indice di edificabilità proprio, ma ha anche individuato, all’esterno del perimetro dei predetti ambiti di trasformazione, almeno 9 aree dotate di capacità edificatoria … individuate quali aree di decollo dei diritti volumetrici propedeuticamente alla cessione delle stesse all’Amministrazione comunale ”.

Così facendo, tuttavia, il Comune avrebbe indebitamente mischiato le ipotesi di perequazione “circoscritta” ed “estesa” che, viceversa, l’art. 11 della l.r. n. 12 del 2005 disciplinerebbe, ai commi 1 e 2, come “ facoltà alternative … distinte, differentemente disciplinare e, quindi, non applicabili in maniera congiunta o ibrida ”.

Invero, da un lato la perequazione “circoscritta” potrebbe avere ad oggetto una sola porzione del territorio comunale soggetta a piano attuativo o ad atto di programmazione negoziata, laddove, nella specie, il Comune avrebbe considerato anche aree esterne al comparto;
dall’altro, la perequazione “estesa” dovrebbe necessariamente coinvolgere tutto il territorio comunale, mentre, nella specie, sarebbero state interessate solo alcune parti.

Tale conformazione pianificatoria, oltretutto, sarebbe pure illogica, giacché:

- la capacità edificatoria del terreno di proprietà della ricorrente ubicato nell’area di riqualificazione ambientale “RA-1” sarebbe, di fatto, inutilizzabile;

- l’edificazione dei terreni ubicati nell’ambito di trasformazione “AT-15” sarebbe subordinata all’acquisizione di volumetria da terreni ubicati in zone del territorio comunale del tutto estranee al comparto ed alle relative e peculiari finalità;

- l’eventuale reperimento di diritti edificatori in aree diverse dalla zona “RA-1” sarebbe rimesso (non altrimenti potendosi interpretare l’avverbio “ preferibilmente ”) al previo avallo del Comune, che avrebbe un carattere sostanzialmente arbitrario, atteso che sarebbe stata “ totalmente omessa la fissazione di parametri e criteri valutativi ai quali il Comune debba conformare il proprio apprezzamento ”;

- l’impugnata pianificazione avrebbe l’effetto di coinvolgere nello sviluppo del “Piano territoriale d’area Malpensa”, il cui perimetro è individuato ex lege , aree ad esso esterne, oltretutto senza lo svolgimento di previe analisi urbanistiche;

- di converso, non potrebbe richiamarsi, per giustificare le censurate scelte di Piano, l’istituto della compensazione di cui al comma 3 dell’art. 11 della l.r. n. 12 del 2005, in tesi deputato a tutt’altri fini.

Il Tribunale, nella sentenza gravata, ha viceversa sostenuto che:

- i modelli perequativi e compensativi configurati dal legislatore regionale “ non abbiano carattere stringente ”, ma “ possano essere, per determinati aspetti, adattati dai Comuni al fine di assecondarli alle specifiche esigenze della pianificazione ”;
in tal senso, del resto, si sarebbe espressa anche la Giunta regionale lombarda con la delibera n. VIII/1681 del 29 dicembre 2005;

- nella specie, il Comune avrebbe “ esplicitamente escluso il ricorso alla perequazione estesa ” - pur mutuandone poi alcuni meccanismi - ed avrebbe introdotto “ un modello misto perequativo circoscritto/compensativo ”, in cui prevarrebbero le “ finalità compensative ”, accanto a “ finalità latamente perequative ”: in sostanza, “ lo schema presenta una commistione fra elementi della compensazione e della perequazione di comparto ”, pur mutuando “ alcuni meccanismi propri della perequazione estesa ”;

- “ questa commistione non può essere ritenuta di per sé causa di illegittimità in quanto i comuni, nell’esercizio delle proprie potestà, possono, in qualche misura, modellare gli schemi previsti dalla legge regionale per meglio adattarli alle proprie esigenze di pianificazione ”;

- inoltre, “ nel caso concreto, il Comune di Gallarate, pur mischiando gli elementi dei diversi modelli, ha implementato un meccanismo che non si discosta eccessivamente dallo schema legale e, comunque, non presenta caratteri di manifesta irragionevolezza o illogicità che renderebbero la scelta sindacabile da questo giudice ”: “ tale previsione difatti, otre ad estendere i benefici della perequazione e della compensazione ad una platea più ampia di soggetti, favorisce anche i proprietari delle aree di trasformazione (quale quella della ricorrente), giacché offre a questi una più vasta gamma di possibilità in ordine al reperimento dei diritti edificatori necessari al raggiungimento del limite minimo fondiario ”;

- “ né si può convenire con la parte quando afferma che la previsione che estende a tali aree il meccanismo perequativo/compensativo implementato dall’Amministrazione resistente attribuirebbe a questa una discrezionalità eccessiva. La disposizione va invero letta nel senso che, se l’operatore non riesce ad acquisire i diritti dall’ambito di recupero ambientale, necessariamente dovrà essere assentito il recupero da altri ambiti ”.

8. Siffatte coordinate motivazionali sono sostanzialmente condivisibili: la legislazione regionale, infatti, non delinea istituti perequativi chiusi e compiuti, rigidamente definiti entro un quadro contenutistico insuscettibile di modulazioni.

8.1. Si osserva, anzitutto, che la delibera giuntale n. VIII/1681 del 29 dicembre 2005, citata dal Tribunale, è stata emessa in attuazione dell’art. 7 della l.r. n. 12 del 2005 (“Legge per il governo del territorio”), ai sensi del quale “ la Giunta regionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce con proprio atto le modalità per la pianificazione comunale ”.

La delibera, dunque, attua la legge e, pertanto, costituisce un elemento da tenere in debita considerazione nell’operazione ricostruttiva del contenuto normativo della legge stessa.

Orbene, in tale delibera:

- si premette che la scelta di avvalersi degli istituti di cui all’art. 8, comma 2, lett. g] della l.r. n. 12 (ossia della compensazione, della perequazione e dell’incentivazione urbanistica) è rimessa alla discrezionalità di ogni singolo Comune e che “ le tecniche in questione devono essere messe a punto in ogni singolo contesto, sì che la scelta del metodo idoneo non può che essere aperta a più soluzioni ”;

- si afferma che “ il legislatore, all’art. 11, ha individuato due modelli di riferimento, che lasciano comunque grande spazio ad una vasta gamma di soluzioni di tipo intermedio ” e si aggiunge che “ l’istituto della compensazione urbanistica risponde anch’esso ad una finalità perequativa ”.

8.2. Pur a voler prescindere da tali considerazioni, il Collegio osserva che la legge in parola, nell’enucleare le forme perequative ammesse nel territorio regionale, non plasma istituti rigidamente perimetrati a livello contenutistico, né, comunque, ne vieta la modulazione concreta da parte dell’Ente comunale, che, peraltro, è il titolare originario del potere pianificatorio del proprio territorio.

Invero, le forme previste dalla legge regionale sono delineate, anche lessicalmente, in termini generali e fungono, evidentemente, quali modelli tendenziali di massima cui i Comuni possono rifarsi nella declinazione pianificatoria del proprio territorio.

Del resto, l’art. 11 in commento stabilisce che le forme di perequazione “circoscritta” ed “estesa” possono essere previste dai Comuni “ sulla base dei criteri definiti dal documenti di Piano ” (comma 1) e “ nel Piano delle regole ” (comma 2): invero, sia il documento di Piano sia il Piano delle regole sono strumenti propri della pianificazione urbanistica comunale specificamente disciplinati dalla stessa legge regionale, rispettivamente agli articoli 8 e 10.

8.3. La soluzione adottata nella specie dal Comune di Gallarate, dunque, non viola la legge per il solo fatto di aver modulato le forme perequative dalla stessa previste in funzione delle specifiche necessità del territorio: invero, salvo casi estremi di abnormità, il sindacato giurisdizionale sul ricorso, da parte dei Comuni lombardi, alle forme perequative previste dalla legislazione regionale si incentra sui soli profili di logicità e ragionevolezza, non su quello della violazione di legge.

8.4. Quanto, appunto, alla questione della logicità delle coordinate pianificatorie per cui è causa, il Collegio evidenzia che, in sostanza, il Comune ha fissato uno standard edificatorio per i terreni rientranti nell’ambito di trasformazione “AT-15” - a sua volta ricompreso nel “piano Malpensa” approvato con l.r. n. 10 del 1999 - in maniera tale che sia necessario, per procedere alla realizzazione in loco delle costruzioni, acquistare volumi edificatori virtuali da altre zone del territorio comunale, specificamente individuate in base alle relative caratteristiche, come discrezionalmente apprezzate dall’Ente.

Secondo un’analisi economica del diritto, tale scelta:

- spalma a beneficio di tutti i proprietari delle aree non destinate a trasformazione ( in primis , le aree di riqualificazione ambientale) i vantaggi economici che, altrimenti, sarebbero appannaggio esclusivo, tra l’altro, dei suoli prossimi allo Scalo internazionale (funzione lato sensu perequativa tesa ad estendere a più ampie porzioni del territorio comunale i benefici conseguenti all’allocazione, in area prossima al territorio comunale, dello Scalo aeroportuale internazionale);

- consente, inoltre, al Comune l’acquisizione di aree a fini di urbanizzazione senza esborsi economici, in virtù del riconoscimento ai relativi proprietari di diritti edificatori virtuali che dovranno, nei fatti, essere acquistati da quanti intendano edificare vicino allo Scalo, ai quali, di converso, viene riconosciuto un indice territoriale minore del livello minimo necessario per l’esercizio concreto dello jus aedificandi (funzione compensativa tesa a consentire l’acquisizione alla mano pubblica, senza oneri economici, delle aree necessarie per le esigenze collettive);

- in definitiva, pone a carico dei proprietari dei suoli prossimi allo Scalo il peso economico-finanziario dell’acquisizione, in capo al Comune, dei terreni necessari per finalità pubblicistiche e, al contempo, assegna parte del loro prospettico lucro ai proprietari di terreni ubicati in altre zone meno favorite del territorio.

Tale finalità lato sensu redistributiva viene veicolata attraverso una modulazione delle forme perequative previste dalla legge lombarda (qualificandosi come tale anche la compensazione – cfr. la richiamata delibera giuntale n. VIII/1681) che non presenta palesi ed intrinseci profili di illogicità, specie ove si tenga conto del fatto che, nel documento di Piano, è precisato che “ nel dimensionare il PGT l’edificabilità complessiva prodotta da tutte le aree di decollo è stata calcolata in quantità tale da essere tutta necessaria a rendere edificabili le aree di atterraggio, costituite dalle aree di trasformazione ”.

La relazione di perfetta biunivocità sussistente fra i diritti edificatori virtuali riconosciuti alle aree non edificabili (in quanto destinate a riqualificazione ambientale od a servizi), da un lato, e il gap di proiezione edificatoria specularmente stabilito per i terreni inseriti negli ambiti di trasformazione, dall’altro, ha, quindi, una sua intrinseca e, per così dire, algebrica logicità.

Non è peraltro superfluo rilevare, in termini generali, che:

- da un lato, la proprietà privata è strutturalmente soggetta al potere conformativo dell’Autorità titolare del potere pianificatorio;

- dall’altro, le finalità di programmazione territoriale possono essere perseguite dall’Autorità titolare del potere pianificatorio non solo in via diretta (ad esempio, con zonizzazioni e localizzazioni), ma anche in via per così dire indiretta.

Più in particolare, quanto meno nelle Regioni – come la Lombardia – che consentono in linea generale il ricorso alla perequazione urbanistica, il Comune può configurare, nel proprio strumento di Piano, un reticolo di diritti edificatori virtuali per certe aree e, specularmente, una serie di indici territoriali minimi cui è subordinata, in altre aree, l’edificazione, tali da:

- onerare i proprietari dei suoli edificabili dell’acquisizione di diritti edificatori virtuali da proprietari di suoli non edificabili;

- consentire l’ablazione di aree alla mano pubblica senza esborsi economici;

- determinare un tendenziale riequilibrio dei valori di mercato delle varie zone del territorio comunale e, più in generale, una più ampia partecipazione della locale collettività ai vantaggi economici altrimenti di esclusivo appannaggio delle sole aree edificabili o, comunque, più favorite del territorio comunale (per loro intrinseca natura o per la vicinanza ad importanti nodi infrastrutturali).

A chiusura sul punto, il Collegio non può non ribadire che all’ampia discrezionalità di cui il Comune dispone nel formulare le coordinate pianificatorie del proprio territorio corrisponde un sindacato giurisdizionale di carattere estrinseco e limitato al riscontro di palesi elementi di illogicità ed irrazionalità apprezzabili ictu oculi : a tale sindacato è, viceversa, estraneo l’apprezzamento della condivisibilità delle scelte, profilo già appartenente alla sfera del merito.

9. L’approvazione, con atto legislativo regionale, del “Piano territoriale d’area Malpensa” non osta a che il Comune di Gallarate, nell’esercizio del proprio potere pianificatorio, disciplini in concreto l’esercizio dello jus aedificandi nelle aree rientranti in tale Piano: un profilo di illegittimità, invero, conseguirebbe solo alla negazione in astratto della possibilità di costruire in loco o, comunque, di farlo secondo le destinazioni indicate dal Piano, circostanza nella specie non ricorrente.

10. Sotto altro aspetto, l’avverbio “ preferibilmente ” non vale, di per sé ed in assenza di ulteriori specificazioni nel Piano, a radicare in capo al Comune un potere di arbitraria valutazione circa le modalità di acquisto di diritti edificatori virtuali, significando, molto più semplicemente, che il reperimento di diritti edificatori virtuali dovrà essere in prima istanza rivolto all’area di riqualificazione ambientale “RA-1”, salva ed impregiudicata, per gli operatori interessati, la facoltà di reperirli altrove.

11. Non è fondata neppure l’ulteriore censura formulata dalla ricorrente avverso la disposizione che subordina l’edificazione in situ alla presentazione di un Piano planivolumetrico unitario d’ambito, salva la facoltà, per i proprietari che rappresentino almeno il 25% del valore catastale degli immobili dell’ambito, di procedere, “ singolarmente o riuniti in consorzio ”, all’attuazione frazionata degli interventi mediante un Piano attuativo di comparto.

Come correttamente rilevato dal Tribunale, la previsione in parola è, nella sostanza, conforme, alle osservazioni procedimentali svolte dalla ricorrente, che aveva criticato l’inaggirabile necessità, stabilita dal Piano adottato, di procedere mediante un Piano planivolumetrico unitario.

Siffatta previsione, comunque, non limita eccessivamente ed in maniera sproporzionata lo jus aedificandi ed è, invero, più favorevole ai proprietari rispetto alla disposizione regionale di cui all’art. 12, comma 4, l.r. n. 12 del 2005, a tenore della quale “ per la presentazione del piano attuativo è sufficiente il concorso dei proprietari degli immobili interessati rappresentanti la maggioranza assoluta del valore di detti immobili in base all’imponibile catastale risultante al momento della presentazione del piano, costituiti in consorzio ”.

Ai sensi del PGT, infatti, per la presentazione di un Piano attuativo di comparto è sufficiente la percentuale del 25% dei proprietari e, inoltre, non è necessaria la previa strutturazione degli operatori interessati in forma consortile.

Tanto meno è irragionevole il riferimento al valore catastale, dato che ha un intrinseco rilievo giuridico e cui, del resto, si richiama la stessa legislazione regionale.

Ancora una volta, osserva il Collegio, non può non ribadirsi l’ampia discrezionalità pianificatoria propria del Comune, sindacabile in sede giurisdizionale solo in presenza di manifesti segni di un utilizzo prima facie abnorme del potere da parte dell’Ente, circostanza nella specie non ricorrente.

12. Parimenti, la previsione di un Nucleo di Valutazione, quale organo tecnico “ a carattere temporaneo e composizione mista ” nominato dalla Giunta e deputato, in particolari casi, a fornire valutazioni specialistiche circa le proposte di Piano attuativo presentate dai privati, non palesa, in termini astratti, profili di irragionevolezza o illogicità, anche alla luce del carattere generale delle previsioni dettate dal PGT e dell’oggettiva opportunità, in alcuni casi, di uno scrutinio tecnico particolarmente qualificato.

Nello specifico caso dell’ambito di trasformazione in parola, oltretutto, assume rilievo anche l’ampia estensione territoriale del medesimo (pari a 441.553 mq).

13. Non è fondata la censura secondo cui le modifiche apportate in sede di approvazione sarebbero state “ talmente innovative rispetto alla disciplina adottata che senza dubbio alcuno il PGT avrebbe dovuto essere ripubblicato ”.

Sul punto, è sufficiente osservare che la necessità di procedere a nuova pubblicazione (ossia, altrimenti detto, la necessità di disporre una regressione procedimentale) consegue solo al radicale ed intimo stravolgimento delle previsioni pianificatorie originariamente adottate, circostanza che nella specie non ricorre.

14. Quanto, infine, ad altre disposizioni di dettaglio recate dal Piano (obbligo di realizzare almeno il 70% dei parcheggi nel sottosuolo;
obbligo di realizzare, nell’ambito, alcune strutture pubbliche e di lasciare il 40% della superficie permeabile;
obbligo di costruire prevalentemente in altezza ed obbligo di precostituire la possibilità di allacciamento delle costruzioni alla rete di teleriscaldamento di futura realizzazione), non ne consta la patente illogicità, anche alla luce della finalità – cui tali previsioni, con ogni evidenza, tendono – di perseguire la complessiva qualità edilizia ed urbanistica della zona.

A fortiori , non è documentato che tali previsioni rendano tout court economicamente insostenibile la realizzazione di costruzioni in loco .

15. Per le esposte ragioni, pertanto, il ricorso va integralmente rigettato, risultando infondata l’istanza di annullamento e, conseguentemente, difettando già sul piano oggettivo gli estremi per accogliere la connessa istanza risarcitoria.

Possono, comunque, compensarsi le spese di giudizio, in considerazione della novità e, comunque, della complessità, in fatto ed in diritto, delle questioni.

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